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Storie, misteri ed orrori dal Mostro di Firenze ad Amanda Knox. Renovatio 21 intervista il giudice Mignini

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Perugia, pomeriggio del 1° settembre 2025. Renovatio 21 intervista un uomo che è passato attraverso, cercando di mettervi ordine, a due delle storie più oscure dell’Italia repubblicana: il mostro di Firenze e l’omicidio di Meredith Kercher. Due immani buchi neri nella coscienza pubblica italiana, dove misteri, orrori, false piste, processi si sono assommati in un turbine inarrestabile, sorprendente, disperante. La figura che unisce questi due episodi tremendi è l’uomo che, come funzionario dello Stato italiano, ha provato a riportare ordine nel caos fatto di enigmi e di morte: il giudice Giuliano Mignini.

 

Cattolico praticante, il magistrato, ora in pensione, era entrato nella storia del Mostro nel 2001, quando aprì il cold case sulla morte di Francesco Narducci, trovato morto nel Lago Trasimeno nel 1985, sospettando che il dottore fosse stato vittima di un omicidio, una morte che lettere anonime all’epoca reputavano legata al serial killer fiorentino.

 

A Mignini, perugino radicato nella sua città al punto di scrivere un libro sulla sua origine etrusca (Indagine su Perugia. Le origini della città, 2023), poi toccò il caso di Meredith Kercher, assassinata la notte del 1 novembre 2007, un caso che seguì sin dal primo giorno. Come noto, il caso Meredith pian piano si trasformò nel caso Amanda Knox, la ragazza americana che divenne al centro dell’attenzione della stampa internazionale, con almeno tre Paesi – Italia, USA, Gran Bretagna – focalizzati ostinatamente, e su posizioni diverse, sulla soluzione del terribile fatto di sangue.

 

Il giudice Mignini in questi giorni è suo malgrado protagonista – dovrebbe essere l’antagonista, ma il suo personaggio, ci sentiamo di dire, risalta più di quello della protagonista – di una serie trasmessa in streaming su Disney+, The Twisted Tale of Amanda Knox, la cui sceneggiatura è totalmente appoggiata alla versione di Amanda, che è sceneggiatrice, e produttrice, assieme a – dettaglio un po’ sorprendente – Monica Lewinsky.

 

Negli ultimi anni, finiti i processi, Amanda ha cominciato a cercare il giudice Mignini: durante un episodio del 2021 di The Joe Rogan Experience, il podcast più visto al mondo, la ragazza aveva annunciato di aver scritto al suo pubblico ministero, e di avere ricevuto risposta. Con l’uscita del libro Caso Meredith Kercher. Una vicenda giudiziaria tra due continenti (2022) è emerso che i due si sono visti, e che lei, addirittura, gli manda le foto della figlia piccola.

 

Un comportamento, quello di Amanda, che fa pensare che la ragazzina dai tanti amori, figlia di un divorzio, sia rimasta alla ricerca di una figura paterna, che avrebbe trovato nel magistrato che l’aveva arrestata, con cui sarebbe riuscita incredibilmente a riconciliarsi. Questo, sì, è un film incredibile, che, tra le pieghe di una storia dell’orrore, racconta molto del valore della paternità, del senso della famiglia, dei bisogni umani che possono volare oltre ogni dolore. È un’ipotesi che abbiamo fatto. Abbiamo chiesto questo e altro al giudice, che ha cortesemente concesso a Renovatio 21 tanto tempo – e tanta sincerità.

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A fine ottobre 2001 lei inizia le indagini sul medico perugino Francesco Narducci.

È stata una casualità, perché io stavo lavorando su un caso stranissimo che era quello delle famose telefonate di tipo satanico ad un’estetista che iniziano nell’estate del 2001. Non si capisce bene cosa volevano, ma la minacciano e la insultano. Probabilmente questa donna non ha detto tutto, tanto che a un certo punto cominciano a far riferimento dicendo: «tu hai tradito Satana come lo ha tradito Pacciani». A Pacciani segue la storia del lago e così viene fuori il nome di Narducci. Io il 25 ottobre 2001 apro il procedimento perché era venuto fuori anche il discorso omicidiario. È stata fatta l’autopsia. 

 

Le prove concrete che supportano il collegamento tra il caso del Narducci e il Mostro di Firenze, quali sono?

È lunga la cosa. In questa vicenda c’è qualcosa che sfugge, però tutta l’impostazione dell’indagine è stata confermata anche a livello di Commissione Parlamentare Antimafia. Questo personaggio frequentava l’ambiente di San Casciano e lo stesso processo a carico di Francesco Calamandrei [il farmacista, ndr] – se lei legge la sentenza – il GIP De Luca lo assolve con formula dubitativa. Non aveva tutti gli atti. Hanno poi fatto un procedimento a me e a Michele Giuttari [il poliziotto, ndr], per poi essere assolti. Adesso Giuttari fa i capricci, è un tipo particolare.

 

In passato lei ha sottolineato più volte che il rapporto tra lei e il Giuttari si è deteriorato. 

Eravamo amici. C’è stata questa vicenda, che il GIP non ha avuto disposizione tutti gli atti che avevamo noi e così ha assolto con formula dubitativa, come le ho appena detto. Anche nella vicenda Meredith gli imputati vengono assolti con formula dubitativa. Lui dice che il dubbio sulla vicenda Calamandrei deriva dal fatto che ha negato di conoscere il Narducci. E lui la chiama «l’ombra nera del caso Calamandrei».

 

Io le dico una cosa, che a mio avviso è molto importante: quando iniziai le indagini potei lavorare con molto riserbo e non mi rompevano le scatole da nessuna parte e lavorai benissimo. A un certo punto, si presentò, per altri motivi, la famosa Gabriella Carlizzi [la giornalista, ndr] e il mio capo mi disse: «sentila tu questa». Io la sentii e le chiesi se conosceva la vicenda Narducci – secondo me non sapeva nulla – e lei, molto intelligentemente, ha capito che stavamo indagando su quello e si è buttata su questa pista dando la notizia al Corriere della Sera, e la Sarzanini la pubblicò.

 

Che il Narducci fosse coinvolto e a che titolo in questa vicenda non è facile stabilirlo. Dobbiamo semplicemente attenerci a questi fatti, ma io ritengo che ci sia un coinvolgimento forte.

 

Poi, più di questo… C’è anche un altro fatto. Con l’attività della Commissione Parlamentare Antimafia si è aperto un settore di ricerca che riguarda possibili coinvolgimenti eversivi. Quando feci le indagini questo aspetto di tipo politico non era emerso, ma era venuto fuori un ambiente eversivo tipo «Avanguardia Nazionale». Emergeva anche la sigla di un ufficio che si occupava di questa vicenda Narducci, oltre che di vicende «eversive». 

 

Chi avrebbe avuto il potere di sostituire il cadavere?

È stato organizzato a vari livelli. Io non ho mai visto delle enormità come in quella situazione e mi domando a cosa servisse tutto ciò. Dovevano coprire qualcosa.

 

Su YouTube c’è un filmato del 15 luglio 2025 che mostra che lei è stato audito dalla «Commissione Parlamentare d’inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità Il Forteto».

Sono stato audito come testimone dalla «Commissione Forteto», che probabilmente è legata a questa vicenda. Avevo sentito un secondo testimone legato a questa vicenda e adesso questa cosa probabilmente andrà avanti. Vediamo un po’. 

 

Dalle sue indagini precedenti aveva avuto contezza di questo possibile collegamento tra queste due inchieste?

Col Forteto sì. Venne fuori all’inizio e alla fine. Lei dovrebbe rendersi conto che io ero solo, anche se il capo – che mi voleva bene – mi appoggiava, ma subiva pressioni da tutte le parti. In questa vicenda c’è un coinvolgimento massonico certo. Viene fuori dalle intercettazioni e questo discorso massonico indubbiamente ha ostacolato le indagini, perché lei capisce che in quell’ambiente l’atteggiamento è di non collaborazione in genere. Anche se ce n’erano alcuni che hanno collaborato, devo dargliene atto. 

 

Perugia è crocevia importante per la massoneria. Lo ha ribadito anche lei in qualche occasione.

A Perugia era forte Ordine Nuovo, e legato ad Arezzo. C’è questo rapporto che ha una sua incidenza che però andrebbe approfondita per quanto riguarda la vicenda Narducci. È una vicenda che a un certo punto è venuta fuori dalla testimonianza di un’impiegata dell’anagrafe, la famosa Cataluffi, che le avevano chiesto di fare rapporto sulla vicenda Narducci e lei lo fece. Era pronta a darlo sia ai Carabinieri che alla polizia e invece le dissero: «Fermi tutti, le indagini sono bloccate per ordini superiori». Gli ordini superiori per la polizia giudiziaria sono della magistratura, e non ero io ovviamente, era qualcun altro. [ride]

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Durante queste sue indagini ha subìto minacce?

Minacce molto velate che sulle prime non colsi come tali, ma ripensandoci, anche confrontandomi con un amico avvocato, le ho notate. I rischi li abbiamo corsi poco prima della riesumazione, perché quello era il momento dove io e Giuttari abbiamo rischiato di più. Anche Giuttari ha ricevuto minacce. Questa è una storia incredibile che, secondo me, solo a Perugia poteva succedere. E anche a Firenze ovviamente. 

 

Come spiega che la magistratura fiorentina non abbia condiviso la sua lettura dei fatti?

C’è un libro, dove tra l’altro partecipo pure io alla stesura, che nell’intervista a Paolo Canessa lui dice che, per quanto riguarda Narducci, lui venne con Piero Luigi Vigna, o solo lui, non ricordo con esattezza, e dice che Vigna era quello che più credeva al discorso Narducci. Lui all’inizio non era d’accordo, ma poi fa un commento finale su questa intervista che dice: «dopo le indagini del collega, mi sono reso conto che c’era molto materiale». Vigna aveva capito. 

 

Cosa pensa che manchi per trovare la verità definitiva in questo caso così complesso? 

Eeehhh… Ci vorrebbe qualcuno che parlasse, che dicesse quello che è. Tanti hanno parlato, ma poi succedeva che quando li chiamavi confermavano e dicevano: «Ma io l’ho saputo da quell’altro». Poi chiamavi quell’altro e diceva: «Non mi ricordo». Non era facile lavorare in quelle condizioni, anche perché mentre io indagavo su questa vicenda, è arrivato il delitto Meredith, dove si sono scaricate, anche lì, le pressioni precedenti. Mario Spezi e Douglas Preston, un giallista americano, soprattutto questi due. Io sono rimasto molto, molto colpito – senza generalizzare, ci mancherebbe altro – ma gli ho sentito fare delle affermazioni incredibili. 

 

Prima di passare al delitto Meredith Kercher, vorrei farle un’ultima domanda sul caso Narducci. Quando faceva le indagini, l’avvertiva la pressione di indagare su una questione molto importante? Come l’affrontava? 

Io sono perugino e conoscevo il personaggio Francesco Narducci, perché ha frequentato il liceo classico Annibale Mariotti di Perugia. Lo vidi pochi giorni prima della scomparsa in condizioni impressionanti, sembrava stesse per morire di lì a pochi giorni. Lo vidi che stava armeggiando intorno alla sua moto in piazza Partigiani. «Ma questo cosa ha fatto?», pensai. Era magro, emaciato e si vedeva che era psicologicamente provato e aveva – me lo ricordo benissimo, ce l’ho stampata bene in mente questa immagine – una ferita profonda sotto l’occhio destro che scendeva fino alla guancia e aveva un paio di occhiali scurissimi che gli coprivano gli occhi cercando di mascherare in parte anche la ferita. E questo tipo di ferita ce l’aveva anche Calamandrei.

 

Strane coincidenze.

Capito?! Erano pochi giorni prima che scomparisse. Vedendolo in quel modo pensavo che stesse male. Ho poi saputo della scomparsa da un collega che mi disse – pensando che fosse proprio il Narducci – «Guarda che hanno ripescato il cadavere del Narducci al lago». «Ma che sarebbe successo?», gli dissi io. «Mah, non si sa. Comunque la cosa strana è che non hanno fatto l’autopsia». Per scoprire se uno è annegato devi fare l’autopsia, non c’è verso.

 

Se non ricordo male le sole foto di quel cadavere sono del fotografo Crocchioni, che lavorava per il quotidiano La Nazione al tempo.

Sono tutte le sue, perché le foto ufficiali non le fecero. Le fece lui per il giornale. Era una brava persona.

 

Secondo lei, ci sono delle forze occulte, diciamo così, che hanno smosso questa vicenda macabra, efferata?

Io mi ricordo questo. All’inizio delle indagini si scatenarono contro di me, ma non potendo opinare sulla mia vita privata, perché non c’è nulla di anomalo, cercarono di delegittimarmi dicendomi: «ah, ma quello è un cattolico!». Io ho sempre dichiarato quanto segue: «Guardate che io sono cattolico, ma sono riservato, non ostento». Invece era come se questa cosa li toccasse. Sul discorso satanico non si poteva parlare perché mi tacciavano di essere cattolico, quindi secondo loro ero di parte, diciamo così. 

 

Nel successivo processo Meredith Kercher ha avuto problematiche con la stampa americana, e non solo con la stampa.

Col tempo ho capito come sono e come ragionano gli americani, forte delle tante esperienze vissute. Loro tendono a dire che qualsiasi cosa facciano sia giusta – al contrario di noi italiani che siamo autolesionisti — e pretendendo di insegnare agli altri. Se avessero tanta cultura al pari della loro potenza economico/militare sarebbero veramente i migliori, ma in realtà culturalmente sono un disastro.

 

Sulla vicenda Meredith ho visto il divario che c’è con gli inglesi, che è vero che sono anglosassoni, ma sono pur sempre europei. Con gli inglesi ci si ragiona. Gli americani hanno questa caratteristica: i loro difetti, di cui non si rendono conto, li riversano sugli altri. Mi ricordo che nei giorni del processo Kercher, in via Mazzini, incontro una giornalista americana che mi fa qualche domanda e a un certo punto mi chiede: «lei cosa pensa delle streghe?». «Le streghe? Ma cosa sta dicendo?».

 

A Perugia, storicamente, questa figura non era affatto sentita. Noi abbiamo questo retroterra etrusco e nel caso di Meredith si manifestò, perché noi abbiamo un culto dei defunti molto forte. Abbiamo una devozione nei loro confronti, perché li commemoriamo il 2 novembre. [Meredith è stata uccisa la notte del primo novembre, e non come si pensa la notte di Halloween, che è il 31 di ottobre, ndr]. Lei mi rispose: «In America mi hanno detto così». «In America possono dirle quello che vogliono, ma qui siamo a Perugia e non in una città del Massachusetts!». Si offese perché la colsi nel punto.

 

Forse ha fatto bene a ribadire certi concetti.

Ma certo! L’americano ha bisogno di essere umiliato, in maniera benevola, o anche educato, perché non si rende conto. 

 

A proposito di questo, lei parla anche della non perfetta comprensione degli americani del nostro ordinamento giuridico, che è diverso dal loro, e fanno fatica a intenderlo in pieno. Lei se ne è ben accorto proprio durante il processo Meredith. Lo spiega bene anche nel suo libro Caso Meredith Kercher. Una vicenda giudiziaria tra due continenti, edito da Morlacchi.

Secondo me loro speravano – ma non c’era nessuna possibilità – che il processo venisse trasferito in America. Solo che non vi erano motivazioni legali per farlo e allora cercavano di attaccare, di demolire e di delegittimare tutto l’ordinamento italiano. Hanno fatto veramente una cosa indegna. E poi quel processo, è un processo… mah! Ci siamo capiti? Io non aggiungo altro.

 

È un processo dove ci sono state diverse anomalie. Gliene dico una, tanto per farle un esempio: la perizia non era ancora stata depositata e venne da me un giornalista irlandese – bisognava stare attenti per gli irlandesi erano nemici degli inglesi, quindi contro le indagini, e amici degli americani – e mi registrò di nascosto. Ma quando uno registra, registra anche sé stesso e gli scappò detto che la perizia dava ragione all’impostazione della difesa. Al ché io gli dissi: «mi scusi, ma come ha fatto a saperlo? Io non ne so niente. Non è stata depositata». Allora lui mi rispose che erano voci che aveva sentito in giro. «No, lei non mi sta dicendo la verità». Poi quella cosa l’han tolta perché speravano di mettermi in difficoltà pensando che mi scappasse detto qualcosa. Poi ci sono altri errori che rasentano l’incredibile.

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Mi consenta una battuta, ma il suo è stato quasi un doppio lavoro: il primo da pubblico ministero e il secondo dal difendersi da tutto quel castello mediatico che vi hanno costruito intorno al caso Meredith.

È così. Devo poi dire che nessuno si aspettava la sentenza della Quinta Sezione dove si possono riscontrare alcuni errori. Potrei citarne alcuni come quello del clochard Antonio Curatolo. Il barbone viene liquidato dicendo che non è attendibile. Ma solo perché è un barbone e un poveraccio?

 

Lei ha ribadito questa cosa più volte.

Ecco la mentalità calvinista, perché per i calvinisti il poveraccio va all’inferno e il ricco va in paradiso. Ma non è così!

 

Tornando all’inizio di questa vicenda. Lei arriva sul luogo del delitto intorno alle 14:00.

Arrivai con il dottor Marco Chiacchiera [il commissario di polizia, ndr].

 

Oggi, a distanza di quasi vent’anni, che ricordi ha di quella giornata?

Mi ricordo di un episodio, di cui si parla in questa nuova fiction non correttamente. Appena arrivato mi dissero che c’era questa pietra buttata lì sotto una finestra. Quella simulazione di reato era attribuita ai due ragazzi bianchi e non al nero e invece è passata come se fosse attribuita al ragazzo di colore. 

 

La simulazione di effrazione. 

Sì! Io feci i calcoli. C’erano le due ante delle persiane che forzavano sullo stipite a causa dei cambiamenti di temperatura ed erano a meno di venti centimetri l’una dall’altra. Come avrebbe fatto questo tizio dal cortiletto che stava di fronte alla finestra più alta, a centrare con una pietra, quello spazio così stretto? Ordinai alla polizia di controllare se ci fossero tracce di scarrocciamento sul muro. Non trovarono nulla. Allora iniziai a pensare che la cosa fosse simulata e chi la simula vuol dire che è uno che ha paura di essere coinvolto, perché frequenta o abita la casa. 

 

Le indagini furono prese in carico dalla Polizia e non dai Carabinieri, giusto?

Eh già! Nel libro lo dico. Venne una squadra da Roma organizzata dal questore e venne la capa del settore genetico del Dipartimento di pubblica sicurezza della Polizia. Io ordinai al medico legale di misurare la temperatura cadaverica. Questa venne da me dicendo: «No dottore, per carità!». «Ma come per carità?!». «Perché c’è il rischio che possano verificarsi contaminazioni». A quel punto gli dissi: «Faccia lei gli accertamenti, ma avvertitemi subito perché lui deve andare a controllare». Ho aspettato, ma poi ho dato l’ordine.

 

Per fortuna feci anche una perizia sull’orario della morte e ho fatto perizie anche durante le indagini. Le indagini non sono durate tanto. Ci fu il discorso genetico in cui c’era la traccia di aplotipo maschile di Sollecito sul gancetto del reggiseno di Meredith piegato dalla violenza. C’era traccia anche di quello di Rudy. Si inventarono che poteva esserci contaminazione. Questa prova è rimasta all’interno della casa sequestrata e Sollecito era in galera. Come fa a finire l’aplotipo di Sollecito nel gancetto del reggiseno? Spiegamelo tu.

 

Quello che è impressionante su questa storia è che arrivavano questi americani e buttavano là delle stupidaggini incredibili come la falsa confessione di Amanda. Amanda non ha mai confessato. Amanda ha calunniato, altroché. Ed è stata condannata per quello. Se ripenso a questa vicenda, ancor più dell’altra… Non le dico che mi hanno detto in procura, perché dovrò fare indagini su quel processo. Non dico altro.

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In questi giorni va in onda la miniserie tv su Disney+ The Twisted Tale of Amanda Knox.

Non ne sono uscito male, pensavo peggio onestamente. C’è una mia sfuriata contro il questore – è vero che mi arrabbiai fortemente – perché la mattina del fermo ha detto che il caso è risolto e non chiedi il permesso a noi della procura? Ma come ti permetti?

 

Nel film la voce di Amanda dice che non furono indagate le tracce di sangue al piano di sotto.

Era il gatto! Il simpaticissimo gattino nero! [ride]

 

Da perugino ricordo benissimo quei giorni. Quella triste vicenda scoperchiò il vaso di pandora di quella che era tutta la situazione di microcriminalità sottaciuta nel centro storico. Evidenziò una problematica di non poco conto arrecando un danno di immagine alla città se vogliamo.

Perugia è stato il terreno su cui si è svolta la vicenda. Amanda è americana, Sollecito è pugliese, Rudy è della Costa d’Avorio. 

 

Qualcuno sostiene che un movente plausibile a questo delitto, può essere una faccenda legata alla droga. Lei cosa ne pensa?

La droga sicuro. Probabilmente lì c’era qualcuno che si incaricava di reperire la droga.

 

Cosa ha capito dei tre ragazzi?

Dei tre quella che conosco meglio è Amanda. Rudy è un personaggio che mi raccontava, durante gli interrogatori, che a lui piaceva Amanda, non Meredith. Questa cosa a me è sempre rimasta. Non le dico nel dettaglio, ma ci sono delle novità. Non le dico altro. 

 

A questo punto aspettiamo e vediamo.

Io ho fatto la mia parte.

 

Alcuni hanno ipotizzato che sulla scena del delitto ci possa essere stata un’altra persona se non due, oltre ai tre ragazzi incriminati. È un’ipotesi plausibile questa?

Sulla base di queste ultime notizie, qualcosa di simile ci può essere. Non posso dirle altro.

 

Credo sia poi difficile stabilire in quella stanza chi ha fatto cosa nello specifico.

Questo sì. Devo dire, in tutta onestà, che Amanda si è rivelata come mai mi sarei aspettato: più matura, è diventata madre e si è sposata. Guardando il film lei mi tratta bene e per me non è proprio una sorpresa, in fondo me lo immaginavo. Io penso una cosa a questo punto, che lei quella sera era nel tinello. Mi rimane difficile immaginarmela in quella stanza. Io penso questo. Però era coinvolta anche lei. 

 

Amanda ha vissuto una situazione familiare particolare. È figlia di genitori divorziati. È possibile che Amanda veda in lei una figura di pater familias?. 

A questo io c’ho pensato, ma non lo so. Lei ha parlato anche – non so con quanta convinzione – della sindrome di Stoccolma. Non saprei. Io ho chiesto la condanna per lei e l’ho fatta arrestare. Finito il processo lei è stata assolta con formula dubitativa. Mi viene a cercare e parla di me con Don Saulo, il cappellano del carcere, di cui io sono stato parrocchiano. Forse, chissà, il buon Don Saulo ha giocato un ruolo in questo suo atteggiamento. È una situazione che mi ha lasciato sorpreso. Non mi era mai successo prima una situazione simile. 

 

Anche Sollecito ha avuto i genitori divorziati. Che differenze di atteggiamento ha notato nei due ragazzi?

Quello che ho notato e che mi ha colpito di questa ragazza è che tende a perdonare tutti, mentre da Sollecito ho sentito rancore, astio.

 

È piuttosto strano. Non è di certo una consuetudine. 

Viceversa il comportamento di Sollecito è stato quello di uno che è stato condannato, molto rancoroso. Lui ha ancora un atteggiamento ostile nei miei confronti. E credo che lui non abbia capito che gli è andata bene alla fine. A tutti e due è andata bene. Non l’hanno capito. Le dico una cosa. Il giudizio abbreviato di Rudy li ha salvati. 

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Questa mossa degli avvocati di Guede ha sparigliato le carte.

Si, perché ha tolto di mezzo il collegio giudicante che ha condannato Rudy, sennò sarebbe stato quello di tutti e tre. E non so come sarebbe finita. Forse me l’immagino anche troppo. 

 

È stata una mossa che ha cambiato l’equilibrio del processo. Mi viene in mente una curiosa coincidenza: l’uomo accusato falsamente da Amanda, Patrick Lumumba, era di colore e poi, uscito di scena lui, subentra l’ivoriano Rudy Guede.

Io mi sono chiesto infatti se Amanda, quando ha dovuto inventare la risposta – perché giustamente la polizia la pressava – lei chissà che non abbia ripetuto la vicenda veramente come si svolse, ma mettendo Patrick al posto di Rudy. Questo non lo sapremo mai. Lei ha un’ostilità profonda contro Rudy. Ci sono tante cose di quella notte. Magari in futuro avremo un’altra occasione per raccontare altro alla luce di possibili sviluppi.

 

Questo suo ritratto di Amanda può risultare strano, vista come fu dipinta fin dall’inizio di questa triste storia. 

Era molto giovane all’epoca e forse voleva divertirsi come tutte quelle della sua età.

 

Ricordo un articolo apparso su Il Messaggero a firma del giovane cronista Michele Milletti, uscito pochi giorni dopo il delitto, che aveva trovato un racconto scritto da Amanda in un suo social dell’epoca, Myspace, con temi di violenza, che al tempo poteva risuonare come una premonizione di quello che poi è effettivamente successo nell’appartamento di via della Pergola. 

Mi ricordo. Quello che uno è stato quindici anni prima, è diverso da quello che è oggi. Nella vita si cambia. E lei devo dire che un po’ è cambiata. Il ragazzo pugliese non è cambiato per niente, tanto che lui è convinto che io li abbia arrestati e chiesto la condanna, pur sapendoli innocenti.

 

Amanda oramai la conosco, il marito è una bravissima persona, i due bimbi sono meravigliosi, e oggi mi fiderei di questa ragazza. Di Sollecito no. È quello che mi ha colpito di più in negativo. Rudy l’ho conosciuto appena e non mi dice niente. 

 

Raffaele Sollecito è sempre apparso molto freddo nei suoi confronti.

La Knox nelle interviste ha detto di me che ho fatto tutto in perfetta buonafede. Sentirselo dire dall’imputata fa un certo effetto. C’è una differenza enorme tra i due. Questo per giustizia lo devo dire.

 

Tornando un attimo al documentario Disney+. Che ruolo ebbe il segretario di Stato Hillary Clinton nella vicenda Knox? Dobbiamo dire che è curioso il fatto che tra i produttori della fiction appare Monica Lewinsky. Quantomeno fa sorridere questo accostamento tra la moglie e la stagista amante di Bill Clinton.

Io non faccio commenti su questo, però…

 

La città di Perugia con questa vicenda ha subìto un danno economico e di immagine. Lei è d’accordo?

Un grosso danno economico. I perugini hanno reagito e hanno capito. C’è questa cosa curiosa di Perugia, che è l’anglofilia. Si ricorda il film Fumo di Londra girato in parte a Perugia?

 

Certo che lo ricordo.

Alberto Sordi aveva intuito questa simpatia che aveva Perugia verso l’Inghilterra. In parte questo è stato confermato dalla famiglia di Meredith che è stata meravigliosa. 

 

Lei ha sottolineato più volte la compostezza dei familiari della vittima.

Mi dispiace che questa ragazza non è stata ricordata adeguatamente. Io avevo chiesto che venisse intitolata la via a Meredith, la famosa via della Pergola. La proposta l’ho fatta, vediamo.

 

La famiglia Kercher è sempre stata molto composta, mai fuori dalle righe.

Mai assolutamente! Loro aspettavano che la Corte entrasse e si sistemasse, per poi entrare loro. Non si facevano notare. Ricordo anche che le amiche inglesi di Meredith non sopportavano Amanda. Non che Amanda fosse cattiva, ma incarnava la tipica estroversione americana. 

 

Poi è facile che a quell’età fossero subentrate anche delle ovvie gelosie tra ragazze.

Ma come no.

 

Lei è un uomo di fede, come abbiamo detto prima. Questo lo aiuta nel suo lavoro o a volte può essere un ostacolo?

Io vorrei sottolineare che sono cattolico, ma fortemente laicale e soprattutto non ostento, come le ho già detto. Lei pensi che in questo film, a un certo punto, si vede un volo di uccelli e un uccello che cade e muore e io che guardo la scena dal palazzo e mi faccio il segno di croce.

 

Confondono alcune cose sulla storia della nostra città. Perugia ha una grande attenzione per i defunti, che deriva dalla nostra discendenza etrusca. Ci sono i tipici dolci chiamati le fave dei morti e c’è la fiera dei morti. Questo continuo richiamo ai morti a Perugia non è visto con paura, ma con serenità e questo aspetto deriva dalla cultura etrusca. Dopo quella vi è quella cattolica. Mettere una scena con un volo di uccelli e io che faccio il segno di croce, ma cosa starebbe a significare?

 

È stato etichettato come cattolico durante il suo lavoro, nell’accezione non troppo benevola del termine? Un cattolico poi non scende mai a compromessi.

Certo! Fin dalle indagini di Narducci ho avuto questo tipo di attacchi, perché l’attacco mi veniva da settori non propriamente cattolici. È chiaro, no? Io sono cattolico, non guardo in faccia a nessuno. Ho trattato, tanto per fare un esempio, il processo a un sacerdote implicato in un traffico di droga, con assoluta imparzialità. Tutti lo sanno, questo.

 

Quello che vorrei che fosse chiaro, io quando vado per strada e la gente mi incontra – ed è difficile che lo faccia con un pubblico ministero – mi chiede se può stringermi la mano. Gente che io non conosco nemmeno. Questo vuol dire che la gente sa che io non guardo in faccio a nessuno, forse anche perché cattolico. Io comunque sono un magistrato della Repubblica Italiana. 

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Quando hanno girato alcune scene della fiction a Perugia, si sono levate voci di indignazione.

Non ho letto nulla e non ho voluto prendere parte a questa produzione. Mi è stato chiesto, ma ho detto no.

 

Amanda, perlomeno all’inizio, pareva fosse il capro espiatorio di tutta la faccenda.

Lei da principio fu attaccata soprattutto dai tabloid britannici. C’è stato un avvocato – di cui non faccio il nome – che in una sua arringa, parlando di Amanda, disse: «Questa strega!» Finita l’udienza gli dissi: «io non te lo dovrei dire, però stacci attento a dire certe cose in aula». In America poi attribuirono a me quella esternazione. La moglie di un agente dell’FBI, che seguiva il processo, venne da me poco dopo esclamando: «You are evil!». Sei il male. Senza pensare che io in quel momento avevo indosso la toga. Andiamoci piano. 

 

Lei come se la spiega questa disparità a livello massmediatico tra gli Stati Uniti che hanno enfatizzato oltremodo questa storia, mentre in Gran Bretagna si è tenuto un profilo un po’ più basso?

In Inghilterra gli inglesi sono incazzati, non creda che non lo siano. Questa cosa non gli è andata giù, però sono rispettosi. A onor del vero debbo aggiungere che anche tra i giornalisti americani ci sono state persone molto corrette con cui ho avuto un buon rapporto, tanto che con una di esse siamo diventati amici ed è entrata nella nostra mentalità.

 

Il capo della procura mi diceva: «dato che questi non sanno niente, spiegagli cosa è Perugia». Io ci provavo e finché rimanevo nel Medioevo andava bene, perché ci sono le streghe, c’è l’inquisizione. Quando poi gli spiegavo che Perugia è molto più antica e gli narravo degli Etruschi, li vedevo completamente imbambolati e spaesati. Non si rendono conto perché nella loro cultura non hanno testimonianze di civiltà così antiche. 

 

Ci posso credere. Probabilmente a molti gli manca quella profondità storico culturale che magari noi europei abbiamo.

Ho cercato di spiegare, ma loro hanno questa mentalità calvinista che li sovrasta.

 

Noi italiani invece dovremmo fare tesoro delle nostre tradizioni, della nostra cultura e della nostra religione.

Concordo. 

 

Prima di lasciarla vorrei farle un’altra domanda. Tornando all’inizio, c’è quel filmato della sua audizione riguardo l’inchiesta sul Forteto. È un argomento molto complesso. 

Eravamo a Palazzo San Macuto. È un’indagine molto complessa. Molti, anche tra i magistrati, non se ne rendevano conto, pensando che fosse un organismo di tutela di questi minori abbandonati e invece c’era qualcosa di più.

 

Chissà se la verità salterà fuori un giorno su tutti questi fatti.

Io non dispero, però quanta fatica. È stata un’indagine in salita. 

 

Grazie dottor Mignini per la sua cortese disponibilità.

Grazie a lei.

 

Francesco Rondolini

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Gli avvocati della first lady francese Brigitte Macron, 72 anni, hanno dichiarato che forniranno prove scientifiche e fotografiche per confutare le affermazioni secondo cui sarebbe transgender e biologicamente maschio, in seguito alla recente causa per diffamazione contro la celebre podcaster Candace Owens.   «Siamo pronti a dimostrare in modo esaustivo, sia generico che specifico, che ciò che dice su Brigitte Macron è falso», ha dichiarato l’avvocato dei Macron, Tom Clare, al podcasto «Under Fire» della BBC.   «È incredibilmente sconvolgente pensare di dover andare a sottoporsi, di dover presentare questo tipo di prove», ha detto l’avvocato, aggiungendo: «È un processo a cui [Brigitte] dovrà sottoporsi in modo molto pubblico. Ma è disposta a farlo. È fermamente decisa a fare tutto il necessario per mettere le cose in chiaro».

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Alla domanda se i Macron avrebbero fornito foto di Brigitte incinta e intenta a crescere i suoi figli, il Clare ha risposto che esistevano e che sarebbero state presentate in tribunale.   La causa per diffamazione contro la podcasterra cattolica nera nasce dalle affermazioni fatte in una serie di inchieste sul suo podcast, in cui lei e il giornalista francese Xavier Poussard hanno esplorato la sua teoria, non solo secondo cui la moglie del presidente francese Emmanuel Macron, 47 anni, è in realtà un uomo, ma è stata lanciata anche la storia incredibile secondo cui Macron sarebbe stato adescato da una cricca di pedofili transgender d’élite fin da piccolo.   Lo scenario oscuro sarebbe quella secondo cui i pedofili e le loro vittime in posizioni di potere.   Come riportato da Renovatio 21, la Owens ha raccontato che Macron avrebbe chiesto personalmente in un incontro con Trump di smetterla con la sua indagine. Candace sostiene di essere stata raggiunta prima da una prima richiesta per conto di Trump, che dice di esserle arrivata dall’amico Charlie Kirk, e poi da una telefonata dello stesso Trump che le ha chiesto di fermarsi almeno fino a quando non fossero presi accordi per l’Ucraina, dove la Francia gioca un suo ruolo.   Nel frattempo la giornalista francese che ha seguito il caso ha chiesto asilo in Russia, mentre Xavier Poussard, la cui ricerca è la base dichiarata del lavoro della Owens, vive in Italia, dove sarebbe stato raggiunto settimane fa dalle forze dell’ordine dietro una querela per «ciberbullismo» da parte di Brigitta.

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La ricerca del Titanic era un’operazione segreta della Marina americana

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La scoperta del relitto affondato del RMS Titanic da parte di ricercatori americani nel 1985 faceva in realtà parte di una missione più ampia e segreta della Marina degli Stati Uniti, volta a testare un sistema di imaging delle profondità marine di recente sviluppo, ha dichiarato alla CNN il capo della spedizione, Bob Ballard.

 

In un articolo pubblicato lunedì, l’organo di stampa ha citato il ricercatore che ha raccontato come, dopo un primo tentativo fallito di localizzare il luogo in cui riposava il transatlantico negli anni ’70, si sia rivolto all’esercito per ottenere finanziamenti per sviluppare un veicolo sottomarino comandato a distanza in grado di trasmettere filmati in diretta a una nave soprastante.

 

Alla fine, la Marina degli Stati Uniti accettò di fornire supporto finanziario al sistema di imaging subacqueo di Ballard, soprannominato Argo. Rivelò che «la ricerca sul Titanic era una copertura per un’operazione militare top secret che stavo conducendo come ufficiale dell’Intelligence navale». Chiarì che i suoi sostenitori del settore della difesa «non volevano che i sovietici venissero a conoscenza» di quelle attività.

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Secondo la CNN, i funzionari militari intendevano impiegare il sistema per esaminare due sottomarini nucleari statunitensi affondati, l’USS Thresher e l’USS Scorpion, con l’obiettivo di utilizzarlo in seguito per «scopi di raccolta di informazioni più ampi durante la Guerra Fredda».

 

Il Ballard aiutò la Marina degli Stati Uniti nell’esame delle due navi in ​​questione, e il tempo impiegato nella ricerca del Titanic servì come «copertura per la missione segreta della Marina», si legge nella pubblicazione.

 

Non si tratta dell’unica occasione in cui gli USA hanno segretamente condotto operazioni di recupero di sottomarini durante la Guerra Fredda. Il Progetto Azorian (chiamato anche «Jennifer» dalla stampa per il suo Compartimento di Sicurezza Top Secret) è stato un progetto della CIA per recuperare il sottomarino sovietico affondato K-129 dal fondale dell’Oceano Pacifico nel 1974 utilizzando la nave appositamente costruita Hughes Glomar Explorer L’affondamento del K-129 nel 1968 avvenne a circa 1.560 miglia Nord-Ovest delle Hawaii. Il Progetto Azorian fu una delle operazioni di intelligence più complesse, costose e segrete della Guerra Fredda , con un costo di circa 800 milioni di dollari, ovvero 5,1 miliardi di dollari oggi.

 

La compagnia mineraria e la nave erano nominalmente di proprietà del controverso miliardario, noto per gli sforzi aeronautici e cinematografici, oltre che per il suo carattere di recluso, Howard Hughes, ma furono segretamente sostenute dalla CIA, che pagò la costruzione dell’Hughes Glomar Explorer. La nave recuperò una parte del K-129 , ma un guasto meccanico nella pinza causò la rottura di due terzi della sezione recuperata durante il recupero.

 

Il Titanic, uno dei più grandi transatlantici del suo tempo, affondò il 15 aprile 1912 al largo delle coste di Terranova, in Canada, dopo aver colpito un iceberg durante il suo viaggio inaugurale da Southampton, nel Regno Unito, a New York. Dei circa 2.224 passeggeri e membri dell’equipaggio a bordo del transatlantico, perirono più di 1.500 persone, rendendo l’incidente uno dei più mortali del suo genere nella storia moderna.

 

L’affondamento del Titanic portò alla morte di alcune delle figure più influenti dell’economia dell’epoca. Tra le vittime spiccano John Jacob Astor IV, il passeggero più ricco a bordo, milionario e investitore immobiliare con un patrimonio di circa 87 milioni di dollari, equivalente a oltre 2 miliardi odierni; Benjamin Guggenheim, magnate minerario e banchiere della dinastia Guggenheim, che scelse di morire con dignità rifiutando una scialuppa; Isidor Straus, co-proprietario di Macy’s ed ex membro del Congresso, che perì insieme alla moglie Ida, che non volle lasciarlo; e George Dunton Widener, banchiere e magnate dei trasporti, morto con il figlio Harry. Questi uomini rappresentavano l’élite economica americana, con interessi in settori come finanza, commercio e industria.

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Le conseguenze economiche del disastro non destabilizzarono il sistema bancario globale, ma ebbero un impatto significativo. La White Star Line, proprietaria della nave, e l’International Mercantile Marine, controllata da J.P. Morgan, subirono gravi perdite finanziarie: la Titanic, costata 7,5 milioni di dollari, era assicurata solo per 5 milioni, e i risarcimenti ai sopravvissuti ammontarono a circa 665.000 dollari. Le azioni dell’IMM persero l’8-10% del valore nei giorni successivi, contribuendo alle difficoltà che portarono al fallimento della White Star Line nel 1934.

 

Le morti di figure come Astor, Guggenheim e Straus crearono vuoti di leadership in aziende chiave come Macy’s e Guggenheim Exploration, con patrimoni miliardari ridistribuiti. Il disastro colpì anche il commercio transatlantico, causando ritardi e un temporaneo calo di fiducia nei mercati. Sul piano regolatorio, le indagini USA e britanniche portarono a norme più severe sulla sicurezza marittima, come la Convenzione SOLAS del 1914, aumentando i costi per l’industria navale e ispirando riflessioni sulla gestione del rischio nel settore finanziario.

 

L’affondamento ha generato diverse teorie, spesso legate alle morti dei magnati. La più nota suggerisce che J.P. Morgan abbia orchestrato il disastro per eliminare Astor, Guggenheim e Straus, presunti oppositori della Federal Reserve, approvata nel 1913.

 

Un’altra teoria sostiene che la Titanic fosse in realtà l’Olympic, nave gemella danneggiata, affondata per frode assicurativa. Questa ipotesi è smentita dalle differenze nei numeri di scafo e dai materiali del relitto, oltre dal fatto che l’assicurazione non copriva il valore totale della nave.

 

Altre speculazioni parlano di un sabotaggio legato a binocoli mancanti o di un siluro al posto dell’iceberg.

 

Le indagini ufficiali del 1912 conclusero che il disastro fu un errore umano e naturale, con 1.496 morti per ipotermia e annegamento. Ad esaminare il relitto con un batiscafo costruito specificatamente fu anche negli scorsi decenni il regista cinematografico canadese James Cameron, il quale, dopo aver realizzato un film di fantascienza sugli abissi marini (The Abyss, 1989) dedicò un kolossal proprio all’affondamento del Titanic, pellicola del 1997 che lanciò la stella di Leonardo Di Caprio e ricavò a livello globale circa 2,26 miliardi di dollari.

 

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Misteri

Il Congresso USA pubblica il filmato mancante della prigione di Epstein

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Una commissione del Congresso degli Stati Uniti ha reso pubblico il «minuto mancante» dalle riprese delle telecamere di sicurezza all’esterno della cella del miliardario pedofilo condannato Jeffrey Epstein, la notte della sua morte.   L’esistenza di questo filmato contraddice la precedente affermazione del Procuratore Generale Pam Bondi, secondo cui un minuto veniva cancellato ogni giorno a mezzanotte al reset delle telecamere.   Martedì, la Commissione per la Vigilanza e la Riforma del Governo della Camera ha pubblicato oltre 33.000 pagine relative al caso Epstein, in un contesto di crescente pressione sull’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il Dipartimento di Giustizia (DOJ) e l’FBI hanno finora insistito sul fatto che il defunto finanziere non avesse tenuto alcuna «lista di clienti» per la sua rete di pedofili.   I filmati di sorveglianza precedentemente pubblicati, provenienti dal blocco di celle di Epstein, mancavano di un minuto, dalle 23:59 alla mezzanotte del 9 e 10 agosto, scatenando diffuse speculazioni e accuse di insabbiamento. La sua morte è stata ufficialmente dichiarata suicidio.   Nel video appena diffuso, poco dopo il minuto 11:59, un uomo si allontana dal banco della guardia e scompare dall’inquadratura. Il campo visivo limitato della telecamera di sicurezza non mostra l’ingresso della cella di Epstein.    

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L’assenza di un errore nella registrazione contraddice la spiegazione precedentemente fornita da Bondi. «Quello che abbiamo appreso dal Bureau of Prisons è che ogni notte il video viene resettato e ogni notte dovrebbe mancare lo stesso minuto», aveva dichiarato ai giornalisti a luglio.   Nel video appena pubblicato mancano i metadati, ovvero informazioni tecniche solitamente incorporate in un file, che potrebbero aiutare a confermare che si tratta di un filmato grezzo e non modificato.   Il «minuto mancante» è anche di qualità molto inferiore, ha un frame rate ridotto e un formato di testo sullo schermo diverso, ha affermato mercoledì la CBS News, citando esperti forensi in materia di video.   La conclusione del Dipartimento di Giustizia e dell’FBI secondo cui Epstein non aveva tenuto alcuna «lista di clienti incriminanti» ha provocato una forte reazione da parte di legislatori e commentatori di spicco.   Trump, che durante la sua campagna di rielezione aveva promesso di pubblicare i file su Epstein, ha risposto alle critiche sulla sua gestione del caso, sostenendo che solo gli «stupidi» insistono nel voler vedere la presunta lista dei clienti del trafficante di sesso. Trump, che nega l’insabbiamento, aveva ordinato la pubblicazione delle trascrizioni riguardante Epstein.   Come riportato da Renovatio 21, due mesi fa Trump aveva dichiarato che la sua amministrazione mai avrebbe pubblicato i video sequestrati ad Epstein.   Ieri la Commissione per la vigilanza e la riforma del governo della Camera USA ha pubblicato più di 33.000 pagine di documenti relativi al caso, stranamente in formato immagine, quindi non facilmente indicizzabile.   Secondo Tucker Carlson l’Intelligence starebbe proteggendo, più che Trump, il network di potere attorno a Epstein. Alcuni speculano sul fatto che la verità sul caso del magnate pedofilo potrebbe in realtà compromettere per sempre i rapporti con lo Stato di Israele, di cui Epstein è accusato di essere una spia.

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