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Geopolitica

Viaggio della Harris in Vietnam in ritardo: continua la «Sindrome dell’Avana»?

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Torna il mistero diplomatico del decennio, il morbo più enigmatico che colpisce le relazione internazionale – no, non stiamo parlando del coronavirus.

 

Un sospetto nuovo caso della misteriosa «sindrome dell’Avana» avrebbe ritardato la visita del vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, in Vietnam, stando a quanto riporta ABC News.

 

Un comunicato dell’ambasciata statunitense ad Hanoi parla un «incidente sanitario anomalo». Secondo ABC, si tratterebbe del primo incidente di questo genere che coinvolge un alto dirigente della superpotenza.

 

Non è possibile avere conferma diretta che l’incidente abbia legami diretti con altri misteriosi sintomi sperimentati da molti altri funzionari statunitensi negli ultimi due anni. 

Il sospetto non è trattato come roba da complottisti

 

Tuttavia, il sospetto – essendoci il potenziale argomento che siano coinvolti i nemici degli USA come la Russia – non è trattato come roba da complottisti.

 

La sindrome dell’Avana è un insieme di  sintomi medici riportati a Cuba a fine 2016 dal personale dell’ambasciata degli Stati Uniti e dell’ambasciata del Canada. Essi sono apparsi successivamente in alcuni altri Paesi, inclusi l’Austria , la Germania e gli stessi USA. Nel 2021, l’amministrazione Biden ha iniziato a chiamarli «incidenti sanitari inspiegabili» o UHI.

 

I funzionari statunitensi stanno indagando su 130 possibili casi UHI. La causa tuttavia è ancora da trovare.

 

I funzionari statunitensi stanno indagando su 130 possibili casi UHI. La causa tuttavia è ancora da trovare

Le agenzie federali hanno annunciato all’inizio di quest’anno che stavano indagando su almeno due possibili incidenti di «attacco ad energia diretta» sul suolo statunitense, uno dei quali sarebbe avvenuto proprio vicino alla Casa Bianca. La CIA e il Pentagono e altre agenzie USA, stanno pure indagando sul misterioso morbo.

 

Nella sindrome dell’Havana, le vittime riferiscono di soffrire di nausea e stanchezza. Alcuni hanno persino sperimentato la perdita dell’udito dopo aver sentito suoni stridenti estremamente forti.

 

Questi strani episodi hanno portato alcuni a credere che gli avversari degli Stati Uniti stessero usando armi soniche o addirittura a microonde, ma non c’è ancora alcuna prova definitiva di tutto ciò.

Le agenzie federali hanno annunciato all’inizio di quest’anno che stavano indagando su almeno due possibili incidenti di «attacco ad energia diretta»

 

Il viaggio della Harris è stato ritardato solo di tre ore «dopo un’attenta valutazione, si è deciso di proseguire con il viaggio del vicepresidente», si legge nel comunicato.

 

Anche la portavoce della vicepresidente, Symone Sanders, ha confermato ai giornalisti che la Harris sta «bene», come riporta ABC.

 

Non si tratta nemmeno della prima volta che gli americani lamentano di essere attaccati con emissioni di microonde. Gli annali ricordano il caso detto del cosiddetto «Moscow Signal»: una trasmissione di microonde variabile tra 2,5 e 4 gigahertz, diretta all’Ambasciata degli Stati Uniti a Mosca dal 1953 al 1976. La sua scoperta portò ad un incidente diplomatico.

 

Tuttavia, come riportato da Renovatio 21, gli americani studiano l’uso di armi laser e microonde da prima della guerra del Vietnam

 

 

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Geopolitica

Trump si chiede «che diavolo» ci facesse Zelens’kyj in Sudafrica

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha espresso sorpresa per la visita di Volodymyr Zelens’kyj in Sudafrica durante un incontro con il suo omologo sudafricano Cyril Ramaphosa alla Casa Bianca mercoledì.

 

Trump ha dichiarato di aver telefonato a Zelens’kyj durante la sua visita di aprile e di avergli chiesto «che diavolo» stesse facendo in Sudafrica. Ramaphosa ha spiegato che il Sudafrica aveva condiviso alcune «lezioni» sulla costruzione della pace con il leader ucraino. «Questo è ciò che ci ha insegnato Nelson Mandela: se volete raggiungere la pace nel Paese, fatelo incondizionatamente, sedetevi e parlate», ha detto il presidente sudafricano, sfruttando l’icona internnazionale dell’ex terrorista filosovietico assurto al ruolo di «santo» intoccabile del mondialismo.

 

La visita di Zelens’kyj a Pretoria ha scatenato ampie critiche da parte dei commentatori politici e degli attivisti sudafricani a causa del suo atteggiamento sprezzante nei confronti dell’iniziativa di pace del 2023 guidata da Ramaphosa.

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I due presidenti hanno anche discusso delle preoccupazioni degli Stati Uniti riguardo alle presunte violenze contro gli afrikaner bianchi e alle politiche di riforma agraria del governo sudafricano. Trump avrebbe chiesto chiarimenti sul genocidio della minoranza bianca, di fatto umiliando il vertice dello Stato sudafricano mostrandogli un video che raccoglieva prove del massacro in atto.

 

Nel video mostrato alla Casa Bianca erano visibili i comizi razzisti con incitamenti al genocidioKill the boer! Kill the farmer!»: un canto che la Corte Suprema sudafricana non ritiene essere incitamento all’odio) del leader del partito para-comunista EFF (scissosi dall’ANC di Mandela) Julius Malema, nonché le immagini strazianti della fila infinita di croci per i boeri ammazzati.

 

 

Curiosamente, sarebbe da ricordare che è proprio il Sudafrica che ha portato le carte all’Aia per dichiarare Israele perpetratore di genocidio.

 

Ramaphosa ha respinto le accuse, ribadendo i valori democratici del Sudafrica e respingendo l’idea che la terra venisse confiscata illegalmente. «No, no, no, no», ha risposto quando gli è stato chiesto della confisca delle terre. «Nessuno può prendere la terra», ha aggiunto.

 

Come riportato da Renovatio 21, vari gruppi boeri da anni ritengono di essere oggetti di una vera persecuzione se non di una pulizia etnica, con abbondanza disperante episodi di crimine, torture e violenza efferata di ogni sorta.

 

Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il partito dell’ex presidente sudafricano Jacob Zuma MK ha presentato una denuncia per tradimento contro un gruppo della minoranza afrikaner.

 

L’amministrazione Trump aveva negli ultimi tempi  sospeso gli aiuti al Sudafrica. La scorsa settimana, dopo tanti annunci, gli USA hanno accolto un primo gruppo di rifugiati boeri. Sul «genocidio bianco» in atto non ha dubbi Elon Musk, che ha recentemente anche sostenuto che il suo servizio Internet satellitare Starlink non può funzionare in Sudafrica perché «non è nero».

 

La delegazione sudafricana era in visita per presentare un quadro rivisto per il commercio e gli investimenti, volto a rafforzare la cooperazione economica bilaterale. Parks Tau, Ministro del Commercio, dell’Industria e della Concorrenza del Sudafrica, ha confermato che la proposta è stata presentata durante i colloqui con il Rappresentante Commerciale degli Stati Uniti.

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Tau ha affermato che il commercio è al centro della nuova proposta. «Abbiamo anche discusso di dazi doganali e tariffe con la parte americana», ha osservato. Ha sottolineato che quasi il 77% delle merci statunitensi importate in Sudafrica entra in esenzione doganale, mentre una quota analoga delle esportazioni sudafricane, principalmente materie prime, beneficia anch’essa di esenzioni fiscali. Tau ha aggiunto che il Sudafrica ha evidenziato la crescente carenza di gas e ha manifestato interesse per l’importazione di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti, un’iniziativa accolta positivamente sia dall’ambasciatore statunitense che dai rappresentanti della Casa Bianca. “È uno dei settori su cui daremo seguito», ha affermato.

 

Mentre lasciava la Casa Bianca, il presidente Ramaphosa ha detto ai giornalisti che i colloqui erano andati «molto bene».

 

In questi anni, ad ogni modo, abbiamo assistito al collasso del Sudafrica da ogni punto vista, dai disordini civili con caos e razzie ai blackout – dove si innesta la storia oscura di un possibile tentato assassinio nei confronti del capo della società elettrica nazionale.

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Economia

Assistenzialismo geopolitico-militare: l’Ucraina vuole una percentuale fissa del PIL dell’UE

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L’Ucraina ha proposto che gli stati membri dell’UE destinino una quota fissa del loro PIL al finanziamento delle forze armate del paese. I leader dell’Unione hanno promesso di continuare a sostenere militarmente Kiev nonostante il cambio di politica del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che mira a mediare una tregua.   Secondo un post su Facebook pubblicato giovedì, il ministro delle Finanze Serhiy Marchenko ha illustrato al mondo la proposta di assistenzialismo geopolitico-militare durante la riunione dei ministri delle finanze del G7 tenutasi questa settimana in Canada.   «Quello che proponiamo è la partecipazione dei partner al finanziamento delle Forze armate ucraine, il che le integrerebbe di fatto nella struttura di difesa europea», ha scritto.

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Marchenko ha aggiunto che il costo «rappresenterebbe solo una piccola parte del PIL dell’UE» e potrebbe essere ripartito tra i paesi che desiderano aderire all’iniziativa. Kiev intende lanciare il nuovo programma nel 2026, con contributi conteggiati negli obiettivi di spesa per la difesa della NATO.   L’appello di Marchenko giunge in un momento in cui l’Ucraina è alle prese con la crescente pressione fiscale e con un’incerta prospettiva sugli aiuti esteri. Martedì, il parlamentare Yaroslav Zheleznyak ha dichiarato che il bilancio del Paese per il 2025 include un deficit di 400-500 miliardi di grivne (9,6-12 miliardi di dollari) per il finanziamento delle forze armate.   La collega deputata Nina Yuzhanina ha avvertito che il sostegno militare ha raggiunto un livello critico e ha chiesto tagli drastici al bilancio interno per ridistribuire le risorse.   Anche il crescente debito ucraino ha destato allarme. Il debito pubblico totale si avvicina ai 171 miliardi di dollari, con un debito prossimo al 100% del PIL. All’inizio di questo mese, Marchenko ha dichiarato che il Paese non sarà in grado di ripagare i creditori esteri per i prossimi 30 anni, ma intende continuare a indebitarsi.  
  Dall’escalation del conflitto con la Russia nel 2022, l’Ucraina ha ricevuto miliardi di dollari in aiuti militari, finanziari e umanitari e prestiti dagli Stati Uniti, dall’UE e da altri donatori. L’approccio di Bruxelles ha suscitato critiche da parte di alcuni Stati membri dell’UE, tra cui Ungheria e Slovacchia.   Gli Stati Uniti, il principale donatore dell’Ucraina, si sono mossi per recuperare gli aiuti finanziari all’Ucraina firmando un accordo sulle risorse naturali con Kiev. L’accordo, promosso da Trump, garantisce agli Stati Uniti un accesso preferenziale alle risorse minerarie ucraine senza fornire garanzie di sicurezza.   Trump, che ha ripetutamente chiesto una rapida risoluzione del conflitto, si è impegnato a mediare una tregua piuttosto che espandere il supporto militare. I legislatori ucraini hanno avvertito che il pacchetto di aiuti militari approvato dall’ex presidente Joe Biden si esaurirà entro l’estate e non sono attualmente in corso trattative per ulteriori forniture statunitensi.   La Russia ha sempre condannato le spedizioni di armi occidentali all’Ucraina, dichiarando che non faranno altro che prolungare il conflitto senza cambiarne l’esito e che rappresenteranno anche un ulteriore onere economico per i contribuenti comuni.

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Geopolitica

Israele spara contro la delegazioni di diplomatici stranieri

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Soldati israeliani hanno sparato nei pressi di un gruppo di diplomatici stranieri in visita al campo profughi di Jenin, nella Cisgiordania occupata, spingendo i rappresentanti di oltre 20 paesi e i giornalisti al seguito a cercare riparo, secondo i video ripresi dalla scena.

 

Il tour, organizzato dall’Autorità Nazionale Palestinese, coinvolgeva delegati provenienti da decine di paesi, tra cui Regno Unito, Canada, Francia, Italia, Spagna, Cina, Giappone, Messico, Egitto e altri. Non sono stati segnalati feriti, ma le riprese video hanno mostrato i diplomatici fuggire in preda al panico mentre si scatenavano gli spari intorno alle 14:00 ora locale.

 

Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno affermato che la delegazione aveva deviato dal percorso precedentemente approvato ed era entrata in un’area non autorizzata, da loro descritta come una «zona di combattimento attiva».

 


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«Secondo una prima indagine, la delegazione ha deviato dal percorso approvato ed è entrata in un’area non autorizzata. I soldati dell’IDF che operavano nella zona hanno sparato colpi di avvertimento per allontanarli», ha dichiarato l’IDF, esprimendo rammarico per il «disagio causato».

 

 

Il ministero degli Esteri dell’Autorità Nazionale Palestinese ha descritto la sparatoria come una violazione del diritto internazionale, affermando che la delegazione era in missione ufficiale per valutare la situazione umanitaria nel contesto delle crescenti critiche internazionali alle operazioni militari israeliane a Gaza e in Cisgiordania.

 


I leader internazionali hanno prontamente condannato l’incidente. Francia e Italia con il ministro Antonio Tajani hanno convocato gli ambasciatori israeliani per chiedere spiegazioni. Il vice primo ministro irlandese ha definito l’evento «totalmente inaccettabile», mentre il Canada ha chiesto un’indagine approfondita. Anche l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Kaja Kallas, ha definito «inaccettabile» l’atto di sparare vicino ai diplomatici e ha chiesto che si assuma la responsabilità.

 

Della delegazione, in cui vi erano anche giornalisti, faceva parte il vice console italiano Alessandro Tutino, uscito illeso. Il diplomatico italiano ha parlato subito con il Tajani.

 

 

«Ho appena parlato con Alessandro Tutino il vice console d’Italia a Gerusalemme che sta bene e che era fra i diplomatici che sarebbero stati attaccati a colpi di arma da fuoco vicino al campo profughi di Jenin. Chiediamo al governo di Israele di chiarire immediatamente», ha dichiaro su X il ministro degli Esteri. Il vice console sarebbe rientrato a Gerusalemme.

 

Tajani ha quindi convocato l’ambasciatore israeliano a Roma: «ho appena dato disposizione al Segretario generale del Ministero degli Esteri di convocare l’Ambasciatore di Israele a Roma per avere chiarimenti ufficiali su quanto accaduto a Jenin» ha scritto sui social il Tajani.

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L’incidente, va notato, a poche dalla decisione UE di aprire una revisione dell’accordo di associazione con Israele.

 

Il ministero degli Esteri egiziano ha affermato che l’incidente «viola tutte le norme diplomatiche», mentre il ministero degli Esteri turco ha «fermamente condannato» gli spari di avvertimento contro i suoi diplomatici.

 

Il caso dovrebbe riportare alla memoria l’attacco che l’IDF ha portato contro i nostri soldati attivi in Libano con le forze di pace UNIFIL – con Netanyahu che arrivò a minacciare direttamente il corpo ONU di peacekeeping nel Libano meridionale, accusato di «fornire uno scudo umano ai terroristi di Hezbollah»

 

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