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Sanità

Sanitari, «il vaccino imposto non esiste». I ricorsi dell’avvocato Holzeisen

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Renate Holzeisen, avvocato costituzionalista, sta avviando molti ricorsi per il personale medico e infermieristico riguardo al decreto 44/2021.

 

L’idea dell’avvocato altoatesino è chiara: se la norma scritta dal ministro Marta Cartabia dice che i sanitari hanno l’obbligo di subire «vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2», allora significa che questo obbligo non sussiste, perché in commercio non vi sono vaccini che garantiscano l’immunità dall’infezione.

 

Cioè si possono trovare molti medici e politici che lo dicono a parole (da Draghi a Biden, quale arconte dell’establishment non ha sparato la fake news del vaccino che previene il contagio?) tuttavia difficile trovare qualcuno che ci metta la firma.

 

Questo obbligo non sussiste, perché in commercio non vi sono vaccini che garantiscano l’immunità dall’infezione

Infatti, se i responsabili firmassero un documento che sostiene che i sieri dell’obbligo rendono immuni dall’infezione, potrebbe incorrere nell’accusa di falso ideologico.

 

I quattro vaccini autorizzati in emergenza dall’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) possono solo allievare i sintomi; da nessuna parte hanno voluto scrivere che le punture possano «prevenire» il COVID. Ricordiamo che si tratta di fatto di medicine sperimentali, create con tecnologie genetiche mai prima approvate per uso umano nonostante la loro idea fosse in circolazione da trenta anni.

 

«Oltre che a essere incostituzionale e in conflitto con la normativa comunitaria, l’obbligo di legge dunque si riferisce a un vaccino che non esiste» scrive La Verità.

 

La Holzeisen  ha agito in maniera concreta difendendo i sanitari della Provincia autonoma di Bolzano che avevano ricevuto dall’ASL locale gli atti di accertamento di inosservanza dell’obbligo vaccinale. La sua strategia è stata di coraggio e lucidità esemplari

 

«L’azione ha preso il via il 24 giugno scorso, quando ho accompagnato un’infermiera al centro vaccinale – racconta l’avvocato al quotidiano milanese – ai responsabili dell’ASL la mia assistita aveva riolto via PEC diverse domande, come la conferma che il vaccino risulti privo di effetti genotossici, cancerogeni o tossici sulla fertilità e che serva contro l’infezione con il virus SARS-CoV-2».

 

«L’azienda non aveva risposto, limitandosi a fissarle l’appuntamento per la vaccinazione».

«Oltre che a essere incostituzionale e in conflitto con la normativa comunitaria, l’obbligo di legge dunque si riferisce a un vaccino che non esiste»

 

L’infermiera presenta le medesime domande all’hub vaccinale, ma nessun medico le dà risposta, nonostante il fatto che nel modulo di consenso informato si debba sottoscrivere che si ha «avuto la possibilità di porre domande in merito al vaccino e al mio stato di salute, ottenendo risposte esaurienti e da me comprese».

 

I responsabili non hanno neanche confermato che i vaccini offerti garantiscano immunizzazione contro l’infezione, come previsto dall’obbligo legislativo. Se lo facessero, «finirebbero accusati di falso ideologico» dice l’avvocato Holzheisen a La Verità.

 

L’avvocato ha quindi chiamato i carabinieri facendo mettere a verbale il fatto che l’infermiera sua assistita non poteva adempiere all’obbligo di legge in quanto i vaccini attuali preverrebbero la malattia ma non l’infezione.

 

300 infermieri della Provincia autonoma di Bolzano, che erano già sospesi da lavoro senza stipendio hanno seguito la strada tracciata da Holzheisen. Diecine di medici, a cui è arrivata in un secondo momento una notifica, pure.

 

Tutti i sanitari, insomma, si presentano agli hub della siringa con una semplice domanda cui, come da modulo, devono ottenere risposta:

 

«I vaccini COVID-19 che inoculate sono adatti e autorizzati per la prevenzione del contagio e dunque della diffusione del virus?»

Tutti i sanitari, insomma, si presentano agli hub della siringa con una semplice domanda cui, come da modulo, devono ottenere risposta: «I vaccini COVID-19 che inoculate sono adatti e autorizzati per la prevenzione del contagio e dunque della diffusione del virus?»

 

L’avvocato raccomanda ai suoi assistiti di presentarsi con un legale e di registrare tutto, visto che la normativa sul consenso informato lo permette. Quindi, il sanitario non deve barrare la casella «rifiuto la vaccinazione», ma scrivere a mano che «non è stata data risposta alle mie domande e non è stata confermata l’efficacia del vaccino ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di legge. Pertanto non ho potuto prendere una decisione e tantomeno dare un consenso informato».

 

Nel documento devono seguire data e firma del sanitario e del medico addetto alla vaccinazione, il quale – scrive La Verità nell’intervista alla combattiva Holzheisen – «non può rifiutarsi perché la procedura deve essere completata e fare una foto, perché quel pezzo di carta non rimarrà in mano loro».

 

Il metodo Holzheisen pare ora aver tracimato in molte altre parti d’Italia. L’avvocato ha presentato querela contro l’ASL per le discriminazioni messe in atto contro i sanitari non vaccinati e mandati a casa senza stipendio, riscontrando «l’insussistenza della stessa violazione dell’obbligo così come sancito dal legislatore», nonché «violazione in materia di consenso informato e per violazione di altri diritti.

 

Ora ci attendiamo che qualcuno formuli un metodo simile anche per i lavoratori scolastici, le prossime vittime sacrificali del Moloch vaccinale che si sta inghiottendo i nostri diritti più basilari, il nostro benessere e la nostra pace personale.

 

 

 

 

Sanità

Badante sospetto serial killer immigrato «ucciso dal compagno di cella» in una prigione texana

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L’assassino Billy Kipkorir Chemirmir, uno straniero illegale proveniente dal Kenya sospettato di essere uno dei serial killer più prolifici della storia americana, sarebbe stato ucciso in prigione martedì mattina dal suo compagno di cella.

 

Cherminir, condannato per omicidio del Texas settentrionale, era un badante immigrato sospettato di oltre 20 omicidi. L’infermiere kenyota sarebbe stato ucciso in una prigione di stato martedì mattina. Lo riporta la testata locale texana WFAA che cita funzionari con cognizione della vicenda.

 

Chemirmir, 50 anni, stava scontando l’ergastolo senza condizionale dopo essere stato giudicato colpevole due volte di omicidio capitale dalle giurie della contea di Dallas. È stato accusato di aver ucciso altre 20 donne nelle contee di Dallas e Collin, casi in cui non era ancora arrivato a sentenza.

 

L’ufficio del procuratore distrettuale della contea di Dallas ha confermato di essere stato informato dai funzionari della prigione del Texas che Chemirmir è stato ucciso martedì mattina. Funzionari della prigione statale hanno confermato che Chemirmir è stato trovato morto nella sua cella martedì mattina presto e che il suo compagno di cella, che stava prestando servizio con l’accusa di omicidio fuori dalla contea di Harris, è stato «identificato come l’aggressore».

 

Il procuratore distrettuale della contea di Dallas John Creuzot ha detto alla WFAA che Chemirmir è stato ucciso dopo aver apparentemente fatto commenti inappropriati di natura sessuale nei confronti dei figli del suo compagno di cella.

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Secondo Creuzot, il compagno di cella avrebbe picchiato Chemirmir, trascinato fuori dalla cella e ucciso mentre altri detenuti guardavano. Nessuno è intervenuto e Chemirmir potrebbe essere stato pugnalato con una penna, ha dichiarato Creuzot alla testata texana.

 

Le autorità sospettavano che Chemirmir potesse essere coinvolto in circa 1.000 morti sospette in Texas, ma hanno cercato di condannarlo nel 2021 per aver ucciso 24 pazienti anziani che erano in maggioranza donne e bianchi.

 

Chemirmir era stato accusato di aver ucciso Phyllis Payne, 91 anni, il 14 maggio 2016; Phoebe Perry, 94 anni, il 5 giugno 2016; e Norma French, 85 anni, l’8 ottobre 2016; Doris Gleason, 92 anni, il 29 ottobre 2016; Rosemary Curtis, 76 anni, il 17 gennaio 2018; e Mary Brooks il 31 gennaio 2018. Era stato accusato di altri cinque omicidi, ma quelle identità non sono state rese pubbliche.

Il badante straniero era inoltre accusato di tre capi d’accusa di tentato omicidio.

 

Chemirmir è stato accusato di essersi spacciato per medico o addetto alla manutenzione e di aver avuto accesso alle proprietà di almeno ventidue donne anziane e di averle soffocate con un cuscino. L’africano è stato arrestato nel marzo 2018, accusato di aver soffocato a morte una donna di 81 anni.

 

Il caso può rappresentare rappresenta un’intersezione abissale tra il fenomeno degli assistenti sanitari assassini (che sono di fatto serial killer infiltrati nel sistema sanitario), che sono in grado di andare avanti anni accumulando anche centinaia di vittime, e quello della violenza importata con l’immigrazione, qui pure, secondo alcuni, con venature razziste.

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Bioetica

Adolescente britannica vuole vivere, l’ospedale è contrario

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.     Un’adolescente britannica che vuole vivere e un ospedale britannico che vuole che muoia sono coinvolti in una drammatica disputa sul suo futuro.   S.T. è una brillante ragazza di 19 anni affetta da una malattia mitocondriale estremamente rara che causa una degenerazione progressiva di tutti i suoi sistemi corporei, tranne il cervello.   Dopo aver contratto il COVID-19 nell’agosto dello scorso anno, ha avuto un collasso ed è stata ricoverata in un reparto di terapia intensiva dove sopravvive con l’aiuto di un ventilatore e di dialisi. Le sue condizioni hanno continuato a peggiorare. La comunicazione con lei è possibile ma difficile.   Sostenuta da una famiglia amorevole, è convinta che potrebbe guarire con una cura sperimentale in Canada. Il suo ospedale dice che ciò è delirante. I medici dicono che le restano solo pochi giorni o settimane di vita, mesi al massimo, e che il viaggio transatlantico potrebbe comunque ucciderla. Vogliono rimuovere la sua macchina per la dialisi e trasferirla alle cure palliative, dove morirà entro pochi giorni per insufficienza renale.   In una sentenza emessa mercoledì, il giudice Roberts, della Corte di protezione, si è pronunciata a favore della condanna a morte (University Birmingham NHS Foundation Trust contro S.T. & Ors). Respingendo il parere di due psichiatri, il giudice ha ritenuto che S.T. sia mentalmente incapace di prendere decisioni da sola perché non crede a ciò che dicono i medici ospedalieri sulla sua condizione.   «A mio giudizio… S.T. non è in grado di prendere una decisione da sola in relazione alle sue future cure mediche, compreso il proposto passaggio alle cure palliative, perché non crede alle informazioni che le sono state fornite dai suoi medici».

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S.T. sa che il trattamento sperimentale potrebbe fallire, ma ha dichiarato chiaramente: «questo è il mio desiderio. Voglio morire cercando di vivere. Dobbiamo provare tutto». Al giudice veniva chiesto di valutare se la sua decisione pienamente autonoma, informata e razionale dovesse essere rispettata. Pagina dopo pagina dopo pagina, ha analizzato il significato di «capacità mentale».   Il suo ragionamento era sottile e le sue distinzioni erano sottili, ma in sostanza era questo: non si può essere sani di mente se non si è d’accordo con i medici esperti.   Come ha dichiarato alla corte uno dei medici dell’ospedale, S.T. non è in grado di valutare i pro e i contro di «una morte dignitosa». In quanto tale, crede che la ragazza soffra di un delirio che deriva da una falsa realtà in quanto non può contemplare la propria morte. «Dobbiamo scrivere il menu affinché lei possa sceglierlo», ha detto. «Dobbiamo offrire trattamenti adeguati e disponibili».   Il giudice ha acconsentito.   «Trovo, sulla base delle probabilità, che la completa incapacità di ST di accettare la realtà medica della sua posizione, o di contemplare la possibilità che i suoi medici possano fornirle informazioni accurate, sia probabilmente il risultato di una menomazione o di un disturbo nel funzionamento della sua mente o del suo cervello».   David Albert Jones, dell’Anscombe Bioethics Centre, nel Regno Unito, ha criticato severamente l’analisi del caso fatta dal giudice:   «Il disaccordo di una paziente vulnerabile con i suoi medici viene usato contro di lei come mezzo non solo per toglierle la voce ma anche per negarle il diritto di agire in giudizio contro la decisione di toglierle la voce. La cosa più inquietante è che il suo desiderio di continuare a ricevere cure di sostegno vitale, come la dialisi, non solo viene ignorato, ma proprio quel desiderio viene visto come un motivo per negare la sua dignità di adulta mentalmente capace. Questa è una forma letale di paternalismo».     Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni. SOSTIENI RENOVATIO 21
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Sanità

L’avvento dei robot sanitari è inevitabile

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

 

L’inesorabile avvicinarsi dell’inverno demografico solleva molte domande, ma nessuna così importante quanto il modo in cui verranno curati gli anziani. A livello globale, il numero di persone con più di 65 anni salirà a 1,5 miliardi entro il 2050. A preoccupare sono soprattutto i giapponesi, a causa del calo della popolazione e del tasso di natalità. Entro il 2040, gli esperti stimano che mancheranno 690.000 operatori sanitari per gli anziani.

 

Chi colmerà il divario? O meglio, cosa? In Giappone, i «robot sanitari» sono una parte vitale della pianificazione anticipata per la prossima crisi.

 

Tuttavia, con costernazione dei pianificatori, le persone sembrano, nella migliore delle ipotesi, tiepide nell’affidare la loro fragile e anziana madre a un robot. Il perché, se lo chiedono i ricercatori giapponesi dell’Università di Chiba nel numero di gennaio 2024 di Archives of Gerontology and Geriatrics.

 

Per rispondere a questa domanda, hanno intervistato persone in tre Paesi, Giappone, Irlanda e Finlandia, per vedere se esistessero barriere interculturali all’accettazione.

 

Il professor Sayuri Suwa spiega che «oggi, nella società giapponese super anziana, sono stati sviluppati e commercializzati vari robot sanitari, comprese le telecamere di monitoraggio, per compensare la carenza di personale sanitario e per alleviare lo stress. Tuttavia, non ci sono discussioni tra gli utenti – anziani, assistenti familiari e personale sanitario – e gli sviluppatori in merito alla volontà di utilizzare robot di cura, alla tutela della privacy e all’uso appropriato delle informazioni personali associate all’uso dei robot di cura. Il desiderio di migliorare questa situazione e di promuovere un utilizzo appropriato dei robot sanitari al di fuori del Giappone è stato l’impulso per questa ricerca».

 

Il suo team ha scoperto che le preoccupazioni si concentravano attorno a quattro questioni in tutti i Paesi: acquisizione di informazioni personali, utilizzo delle informazioni personali per cure mediche e a lungo termine, uso secondario delle informazioni personali e partecipazione alla ricerca e allo sviluppo.

 

Il professor Suwa conclude che «dai nostri risultati, possiamo dedurre che l’implementazione sociale dei robot sanitari può essere promossa se sviluppatori e ricercatori incoraggiano i potenziali utenti a partecipare al processo di sviluppo, proposto sotto forma di un concetto di co-progettazione e co-produzione. Ci auguriamo che il processo di sviluppo dei robot sanitari venga migliorato per contribuire al benessere umano in una società globale che invecchia».

 

 

Michael Cook

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

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