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La notte di Halloween tra incidenti stradali, vandalismi e chissà cos’altro

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Un numero impressionante di incidenti stradali si sarebbe verificato secondo fonti giornalistiche locali durante la cosiddetta notte di Halloween in quel di Verona, ricca città veneta ormai soffocata da orde di turisti per 365 giorni all’anno e sotto la presa della criminalità straniera e non solo.

 

E se a Verona è andata così chissà cosa potrebbe essere successo in altri centri grandi e piccoli della penisola, per non parlare di Milano, Roma, Firenze in cui a volte può essere rischioso semplicemente uscire di casa per andare a comprare il pane.

 

E’ sufficiente digitare su un motore di ricerca «Notte di Halloween» e anche per quest’anno ne leggerete di ogni, tra stupri, violenze di ogni genere, paesini messi a ferro e fuoco a suon di molotov e incursioni fin nel cortile di casa.

 

Davvero qualcuno immagina che durante la notte di Halloween le cose possano andare diversamente?

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Provate a chiedere ad un amico o conoscente che lavori in un pronto soccorso quale sia la situazione ogni fine settimana, tra accoltellati e adolescenti in overdose da sostanze stupefacenti. 

 

Chi scrive, ricorda bene quando nella sala d’attesa di un pronto soccorso, aspettando l’uscita di un genitore che, grazie al Cielo, non aveva nulla iniziarono ad arrivare individui sconvolti con mani sanguinanti mentre c’era chi in preda a chissà quale crisi o possessione sbatteva la testa contro i vetri urlando.

 

È ormai quasi sempre Halloween nelle notti italiane ed europee e non solo nelle metropoli, da anni in preda ad una criminalità tanto asfissiante quanto pervasiva, ma anche nei villaggi più sperduti, nella «provincia sonnacchiosa», in collina, ai monti, al mare.

 

Ce ne vogliamo rendere conto? Qualcuno vuole che sia Halloween tutto l’anno, che l’inferno regni nelle vostre vite sette giorni su sette.

 

Quel qualcuno, vuole che il sacrificio avvenga sempre, in ogni momento della vostra quotidianità per la completa instaurazione del suo regno sociale, null’altro che il Regno Sociale di Satana.

 

Victor Garcia 

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Referendum sul divorzio 2025: quello di sindacati e compagni dalla realtà

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Il referendum sul lavoro dipendente e l’invasione migratoria è fallito, tuttavia quello sul divorzio 2025 è riuscito: possiamo dire, senza ombra di dubbio, che non andando a votare gli italiani hanno ratificato il divorzio dalla realtà di istituzioni, enti, corpi sociali, vescovadi ed interi partiti politici.   Il mondo reale, ora è certificato democraticamente, è separato totalmente dai cascami sovietici della grande mangiatoia repubblicana: nessuno ha votato per i loro quesiti. Anzi andiamo oltre: nessuno sapeva davvero quali fossero.   Non è stato captato interesse, nessuno davvero, per il referendum – e questo al di là del fine settimana al mare. Attorno a me, non solo non c’è una persona che sia andata a votare, ma nemmeno che sapesse per cosa si votasse.

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Ognuno ha capito, senza bisogno di tante spiegazioni, che erano fisime sul feticcio del lavoro, cose di un mondo che sul serio non esiste più: mentre la gente arranca nella rovina post-industriale, ci parlano di licenziamenti illegittimi, giudici che decidono le indennità di licenziamento per le piccole imprese, contratti a tempo determinato, responsabilità di appaltatori e pure committenti sugli infortuni sul lavoro. Poi la ciliegina: 5 anni di residenza in Italia acciocché gli immigrati divengano cittadini italiani a tutti gli effetti.   Non uno di questi temi – e son dovuto andare a guardarmeli ora, ad urne chiuse, perché anche io ci ero volato sopra serenissimo – pare avere attinenza con la realtà. Non uno sembra essere allineato con il sentimento non solo della classe produttiva (compresi i dipendenti) ma del cittadino quivis de populo: rendiamo gli immigrati che stanno mettendo a ferro e fuoco le città subito italiani?   Maranza al voto? Sì: così poi però, invece che il Partito Maranza, ci troviamo il Partito Islamico – chiunque può fare questo pensiero, chiunque è finito per sentire ed ammettere, e in tutto il pianeta (FPO primo partito in Austria, Le Pen rampante in Francia, AfD in vetta in Germania… e Trump alla Casa Bianca) che la migrazione massiva è un problema da risolvere, non da facilitare.   Tutti lo sanno, tranne la sinistra e i sindacati. I quali, per fare bella figura e spingere sempre più gente a votare, hanno pensato bene pure di farsi vedere che litigano a sangue. Il che vuol dire, il divorzio ce lo hanno anche loro, infra: la parte piddina oramai metamorfosata in partito neoliberale e neoradicale di massa mai poteva votare per l’abrogazione del Jobs act.   Personalmente, mi impressiona non poco la questione dei sindacati. Ininfluenti sul piano politico (il referendum lo sancisce incontrovertibilmente), invisibili sul piano sociale (quante persone conoscete che sono state aiutate da un sindacato?), sono tuttavia realtà ricchissime, dove la cornucopia diviene sempre più visibile sullo sfondo di una società in sfacelo.   Voglio raccontarvi un angolo della mia città, quello dove svetta il palazzotto del principale sindacato, tetro ed eloquente con la sua colata di cemento grigio e il logo rosso che spunta in cielo: poco più avanti, c’era un’edicola, ora c’è uno dei quei buchi pieni di distributori automatici con dentro tutto: bibite, preservativi, cartucce per le sigarette elettroniche, latte, cioccolatini, olio da massaggio (che in realtà ipotizziamo serva agli invertiti, e non per massaggiarsi), cracker, e su tutto le casseforti cibernetiche che fanno da casella postale Amazon, grande simbolo del lavoro in Italia.

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A pochi metri, c’era un negozio di giocattoli e cartotecnica, durato decadi, con il nome di una famiglia cimbra: un posto eccezionale, che conoscevo da bambino, e in cui credo di aver fatto in tempo qualcosa anche per il primo figlio. Ora, invece, c’è una succursale del sindacato – la cui sede, ripetiamo, è lì a trenta metri – ci fanno dentro non so cosa, dalle vetrine si vede un bell’ufficio modernissimo, illuminato anche di notte, con il cartellino «Open» alla porta, neanche fosse un diner americano stile Happy Days.   In breve: il tessuto produttivo italiano è andato, da mo’, in malore: ma il sindacato proprio no. Anzi: può approfittare ed espandere il suo raggio. Ciò non vale solo per le quisquilie immobiliari. Il sindacato, in realtà, da diversi ha lanciato una vera e propria espansione morale. Ecco la crociata al Consiglio d’Europa per cancellare l’obiezione di coscienza sull’aborto in Italia.   Ecco la sollecitudine sui vaccini, che come abbiamo rilevato su Renovatio 21, è iniziata ben prima della pandemia, con ad esempio gli appelli ai pensionati (si allargano proprio: sono lavoratori, i pensionati?) a fare il vaccino antinfluenzale, nonostante in quegli anni ogni tanto sui giornali c’era qualche timido articolo sulla possibilità di qualche lotto assassino… per non parlare dei vaccini pediatrici (anche i bambini non sono lavoratori, ma pazienza), dove quando entrò in vigore la legge Lorenzin nel 2017 ad esempio a Palermo i sindacati lanciarono l’allarme sul fatto che c’erano pochi vaccinatori, bisognava assumere.   Insomma: come da piramide di Maslow, il sindacato è talmente ricco da aver soddisfatto tutti gli strati inferiori (bisogni fisiologici, bisogni di sicurezza, di appartenenza, di stima) e fluttua al vertice, dove può perseguire il fine dell’autorealizzazione: creatività, spiritualità moralità. Non c’è da ridere: questa è la sola spiegazione scientifica che trovo se penso al sindacato che si occupa di libero feticidio e sierizzazioni – e di concertoni rock, i quali, come detto dal poeta oramai lustri anni fa, in effetti hanno un po’ «rotto i coglioni».   Il sindacato è come un vecchio aristocratico, un nobile di quelli stile Gattopardo: il mondo è cambiato totalmente, e in teoria ti rifiuta pure, ma tu sai che invece starai lì, hai la sicurezza della tua ricchezza, e quindi può permetterti di correre dietro al superfluo, le amanti, le speculazioni di pensiero, etc.   Dobbiamo capire che tale nobiltà parassita ha in Italia un colpevole precipuo: la Costituzione. La quale essendo nata da comunisti e da democristiani (cioè, la specie creata in laboratorio da massoni e angloamericani per lasciare libero il passaggio a comunisti e liberali), è leggermente «sovietica», amava dire Silvio Berlusconi, al punto da mettere l’idolatria del lavoro in testa alla Carta stessa, e poi a dettagliare il goscismo istituzionali in altri articoli.   Come l’articolo 39: «L’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce».   In pratica, dice la Costituzione più bella dello mondo, sindacato libero! Sindacati per tutti! Ma allora, perché sono così pochi? Perché non sono usciti nuovi sindacati a fare concorrenza a quelli divorziati dalla realtà? Magari ci sono pure: ma non prendiamoci in giro, sappiamo tutti che siamo dinanzi a logiche di feudo, un feudo ultramiliardario, inscalfibile, intoccabile, invincibile.

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Vediamo, tuttavia, che a potersi permettere il divorzio dal reale: ecco che la Carta sovietica d’Italia prevede addirittura la creazione di un ente che talmente tante persone potrebbero definire inutile da farci sopra un referendum – anche quello fallito, forse a causa del giovane borioso premier-genio che aveva accluso il voto per abolire il Senato. Parliamo, ovviamente, del CNEL.   Articolo 99 della Costituzione della Repubblica Italiana: «Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa». Ebbene sì, il CNEL ha copertura costituzionale. Noi, confessiamo apertamente, non abbiamo idea di cosa faccia, e crediamo di non essere gli unici: ma, sapete, nella nostra Repubblica basta la parola «lavoro» e si può fare tutto, tranne obiettare i sieri genici sperimentali.   Un vecchio amico – nel senso, un signore anziano, che dal suo incarico per una grande azienda ne ha viste molte – mi diceva di un conoscente che, per ragioni a caso, era stato messo a fine carriera al CNEL, ed era felicissimo, perché neanche lui capiva bene quale fosse questo lavoro, ma lo stipendio arrivava. Non siamo in grado di verificare questa notizia, tuttavia, un po’ come per i quesiti del referendum 2025, come una immane porzione di popolazione italica non sentiamo l’impulso ad approfondire. Un altro ente, un altro turbine di leggi, uffici, salari, lontani anni luce dalla mia libertà, dalla difficoltà di tirare avanti la carretta tutti i mesi: ma chi davvero ha la forza per pensarci?   È quindi con questa mesta rassegnazione che registro come il divorzio in Italia sia stato approvato per referendum una seconda volta: il divorzio tra le istituzioni sociali – mica scordiamo l’ente sociale chiamato CEI, con il cardinale Zuppi che aveva invitato a recarsi alle urne – e la società stessa, che non vuole più saperne di loro e delle loro proposte, che non sono solo irrilevanti, sono con evidenza nocive, contrarie in tutto e per tutto alla percezione attuale del bene comune.   Lo sappiamo: la rassegnazione non va bene. Ma capiteci: abbiamo paura di dire qualsiasi cosa.

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Il sindacato può comunicare apertis verbis di non voler difendere i lavoratori (per il vaccino mRNA, e magari i soldini del Recovery Fund), può cambiare volti di leader che non ci colpiscono esattamente per il pensiero (il tizio con il diastema, il baffotto bianco, l’occhio mandorlato che scrive le prefazioni dei romanzi di Philip Dick, l’orsetto democristiano, la tizia flemmatica che fuma, quello professorale con gli occhiali spessi e la pelle tra il diafano e il rosso, il sindacalista metalmeccanico professionista), travasandoli poi in larga parte, autista e scorta e quant’altro, alle elezioni politiche per il voto feudale automatico dei soliti partiti della sinistra postcomunista e democristiana.   Come tutto questo non inorridisca i lavoratori, non sappiamo dirlo, ma tuttavia ora sappiamo che inorridisce assai gli elettori. I quali elettori, che non sono principi e conti che possono vivere di rendite politico-costituzionali, dalla realtà non vogliono divorziare, altri, loro non possono.   Come non possono permettersi di avere, a decidere per loro, qualcuno che, come Landini due anni fa, comizia letteralmente a favore del «Nuovo Ordine Mondiale». Cioè ciò che, con nel silenzio se non nel tifo del sindacato stesso, ha distrutto il loro lavoro, la loro famiglia, la loro esistenza.   Roberto Dal Bosco

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Immagine di Maritè Toledo via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0  
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Orban denuncia il piano «progressista» per l’Europa di «sostituire il cristianesimo e la nazione»

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Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha criticato il piano «progressista» per l’Europa, definendolo un piano che mira a «sostituire il cristianesimo e la nazione», in un discorso alla Conferenza di azione politica conservatrice (CPAC) del 2025 in Ungheria.

 

«Amici miei, ci sono due piani sul tavolo. Uno è il piano liberale, l’altro è il piano patriottico per l’Europa», ha detto Orban giovedì al suo pubblico di conservatori, tra cui illustri leader politici europei.

 

«Il piano liberale considera obsoleta la vecchia Europa culturale e cristiana. Vogliono superarla. Per decenni hanno lavorato per costruire una nuova identità che sostituisse il cristianesimo e la nazione», ha detto Orban.

 

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Si può sostenere che non solo per decenni, ma per oltre un secolo, alcune forze hanno lavorato per sostituire il cristianesimo in Europa, in particolare prima attraverso la Rivoluzione francese e poi attraverso la sinistra in Russia, Spagna e Portogallo. In questi casi, gli sforzi per rovesciare il cristianesimo sono stati palesi e violenti, ma i tentativi più recenti hanno utilizzato «cause» culturali come la «liberazione» sessuale e l’ideologia LGBTQ per guidare gli sforzi di secolarizzazione.

 

In Europa il cristianesimo è già notevolmente diminuito, ancor più che negli Stati Uniti, con la partecipazione alle funzioni religiose ai minimi storici, sebbene resti culturali ed estetici dell’Europa cristiana siano ancora visibili nei luoghi in cui la pratica religiosa è in declino.

 

Lo stesso Orban è noto per la sua promozione dei valori cristiani attraverso la sua sfrontata difesa del matrimonio e della famiglia tradizionale, e la sua aperta opposizione all’ideologia omotransessualista. È interessante notare che in Ungheria la percentuale di persone che «non frequentano mai» le funzioni religiose è diminuita negli ultimi anni, ma la percentuale che vi partecipa settimanalmente rimane a un livello molto basso, il 9%.

 

Il leader ungherese ha affermato che i tentativi liberali di «sostituire la nazione» funzionano minandone la sovranità nazionale e centralizzando l’Europa, scagliandosi contro contro Bruxelles – sede anche della NATO – accusandola di fomentare la guerra, usandola come pretesto per raggiungere questo obiettivo di centralizzazione europea.

 

«Se c’è la guerra, c’è più Bruxelles e ancora meno sovranità», ha detto Orban. «Il piano progressista è che l’Europa debba costruire un nuovo modello economico, un modello di economia di guerra, con il pretesto della guerra. Nella loro mente, la guerra sarà il motore dell’economia. Debito collettivo, controllo centralizzato e un fondo di guerra».

 

Secondo Orban, la spinta per l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea è un elemento «chiave» di questo piano progressista guerrafondaio. L’Ucraina sta perseguendo l’adesione all’UE, un potenziale passo verso l’adesione alla NATO, un’iniziativa che la Russia ha avvertito potrebbe scatenare una guerra nucleare.

 

Gli anti-globalisti hanno proposto come alternativa un «piano patriottico» in quattro punti, consistente in pace, sovranità nazionale, libertà e rivendicazione dell’Europa dai migranti per rivendicare la «cultura cristiana» e strade sicure.

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«Oggi, e per qualche anno a venire, la politica europea si concentrerà su quale piano vincerà. Questa battaglia deve essere vinta prima da tutti, a casa, e poi insieme a Bruxelles», ha detto Orban.

 

Il premier magiaro ha sostenuto che per farlo è necessario l’aiuto degli Stati Uniti e «dell’amministrazione di successo del Presidente Trump».

 

«Abbiamo bisogno di smantellare la collusione liberale tra America e Bruxelles, lo Stato profondo transatlantico», ha aggiunto Orban.

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Fico ribadisce il suo sostegno ai valori della famiglia cristiana

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Nel corso di un acceso discorso al CPAC Ungheria 2025, il primo ministro slovacco Robert Fico ha sottolineato che continuerà a sostenere i tradizionali valori cristiani della famiglia nel Paese.   Nel discorso del 29 maggio , Fico ha sottolineato che l’essenza della Slovacchia si fonda su migliaia di anni di valori familiari cristiani tradizionali, in particolare sull’idea che il matrimonio sia tra un uomo e una donna e che ci siano solo due sessi, e che si impegnerà a sostenere questi valori sacri. Il primo ministro vanta una lunga storia di affermazione dei valori familiari cristiani e di opposizione al globalismo.  

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Dopo aver sottolineato di non voler che l’identità nazionale della Slovacchia «si dissolva» a favore dei valori liberali promossi dall’Unione Europea (UE), Fico ha evidenziato i valori cristiani che costituiscono l’identità nazionale del Paese.   «Certamente non intendo sacrificare l’essenza della Slovacchia, che si basa su più di mille anni di tradizione cristiana, (con) la famiglia tradizionale come componente fondamentale della nostra società», ha affermato il primo ministro.   Fico ha inoltre sottolineato il suo sostegno all’emendamento del 2014 alla Costituzione del Paese, che ha confermato la definizione tradizionale di matrimonio, e a un nuovo emendamento proposto dal suo governo, che affermerebbe che esistono solo due generi: maschile e femminile.    
  «Sono il promotore dell’importante emendamento alla Costituzione slovacca, che definisce il matrimonio come l’unione unica tra un uomo e una donna», ha affermato. «A nome del governo, ho presentato al Parlamento un ulteriore emendamento costituzionale riguardante l’esistenza di soli due sessi».   Fico che sta svolgendo il suo terzo mandato non consecutivo come primo ministro, si oppone da tempo al «matrimonio» tra persone dello stesso sesso e all’ideologia di genere.   Fico ha definito l’adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso, illegale in Slovacchia, una «perversione». Durante la campagna elettorale per tornare primo ministro nel 2023, Fico ha anche irritato gli attivisti LGBT attaccando la promozione dell’ideologia di genere nelle scuole e la possibilità per le coppie dello stesso sesso di sposarsi legalmente.

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«L’ideologia di genere nelle scuole è inaccettabile e il matrimonio è un’unione unica tra un uomo e una donna», ha affermato in uno spot elettorale. «Non sarò mai un sostenitore del fatto che le persone LGBTQ possano sposarsi, come avviene in altri Paesi», ha affermato Fico durante una conferenza stampa.   Il primo ministro ha anche criticato i vaccini anti-COVID , mettendo recentemente in guardia dalle scoperte degli esperti sulla contaminazione del DNA nei vaccini e sugli altri rischi per la salute associati alle iniezioni sperimentali. Nel 2024, Fico, assieme a tanti depuati slovacchi, annunciò che il Paese non avrebbe sostenuto l’accordo pandemico globalista proposto dall’OMS, che il primo ministro criticò definendolo «un’assurdità» che «poteva essere inventata solo da avide aziende farmaceutiche, che avevano iniziato a percepire la resistenza di alcuni governi contro la vaccinazione obbligatoria».   Pochi giorni dopo questo annuncio, Fico venne colpito da un fallito tentativo di assassinio. Per quell’ora, Fico aveva reso ampiamente nota la sua posizione su COVID e vaccini.   Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Fico ha lanciato un sentito allarme sugli effetti del vaccino COVID, parlando di «gravi risultati». Un anno fa Fico aveva ordinato un’indagine sulla risposta al COVID-19 e sui vaccini, notando gli oltre 21.000 morti in eccesso dal 2020.   Come riportato da Renovatio 21, Fico e il presidente serbo Aleksandr Vucic sono stati gli unici alti funzionari europei a partecipare alla parata del 9 maggio sulla Piazza Rossa.    

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Immagine screenshot da YouTube
 
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