Connettiti con Renovato 21

Satira

Avviso ai lettori: padre Pizzarro non esiste. Ma potrebbero farlo papa

Pubblicato

il

Un breve comunicato ai lettori di Renovatio 21, dovuto all’alta quantità di lettere arrivateci negli scorsi giorni, specie dopo l’ultima Newslettera.

 

In molti, dopo aver letto l’articolo intitolato «Padre Pizzarro risponde a Beppe Grillo» ci hanno scritto chiedendoci se il sacerdote, del quale avevamo accluso un denso video che spiegava le nostre ragioni, fosse un personaggio comico o un prete reale.

 

Rassicuriamo tutti dicendo subito che padre Florestano Pizzarro è, in teoria, solo un’invenzione di uno dei massimi artisti italiani, il comico Corrado Guzzanti. Cioè, padre Pizzarro non esiste – sempre in teoria.

 

Don Pizzarro, le cui apparizioni TV risalgono a quasi due decenni fa, è uno dei vari personaggi religiosi inventati da Guzzanti durante la sua carriera. Di certo, è forse il più memorabile, perché racconta, non si sa quanto volontariamente, la realtà di una chiesa che non crede più a nulla.

 

Con una certa insofferenza per chi la contesta – magari le presentatrici di sinistra nelle cui trasmissioni padre Pizzarro appariva – senza rendersi conto di come stanno le cose nel profondo, il personaggio spiegava, quasi infastidito, la fatica di mandare avanti la baracca vaticana, più simile ad una serie TV che ad un’istituzione sacra, sotto l’avvenuto disincantamento del mondo perpetrato dalla scienza.

 

«Ma te hai vista ‘a robba che c’è llàfori? Mijardi e mijardi de galassie, de stelle, de pianeti, buchi neri, quasar, oceani de materia oscura, de fasci de neutrini».

 

 

Padre Pizzarro era oltre il modernismo, oltre il democristianismo: era un personaggio che, con il suo cinismo e la sua saggezza, cerca di tirare avanti un’organizzazione religiosa alla quale non crede più nessuno, lamentandosi pure con una certa insolenza romana di coloro che ancora ci credono.

 

Stamo ar medioevo» diceva in uno sketch. «Ha ragione mi’ fijo. Stamo al medioevo».

 

 

Come abbiamo scritto in altre occasioni, per noi padre Pizzarro è un maestro: da lui possiamo imparare moltissimo, perché egli, oggi, in effetti non è più davvero un personaggio comico, cioè caricaturale, incredibile – nel momento in cui al Dicastero per la Dottrina della Fede ci sta il «cardinale Orgasmo», padre Pizzarro diviene un personaggio realistico. Lo era già all’epoca, in verità, per molti che capiscono delle dinamiche intestine del vaticano infestato da un secolo di modernismo e occupato verticalmente dai tempi dell’ultimo Concilio.

 

Le posizioni del Pizzarro, davvero, non sono in fondo tanto diverse da quelle della CEI degli ultimi cinquant’anni. Anzi, se possiamo permetterci, sono in alcuni casi più conservatrici: la proposta di levare i punti della patente a quelle che abortiscono l’episcopato italiano non l’ha mai fatta, anzi, come sappiamo, anche oggi come sempre – forte dell’opera di Giorgia Meloni e di figure neodemocristiane infilate nel suo governo – difende la legge 194, cioè il libero aborto a spese del contribuente che versa anche l’8 per mille.

 

Padre Pizzarro immagina una sanzione, anche solo cinicamente simbolica, per l’uccisione degli innocenti. La CEI non sfiora nemmeno l’idea di punire il male, anzi lasciando pure la società libera di considerare l’aborto non solo come un diritto, ma finanche come una virtù

 

 

Per cui, concludiamo dicendo che, rebus sic stantibus, non sarebbe fuori dal regno probabilità se il prossimo conclave, riempito di cardinali creati dal Bergoglio (pensate: monsignor Fernandez è il preferito, quindi il migliore fra di essi?), eleggesse papa proprio padre Pizzarro.

 

Ciò detto, ricordiamo ai lettori di controllare sempre la categoria dell’articolo, in alto a sinistra, sopra foto e titolo: qui era, scritto evidenziato «Satira», parola che avevamo anche inserito nel testo, pensando che quelli che non conoscevano il personaggio fossero pochi, e ancora più nell’intimo, sperando che la percezione dei sacerdoti attuali non fosse arrivata a scambiare una caricatura per prete autentico.

 

Ci sbagliavano, e molto, e chiediamo perdono ai lettori.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21



Immagine screenshot da YouTube

Continua a leggere

Animali

«Pigcasso», il maiale pittore, è morto. L’arte contemporanea può rinascere nei porcili?

Pubblicato

il

Da

Lutto nel mondo dell’arte contemporanea per la perdita di uno dei suoi migliori, ed autentici, artisti.   Pigcasso – un maiale di 500 chili noto per la sua capacità di «dipingere» con il naso e un pennello – è morto in Sud Africa all’età di otto anni, dopo aver sofferto di artrite reumatoide cronica. Lo ha comunicato lo scorso mercoledì la sua proprietaria.   In una dichiarazione a Caters News, Joanne Lefson – artista 52enne e attivista per i diritti degli animali – ha annunciato che l’inarrivabile suino pingitore era deceduto dopo che i suoi sintomi erano rapidamente peggiorati nel settembre 2023. All’inizio di ottobre, il Pigcasso aveva perso l’uso delle sue zampe posteriori a causa della calcificazione della parte inferiore della colonna vertebrale.   «C’è molta tristezza per il fatto che una figura così ispiratrice per il benessere degli animali sia scomparsa, ma celebriamo anche una vita ben vissuta e la profonda differenza che ha fatto», ha detto Lefson.  

Sostieni Renovatio 21

Nel 2016, la Lefson aveva salvato Pigcasso, che allora aveva quattro settimane, da un allevamento intensivo poco prima di essere mandato al macello. Da lì, il porco è stato trasferito a Franschhoek, in Sud Africa, in un rifugio per animali da fattoria «salvati».   Ad un certo punto, la Lefson aveva notato che il porcello avrebbe mangiato o distrutto tutto ciò che era rimasto nella sua stalla, tranne un pennello. La donna animalista ebbe quindi l’idea di insegnare ai maiali a usare la spazzola coltivando l’interesse della bestia per l’arte.   «Questo non è solo un maiale pittore, tutt’altro. Si tratta di una collaborazione seria e altamente creativa in cui lavoro e mi impegno attraverso un “pennello in movimento” per sviluppare opere d’arte dinamiche che ispirano e sfidano lo status quo», scrive orgogliosamente l’attivista sul suo sito web.   Il progetto zoologico-artistico è stato soprannominato «LEFSON + SWINE» e il suo scopo era sottolineare la «disconnessione e la discordia dell’umanità con il nostro pianeta» e concentrarsi sul «cibo» che scegliamo di mangiare e sugli effetti dannosi che l’agricoltura animale ha sull’ambiente e sul benessere degli animali.   Nel corso della sua carriera artistica, il geniale suino ha venduto le sue opere per un valore di oltre 1 milione di dollari, cosa che gli ha garantito dei record mondiali e il titolo di primo artista-animale a cui è dedicata una mostra d’arte personale, nonché il primato dell’opera d’arte più costosa dipinta da una bestia.   Il Pigcasso è stato descritto come «l’artista non umano di maggior successo nella storia del mondo». Ora, la sua eredità «continua attraverso il santuario e la nostra missione di ispirare un mondo più gentile e sostenibile per tutti», ha affermato la Lefsona.   Il porco-pittore non è il primo quadrupede che si cimenta con tela e pennello. In passato la società ha dovuto subire anche le immagini di scimpanzè ed elefanti addestrati a scarabocchiare col colore. Tali immagini vengono spesse propalate dagli animalisti per sottolineare la bontà della loro filosofia fondamentale, l’antispecismo, ossia la negazione di qualsiasi differenza tra l’uomo e le bestie.

Aiuta Renovatio 21

Di certo, possiamo dire che nella porcheria assoluta che è divenuta l’arte contemporanea, l’esistenza di un artista che è porco materialmente (e non solo esteticamente, filosoficamente, umanamente) è un atto di sincerità rivoluzionaria.   A questo punto, si dovrebbe attendere la proposta di qualche testa calda: chiudiamo la Biennale, e al posto dei suoi antichi padiglioni internazionali piazziamo dei porcili che sfornino orde di Pigcassi, di Maialengeli, Porcavaggi, etc..   L’idea, tuttavia, ora potrebbe cadere nel vuoto: l’attuale presidente della Fondazione Biennale di Venezia, lì piazzato in quest’era meloniana, è il giornalista Pietrangelo Buttafuoco, che circa una diecina di anni fa si è convertito all’islam prendendo, in onore dell’emiro della Sicilia, il nome di Giafar al-Siqili.   Il maiale, vogliam qui ricordare, è considerato un animale impuro anche secondo certa tradizione ebraica che risale ai libri del Levitico e Deuteromonio, al Talmud e soprattutto alla letteratura halakica della Torah, che considera fuori dal kasherut («adeguatezza») il suino, qui in compagnia di molluschi e crostacei. Considerando l’importanza che hanno avuto artisti, collezionisti e mecenati (come la famiglia i Guggenheim, o i Sackler) ebrei per musei e gallerie, in ispecie in America, non ci è chiaro come certo rabbinato ortodosso, che arbitra il concetto di kasher, potrebbe reagire verso i propri correligionari impegnati nel mondo dell’arte.   Il sogno della rinascita mondiale dell’arte per via porcina è forse quindi, almeno al momento, da rimandarsi.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da Twitter
Continua a leggere

Arte

Comico americano va avanti con le battute contro la follia transgender

Pubblicato

il

Da

Il nuovo spettacolo del comico americano Dave Chappelle The Dreamer mette alla berlina il transgenderismo raccontando un aneddoto della vita dello stand-up comedian.

 

Chappelle, comico nero di fede musulmana definito da molti il miglior comico vivente, negli scorsi anni ha avuto tremendi problemi a causa di sue battute sui transessuali. The Closer il suo speciale su Netflix del 2021 ha attirato critiche al vetriolo e richieste da parte di cancellazione da parte dei goscisti, con proteste organizzate perfino da parte degli stessi lavoratori di Netflix. In seguito, ad un evento pubblico a Los Angeles, Chappelle era stato addirittura attaccato fisicamente sul palco.

 

Nel nuovo spettacolo il comico torna brevemente sull’argomento con leggiadra, mirabile maestria.

 

In una clip diventata virale sui social media, lo Chappelle racconta di quando il compianto collega Norm McDonald (e tutto il segmento pare come un omaggio al suo stile) lo ha portato a conoscere Jim Carrey, un comico il cui talento, dice Chappelle, non è replicabile: «Norm sapeva che io ero il più grande fan di Jim Carrey al mondo… Jim Carrey è dotato di un talento che non puoi praticare, non puoi esercitartici… che talento donato da Dio, ero affascinato da lui, e Norm lo sapeva».

 


Sostieni Renovatio 21

McDonald, che stava lavorando ad una pellicola con Carrey, organizzò quindi l’incontro. Al momento dell’incontro Carrey era sul set del film Man on the Moon (1999), un film biografico sul comedian Andy Kaufman.

 

Carrey aveva approcciato la produzione praticando quello che si chiama method acting, una tecnica attoriale che prevede l’immedesimazione totale nel personaggio recitato, al punto che, anche fuori scena, si deve parlare, pensare, agire sempre immedesimati nella storia. In quell’occasione, ricorda lo Chappelle, il Carrey voleva che tutti lo chiamassero «Andy».

 

«Jim Carrey era così immerso in quel ruolo che dal momento in cui si svegliava al momento in cui andava a letto lui viveva la sua vita come Andy Kaufman… quando dicevano “cut” [cioè in italiano “stop”, il comando del regista o del suo aiuto per far fermare le cineprese alla fine di un’inquadratura, ndr] quel nigga era ancora Andy Kaufman».

 

«Nigga» è un termine che significa letteralmente «negro», una parola che parrebbe proibito usare (è un tabù, la chiamano «N word», «parola con la N»), ma a Chappelle, come a molti altri afroamericani, pare invece sia consentito usare. Il vocabolo sembra poter essere utilizzata dal gergo dei neri americani come sinonimo di «persona»; il fenomeno non lo rende dissimile dal termine delle lingue Bantu muntu, che parimenti può significare persona (se nera: se bianca invece si tratta di muzungu) e parimenti viene considerato estremamente offensivo e razzista se pronunciata da un bianco. Ma stiamo divagando.

 

Chappelle, riferendosi a Carrey, racconta che «tutti nella troupe lo chiamavano Andy». «Quando sono entrato nella stanza dove dovevo incontrarlo ho urlato “Jim Carrey!” e tutti hanno detto “Noooo!”, chiamalo Andy».

 

«Quando è arrivato ha cominciato a comportarsi in modo strano… e io… pronto? Andy?» racconta ancora stranito il comico nero.

 

«Ora, con il senno di poi, quanto fottutamente fortunato sono stato a vedere uno dei più grandi artisti del mio tempo immerso in uno dei processi più sfidanti di tutta la sua carriera? Sono davvero fortunato ad aver visto questa cosa».

 

«Tuttavia mentre ciò stava succedendo… io sono rimasto molto deluso. Perché volevo incontrare Jim Carrey e ho dovuto fingere che questo nigga fosse Andy Kaufman per tutto il pomeriggio. Era chiaramente Jim Carrey. Potevo guardarlo e vedere chiaramente che era Jim Carrey», dice Chappelle.

 

Quindi, la battuta finale, «dico tutto questo per dire… è così che mi fanno sentire le persone trans».

Aiuta Renovatio 21

«Se voi ragazzi siete venuti qui stasera allo spettacolo pensando che avrei preso di nuovo in giro quelle persone, siete venuti allo spettacolo sbagliato» dice il comico riferendosi ai transgender. «Non sto più scherzando con quelle persone. Non ne valeva la pena. Non dico un cazzo su di loro. Forse tre o quattro volte stasera, ma questo è tutto. Sono stanco di parlare di loro. E vuoi sapere perché sono stanco di parlarne? Perché queste persone si comportavano come se avessi bisogno che fossero divertenti. Beh, è ​​ridicolo. Non ho bisogno di voi. Ho una prospettiva completamente nuova in arrivo. Ragazzi, non ve lo aspettate. Non farò più battute sui trans».

 

«Ad essere onesto con voi, ho cercato di riparare il mio rapporto con la comunità transgender perché non voglio che pensino che non mi piacciono. Sai come l’ho riparato? Ho scritto un’opera teatrale. L’ho fatto. Perché so che i gay adorano le commedie. È un’opera molto triste, ma è commovente. Parla di una donna transgender nera il cui pronome è, purtroppo, “negro”. È strappalacrime. Alla fine dello spettacolo muore di solitudine perché i progressisti bianchi non sanno come parlarle. È triste».

 

Annunciando di averne avuto abbastanza dei problemi con i trans («non ne vale la pena»), lo Chappelle dichiara di voler prendersela da ora con i portatori di handicap.

 

«Sapete cosa farò stasera? Stasera farò tutte le battute sugli handicap. Beh, non sono organizzati come i gay, e adoro colpire in basso».

 

Il particolare, il comico ha fatto battute su un ex deputato americano in sedia a rotelle, Madison Cawthorn, scherzando sul fatto che, non venendo rieletto, «ha perso la sedia». Il giovane Cawthorn ha dichiarato ai media di aver trovato divertenti le battute di Chappelle, che è il suo comico preferito.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’esclusione di Cawthorn dalla politica è arrivata dopo che questi aveva iniziato a parlare di festini orgiastici a base di droga e sesso a cui partecipano i politici di Washington. Cawthorn aveva inoltre definito il presidente ucraino Zelens’kyj come un gangster.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21



Immagine screenshot da Twitter
 

 

Continua a leggere

Satira

Padre Pizzarro risponde a Beppe Grillo

Pubblicato

il

Da

Nell’ultimo giorno del 2023 è uscita la notizia che Beppe Grillo, comico TV fondatore di un partito ancora in Parlamento, avrebbe fatto una sua grande proposta per l’umanità: nientemeno che una riforma del calendario.   Un calendario stabile composto da 13 mesi, ciascuno con 4 settimane esatte di 28 giorni, accompagnato da un giorno festivo alla fine dell’anno, secondo Grillo, avrebbe come beneficio «eliminerebbe la confusione causata da mesi con numeri di giorni variabili, semplificando la gestione del tempo, il budget e la pianificazione per individui, aziende e organizzazioni».   Per il genovese con il suo calendario riformato diverrebbe «più semplice pianificare e coordinare le attività locali, nazionali e globali». Vi è anche una soluzione per i controversi 29 febbraio: «gli anni bisestili sarebbero facilmente gestiti aggiungendo un singolo giorno in più alla fine dell’anno invece del sistema attuale in cui viene aggiunto un giorno in più a febbraio» assicura l’ex testimonial dello yogurt.   Siamo chiaramente sul solco di grandi riformatori, come i rivoluzionari francesi, che avevano proposto l’anno secondo il «calendario rivoluzionario», dove eravi suddivisione in 12 mesi, ognuno composto da 30 giorni, per un totale di 360 giorni. In aggiunta, venivano inclusi 5 giorni (6 nei casi degli anni bisestili) alla fine dell’anno per compensare la discrepanza con l’anno tropico, che dura 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi.

Aiuta Renovatio 21

Il calendario rivoluzionario era costruito sul sistema decimale in omaggio alla «scienza», la quale soppiantava la religione anche nella misura del tempo – si trattava quindi, di un calendario decristianizzato, perché il cristianesimo era complice di tutti i crimini del Re». I tagliatori di teste parigini avevano abolito le settimane per far posto a serie di dieci giorni (con i giorni che si chiamavano primidì, duodì, tridì, quartidì…), e avevano inventato una serie di nomi nuovi per i mesi: vendemmiaio, brumaio, frimaio, nevoso, piovoso, ventoso, germinale, fiorile, pratile, messidoro, termidoro, fruttidoro. I giorni bonus a fine anno erano detti «giorni sanculottidi», ed erano chiamati giorno della virtù, del genio, del lavoro, dell’opinione, delle ricompense, della rivoluzione.   Il barbuto guru tuttavia ha premure più concrete, di grande pragmatismo socio-fiscale.   Le società «trarrebbero vantaggio per la rendicontazione finanziaria, l’elaborazione delle buste paga e la gestione dell’inventario» e poi «ci sarebbe infine una armonizzazione delle festività: il giorno extra aggiunto come festività alla fine dell’anno porterebbe una giornata universale di festa, contro ogni tipo di discriminazione religiosa e promuovendo l’unità globale».   Il Grillo rifiuta quindi il calendario gregoriano ora in uso, in quanto «un modello di oltre 400 anni fa, che si rifaceva a sua volta ad un antico schema di 2000 anni, noto come calendario giuliano». Tale calendario sarebbe stato prodotto «sotto l’autorità papale» e avrebbe avuto lo scopo di «ripristinare una continuità nella misurazione del tempo risalente all’era paleocristiana; circa dodici secoli prima! Oggi, siamo dunque ancorati ad uno schema anacronistico, nato sotto una società prescientifica, teocratica, con un’economia feudale, che non semplifica affatto le nostre vite».   Si percepisce anche qui, un po’ fuori tempo massimo, un attacco alla religione: proviene, dobbiamo ricordarci, dall’uomo che nel 2003 aveva tentato di registrare il marchio «Dio», non si sa se per uno scherzo da inserire in uno spettacolino o per patent trolling di livello metafisico.   Ci sembra d’uopo, a questo punto, che a rispondere al fondatore del M5S sia un religioso di spessore come padre Florestano Pizzarro.   In un vecchio intervento televisivo, padre Pizzarro raccontava con sentimento di un caso simile accaduto all’epoca.   Sentitelo nel video qui sotto a 10:57.  

Sostieni Renovatio 21

«Giusto l’artra vorta, du’ mesi fa è venuto n’eretico, fasceva tenerezza» racconta don Pizzarro. «Uno che sosteneva che i ggiorni daa’ settimana so’ sei».   «Questa è l’unica cosa… sostiene che i giorni daa’ settimana so’ sei… sostiene che giovedì non esiste, è n’invenzione daa’ stampa pe’ vende più giornali».   «Non c’amo provato poi ce siamo stufati subbito… amo detto: “senti, quella è ‘a benzina, questo è l’accendino: quando c’hai n’attimo de tempo datte fuoco da solo”».   La satira di padre Pizzarro è, come abbiamo notato altre volte, profetica. Tuttavia, per come stanno le cose, è facile che la chiesa di oggi si unisca a Grillo per distruggere il suo calendario. Dopo aver devastato la dottrina, credete che questo papato si fermi dinanzi al sovvertimento del tempo?   Il lettore deve sapere, tuttavia, che il calendario rivoluzionario francese fu abolito, con conseguente reintegro del calendario gregoriano, proprio da un rivoluzionario: il 22 fruttidoro dell’anno XIII, ossia il 9 settembre 1895, Napoleone Bonaparte emise un decreto per porre fine a questa follia.   Non ci resta che ricordare, con somma speranza, anche quell’aneddoto che circolava su Napoleone entrato a Roma: «Io distruggerò la vostra Chiesa», disse il Corso al cardinale Consalvi. «Maestà, sono venti secoli che noi stessi cerchiamo di fare questo e non ci siamo riusciti…»   AGGIORNAMENTO: Avviso ai lettori riguardo l’esistenza di Padre Pizzarro  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine screenshot da YouTube
Continua a leggere

Più popolari