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«Pigcasso», il maiale pittore, è morto. L’arte contemporanea può rinascere nei porcili?

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Lutto nel mondo dell’arte contemporanea per la perdita di uno dei suoi migliori, ed autentici, artisti.

 

Pigcasso – un maiale di 500 chili noto per la sua capacità di «dipingere» con il naso e un pennello – è morto in Sud Africa all’età di otto anni, dopo aver sofferto di artrite reumatoide cronica. Lo ha comunicato lo scorso mercoledì la sua proprietaria.

 

In una dichiarazione a Caters News, Joanne Lefson – artista 52enne e attivista per i diritti degli animali – ha annunciato che l’inarrivabile suino pingitore era deceduto dopo che i suoi sintomi erano rapidamente peggiorati nel settembre 2023. All’inizio di ottobre, il Pigcasso aveva perso l’uso delle sue zampe posteriori a causa della calcificazione della parte inferiore della colonna vertebrale.

 

«C’è molta tristezza per il fatto che una figura così ispiratrice per il benessere degli animali sia scomparsa, ma celebriamo anche una vita ben vissuta e la profonda differenza che ha fatto», ha detto Lefson.

 

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Nel 2016, la Lefson aveva salvato Pigcasso, che allora aveva quattro settimane, da un allevamento intensivo poco prima di essere mandato al macello. Da lì, il porco è stato trasferito a Franschhoek, in Sud Africa, in un rifugio per animali da fattoria «salvati».

 

Ad un certo punto, la Lefson aveva notato che il porcello avrebbe mangiato o distrutto tutto ciò che era rimasto nella sua stalla, tranne un pennello. La donna animalista ebbe quindi l’idea di insegnare ai maiali a usare la spazzola coltivando l’interesse della bestia per l’arte.

 

«Questo non è solo un maiale pittore, tutt’altro. Si tratta di una collaborazione seria e altamente creativa in cui lavoro e mi impegno attraverso un “pennello in movimento” per sviluppare opere d’arte dinamiche che ispirano e sfidano lo status quo», scrive orgogliosamente l’attivista sul suo sito web.

 

Il progetto zoologico-artistico è stato soprannominato «LEFSON + SWINE» e il suo scopo era sottolineare la «disconnessione e la discordia dell’umanità con il nostro pianeta» e concentrarsi sul «cibo» che scegliamo di mangiare e sugli effetti dannosi che l’agricoltura animale ha sull’ambiente e sul benessere degli animali.

 

Nel corso della sua carriera artistica, il geniale suino ha venduto le sue opere per un valore di oltre 1 milione di dollari, cosa che gli ha garantito dei record mondiali e il titolo di primo artista-animale a cui è dedicata una mostra d’arte personale, nonché il primato dell’opera d’arte più costosa dipinta da una bestia.

 

Il Pigcasso è stato descritto come «l’artista non umano di maggior successo nella storia del mondo». Ora, la sua eredità «continua attraverso il santuario e la nostra missione di ispirare un mondo più gentile e sostenibile per tutti», ha affermato la Lefsona.

 

Il porco-pittore non è il primo quadrupede che si cimenta con tela e pennello. In passato la società ha dovuto subire anche le immagini di scimpanzè ed elefanti addestrati a scarabocchiare col colore. Tali immagini vengono spesse propalate dagli animalisti per sottolineare la bontà della loro filosofia fondamentale, l’antispecismo, ossia la negazione di qualsiasi differenza tra l’uomo e le bestie.

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Di certo, possiamo dire che nella porcheria assoluta che è divenuta l’arte contemporanea, l’esistenza di un artista che è porco materialmente (e non solo esteticamente, filosoficamente, umanamente) è un atto di sincerità rivoluzionaria.

 

A questo punto, si dovrebbe attendere la proposta di qualche testa calda: chiudiamo la Biennale, e al posto dei suoi antichi padiglioni internazionali piazziamo dei porcili che sfornino orde di Pigcassi, di Maialengeli, Porcavaggi, etc..

 

L’idea, tuttavia, ora potrebbe cadere nel vuoto: l’attuale presidente della Fondazione Biennale di Venezia, lì piazzato in quest’era meloniana, è il giornalista Pietrangelo Buttafuoco, che circa una diecina di anni fa si è convertito all’islam prendendo, in onore dell’emiro della Sicilia, il nome di Giafar al-Siqili.

 

Il maiale, vogliam qui ricordare, è considerato un animale impuro anche secondo certa tradizione ebraica che risale ai libri del Levitico e Deuteromonio, al Talmud e soprattutto alla letteratura halakica della Torah, che considera fuori dal kasherut («adeguatezza») il suino, qui in compagnia di molluschi e crostacei. Considerando l’importanza che hanno avuto artisti, collezionisti e mecenati (come la famiglia i Guggenheim, o i Sackler) ebrei per musei e gallerie, in ispecie in America, non ci è chiaro come certo rabbinato ortodosso, che arbitra il concetto di kasher, potrebbe reagire verso i propri correligionari impegnati nel mondo dell’arte.

 

Il sogno della rinascita mondiale dell’arte per via porcina è forse quindi, almeno al momento, da rimandarsi.

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La Russia pronta a vietare la «quadrobica», sottocultura degli imitatori degli animali

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Una legge che proibisce la promozione di ideologie distruttive in Russia è attualmente in lavorazione, ha detto sabato la vicepresidente del Comitato per l’istruzione della Duma di Stato, Yana Lantratova, in un’intervista con l’agenzia RIA Novosti. Il divieto comprenderebbe la cosiddetta «quadrobica» («quadrobics» in inglese), che sta rapidamente guadagnando terreno tra i giovani.   La quadrobica è una sottocultura che ruota attorno all’imitazione degli animali. Gli adolescenti che si definiscono quadrobers interpretano cavalli, gatti, cani e altri animali muovendosi su tutti e quattro gli arti e imitando suoni specifici, mentre indossano maschere e costumi.           La sottocultura ha recentemente registrato una crescita esponenziale grazie ai video virali su TikTok e YouTube, e si ritiene che sia stata inventata dal velocista giapponese Kenichi Ito. Nel 2015, con un tempo di 15.71 secondi, Ito ha stabilito il record del Guinness per la corsa a quattro zampe per 100 metri.    

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Lo Ito ha trascorso nove anni studiando come si muovono animali come le scimmie patas africane. Lavorava come custode e lavava i pavimenti a quattro zampe per esercitarsi nella sua tecnica di corsa a quattro arti.   Il quadrobico nipponico può essere veduto all’opera nell’inquietante video del gruppo australiano The Jezabels intitolato significativamente «My Love Is My Disease» («il mio amore è la mia malattia»).  

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La diffusione della postura a quattro zampe tra i giovani preoccupa le autorità russe.   «Sto sviluppando un disegno di legge per vietare la propaganda di ideologie distruttive, tra cui la quadrobica», ha detto la Lantratova all’agenzia di stampa, aggiungendo che «un quadrobico non è un fuorilegge, ma una vittima».   Il legislatore russo ha chiesto sanzioni legali contro coloro che rendono «movimenti di questo tipo popolari e attraenti», sottolineando che «ci sono intere comunità che non sono così innocenti come sembrano a prima vista».       La quadrobica è diventata una questione molto controversa per i legislatori del Paese negli ultimi mesi. All’inizio di questa settimana, il deputato della Duma di Stato Sergej Kolunov ha chiesto alla Commissaria per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova di introdurre sanzioni amministrative e penali contro i genitori dei quadrobici.   A settembre, un membro del Consiglio della Federazione, Natalia Kosikhina, aveva chiesto di bandire il movimento in Russia, affermando che «tali forme di sottocultura non solo colpiscono mentalmente, ma portano a conseguenze molto tragiche». Allo stesso tempo, la deputata ha affermato che le attività sportive ed educative dovrebbero essere rese attraenti per gli adolescenti.      

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Secondo gli psicologi, la quadrobica è un modo facile e accessibile per i bambini di evadere dalla realtà, in particolare durante la pubertà. All’inizio di quest’anno, la psicoterapeuta Antonina Perekrestova ha detto a RBK che il movimento è per lo più unito da adolescenti che mancano di attenzione e supporto da parte dei loro genitori e insegnanti sottolineando che i quadrobici hanno comunemente problemi di comunicazione con i coetanei e hanno bisogno di essere coinvolti in attività che facilitino il loro sviluppo intellettuale e fisico per evitare problemi con le abilità sociali in futuro.   Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato era emerso il caso di «Toco», un uomo giapponese che aveva affermato di aver realizzato il suo sogno d’infanzia creando un costume iperrealistico dal costo di circa 15 mila dollari con il quale diceva di poter divenire un cane collie, razza in Italia chiamata erroneamente da alcuni come «Lassie».    

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È impossibile non connettere l’ascesa della quadrobica con quella dei cosiddetti «furries», ossia persone adulte che si travestono da personaggi animali pelosi grazie a grandi costumi.   La sottocultura furry, che secondo alcuni ha una certa valenza sessuale, sta prendendo piede in vari Paesi, in alcuni casi penetrando – secondo alcune notizie pubblicate dalla stampa americana – persino nelle scuole.   Si tratta ulteriori passi verso la slatentizzazione della psicosi della società moderna, che a questo punto non è solo tollerata, ma incoraggiata dalle autorità.   Anche in Italia si comincia a discutere non più di disforia di genere (oramai accettata), ma di «disforia di specie», che sarebbe la condizione in cui la persona (il bambino, spesso) dice di identificarsi con un animale.   La tendenza in ambito anglofono ha già un nome spendibile socialmente, Therian. I theriani sono coloro che credono di essere un animale, talvolta anche solo in parte. Talvolta è possibile sentire il termine Otherkin, che tuttavia definisce chi non si sente totalmente umano, identificandosi pure come elfo, alieno, robot, etc.   Le istituzioni stanno cominciando a piegarsi ufficialmente al fenomeno.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa un membro del Consiglio scolastico della provincia dell’Ontario, in Canada, confermò la presenza nelle scuole pubbliche di bambini che si «identificano» come animali, e quindi che come tali devono essere trattati da compagni e istituzioni. Media mainstream come la CNN hanno promosso anche tendenze come quella di «identificarsi» con una sirena – un trend otherkin globale da non sottovalutare.

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La polizia norvegese chiude il caso della morte di Hvaldimiro, la balena accusata di essere una spia russa

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Una balena beluga che i media occidentali un tempo avevano sospettato essere una «spia russa» è probabilmente morta a causa di un’infezione, ha annunciato la polizia norvegese, escludendo i sospetti iniziali che l’animale famoso fosse stato colpito.

 

Il mammifero marino, soprannominato Hvaldimir (crasi tra hval, balena in lingua norvegese, e Vladimir, nome dell’uomo del Cremlino), era stato trovato morto nella baia di Risavika, nella Norvegia meridionale, a fine agosto.

 

Come riportato da Renovatio 21, gruppi per i diritti degli animali OneWhale e NOAH avevano sporto denuncia alla polizia norvegese, sostenendo che i molteplici fori circolari nel corpo della balena indicavano che erano stati sparati dei colpi di arma da fuoco.

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Tuttavia, un’autopsia effettuata dall’Istituto veterinario norvegese ha suggerito che non vi è stato alcun atto criminale nella morte di Hvaldimir, ha affermato la polizia venerdì.

 

Secondo Amund Preede Revheim, a capo della sezione Mare del Nord e ambiente della polizia della Norvegia sudoccidentale, il cetaceo è probabilmente morto a causa di un’infezione batterica, sviluppatasi in una ferita provocata da un bastone rimasto incastrato nella bocca della creatura.

 

Quanto ai buchi circolari, è probabile che siano stati fatti da uccelli che abitualmente beccano le carcasse delle balene, ha spiegato.

 

«Dato che non c’è nulla nelle indagini che indichi che Hvaldimir sia stato ucciso in modo illegale, la polizia non vede alcun motivo per avviare un’indagine sulla morte della balena», ha affermato l’ufficiale. La denuncia degli attivisti è stata ritirata, ha aggiunto.

 

Revheim si è anche lamentato del fatto che per l’istituto veterinario norvegese è stato «difficile» effettuare l’autopsia perché «molti organi della balena erano molto marci».

 

La famosa balena beluga bianca è stata avvistata per la prima volta al largo della costa nella regione del Finnmark, nell’estremo nord della Norvegia, nel 2019. Al momento della scoperta, l’animale indossava presumibilmente un’imbracatura per telecamera con la scritta «Equipaggiamento San Pietroburgo», cosa che ha portato a selvagge speculazioni nei media occidentali sul fatto che la creatura marina fosse in realtà una «balena spia russa» in missione per distruggere l’Occidente, a partire della fondamentale nazione del Regno di Norvegia.

 

Alcuni, tuttavia, hanno ipotizzato che l’animale fosse in realtà una «balena terapeutica» – un animale utilizzato cioè per il contatto con gli umani – addestrata che in qualche modo era fuggita dal suo recinto.

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Lo Hvaldimir era noto per essere amichevole con gli umani e veniva spesso visto avvicinarsi alle imbarcazioni e interagire con chi era a bordo, e circolano in rete vari video non verificati in cui se la spassa in porto facendo scherzi ai gabbiani, rubando la GoPro a kayakisti o persino recuperando dagli abissi un’iPhone caduto ad una signora.

 

 

 

 

Come sa il lettore, Renovatio 21 aveva suggerito l’ipotesi che ad uccidere il povero Hvaldimiro potrebbero essere state le malefiche orche assassine di Gibilterra, che, come tanti gruppi di ultras e facinorosi sulla terraferma, certo sembrano pronte ad essere manipolate ed utilizzate con strumento della politica sporca della NATO.

 

Orche assassine prezzolate per essere se stesse – cioè letteralmente balene assassine, verso le quali nessuno, sinora, ha fatto qualcosa. (Con l’eccezione di quel ristorante in Giappone…)

 

Al momento, ad ogni modo, l’idea che il beluga possa essere stato avvelenato dalla nequizia di un altro cetaceo noi non la escluderemmo.

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Nuova York darà ai suoi topi la pillola anticoncezionale, inquinando drammaticamente l’ambiente

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La città di Nuova York ha approvato un programma sperimentale per ridurre la popolazione di ratti della città senza usare veleno. A partire dall’anno prossimo, i pellet contraccettivi saranno collocati in contenitori speciali accessibili ai ratti in diversi quartieri della città.   I sostenitori di questo approccio sostengono che ridurrà in modo umano il numero di ratti senza mettere in pericolo altri animali o l’ambiente. Se tutto va come previsto, i ratti ingeriranno il contraccettivo, diventeranno sterilizzati e in questo modo non potranno riprodursi.   L’iniziativa è stata soprannominata «Legge Flaco», dal nome del gufo omonimo fuggito da uno zoo cittadino l’anno scorso e poi trovato morto con del veleno per muridi in circolo, secondo quanto riportato dai media locali.

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«Non possiamo uscire da questa situazione avvelenandoci, non possiamo uscire da questa situazione uccidendoci», ha affermato il membro del consiglio comunale Shaun Abreu ad aprile, quando ha presentato per la prima volta il disegno di legge.   Nel corso di un programma pilota di 12 mesi, gli ispettori effettueranno controlli mensili per verificare quanti pellet sono stati consumati nei diversi quartieri.   «Durante tali ispezioni mensili delle aree del programma pilota, il dipartimento dovrà monitorare la quantità di contraccettivo per ratti in ogni distributore di contraccettivi per ratti», si legge nelle disposizioni del disegno di legge.   Senestech, l’azienda che produce il prodotto di origine vegetale denominato Contrapest, sostiene che ogni dose impedisce ai ratti di riprodursi per 45 giorni, riducendone così la popolazione in modo umano senza mettere in pericolo altri animali o l’ambiente.   Nuova York è da tempo famosa per il suo problema con i ratti. Si stima che tre milioni di roditori vivano nella Grande Mela, secondo la società di disinfestazione MMPC, che ha basato la cifra su uno studio del 2014 di Jonathan Auerbach.   Il gruppo animalista PETA ha accolto con favore quello che ha definito un «approccio innovativo» al problema, elogiando la città per aver scelto «il controllo delle nascite invece di metodi crudeli e letali come il veleno e il soffocamento».   L’uso di anticoncezionali per il controllo della popolazione animale è comune, in ispecie per quanto riguarda i piccioni delle piazze cittadine. Nel 2006 gli animalisti chiesero all’allora sindaco della laguna Massimo Cacciari che sui banchetti in Piazza San Marco fosse venduto mangime anticoncezionale.

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La contraccezione, e forse non solo quella, viene praticata in Sud Africa anche con gli elefanti. Un articolo di domenica 8 ottobre 1995 si intitolava «aborto e pillola per gli elefanti, avanzata sconcertante proposta». Eppure un articolo di tre anni prima «Pillola per elefanti africani, sono diventati troppi» lodava il metodo chimico anticoncezionale come alternativo al culling, ossia all’abbattimento selettivo di alcuni branchi.   Tutte queste soluzioni non tengono presente di un aspetto agghiacciante della chimica contraccettiva: l’inquinamento ambientale.   Come riportato da Renovatio 21, secondo studi, l’inquinamento da pillola anticoncezionale, che ricordiamo è un ormone sessuale steroideo sintetico, starebbe facendo diventare i pesci transessuali, e vi sono stati recenti allarmi sull’inquinamento dei fiumi da parte della pillola abortiva RU486, detta anche «pesticida umano».   È interessante come ambientalisti ed animalisti vari di questo tipo di inquinamento – sterilizzante, transessualizzante, lesivo della biologia animale ed umana – non si siano mai occupati.   La sua cifra antiumana lo fa ritenere forse accettabile?

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