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Satira

Video satirico: Big Pharma non riesce a finire una conferenza stampa perché i suoi rappresentanti continuano a collassare

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Un video del sito di satira americano Babylon Bee mostra uno sketch dove i dirigenti di una casa farmaceutica parlano in una conferenza stampa della sicurezza del vaccino, tuttavia continuano a crollare a terra, facendosi sostituire da colleghi.

 

Il primo portavoce della parodia dice che le voci sugli effetti collaterali derivanti dal vaccino COVID sono «ridicole» e che la gente deve «guardare alla scienza». Poi rovina al suolo perdendo conoscenza, e viene sostituito da un altro portavoce interviene che accusa: l’idea che il vaccino COVID non sia perfettamente sicuro è «cospirazione di destra, sostenuta dai repubblicani del MAGA, dai gruppi di odio e probabilmente dalla Russia».

 

Prima di concludere la frase, «vaccineremmo 7 miliardi di persone se ci fossero effetti collaterali?», il portavoce crolla al suolo.

 

 

Si tratta di una satira da parte di un sito, Babylon Bee, che è stato più volte sospeso dai social media, pur essendo solo una pagina di umorismo – il motto è «fake news you can Trust» («bufale di cui puoi avere fiducia) – sottoposto incredibilmente al fact-checking di enti preposti e media vari. Il problema che hanno di recente, dice il CEO Seth Dillon, è che una grande parte dei loro titoli parodistici diviene realtà.

 

La sospensione di Babylon Bee da Twitter si dice sia stata uno dei motivi per cui Elon Musk abbia comprato la piattaforma.

 

Di Babylon Bee Renovatio 21 aveva già condiviso l’eccezionale video satirico della conferenza stampa del demonio dopo la sentenza della Corte Suprema che escludeva l’aborto come diritto federale negli USA.

 

 

 

 

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Bizzarria

Pornostar tedesca in tribunale per un supposto saluto nazista: si invochi la «difesa Azov»

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La cantante pop tedesca ed ex star del cinema a luci rossa Melanie Mueller è accusata dall’ufficio del procuratore di Lipsia dopo aver presumibilmente «ripetutamente» prodotto un saluto nazista durante un’esibizione pubblica nella città tedesca lo scorso anno, secondo quanto riferito questa settimana dai media locali.

 

I pubblici ministeri hanno accusato Mueller di aver eseguito il saluto durante un concerto dal vivo a settembre, dopo che un filmato distribuito online mostrava la 34enne alzare ripetutamente il braccio in un modo non dissimile al saluto fascista.

 

Il filmato mostrerebbe anche presumibilmente membri del pubblico che fanno il saluto di Hitler – con alcuni che sembran gridare «Sieg Heil».

 

 

Secondo il media tedesco RTL News, Mueller è stata accusata mercoledì di promuovere «organizzazioni incostituzionali e terroristiche». La polizia ha anche perquisito la residenza della Mueller a Lipsia lo scorso anno, ha riferito il Tagesspiegel mercoledì.

 

Il pubblico ministero deciderà ora se muovere accuse formali contro Mueller. Se viene condannata, l’intrattenitore rischia un fino tre anni di carcere.

 

L’ex pornostar, che appariva in film pornografici con il nome d’arte Scarlet Young, ha negato le accuse e afferma che stava semplicemente gesticolando con le braccia in un modo progettato per entusiasmare il pubblico durante l’evento.

 

 

La pornostarra teutonica ha altresì negato qualsiasi legame con organizzazioni estremiste, un’etichetta che, come sappiamo, in Germania sta divenendo sempre più ampia, al punto che sono ministri che chiedono che i bambini all’asilo dovrebbero essere informati sui pericoli dell’estremismo di destra e autorità pubbliche propongono la confisca delle armi legalmente detenute dai sostenitori del partito AfD, mentre nel biennio pandemico si è fatto largo il concetto di repressione preventiva.

 

Nell’agosto dello scorso anno, Mueller è stata oggetto di critiche dopo aver partecipato a un evento di boxe organizzato da un gruppo con legami con l’estremismo di estrema destra, secondo Der Spiegel. In seguito ha spiegato la sua presenza dicendo che era una «appassionata di boxe» e che era stata «invitata lì» a quello che pensava fosse un evento di beneficenza.

 

Da dopo la Seconda Guerra Mondiale il saluto nazista in Germania costituisce un crimine. Nel 2022, tre tifosi inglesi sono stati arrestati dalla polizia a Monaco per aver mostrato un saluto nazista prima di una partita in città.

 

Come riportato da Renovatio 21, è emerso recentemente che le agenzie di Intelligence interne tedesche gestiscono centinaia di account falsi di estremisti di destra sui social media. Questi agents provocateurs telematici possono incitare sia all’odio che alla violenza. È emerso lo scorso agosto che i servizi segreti tedeschi sarebbero pronti a criminalizzare chi critica lo Stato: a gestire questo tipo di operazioni, secondo quanto riportato, sarebbe sempre l’Ufficio federale tedesco per la protezione della costituzione (Bundesamt für Verfassungsschutz, di solito detto BfV).

 

Consigliamo alla pornoattrice e ai suoi avvocati, tuttavia, di fare un pensiero alla tattica di «difesa Azov»: non sono svastiche e rune, sono «antichi simboli europei», non sono nazisti, ma «patrioti». In caso possono contattare le testate giornalistiche italiane, e pure i grandi social media, oramai espertissimi nella pratica orwelliana (fino a pochi mesi fa impensabile, incredibile, irreale) del nazi-sciacquo in pubblica piazza.

 

E pazienza se l‘agenzia Reuters intervista tranquillamente un soldato che sceglie come nome de guerre «Adolf»: è un omaggio ad Adolfo Celi, il dottor Sassaroli di Amici Miei.

 

E poi non ricordate quello che diceva la TV? Ma quali hitleristi, sono lettori di Kant.

 

No?

 

 

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Satira

Il vero significato del 5 maggio

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Il 5 maggio per molti è soprattutto la data più funesta della storia del Football Club Internazionale Milano, per qualche ragione chiamato Inter. Il 5 maggio 2002 la squadra nerazzurra, a digiuno di scudetti da tredici anni (cioè dai tempi dell’Inter dei Record di Trapattoni), doveva vincere lo scudetto: in classifica la squadra degli Agnelli era staccata di un punto, e l’ultima partita si sarebbe giocata all’Olimpico con la Lazio, squadra che era fuori dai giochi per la Champions e la cui tifoseria era amica di quella interista.

 

Finì invece che i laziali spinsero fino a vincere 4-2, con un crollo fisico e mentale netto dei giocatori ambrosiani – tra cui la coppia Vieri-Ronaldo, per non dire nulla dei tifosi rimasti a Milano per preparare il festone (chi scrive c’era, è testimone oculare).

 

Materazzi pianse. Sotto il Duomo scattò un’immane, repentina aria di lutto. Qualche anno dopo, scoppiò Calciopoli e la Juventus di Moggi fu retrocessa in B. Vabbè, è un’altra storia.

 

Tuttavia, il coro «5 maggio! 5 maggio!» ancora risuona negli stadi dalle curve degli avversari dell’Inter.

 

È che la data sa di sconfitta, per colpa in realtà del solito complotto massonico italiano. Il 5 maggio è la data della morte del distruttore dell’Europa e della cristianità, Napoleone Bonaparte.  Sull’appartenenza del corso alla Loggia esiste un rarissimo libro edito in Italia nel 1986 da Nardini, Napoleone imperatore e Massone, dello storico François Collaveri (1900-1989), massone marsigliese della Gran Loggia di Francia, con vari incarichi diplomatici amministrativi, insignito della Legion d’Onore come tanti politici del PD.

 

Il Collaveri ritiene che non può essere che Napoleone non sia stato massone, perché lo erano il fratello Giuseppe (iniziato a Marsiglia nel 1793, Gran Maestro della Massoneria di Francia e dei Regni di Napoli e di Spagna), l’altro fratello Girolamo ed anche il padre Carlo, nonché il cognato Gioacchino Murat, venerabile della Loggia Sainte Caroline.

 

Insomma, Napoleone era talmente immerso dalla massoneria che forse, ritengono alcuni, nemmeno avrebbe bisogno di essere iniziato.

 

Del resto, il lavoro che fece era proprio quello programmato dalla Setta Verde: distruzione di trono e altare, e conseguente eliminazione della monarchia e della spiritualità cristiana dalla vita pubblica europea, il tutto con carneficine su tutto il continente, prontamente annotate nell’arco di trionfo della capitale francese.

 

Può far sorridere (non noi) che ora il custode della Terra Santa, il patriarca di Gerusalemme Pizzaballa, dica che «l’alleanza tra il trono e l’altare non ha mai giovato, né al trono né all’altare», ma sappiamo bene da dove viene l’idea.

 

Tuttavia, il basso imperatore ci ha regalato involontariamente episodi che non ci fanno disperare: mentre nel 1806 veniva portato come prigioniero verso la Francia papa Pio VII, il Bonaparte si rivolse sprezzante al cardinale Consalvi, il segretario di Stato vaticano, dicendogli: «In pochi anni, io avrò distrutto la Chiesa!». Il cardinale ebbe la risposta secca e giustissima: «non ci siamo riusciti noi preti, a distruggerla, e in 17 secoli, vuole riuscirci Lei?»

 

Napoleone, per l’Italia del Risorgimento ed oltre, viene presentato come un eroe: è questa la vulgata diacronica tipica della scuola italiana (pubblica e privata, cattolica), quella per cui Napoleone era un campione sfortunato, uno di quegli atleti bravissimi che però perdono in finale.

 

La cosa è continuata anche durante la Prima Repubblica, quando al potere c’erano i democristiani – perché, di fatto, il loro dominio era condiviso con quelli dei massoni (e dei comunisti) – di un’accordo vero e proprio nel primissimo dopoguerra si racconta nel libro L’uomo di fiducia di Ettore Bernabei, con De Gasperi per la DC, Togliatti per il PCI e il banchiere Raffaele Mattioli indovinate per chi – e quindi mica potevano operare per convertire, ricristianizzare il Paese: avevano altro da fare, i democristiani. Dovevano fare compromessi, tutto il dì, tutta la notte, sulla pelle della popolazione che li pagava.

 

Quindi eccoci, con Napoleone eroe. Del resto, una grossa mano gliela dà sempre un altro strano personaggio che sembra creato all’uopo per sedimentare lo Stato catto-massonico: Alessandro Manzoni. Scrittore che tormenta da generazioni la scuola italiana con un suo romanzo noioso e fumoso (qual è, davvero, il suo messaggio?) chiamato I promessi sposi, venerato come classico, è noto che il Manzoni proveniva dalla «Milano illuminista» (sissì, dite pure «illuminista») e che la sua tanto decantata conversione al cattolicesimo è in realtà dibattuta, al punto che lui stesso non avrebbe dato spiegazioni esaustive (come certi ministri di oggidì, viene da pensare, anche quelli provenienti magari da famiglie «illuministe»).

 

Nel 1860, ancora prima che fosse proclamato il Regno d’Italia – unita con un’operazione massonica transnazionale chiamata «Risorgimento» – il Manzoni accettò di essere nominato senatore del Regno di Sardegna per meriti patriottici.  Nel 1864, quindi, votò per lo sposamento della capitale da Torino a Firenze nell’attesa che Roma fosse «liberata», il che vuol dire che aspettava che lo Stato pontificio, il Regno del Papa re, fosse «abbattuto». Non male per un cattolico, partecipare, da senatore, ad uno Stato, l’Italia sabauda, creato contro il papato, in odium fidei. Fu ricompensato: viveva da signore a Milano, e una volta, visitando i musei di quella che fu la Banca Commerciale Italiana, mi fu mostrato l’ufficio del banchiere Mattioli (sempre lui), dicendomi che stavano lì perché così il boss dalla finestra poteva vedere la casa del Manzoni.

 

Insomma questo è il personaggio, spacciato per cattolico ai nostri figli da decenni e secoli di programmi malefici ed insegnanti ebeti, che ritenne nel 1821 – quindi a più di 10 anni della sua supposta «conversione» di comporre una poesiuola sulla morte a Sant’Elena di Napoleone. E considerando quanto scritto sopra, dubbi non ce n’erano.

 

La poesia, «Il cinque maggio», è stata inflitta ad innumeri studenti italiani, talvolta fatta imparare a memoria.

 

«Ei fu. Siccome immobile, dato il mortal sospiro, / stette la spoglia immemore / orba di tanto spiro, / così percossa, attònita /la terra al nunzio sta».

 

Versi celebrati come grande poesia, anche se noi non abbiamo mai inteso come funzioni la cosa: l’italiano praticamente non esisteva, quindi questi (Manzoni, Leopardi, Foscolo) si inventavano le parole come pareva loro, mutilando desinenze, ignorando le doppie, storpiando i lemmi per fare rime idiote. La lingua italiana non sussisteva davvero, era conosciuta da una microscopica parte dell’élite (che anche a Milano, magari, parlava francese, se non milanese), forse era udita sono nell’Opera, tuttavia non aveva davvero delle regole condivise per chi scriveva.

 

Però, ecco, noi dobbiamo sapere che quella è grande poesia. L’inno al massone genocida, all’anticristo corso, va imparato a memoria.

 

Ecco perché troviamo gradevole il ricordo di una parodia dei versi manzoniani, che circolavano già ai tempi dei nostri padri.

 

Ei fu, siccome immobile
seduto sul pitale
stando ad aspettare
la scarica finale
Tre volte si chinò,
tre volte si sforzò,
e dal culo suo fetente
un pirito cacciò.

 

«Pirito» è termine siculo corrispondente all’italiano «ventosità». Il remix goliardico del testo manzonico conosce anche altre versioni.

 

Ei fu, siccome immobile
seduto sul pitale
mentre aspettava immemore
la scarica fatale
tre volte ei si sforzò
la quarta, al fin, cacò.

 

Chiunque abbia inventato questi versi, merita i fantozziani 92 minuti di applausi, perché il poema il Cinque maggio «è una cagata pazzesca». Cagata, appunto.

 

A questo punto si dovrebbe dire che tutta l’opera di Manzoni è una… ma no, temiamo che confonderemmo il lettore, il quale potrebbe pensare a Piero Manzoni (1933-1963), artista incommensurabilmente più grande dell’avo letterato, che creò la famosa opera d’arte chiamata «Merda d’artista». Il fratello di Piero, oggi professore di storia dell’arte, è persona che conosciamo per essere simpatica, religiosa e pure tabarrista: quindi, non è che possiamo dire che il casato sia stato rovinato dal famoso antenato filonapoleonico.

 

Tuttavia, rimane una considerazione da fare. Napoleone – e ciò che rappresentava– cominciò il suo declino quando attaccò la Russia. Era del resto nelle direttive della banda

 

I suoi amici nostri coevi, a quanto sembra, non hanno imparato niente. Studiassero la storia, invece che le poesie sceme.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

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Satira

I tifosi scozzesi cantano a Re Carlo: «la tua incoronazione ficcatela su per il»

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È divenuto virale il filmato di uno stadio pieno di tifosi del Celtic in Scozia in piedi, che battono le mani e cantano all’unisono: «You Can Shove Your Coronation up your arse».

 

La traduzione letterale del coro dello stadio di Hampden Park è «puoi ficcarti l’incoronazione su per il sedere», anche se non è sbagliato dire che arse si traduca proprio con «culo».

 

Insomma, i sudditi celtico-calcistici d’Iscozia mandan un segnale chiaro, ed inedito, a Buckingham Palace: «puoi ficcarti l’incoronazione su per il culo». Non è chiaro quale risposta sia arrivata da parte del regnante, che in effetti deve essere preso proprio dalle procedure per far entrare la coronation nella storia.

 

 

Il Celtic è la squadra di Glasgow tendenzialmente associata alla comunità cattolica, che magari, in effetti, qualche ruggine con la monarchia di Albione potrebbe conservarla.

 

La partita della semifinale della coppa di Scozia, in cui i Celtic hanno battuto, del derby di Glasgow, i Rangers 1-0. I Rangers sono la squadra della capitale scozzese associata alla comunità protestante. Anche questo aiuta a spiegare il coro irrispettoso del corpo del sovrano del Regno Unito, nonché capo della chiesa anglicana.

 

Il video di insulto al sovrano britannico, filmato il 1° maggio, è diventato virale in tutto il mondo.

 

E non solo in rete: anche i programmi televisivi britannici e australiani lo hanno trasmesso. Per esempio durante alla trasmissione BBC dell’ora di pranzo con Jeremy Vine, che ha riprodotto la clip mentre uno striscione correva lungo la parte inferiore dello schermo con il numero di telefono da chiamare per rispondere alla domanda: «Giurerai fedeltà al re?»

 

Anche Reuters e il Washington Post hanno preso atto nei giorni scorsi del diffuso interesse per le proteste «Not My King» («non il mio re») organizzate in Gran Bretagna da un gruppo chiamato Republic, che dal 1983 si batte per sostituire la monarchia con una repubblica. I loro manifestanti sono già apparsi agli eventi prima dell’incoronazione, sfoggiando magliette gialle e sventolando cartelli «Not My King».

 

 

Il capo organizzatore Graham Smith è entusiasta del fatto che 1.000 persone dovrebbero unirsi alla protesta del Giorno dell’incoronazione della Repubblica a Londra, che si terrà nel punto lungo il percorso della processione dove si trova la statua di Carlo I, il re la cui decapitazione nel 1649 ha portato all’ultima breve repubblica nella storia inglese.

 

Manifestazioni simili per il giorno dell’incoronazione contro la monarchia sono previste per le capitali della Scozia e del Galles. Graham ha anche assicurato a Reuters che i giovani in Gran Bretagna non sono interessati alla monarchia e, visti gli aumenti del costo della vita, il sostegno della popolazione in genere sta diminuendo.

 

Si è aperto nel frattempo anche un fronte diplomatico cinese all’incoronazione del Carlo. Il Telegraph ha espresso il disappunto per la decisione del presidente cinese Xi Jinping di inviare come suo rappresentante «l’architetto dell’oppressione di Hong Kong», Han Zheng.

 

«La Cina è stata accusata di provocazione “oltraggiosa”, poiché Han Zheng, noto per il suo ruolo nella repressione delle proteste di Hong Kong, rappresenterà Pechino alla cerimonia di incoronazione della prossima settimana». Carlo era peraltro presente alla storica cerimonia di passaggio di consegne del 1997 in cui l’Impero britannico restituiva Hong Kong alla Cina. Anche lì, è il caso di ricordare, magari c’è qualche ruggine che perdura dai tempi delle guerre dell’oppio, in cui la Corona inglese bombardava Pechino perché voleva narcotrafficare e drogare liberamente i cinesi.

 

In passato i tifosi del Celtic avevano fatto negli stadi altri cori e coreografie che attestavano la loro stima nei confronti di Buckungham Palace, per esempio «if you hate the Royal Family clap your hands», cioè «se odi la famiglia reale batti le mani». Clap Clap.

 

 

Il canto originale da cui i tifosi del Celtic hanno tratto l’ultimo messaggio per la Corona sembra tuttavia provenire da un coro udito negli scorsi mesi, «You can Stick your Royal Family Up Your Arse», «puoi ficcarti la famiglia reale su per il…».

 

 

Gli stessi fecero anche capire che non avevano intenzione di inginocchiarsi dinanzi alla morte della sovrana Elisabetta, mostrando invece, come ai tempi di Guglielmo Wallace, le terga.

 

 

La storia di Carlo, lo sappiamo, non è stata limpidissima, dalla morte Diana ai milioni presi dalla famiglia Bin Laden in buste di plastica.

 

Tuttavia non sono i dettagli di cronaca, pur speciosi, ad essere rilevanti: a preoccupare è l’appartenenza della stirpe alla Cultura della Morte, quella che sostiene – passandosi il compito geneticamente, da Filippo a Carlo a Guglielmo ed Enrico – la riduzione della popolazione e quindi l’astio verso l’essere umano.

 

Dietro alla facciata ecologista, senza neanche tanto grattare, gli Windsor (che in realtà non sono britannici e non si chiamano Coburgo Gotha: Windsor è il nome di un paesino inglese che suonava bene per il rebranding del loro casato tedesco) si rivelano arconti della Necrocultura – sono una famiglia della morte. Chiedete ad Alfie Evans, a Charlie Gard, a tantissimi di cui non conosceremo mai il nome.

 

Questo i cattolici di tutto il mondo, in effetti, dovrebbero cantarlo in coro.

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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