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Storie, misteri ed orrori dal Mostro di Firenze ad Amanda Knox. Renovatio 21 intervista il giudice Mignini

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Perugia, pomeriggio del 1° settembre 2025. Renovatio 21 intervista un uomo che è passato attraverso, cercando di mettervi ordine, a due delle storie più oscure dell’Italia repubblicana: il mostro di Firenze e l’omicidio di Meredith Kercher. Due immani buchi neri nella coscienza pubblica italiana, dove misteri, orrori, false piste, processi si sono assommati in un turbine inarrestabile, sorprendente, disperante. La figura che unisce questi due episodi tremendi è l’uomo che, come funzionario dello Stato italiano, ha provato a riportare ordine nel caos fatto di enigmi e di morte: il giudice Giuliano Mignini.

 

Cattolico praticante, il magistrato, ora in pensione, era entrato nella storia del Mostro nel 2001, quando aprì il cold case sulla morte di Francesco Narducci, trovato morto nel Lago Trasimeno nel 1985, sospettando che il dottore fosse stato vittima di un omicidio, una morte che lettere anonime all’epoca reputavano legata al serial killer fiorentino.

 

A Mignini, perugino radicato nella sua città al punto di scrivere un libro sulla sua origine etrusca (Indagine su Perugia. Le origini della città, 2023), poi toccò il caso di Meredith Kercher, assassinata la notte del 1 novembre 2007, un caso che seguì sin dal primo giorno. Come noto, il caso Meredith pian piano si trasformò nel caso Amanda Knox, la ragazza americana che divenne al centro dell’attenzione della stampa internazionale, con almeno tre Paesi – Italia, USA, Gran Bretagna – focalizzati ostinatamente, e su posizioni diverse, sulla soluzione del terribile fatto di sangue.

 

Il giudice Mignini in questi giorni è suo malgrado protagonista – dovrebbe essere l’antagonista, ma il suo personaggio, ci sentiamo di dire, risalta più di quello della protagonista – di una serie trasmessa in streaming su Disney+, The Twisted Tale of Amanda Knox, la cui sceneggiatura è totalmente appoggiata alla versione di Amanda, che è sceneggiatrice, e produttrice, assieme a – dettaglio un po’ sorprendente – Monica Lewinsky.

 

Negli ultimi anni, finiti i processi, Amanda ha cominciato a cercare il giudice Mignini: durante un episodio del 2021 di The Joe Rogan Experience, il podcast più visto al mondo, la ragazza aveva annunciato di aver scritto al suo pubblico ministero, e di avere ricevuto risposta. Con l’uscita del libro Caso Meredith Kercher. Una vicenda giudiziaria tra due continenti (2022) è emerso che i due si sono visti, e che lei, addirittura, gli manda le foto della figlia piccola.

 

Un comportamento, quello di Amanda, che fa pensare che la ragazzina dai tanti amori, figlia di un divorzio, sia rimasta alla ricerca di una figura paterna, che avrebbe trovato nel magistrato che l’aveva arrestata, con cui sarebbe riuscita incredibilmente a riconciliarsi. Questo, sì, è un film incredibile, che, tra le pieghe di una storia dell’orrore, racconta molto del valore della paternità, del senso della famiglia, dei bisogni umani che possono volare oltre ogni dolore. È un’ipotesi che abbiamo fatto. Abbiamo chiesto questo e altro al giudice, che ha cortesemente concesso a Renovatio 21 tanto tempo – e tanta sincerità.

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A fine ottobre 2001 lei inizia le indagini sul medico perugino Francesco Narducci.

È stata una casualità, perché io stavo lavorando su un caso stranissimo che era quello delle famose telefonate di tipo satanico ad un’estetista che iniziano nell’estate del 2001. Non si capisce bene cosa volevano, ma la minacciano e la insultano. Probabilmente questa donna non ha detto tutto, tanto che a un certo punto cominciano a far riferimento dicendo: «tu hai tradito Satana come lo ha tradito Pacciani». A Pacciani segue la storia del lago e così viene fuori il nome di Narducci. Io il 25 ottobre 2001 apro il procedimento perché era venuto fuori anche il discorso omicidiario. È stata fatta l’autopsia. 

 

Le prove concrete che supportano il collegamento tra il caso del Narducci e il Mostro di Firenze, quali sono?

È lunga la cosa. In questa vicenda c’è qualcosa che sfugge, però tutta l’impostazione dell’indagine è stata confermata anche a livello di Commissione Parlamentare Antimafia. Questo personaggio frequentava l’ambiente di San Casciano e lo stesso processo a carico di Francesco Calamandrei [il farmacista, ndr] – se lei legge la sentenza – il GIP De Luca lo assolve con formula dubitativa. Non aveva tutti gli atti. Hanno poi fatto un procedimento a me e a Michele Giuttari [il poliziotto, ndr], per poi essere assolti. Adesso Giuttari fa i capricci, è un tipo particolare.

 

In passato lei ha sottolineato più volte che il rapporto tra lei e il Giuttari si è deteriorato. 

Eravamo amici. C’è stata questa vicenda, che il GIP non ha avuto disposizione tutti gli atti che avevamo noi e così ha assolto con formula dubitativa, come le ho appena detto. Anche nella vicenda Meredith gli imputati vengono assolti con formula dubitativa. Lui dice che il dubbio sulla vicenda Calamandrei deriva dal fatto che ha negato di conoscere il Narducci. E lui la chiama «l’ombra nera del caso Calamandrei».

 

Io le dico una cosa, che a mio avviso è molto importante: quando iniziai le indagini potei lavorare con molto riserbo e non mi rompevano le scatole da nessuna parte e lavorai benissimo. A un certo punto, si presentò, per altri motivi, la famosa Gabriella Carlizzi [la giornalista, ndr] e il mio capo mi disse: «sentila tu questa». Io la sentii e le chiesi se conosceva la vicenda Narducci – secondo me non sapeva nulla – e lei, molto intelligentemente, ha capito che stavamo indagando su quello e si è buttata su questa pista dando la notizia al Corriere della Sera, e la Sarzanini la pubblicò.

 

Che il Narducci fosse coinvolto e a che titolo in questa vicenda non è facile stabilirlo. Dobbiamo semplicemente attenerci a questi fatti, ma io ritengo che ci sia un coinvolgimento forte.

 

Poi, più di questo… C’è anche un altro fatto. Con l’attività della Commissione Parlamentare Antimafia si è aperto un settore di ricerca che riguarda possibili coinvolgimenti eversivi. Quando feci le indagini questo aspetto di tipo politico non era emerso, ma era venuto fuori un ambiente eversivo tipo «Avanguardia Nazionale». Emergeva anche la sigla di un ufficio che si occupava di questa vicenda Narducci, oltre che di vicende «eversive». 

 

Chi avrebbe avuto il potere di sostituire il cadavere?

È stato organizzato a vari livelli. Io non ho mai visto delle enormità come in quella situazione e mi domando a cosa servisse tutto ciò. Dovevano coprire qualcosa.

 

Su YouTube c’è un filmato del 15 luglio 2025 che mostra che lei è stato audito dalla «Commissione Parlamentare d’inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità Il Forteto».

Sono stato audito come testimone dalla «Commissione Forteto», che probabilmente è legata a questa vicenda. Avevo sentito un secondo testimone legato a questa vicenda e adesso questa cosa probabilmente andrà avanti. Vediamo un po’. 

 

Dalle sue indagini precedenti aveva avuto contezza di questo possibile collegamento tra queste due inchieste?

Col Forteto sì. Venne fuori all’inizio e alla fine. Lei dovrebbe rendersi conto che io ero solo, anche se il capo – che mi voleva bene – mi appoggiava, ma subiva pressioni da tutte le parti. In questa vicenda c’è un coinvolgimento massonico certo. Viene fuori dalle intercettazioni e questo discorso massonico indubbiamente ha ostacolato le indagini, perché lei capisce che in quell’ambiente l’atteggiamento è di non collaborazione in genere. Anche se ce n’erano alcuni che hanno collaborato, devo dargliene atto. 

 

Perugia è crocevia importante per la massoneria. Lo ha ribadito anche lei in qualche occasione.

A Perugia era forte Ordine Nuovo, e legato ad Arezzo. C’è questo rapporto che ha una sua incidenza che però andrebbe approfondita per quanto riguarda la vicenda Narducci. È una vicenda che a un certo punto è venuta fuori dalla testimonianza di un’impiegata dell’anagrafe, la famosa Cataluffi, che le avevano chiesto di fare rapporto sulla vicenda Narducci e lei lo fece. Era pronta a darlo sia ai Carabinieri che alla polizia e invece le dissero: «Fermi tutti, le indagini sono bloccate per ordini superiori». Gli ordini superiori per la polizia giudiziaria sono della magistratura, e non ero io ovviamente, era qualcun altro. [ride]

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Durante queste sue indagini ha subìto minacce?

Minacce molto velate che sulle prime non colsi come tali, ma ripensandoci, anche confrontandomi con un amico avvocato, le ho notate. I rischi li abbiamo corsi poco prima della riesumazione, perché quello era il momento dove io e Giuttari abbiamo rischiato di più. Anche Giuttari ha ricevuto minacce. Questa è una storia incredibile che, secondo me, solo a Perugia poteva succedere. E anche a Firenze ovviamente. 

 

Come spiega che la magistratura fiorentina non abbia condiviso la sua lettura dei fatti?

C’è un libro, dove tra l’altro partecipo pure io alla stesura, che nell’intervista a Paolo Canessa lui dice che, per quanto riguarda Narducci, lui venne con Piero Luigi Vigna, o solo lui, non ricordo con esattezza, e dice che Vigna era quello che più credeva al discorso Narducci. Lui all’inizio non era d’accordo, ma poi fa un commento finale su questa intervista che dice: «dopo le indagini del collega, mi sono reso conto che c’era molto materiale». Vigna aveva capito. 

 

Cosa pensa che manchi per trovare la verità definitiva in questo caso così complesso? 

Eeehhh… Ci vorrebbe qualcuno che parlasse, che dicesse quello che è. Tanti hanno parlato, ma poi succedeva che quando li chiamavi confermavano e dicevano: «Ma io l’ho saputo da quell’altro». Poi chiamavi quell’altro e diceva: «Non mi ricordo». Non era facile lavorare in quelle condizioni, anche perché mentre io indagavo su questa vicenda, è arrivato il delitto Meredith, dove si sono scaricate, anche lì, le pressioni precedenti. Mario Spezi e Douglas Preston, un giallista americano, soprattutto questi due. Io sono rimasto molto, molto colpito – senza generalizzare, ci mancherebbe altro – ma gli ho sentito fare delle affermazioni incredibili. 

 

Prima di passare al delitto Meredith Kercher, vorrei farle un’ultima domanda sul caso Narducci. Quando faceva le indagini, l’avvertiva la pressione di indagare su una questione molto importante? Come l’affrontava? 

Io sono perugino e conoscevo il personaggio Francesco Narducci, perché ha frequentato il liceo classico Annibale Mariotti di Perugia. Lo vidi pochi giorni prima della scomparsa in condizioni impressionanti, sembrava stesse per morire di lì a pochi giorni. Lo vidi che stava armeggiando intorno alla sua moto in piazza Partigiani. «Ma questo cosa ha fatto?», pensai. Era magro, emaciato e si vedeva che era psicologicamente provato e aveva – me lo ricordo benissimo, ce l’ho stampata bene in mente questa immagine – una ferita profonda sotto l’occhio destro che scendeva fino alla guancia e aveva un paio di occhiali scurissimi che gli coprivano gli occhi cercando di mascherare in parte anche la ferita. E questo tipo di ferita ce l’aveva anche Calamandrei.

 

Strane coincidenze.

Capito?! Erano pochi giorni prima che scomparisse. Vedendolo in quel modo pensavo che stesse male. Ho poi saputo della scomparsa da un collega che mi disse – pensando che fosse proprio il Narducci – «Guarda che hanno ripescato il cadavere del Narducci al lago». «Ma che sarebbe successo?», gli dissi io. «Mah, non si sa. Comunque la cosa strana è che non hanno fatto l’autopsia». Per scoprire se uno è annegato devi fare l’autopsia, non c’è verso.

 

Se non ricordo male le sole foto di quel cadavere sono del fotografo Crocchioni, che lavorava per il quotidiano La Nazione al tempo.

Sono tutte le sue, perché le foto ufficiali non le fecero. Le fece lui per il giornale. Era una brava persona.

 

Secondo lei, ci sono delle forze occulte, diciamo così, che hanno smosso questa vicenda macabra, efferata?

Io mi ricordo questo. All’inizio delle indagini si scatenarono contro di me, ma non potendo opinare sulla mia vita privata, perché non c’è nulla di anomalo, cercarono di delegittimarmi dicendomi: «ah, ma quello è un cattolico!». Io ho sempre dichiarato quanto segue: «Guardate che io sono cattolico, ma sono riservato, non ostento». Invece era come se questa cosa li toccasse. Sul discorso satanico non si poteva parlare perché mi tacciavano di essere cattolico, quindi secondo loro ero di parte, diciamo così. 

 

Nel successivo processo Meredith Kercher ha avuto problematiche con la stampa americana, e non solo con la stampa.

Col tempo ho capito come sono e come ragionano gli americani, forte delle tante esperienze vissute. Loro tendono a dire che qualsiasi cosa facciano sia giusta – al contrario di noi italiani che siamo autolesionisti — e pretendendo di insegnare agli altri. Se avessero tanta cultura al pari della loro potenza economico/militare sarebbero veramente i migliori, ma in realtà culturalmente sono un disastro.

 

Sulla vicenda Meredith ho visto il divario che c’è con gli inglesi, che è vero che sono anglosassoni, ma sono pur sempre europei. Con gli inglesi ci si ragiona. Gli americani hanno questa caratteristica: i loro difetti, di cui non si rendono conto, li riversano sugli altri. Mi ricordo che nei giorni del processo Kercher, in via Mazzini, incontro una giornalista americana che mi fa qualche domanda e a un certo punto mi chiede: «lei cosa pensa delle streghe?». «Le streghe? Ma cosa sta dicendo?».

 

A Perugia, storicamente, questa figura non era affatto sentita. Noi abbiamo questo retroterra etrusco e nel caso di Meredith si manifestò, perché noi abbiamo un culto dei defunti molto forte. Abbiamo una devozione nei loro confronti, perché li commemoriamo il 2 novembre. [Meredith è stata uccisa la notte del primo novembre, e non come si pensa la notte di Halloween, che è il 31 di ottobre, ndr]. Lei mi rispose: «In America mi hanno detto così». «In America possono dirle quello che vogliono, ma qui siamo a Perugia e non in una città del Massachusetts!». Si offese perché la colsi nel punto.

 

Forse ha fatto bene a ribadire certi concetti.

Ma certo! L’americano ha bisogno di essere umiliato, in maniera benevola, o anche educato, perché non si rende conto. 

 

A proposito di questo, lei parla anche della non perfetta comprensione degli americani del nostro ordinamento giuridico, che è diverso dal loro, e fanno fatica a intenderlo in pieno. Lei se ne è ben accorto proprio durante il processo Meredith. Lo spiega bene anche nel suo libro Caso Meredith Kercher. Una vicenda giudiziaria tra due continenti, edito da Morlacchi.

Secondo me loro speravano – ma non c’era nessuna possibilità – che il processo venisse trasferito in America. Solo che non vi erano motivazioni legali per farlo e allora cercavano di attaccare, di demolire e di delegittimare tutto l’ordinamento italiano. Hanno fatto veramente una cosa indegna. E poi quel processo, è un processo… mah! Ci siamo capiti? Io non aggiungo altro.

 

È un processo dove ci sono state diverse anomalie. Gliene dico una, tanto per farle un esempio: la perizia non era ancora stata depositata e venne da me un giornalista irlandese – bisognava stare attenti per gli irlandesi erano nemici degli inglesi, quindi contro le indagini, e amici degli americani – e mi registrò di nascosto. Ma quando uno registra, registra anche sé stesso e gli scappò detto che la perizia dava ragione all’impostazione della difesa. Al ché io gli dissi: «mi scusi, ma come ha fatto a saperlo? Io non ne so niente. Non è stata depositata». Allora lui mi rispose che erano voci che aveva sentito in giro. «No, lei non mi sta dicendo la verità». Poi quella cosa l’han tolta perché speravano di mettermi in difficoltà pensando che mi scappasse detto qualcosa. Poi ci sono altri errori che rasentano l’incredibile.

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Mi consenta una battuta, ma il suo è stato quasi un doppio lavoro: il primo da pubblico ministero e il secondo dal difendersi da tutto quel castello mediatico che vi hanno costruito intorno al caso Meredith.

È così. Devo poi dire che nessuno si aspettava la sentenza della Quinta Sezione dove si possono riscontrare alcuni errori. Potrei citarne alcuni come quello del clochard Antonio Curatolo. Il barbone viene liquidato dicendo che non è attendibile. Ma solo perché è un barbone e un poveraccio?

 

Lei ha ribadito questa cosa più volte.

Ecco la mentalità calvinista, perché per i calvinisti il poveraccio va all’inferno e il ricco va in paradiso. Ma non è così!

 

Tornando all’inizio di questa vicenda. Lei arriva sul luogo del delitto intorno alle 14:00.

Arrivai con il dottor Marco Chiacchiera [il commissario di polizia, ndr].

 

Oggi, a distanza di quasi vent’anni, che ricordi ha di quella giornata?

Mi ricordo di un episodio, di cui si parla in questa nuova fiction non correttamente. Appena arrivato mi dissero che c’era questa pietra buttata lì sotto una finestra. Quella simulazione di reato era attribuita ai due ragazzi bianchi e non al nero e invece è passata come se fosse attribuita al ragazzo di colore. 

 

La simulazione di effrazione. 

Sì! Io feci i calcoli. C’erano le due ante delle persiane che forzavano sullo stipite a causa dei cambiamenti di temperatura ed erano a meno di venti centimetri l’una dall’altra. Come avrebbe fatto questo tizio dal cortiletto che stava di fronte alla finestra più alta, a centrare con una pietra, quello spazio così stretto? Ordinai alla polizia di controllare se ci fossero tracce di scarrocciamento sul muro. Non trovarono nulla. Allora iniziai a pensare che la cosa fosse simulata e chi la simula vuol dire che è uno che ha paura di essere coinvolto, perché frequenta o abita la casa. 

 

Le indagini furono prese in carico dalla Polizia e non dai Carabinieri, giusto?

Eh già! Nel libro lo dico. Venne una squadra da Roma organizzata dal questore e venne la capa del settore genetico del Dipartimento di pubblica sicurezza della Polizia. Io ordinai al medico legale di misurare la temperatura cadaverica. Questa venne da me dicendo: «No dottore, per carità!». «Ma come per carità?!». «Perché c’è il rischio che possano verificarsi contaminazioni». A quel punto gli dissi: «Faccia lei gli accertamenti, ma avvertitemi subito perché lui deve andare a controllare». Ho aspettato, ma poi ho dato l’ordine.

 

Per fortuna feci anche una perizia sull’orario della morte e ho fatto perizie anche durante le indagini. Le indagini non sono durate tanto. Ci fu il discorso genetico in cui c’era la traccia di aplotipo maschile di Sollecito sul gancetto del reggiseno di Meredith piegato dalla violenza. C’era traccia anche di quello di Rudy. Si inventarono che poteva esserci contaminazione. Questa prova è rimasta all’interno della casa sequestrata e Sollecito era in galera. Come fa a finire l’aplotipo di Sollecito nel gancetto del reggiseno? Spiegamelo tu.

 

Quello che è impressionante su questa storia è che arrivavano questi americani e buttavano là delle stupidaggini incredibili come la falsa confessione di Amanda. Amanda non ha mai confessato. Amanda ha calunniato, altroché. Ed è stata condannata per quello. Se ripenso a questa vicenda, ancor più dell’altra… Non le dico che mi hanno detto in procura, perché dovrò fare indagini su quel processo. Non dico altro.

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In questi giorni va in onda la miniserie tv su Disney+ The Twisted Tale of Amanda Knox.

Non ne sono uscito male, pensavo peggio onestamente. C’è una mia sfuriata contro il questore – è vero che mi arrabbiai fortemente – perché la mattina del fermo ha detto che il caso è risolto e non chiedi il permesso a noi della procura? Ma come ti permetti?

 

Nel film la voce di Amanda dice che non furono indagate le tracce di sangue al piano di sotto.

Era il gatto! Il simpaticissimo gattino nero! [ride]

 

Da perugino ricordo benissimo quei giorni. Quella triste vicenda scoperchiò il vaso di pandora di quella che era tutta la situazione di microcriminalità sottaciuta nel centro storico. Evidenziò una problematica di non poco conto arrecando un danno di immagine alla città se vogliamo.

Perugia è stato il terreno su cui si è svolta la vicenda. Amanda è americana, Sollecito è pugliese, Rudy è della Costa d’Avorio. 

 

Qualcuno sostiene che un movente plausibile a questo delitto, può essere una faccenda legata alla droga. Lei cosa ne pensa?

La droga sicuro. Probabilmente lì c’era qualcuno che si incaricava di reperire la droga.

 

Cosa ha capito dei tre ragazzi?

Dei tre quella che conosco meglio è Amanda. Rudy è un personaggio che mi raccontava, durante gli interrogatori, che a lui piaceva Amanda, non Meredith. Questa cosa a me è sempre rimasta. Non le dico nel dettaglio, ma ci sono delle novità. Non le dico altro. 

 

A questo punto aspettiamo e vediamo.

Io ho fatto la mia parte.

 

Alcuni hanno ipotizzato che sulla scena del delitto ci possa essere stata un’altra persona se non due, oltre ai tre ragazzi incriminati. È un’ipotesi plausibile questa?

Sulla base di queste ultime notizie, qualcosa di simile ci può essere. Non posso dirle altro.

 

Credo sia poi difficile stabilire in quella stanza chi ha fatto cosa nello specifico.

Questo sì. Devo dire, in tutta onestà, che Amanda si è rivelata come mai mi sarei aspettato: più matura, è diventata madre e si è sposata. Guardando il film lei mi tratta bene e per me non è proprio una sorpresa, in fondo me lo immaginavo. Io penso una cosa a questo punto, che lei quella sera era nel tinello. Mi rimane difficile immaginarmela in quella stanza. Io penso questo. Però era coinvolta anche lei. 

 

Amanda ha vissuto una situazione familiare particolare. È figlia di genitori divorziati. È possibile che Amanda veda in lei una figura di pater familias?. 

A questo io c’ho pensato, ma non lo so. Lei ha parlato anche – non so con quanta convinzione – della sindrome di Stoccolma. Non saprei. Io ho chiesto la condanna per lei e l’ho fatta arrestare. Finito il processo lei è stata assolta con formula dubitativa. Mi viene a cercare e parla di me con Don Saulo, il cappellano del carcere, di cui io sono stato parrocchiano. Forse, chissà, il buon Don Saulo ha giocato un ruolo in questo suo atteggiamento. È una situazione che mi ha lasciato sorpreso. Non mi era mai successo prima una situazione simile. 

 

Anche Sollecito ha avuto i genitori divorziati. Che differenze di atteggiamento ha notato nei due ragazzi?

Quello che ho notato e che mi ha colpito di questa ragazza è che tende a perdonare tutti, mentre da Sollecito ho sentito rancore, astio.

 

È piuttosto strano. Non è di certo una consuetudine. 

Viceversa il comportamento di Sollecito è stato quello di uno che è stato condannato, molto rancoroso. Lui ha ancora un atteggiamento ostile nei miei confronti. E credo che lui non abbia capito che gli è andata bene alla fine. A tutti e due è andata bene. Non l’hanno capito. Le dico una cosa. Il giudizio abbreviato di Rudy li ha salvati. 

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Questa mossa degli avvocati di Guede ha sparigliato le carte.

Si, perché ha tolto di mezzo il collegio giudicante che ha condannato Rudy, sennò sarebbe stato quello di tutti e tre. E non so come sarebbe finita. Forse me l’immagino anche troppo. 

 

È stata una mossa che ha cambiato l’equilibrio del processo. Mi viene in mente una curiosa coincidenza: l’uomo accusato falsamente da Amanda, Patrick Lumumba, era di colore e poi, uscito di scena lui, subentra l’ivoriano Rudy Guede.

Io mi sono chiesto infatti se Amanda, quando ha dovuto inventare la risposta – perché giustamente la polizia la pressava – lei chissà che non abbia ripetuto la vicenda veramente come si svolse, ma mettendo Patrick al posto di Rudy. Questo non lo sapremo mai. Lei ha un’ostilità profonda contro Rudy. Ci sono tante cose di quella notte. Magari in futuro avremo un’altra occasione per raccontare altro alla luce di possibili sviluppi.

 

Questo suo ritratto di Amanda può risultare strano, vista come fu dipinta fin dall’inizio di questa triste storia. 

Era molto giovane all’epoca e forse voleva divertirsi come tutte quelle della sua età.

 

Ricordo un articolo apparso su Il Messaggero a firma del giovane cronista Michele Milletti, uscito pochi giorni dopo il delitto, che aveva trovato un racconto scritto da Amanda in un suo social dell’epoca, Myspace, con temi di violenza, che al tempo poteva risuonare come una premonizione di quello che poi è effettivamente successo nell’appartamento di via della Pergola. 

Mi ricordo. Quello che uno è stato quindici anni prima, è diverso da quello che è oggi. Nella vita si cambia. E lei devo dire che un po’ è cambiata. Il ragazzo pugliese non è cambiato per niente, tanto che lui è convinto che io li abbia arrestati e chiesto la condanna, pur sapendoli innocenti.

 

Amanda oramai la conosco, il marito è una bravissima persona, i due bimbi sono meravigliosi, e oggi mi fiderei di questa ragazza. Di Sollecito no. È quello che mi ha colpito di più in negativo. Rudy l’ho conosciuto appena e non mi dice niente. 

 

Raffaele Sollecito è sempre apparso molto freddo nei suoi confronti.

La Knox nelle interviste ha detto di me che ho fatto tutto in perfetta buonafede. Sentirselo dire dall’imputata fa un certo effetto. C’è una differenza enorme tra i due. Questo per giustizia lo devo dire.

 

Tornando un attimo al documentario Disney+. Che ruolo ebbe il segretario di Stato Hillary Clinton nella vicenda Knox? Dobbiamo dire che è curioso il fatto che tra i produttori della fiction appare Monica Lewinsky. Quantomeno fa sorridere questo accostamento tra la moglie e la stagista amante di Bill Clinton.

Io non faccio commenti su questo, però…

 

La città di Perugia con questa vicenda ha subìto un danno economico e di immagine. Lei è d’accordo?

Un grosso danno economico. I perugini hanno reagito e hanno capito. C’è questa cosa curiosa di Perugia, che è l’anglofilia. Si ricorda il film Fumo di Londra girato in parte a Perugia?

 

Certo che lo ricordo.

Alberto Sordi aveva intuito questa simpatia che aveva Perugia verso l’Inghilterra. In parte questo è stato confermato dalla famiglia di Meredith che è stata meravigliosa. 

 

Lei ha sottolineato più volte la compostezza dei familiari della vittima.

Mi dispiace che questa ragazza non è stata ricordata adeguatamente. Io avevo chiesto che venisse intitolata la via a Meredith, la famosa via della Pergola. La proposta l’ho fatta, vediamo.

 

La famiglia Kercher è sempre stata molto composta, mai fuori dalle righe.

Mai assolutamente! Loro aspettavano che la Corte entrasse e si sistemasse, per poi entrare loro. Non si facevano notare. Ricordo anche che le amiche inglesi di Meredith non sopportavano Amanda. Non che Amanda fosse cattiva, ma incarnava la tipica estroversione americana. 

 

Poi è facile che a quell’età fossero subentrate anche delle ovvie gelosie tra ragazze.

Ma come no.

 

Lei è un uomo di fede, come abbiamo detto prima. Questo lo aiuta nel suo lavoro o a volte può essere un ostacolo?

Io vorrei sottolineare che sono cattolico, ma fortemente laicale e soprattutto non ostento, come le ho già detto. Lei pensi che in questo film, a un certo punto, si vede un volo di uccelli e un uccello che cade e muore e io che guardo la scena dal palazzo e mi faccio il segno di croce.

 

Confondono alcune cose sulla storia della nostra città. Perugia ha una grande attenzione per i defunti, che deriva dalla nostra discendenza etrusca. Ci sono i tipici dolci chiamati le fave dei morti e c’è la fiera dei morti. Questo continuo richiamo ai morti a Perugia non è visto con paura, ma con serenità e questo aspetto deriva dalla cultura etrusca. Dopo quella vi è quella cattolica. Mettere una scena con un volo di uccelli e io che faccio il segno di croce, ma cosa starebbe a significare?

 

È stato etichettato come cattolico durante il suo lavoro, nell’accezione non troppo benevola del termine? Un cattolico poi non scende mai a compromessi.

Certo! Fin dalle indagini di Narducci ho avuto questo tipo di attacchi, perché l’attacco mi veniva da settori non propriamente cattolici. È chiaro, no? Io sono cattolico, non guardo in faccia a nessuno. Ho trattato, tanto per fare un esempio, il processo a un sacerdote implicato in un traffico di droga, con assoluta imparzialità. Tutti lo sanno, questo.

 

Quello che vorrei che fosse chiaro, io quando vado per strada e la gente mi incontra – ed è difficile che lo faccia con un pubblico ministero – mi chiede se può stringermi la mano. Gente che io non conosco nemmeno. Questo vuol dire che la gente sa che io non guardo in faccio a nessuno, forse anche perché cattolico. Io comunque sono un magistrato della Repubblica Italiana. 

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Quando hanno girato alcune scene della fiction a Perugia, si sono levate voci di indignazione.

Non ho letto nulla e non ho voluto prendere parte a questa produzione. Mi è stato chiesto, ma ho detto no.

 

Amanda, perlomeno all’inizio, pareva fosse il capro espiatorio di tutta la faccenda.

Lei da principio fu attaccata soprattutto dai tabloid britannici. C’è stato un avvocato – di cui non faccio il nome – che in una sua arringa, parlando di Amanda, disse: «Questa strega!» Finita l’udienza gli dissi: «io non te lo dovrei dire, però stacci attento a dire certe cose in aula». In America poi attribuirono a me quella esternazione. La moglie di un agente dell’FBI, che seguiva il processo, venne da me poco dopo esclamando: «You are evil!». Sei il male. Senza pensare che io in quel momento avevo indosso la toga. Andiamoci piano. 

 

Lei come se la spiega questa disparità a livello massmediatico tra gli Stati Uniti che hanno enfatizzato oltremodo questa storia, mentre in Gran Bretagna si è tenuto un profilo un po’ più basso?

In Inghilterra gli inglesi sono incazzati, non creda che non lo siano. Questa cosa non gli è andata giù, però sono rispettosi. A onor del vero debbo aggiungere che anche tra i giornalisti americani ci sono state persone molto corrette con cui ho avuto un buon rapporto, tanto che con una di esse siamo diventati amici ed è entrata nella nostra mentalità.

 

Il capo della procura mi diceva: «dato che questi non sanno niente, spiegagli cosa è Perugia». Io ci provavo e finché rimanevo nel Medioevo andava bene, perché ci sono le streghe, c’è l’inquisizione. Quando poi gli spiegavo che Perugia è molto più antica e gli narravo degli Etruschi, li vedevo completamente imbambolati e spaesati. Non si rendono conto perché nella loro cultura non hanno testimonianze di civiltà così antiche. 

 

Ci posso credere. Probabilmente a molti gli manca quella profondità storico culturale che magari noi europei abbiamo.

Ho cercato di spiegare, ma loro hanno questa mentalità calvinista che li sovrasta.

 

Noi italiani invece dovremmo fare tesoro delle nostre tradizioni, della nostra cultura e della nostra religione.

Concordo. 

 

Prima di lasciarla vorrei farle un’altra domanda. Tornando all’inizio, c’è quel filmato della sua audizione riguardo l’inchiesta sul Forteto. È un argomento molto complesso. 

Eravamo a Palazzo San Macuto. È un’indagine molto complessa. Molti, anche tra i magistrati, non se ne rendevano conto, pensando che fosse un organismo di tutela di questi minori abbandonati e invece c’era qualcosa di più.

 

Chissà se la verità salterà fuori un giorno su tutti questi fatti.

Io non dispero, però quanta fatica. È stata un’indagine in salita. 

 

Grazie dottor Mignini per la sua cortese disponibilità.

Grazie a lei.

 

Francesco Rondolini

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Non è che potevamo arrivare al 31 di ottobre senza il classico articolo di Renovatio 21 sulla realtà sanguinaria di Halloween.   Vorremo dire che oggi quanto, anno dopo anno, delle origini occulte, pagane se non propriamente satanistiche, di Halloweeno. Tuttavia non resistiamo: certe cose, per questo giornale, sono cicliche ed irrinunziabili. (Tipo, l’articolo di Natale sugli orfani della Signora in blu, quelli su Carol of the Bells, etc.).   I nostri lettori sanno come la pensiamo sulla questione: eccerto, è una festa commerciale, sorta per qualche ragione durante l’era televisiva americana; eccerto, i suoi simboli primari sono demoniaci (la zucca con la candela dentro, Jack O’Lantern, rappresenta un’anima incorsa nell dannazione; traducono «trick or treat» in «dolcetto o scherzetto», ma in realtà significherebbe la minaccia estorsiva «maledizione o sacrificio»).

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Tuttavia, il senso vero di tutto questo carnevale di mostri e demòni, ripetiamo ogni anno, è essenzialmente un’altro: è l’addestramento dell’uomo moderno, e specialmente della giovane generazione, al ritorno del sacrificio umano. Perché, tutto questa panoplia di spiriti e immagini violente, a cosa può ricondurre, se non a questo? Ecco perché è vero, assolutamente, che Halloween è una festa anticristiana.   Sissì, lo abbiamo già detto: il programma è ben steso, vogliono il tributo primigenio, quello che era in uso in ogni angolo della terra (da Cartagine agli Aztechi, dalla Nuova Guinea al paganesimo indoeuropeo più antico) prima dell’avvento del Signore della Vita. Vogliono il sangue degli esseri umani, specialmente quello innocente.   Per cui no, non festeggiamo – e aggiungiamo, rara avis, un complimento alla Repubblica Popolare Cinese, che l’anno scorso sembra aver arrestato a Shanghai chi voleva fare Halloween. Sappiamo che un orologio rotto segna l’ora esatta ben due ore al giorno: l’altra è la legge cinese contro i cosplayer (un’aberrazione terrificante che ha ovvie correlazioni con Halloween).   Detto anche questo, bando alle ciancie e largo al listone del vero orrore di Halloween, aggiornato agli omicidi dell’edizione 2024. Quello 2025 arriva tra un anno giusto. Se sopravviverete a stasera, beninteso.   (Ad ogni modo, ci rendiamo conto che la nostra rubrica sui malori della settimana è ben più spaventosa di Halloween e dei suoi omicidi…)   Notte del 31 ottobre 1957, Los Angeles, California: il veterano della Seconda Guerra Mondiale Peter Fabiano, ex marine, apre la porta convinto di trovare un bambino in cerca di dolcetti. Viene invece colpito a morte da un proiettile sparato a bruciapelo. Le indagini porteranno all’ex amante lesbica della moglie e a una sua complice.   Notte del 30 ottobre 1973, Fond du Lac, Wisconsin: la nove anni Lisa French bussa alla porta del vicino Gerald Turner per il classico «dolcetto o scherzetto». Turner la violenta, l’uccide, la infila in un sacco di plastica e la abbandona in una discarica.   Notte del 31 ottobre 1974, Deer Park, Texas: l’ottoenne Timothy O’Brien mangia una caramella Pixy Stick raccolta durante il giro dei dolcetti. Si accascia, ha convulsioni e muore un’ora dopo in ospedale. A avvelenarlo era stato il padre, per incassare l’assicurazione sulla vita del figlio. L’uomo verrà giustiziato nove anni più tardi.   Notte del 31 ottobre 1975 (un Halloween particolarmente cupo), Greenwich, Connecticut: la quindicenne Martha Moxley viene ritrovata picchiata e accoltellata sotto l’albero di casa. Accanto al corpo, una mazza da golf ferro 6 spezzata in quattro pezzi.

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Notte del 31 ottobre 1979, sobborgo di Sunland-Tujunga, Los Angeles: la sedicenne Shirley Ledford sta rientrando in autostop da una festa di Halloween quando due uomini la caricano sul loro furgone. Non sa di aver incontrato i Toolbox Killers, Lawrence Bittaker e Roy Norris, noti per rapire autostoppiste, torturarle con attrezzi da lavoro e fotografarle durante gli omicidi. Dopo aver seviziato Ledford, ne gettano il corpo sul prato di una casa estranea. Sarà la quinta e ultima vittima della coppia, denunciata da un amico.   Notte del 31 ottobre 1981, Amarillo, Texas: il diciassettenne Johnny Lee Garrett violenta una suora di 76 anni e la uccide a coltellate.   Ancora notte del 31 ottobre 1981, Manhattan, New York: il fotografo Ronald Sisman e la studentessa dello Smith College Elizabeth Platzman vengono picchiati nel loro appartamento di Manhattan e poi uccisi. L’alloggio è stato messo a soqquadro, ma nulla sembra mancare. Sul duplice omicidio circolano teorie che collegano Sisman a una setta responsabile delle uccisioni seriali di Son of Sam. Il giornalista Maury Terry ipotizza persino legami con produttori di snuff movie: ne tratta il documentario Netflix Sons of Sam.   Sempre notte del 31 ottobre 1981, Point Pleasant, Virginia Occidentale: la diciassettenne Maria Ciallella dice al padre che uscirà e tornerà intorno a mezzanotte. Un agente la vede camminare sul ciglio della strada e sta per offrirle un passaggio. Dieci minuti dopo, la ragazza è scomparsa. Il cadavere, fatto a pezzi in tre parti, verrà ritrovato nel 1983 nel giardino della madre del serial killer Richard Biegenwald, il «Thrill Killer» del Jersey Shore.   Notte del 31 ottobre 1992, New Orleans, Louisiana: lo studente giapponese in scambio Yoshihiro Hattori, diretto a una festa di Halloween, si perde e bussa a una porta. Nessuno risponde. Torna alla macchina, la porta si apre: «Siamo qui per la festa», dice il ragazzo. Riceve in risposta un colpo di revolver. Il padrone di casa viene accusato di omicidio colposo ma si appella alla Castle Doctrine, il diritto di usare la forza letale per difendere la propria abitazione. Una giuria lo dichiara non colpevole.   Notte del 31 ottobre 1993, Pasadena, California: tre adolescenti vengono uccisi a colpi di arma da fuoco mentre rientrano da una festa.   Notte del 31 ottobre 1994: il setteenne Tony Bagley, vestito da scheletro, fa «dolcetto o scherzetto» con la famiglia. Un uomo incappucciato irrompe in strada e spara contro i Bagley. Tutti vengono colpiti, il bambino muore in ospedale. Caso irrisolto.   Notte del 31 ottobre 1998, South Bronx, New York: il programmatore Karl Jackson sta andando a prendere il figlio a una festicciola quando il parabrezza della sua auto viene centrato da un uovo. Scende per protestare con i responsabili, che lo inseguono, lo bloccano e gli sparano alla testa.   Notte del 31 ottobre 2002, Università del Minnesota: lo studente Carl Jenkins scompare e viene ritrovato quattro mesi dopo nel fiume Mississippi. Alcuni collegano la morte allo «Smiley Face Killer»: secondo una teoria, tra anni Novanta e Duemila un assassino del Midwest avrebbe ucciso almeno 45 giovani uomini, lasciando in una dozzina di casi graffiti di facce sorridenti vicino ai corpi.

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Notte del 31 ottobre 2004, Napa Valley, California: Leslie Mazzara e Adriane Insogna vengono massacrate nel loro appartamento. L’assassino risulterà essere il fidanzato di una loro amica intima.   Notte del 31 ottobre 2005, Frederica, Delaware: la comunità osserva per ore una macabra decorazione appesa a un albero in piazza pubblica. Solo dopo ci si rende conto che non è un addobbo: è il cadavere impiccato di una donna di 42 anni.   Notte del 31 ottobre 2008, Sumter, Carolina del Sud: il dodicenne T.J. Darrisaw bussa a una porta per «dolcetto o scherzetto» e riceve 29 colpi di kalashnikov, 11 dei quali lo uccidono sul colpo. Padre e fratellino restano feriti ma sopravvivono. L’autore era un trafficante di droga che temeva una rappresaglia di una gang rivale.   Notte del 31 ottobre 2010, Benton Township, Michigan: il sedicenne Devon Griffin rientra a casa dopo la messa e una notte passata fuori. Trova la casa insolitamente silenziosa, va a controllare e scopre il patrigno coperto di sangue a letto. La polizia troverà altri due cadaveri: la madre e il fratello di Griffin. L’assassino era il fratellastro William Liske.   Notte del 31 ottobre 2011, Armstrong, Columbia Britannica: l’18enne Taylor Van Diest manda un SMS al fidanzato: si sente seguita. Viene ritrovata in fin di vita accanto ai binari ferroviari, massacrata di botte. Morirà poco dopo in ospedale.   Notte del 31 ottobre 2012, Michigan: il predicatore John D. White bussa alla roulotte della sua amante, che vive col figlio in un trailer park. La strangola, ne getta il corpo nei boschi, poi torna e veste il bambino con un costume di Halloween.   Notte del 31 ottobre 2013, New York: il 19enne Anthony Seaberry viene ucciso da uno sconosciuto con la maschera di Scream. Caso irrisolto, ma potrebbe essere opera di un uomo responsabile di altre sparatorie, abbattuto dalla polizia quella stessa sera.   Halloween 2023: il weekend registra vittime in varie città. A Tampa, Florida, due morti; a Texarkana, Texas, tre; due ciascuna a Dodge City (Kansas), San Antonio (Texas) e Mansfield (Ohio). Molti decessi derivano da liti scoppiate durante i festeggiamenti, inclusa la strage di Ybor City a Tampa, domenica mattina all’uscita dei bar con decine di persone in costume per strada. A Indianapolis, una sparatoria in una grande festa di Halloween uccide un adolescente e ferisce altri nove tra i 16 e i 21 anni, tutti in condizioni stabili. A Chicago, almeno 15 feriti (due gravi) in una sparatoria contro la folla a una festa. Il responsabile è stato fermato, ma lunedì mattina non erano ancora state formulate accuse.   In Texas, cinque morti e sei feriti in due sparatorie distinte sabato sera. A San Antonio, una 13enne resta ferita e i genitori uccisi durante una festa in casa. Un 20enne arriva, scoppia una lite, inizia a sparare; un 40enne risponde al fuoco. A Texarkana – 724 km più a nord, al confine con l’Arkansas – tre morti e tre feriti in una festa nel retro di un’azienda. Due uomini litigano, estraggono le armi. Nessun arresto. A Cumberland, Maryland, un 17enne ucciso e tre feriti (20-24 anni) in una sparatoria sabato mattina presto.

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Halloweeno 2024: Orlando, Florida (1° novembre 2024, prime ore del mattino), ue persone sono state uccise e altre otto ferite in una sparatoria di massa nel centro di Orlando, durante i festeggiamenti notturni di Halloween. Un adolescente di 17 anni, Jaylen Edgar, è stato arrestato sul posto e accusato degli omicidi. Denver, Colorado: La polizia ha riferito che una sparatoria in una festa in casa nell’area di Denver ha provocato la morte di tre persone. Vancouver Mall, Stato di Washington: Le autorità hanno riferito che un individuo che indossava una maschera tipo Halloween ha sparato mortalmente a una persona in un centro commerciale.   Akron, Ohio (28 ottobre 2024): un adolescente è stato ucciso e altri due sono rimasti feriti in una sparatoria a una festa di Halloween. Un uomo di 18 anni è stato arrestato, ma i detective stavano ancora lavorando per determinare chi avesse sparato. Aggiungiamo i due ragazzi di 12 anni sono morti in incidenti separati che hanno coinvolto trattori durante attrazioni di «haunted hayride» (giostre spaventose su carri trainati da trattori) nelle settimane precedenti Halloween nel Tennessee e nel Minnesota. Entrambi gli incidenti sono stati fatali, uno il 12 ottobre e l’altro l’11 ottobre. Chiudiamo tutto con un responso che ci viene addirittura dalla scienzah. Una ricerca del Journal of the American Medical Association indica che il rischio di decessi di pedoni è del 43% più alto ad Halloween rispetto a qualsiasi altra notte, e si sono verificati incidenti stradali mortali.   Buoni motivi, anche e soprattutto per gli italiani, per stare a casa. Buonanotte.

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Misteri

La NASA attiva l’Earth Defense Group per le preoccupazioni alla cometa con possibile tecnologia aliena

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Un gruppo di «difesa planetaria», supportato dalla NASA, ha avviato operazioni per determinare l’esatta posizione della cometa 3I/ATLAS dopo aver rilevato un comportamento anomalo dell’oggetto.

 

La cometa, delle dimensioni di Manhattan e potenzialmente dotata di tecnologia aliena, è stata classificata come minaccia dall’International Asteroid Warning Network (IAWN). Questo network, una coalizione globale di esperti e agenzie coordinata dalla NASA, si occupa di monitorare asteroidi e oggetti vicini alla Terra potenzialmente pericolosi, valutandone i rischi di impatto.

 

Secondo il New York Post, si tratta della prima volta che un oggetto interstellare viene incluso in una campagna di questo tipo, spingendo il gruppo a perfezionare le proprie capacità e a preparare il mondo a una possibile minaccia spaziale.

 

Fotografata il 21 luglio dal telescopio spaziale Hubble, 3I/ATLAS presenta caratteristiche atipiche per una cometa, come riportato dal Post. Tra i fenomeni insoliti, spicca un’anti-coda, un getto di particelle diretto verso il Sole, contrariamente al comportamento tipico delle comete. Inoltre, la cometa emette una colonna di quattro grammi di nichel al secondo, senza tracce di ferro, un’anomalia per questi corpi celesti, secondo il Post.

 

Come riportato da Renovatio 21, astrofisico di Harvard, il dottor Avi Loeb, intervistato dal New York Post, ha notato che il tetracarbonile di nichel è associato a processi industriali umani. In precedenza, Loeb aveva suggerito che l’accelerazione non gravitazionale e la traiettoria anomala dell’oggetto, che lo porta insolitamente vicino a Marte, Giove e Venere, potrebbero indicare che si tratta di una sonda aliena in missione di ricognizione sulla Terra.

 

Secondo il giornale neoeboraceno, l’IAWN condurrà una «campagna sulle comete» dal 27 novembre 2025 al 27 gennaio 2026 per determinare con precisione la posizione di 3I/ATLAS.

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Misteri

3I/Atlas potrebbe non essere un asteroide: parla l’astronomo harvardiano

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Alcuni mesi fa, degli astronomi hanno individuato un oggetto interstellare – solo il terzo del suo genere mai osservato – che sfreccia verso il centro del sistema solare su una traiettoria estremamente insolita e a una velocità non del tutto trascurabile.   L’oggetto, chiamato dalla comunità astronomica 3I / ATLAS, è in fase di studio e la scoperta ha portato a speculazioni diffuse. Come riportato da Renovatio 21, alcuni scienziati che suggeriscono che potrebbe essere vecchio quasi quanto la stessa galassia della Via Lattea, e miliardi di anni più vecchio del nostro Sole.   Non sorprende che l’astronomo di Harvard Avi Loeb – che ha ampiamente scritto su ‘Oumuamua, il secondo oggetto interstellare mai scoperto, in particolare ipotizzando che potrebbe essere stata una reliquia di una civiltà extraterrestre – ha ora sia entrato nella discussione con la sua teoria.

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In un post sul blog su Medium, il Loeb ha sostenuto che ci vorranno più osservazioni per concludere la natura di 3I / ATLAS, che è probabilmente una cometa o un asteroide. Tuttavia, il professore harvardiano non ha escluso la «probabilità allettante» che è stato «inviato verso il sistema solare interno da un progetto», una conclusione nello stile delle sue teorie sulle sonde extraterrestri che visitano il nostro sistema solare rimangono più controverse che mai.   Come riportato da Renovatio 21, Oumuamua (in hawaiano «messaggero che arriva per primo da lontano» o «messaggero da un lontano passato») fu ritenuto dal Loeb come una potenziale prova di una civiltà aliena che ci avrebbe inviato un pezzo della sua tecnologia con intenti di visita galattica.   L’ipotesi loebiana su ‘Oumuamua, osservato per la prima volta nel 2017, raccolse un’enorme attenzione nei media. Vi sarebbe poi stata una cerca di pezzi di quella che sostiene possa essere una navicella aliena, basata su rilevazioni di un incidente di meteore interstellare vicino alla Papua Nuova Guinea all’inizio del 2014, dragando il fondo dell’oceano, scrive Futurism.   Nel suo post sul blog su 3I/ATLAS, l’astronomo harvardiano ha annunciato di aver scritto un nuovo documento sulle dimensioni insolite di questo oggetto inerstellare. Sulla base della sua natura «luminosa in maniera anomala», l’astronomo ha concluso che l’oggetto aveva circa venti chilometri di diametro.   Questi calcoli e queste teorie sollevano più domande che risposte. La «stima delle dimensioni dell’oggetto interstellare ha poco senso per un asteroide interstellare perché l’oggetto interstellare 1I/’Oumuamua era 200 volte più piccolo, e sulla base delle statistiche degli asteroidi nel sistema solare, avremmo dovuto scoprire un milione di oggetti della scala di 1I/’Oumuamua prima di individuare un oggetto interstellare che è [circa venti chilometri] di diametro», ha scritto il Loeb.   «Sappiamo che gli asteroidi» di venti chilometri «sono rari, perché i dinosauri non aviari sono stati uccisi da un asteroide della metà di 66 milioni di tonnellate, mentre gli asteroidi su scala di metri hanno un impatto sulla Terra ogni anno», ha aggiunto.   Tuttavia, le successive osservazioni hanno costretto lo scienziato a tornare al tavolo da disegno. Data la mancanza di «impronte digitali spettrali di gas atomico o molecolare», 3I/ATLAS probabilmente non è una cometa, come aveva inizialmente sostenuto.   «Se 3I/ATLAS non è un asteroide – basato sull’argomento del serbatoio interstellare nel mio documento, né una cometa – basato sulla mancanza delle impronte spettrali delle molecole a base di carbonio intorno ad esso, allora di cosa si tratta?» ha chiesto retoricamente il Loeb.

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«L’anomalia delle dimensioni di 3I/ATLAS sarà facilmente chiarita dai dati imminenti», ha aggiunto il Loebbo. Mentre «si avvicina al Sole, diventerà più luminoso. Se si tratta di un oggetto solido senza un pennacchio cometario di gas o polvere intorno ad esso, allora la sua luminosità aumenterà inversamente con il quadrato della distanza decrescente dal Sole volte il quadrato della distanza dalla Terra».   «L’ipotesi più semplice è che 3I/ATLAS sia una cometa e ci mancano le caratteristiche spettrali del suo coma gassoso a causa della sua grande distanza dalla Terra», ha poi sottolineato.   Ma senza alcuna coda cometaria osservata, il Loeb suggerisce che c’è la possibilità che potremmo esaminare le prove di un visitatore extraterrestre.   «Manteniamo invece la nostra curiosità infantile e cerchiamo prove piuttosto che fingere di essere gli adulti nella stanza che conoscono le risposte in anticipo», ha concluso. «La scienza non ha bisogno di sentirsi come una lezione in una classe, riassumendo la conoscenza passata. Potrebbe essere molto più eccitante se gli insegnanti fossero disposti a imparare qualcosa di nuovo!».   Il lavoro extraterrestre del Loeb è oramai un filone ricco assai.   Come riportato da Renovatio 21, il professore,, di fatto un «cacciatore di alieni» con cattedra ad Harvard e quindi bollino accademico di alto prestigio, ha inoltre dichiarato che ci potrebbero essere fino a 4 quintilioni di astronavi aliene nel sistema solare.   Lo scienziato ha ovviamente molti detrattori, tuttavia, ha dichiarato a Fox News, essi soffrono solo di «gelosia accademica». Che il Loeb non si curi molto di quel che dicono di lui lo si capisce anche da altre dichiarazioni degli ultimi mesi, come quella per cui potrebbe essere possibile che ci siano quattro quintilioni di astronavi aliene in agguato nel nostro sistema solare.  

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