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Politica

Joe Biden, una vita di menzogne

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La carriera di Joe Biden è costellata di menzogne.

 

Anche durante altre campagne elettorali, l’uomo del Delaware mentì spudoratamente, e, ancora peggio, fu beccato e dovette fare delle scuse che peggiorarono ancora di più la situazione

Gliene abbiamo sentite dire tante durante la campagna elettorale 2020 – come quando in diretta TV, in risposta a Trump che gli chiedeva del figlio, cercò di rispondere prima ricordando il figlio Beau morto e poi minimizzando i problemi del figlio Hunter come solo problemi di droga (invece che le accuse di corruzione internazionale che coinvolgerebbe tutta la famiglia).

 

Tuttavia, anche durante altre campagne elettorali, l’uomo del Delaware mentì spudoratamente, e, ancora peggio, fu beccato e dovette fare delle scuse che peggiorarono ancora di più la situazione.

 

In quegli anni Biden era noto internazionalmente come il candidato bugiardo accusato di plagio.

Varie testate – Newsweek, New York Times, CBS News: curiosamente quelle che oggi lo incensano e fingono, talvolta mentendo anche loro, di non vedere i suoi evidenti scandali – lo sorpresero a mentire sul suo cursus honorum così come a copiare i discorsi di altri politici sin nei dettagli più personali

 

Varie testate – Newsweek, New York Times, CBS News: curiosamente quelle che oggi lo incensano e fingono, talvolta mentendo anche loro, di non vedere i suoi evidenti scandali – lo sorpresero a mentire sul suo cursus honorum così come a copiare i discorsi di altri politici sin nei dettagli più personali.

 

Un video, riaffiorato di recente, mette in fila questa lunga storia patetica con immagini di archivio, e con le reazioni stranite di giornalisti ed elettori, che arrivano a definire le sue azioni come «stupide» e «immorali».

 

(I sottotitoli sono di Renovatio 21)

 

In pubblico, durante la campagna elettorale del 1988, disse che si era classificato nella metà più alta della sua classe, che era stato nominato studente di eccellenza del Dipartimento di Scienze Politiche, e che aveva tre degree, cioè tre lauree. Niente di tutto questo era vero

Biden ha conseguito un dottorato in giurisprudenza presso il Syracuse University College of Law, classificandosi  76° nella sua classe di 85. In pubblico, durante la campagna elettorale del 1988, disse che si era classificato nella metà più alta della sua classe, che era stato nominato studente di eccellenza del Dipartimento di Scienze Politiche, e che aveva tre degree, cioè tre lauree.

 

Niente di tutto questo era vero: si era classificato in fondo alla classe, non aveva mai ottenuto titoli di eccellenza, e non ha conseguito tre lauree.

 

Per aggiungere ancora più sale alla ferita, si scoprì che aveva copiato un articolo per un paper che aveva scritto al primo anno della Law School.

 

Lanciata la sua candidatura a Presidente USA 1988, si arrivò al momento imbarazzante in cui il mondo intero si accorse che un suo discorso pubblico era uguale parola per parola a quello del leader del Partito Laburista britannico Neil Kinnock.

 

Il mondo intero si accorse che un suo discorso pubblico era uguale parola per parola a quello del leader del Partito Laburista britannico Neil Kinnock, plagio che copiava addirittura gli argomenti personali

Il plagio di Biden riguardava addirittura argomenti personali, come la storia per cui la moglie era stata la prima donna della famiglia ad andare all’università e i suoi antenati emergevano dalle miniere di carbone per giocare a football. Il Copia/incolla di Biden era tale che in questo caso si manteneva la stessa parola – football – ma con significato diverso da quello inteso da Kinnock (calcio), visto che il football in America è tutt’altro sport.

 

Quando i giornali si accorsero dell’incredibile plagio, si misero a spulciare, così saltarono fuori altri casi incresciosissimi, con discorsi che – sempre parola per parola – erano identici a quelli di Robert Kennedy, John F. Kennedy, Hubert Humphrey, senza mai citare la fonte.

 

Messo alle strette – di tutti i discorsi e le dichiarazioni mendaci c’erano videoregistrazioni – Biden ammise tutto. Le scuse furono peggio del previsto, quando disse che trovava ridicola l’idea di dover citare qualcuno sempre, e che il discorso videoregistrato era l’unico in cui non aveva menzionato Kinnock.  Emersi gli altri plagi, fu travolto e dovette ritirarsi.

 

Annunciò il suo ritiro dalla campagna presidenziale il 23 settembre 1987. Per l’opinione pubblica, come si evince dal video, era divenuto una sorta di zimbello. E non solo negli USA.

I suoi discorsi – sempre parola per parola – erano identici a quelli di Robert Kennedy, John F. Kennedy, Hubert Humphrey, senza mai citare la fonte

 

Basterebbe rileggere l’articolo che gli dedicò a quel tempo La Repubblica (sì, La Repubblica), intitolato «Casa Bianca, si ritira Biden, il candidato copione».

 

«L’ abbandono della corsa alla Casa Bianca, suggerito da amici e collaboratori, è stato motivato dallo stesso Biden che ha ammesso di aver rubato slogan elettorali di altri esponenti politici usandoli nei suoi comizi, e copiato elaborati universitari fin da quando era matricola per figurare meglio negli studi» scriveva il quotidiano romano che ora lo esalta.

 

«Il giovane Biden si rese colpevole di scopiazzature in una tesina, implorando poi disperatamente il perdono da parte dei professori una volta scoperto. Giorni fa è stato accusato di evidenti plagi dai discorsi di John e Bob Kennedy, e del leader laburista inglese Neil Kinnock, senza mai citare le fonti»

L’articolo che gli dedicò a quel tempo La Repubblica era intitolato «Casa Bianca, si ritira Biden, il candidato copione»

 

« La sua corsa alla nomination era stata considerata ormai compromessa dopo le rivelazioni dei giorni scorsi, da parte dei maggiori osservatori».

 

Mezzo mondo, insomma, ha perso la memoria rispetto a Joe Biden. O forse è meglio di re che mezzo mondo sta ora mentendo esattamente come mente Biden.

 

Ora, alla luce anche di questo, ci chiediamo: com’è possibile che quest’uomo – definito all’epoca da una intervistata nel video «pupazzo di un ventriloquo» – sia il presidente più votato della storia americana?

 

Mezzo mondo, insomma, ha perso la memoria rispetto a Joe Biden. O forse è meglio di re che mezzo mondo sta ora mentendo esattamente come mente Biden

Come è possibile che per la sua inaugurazione questo popolarissimo presidente abbia dovuto piazzare a Washington, facendoli dormire sul pavimento, 25 mila soldati, più di quanti ve ne siano in Iraq e in Afghanistan combinati?

 

Com’è possibile che ogni suo video pubblicato su YouTube sia subissato da pollici versi che fioccano in multipli rispetto ai «mi piace»?

 

Una risposta la dà un giornalista al termine del filmato che vi proponiamo: in tanti dicevano anche allora che Joe Biden è solo una superficie e niente altro.

 

Com’è possibile che quest’uomo – definito all’epoca da una intervistata nel video «pupazzo di un ventriloquo» – sia il presidente più votato della storia americana?

Sotto la superficie, certo, qualcuno ci sarà. Qualcuno lo ha tenuto a Washington, sia pur con i voti del microbico Delaware, Stato che ha più o meno gli abitanti della provincia di Padova ed è considerato da molti come un paradiso fiscale dove hanno sede legale tutte le grandi aziende, dalle carte di credito alla Silicon Valley.

 

Qualcuno – o qualcosa – lo ha preparato per questo viaggio nella stanza dei bottoni, alla quale Biden arriva in età avanzatissima, secondo alcuni con anche qualche avvisaglia di demenza senile.

 

Cose c’è quindi, dietro la superficie-Biden?

 

Una risposta la dà un giornalista: in tanti dicevano anche allora che Joe Biden è solo una superficie e niente altro

Tra una menzogna sarà possibile capirlo? Probabile, e qualche spiffero già lo sentiamo. Si è visto che le stupide bugie di Biden hanno le gambe davvero cortissime.

 

 

 

 

 

 

 

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Politica

Sondaggio rivela: francesi contrari ai discorsi di Macron sulla NATO in Ucraina

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La maggior parte dei francesi ritiene che la posizione sempre più aggressiva del presidente Emmanuel Macron nei confronti della Russia sia pericolosa e non farà altro che aumentare le tensioni con Mosca, secondo un nuovo sondaggio.

 

Macron ha «sbagliato» ad «alzare la voce contro la Russia» con le recenti osservazioni sullo schieramento di truppe in Ucraina e sugli appelli a fornire maggiore sostegno a Kiev, secondo il 57% degli intervistati in un sondaggio dell’emittente francese BFMTV.

 

Macron ha scatenato una dura reazione a febbraio dopo aver suggerito che il blocco militare guidato dagli Stati Uniti «non può escludere» la possibilità di inviare soldati per aiutare l’Ucraina nel suo conflitto con la Federazione Russa.

 

Diversi Stati membri della NATO hanno rapidamente ripudiato le osservazioni di Macron, affermando che non avrebbero messo piede sul terreno in Ucraina. Macron, tuttavia, in seguito ha ribadito la sua dichiarazione originale, sostenendo che le sue parole erano «soppesate, ponderate e misurate».

 

Secondo un sondaggio condotto su 1.005 residenti francesi di età pari o superiore a 18 anni tra il 12 e il 13 marzo, la maggioranza dei cittadini francesi ritiene che le osservazioni di Macron non solo aumentino la tensione tra Francia e Russia, ma isolino anche la Francia dai suoi alleati occidentali.

 

Dall’indagine emerge inoltre che la maggior parte dei francesi (54%) crede che Parigi debba continuare ad aiutare l’Ucraina, ma non dovrebbe essere «coinvolta troppo» nel conflitto né rischiare uno scontro diretto con la Russia, «anche se ciò significa una sconfitta per l’Ucraina».

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Circa il 21% degli intervistati ritiene che l’Ucraina dovrebbe essere lasciata a combattere le proprie battaglie da sola, senza aiuti esterni.

 

L’opinione pubblica francese è divisa anche sulla questione del patto di sicurezza che Macron ha firmato il mese scorso con il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, suggerisce il sondaggio. L’accordo prevede che la Francia fornisca aiuti militari a Kiev per un ammontare di 3 miliardi di euro nel 2024.

 

Poco più della metà degli intervistati è contraria a un pacchetto di aiuti, mentre il 49% è favorevole. L’approvazione per l’invio degli aiuti era fortemente correlata alle condizioni finanziarie degli intervistati, con il 62% di approvazione tra i più ricchi e solo il 34% tra i più poveri.

 

Come riportato da Renovatio 21, Macron dopo aver parlato di truppe NATO in Ucraina ha bizzarramente immaginato un cessate il fuoco per la prossima estate in occasione delle Olimpiadi di Parigi.

 

Il presidente francese, in difficoltà in patria anche per speciose voci sulla sua vita privata, ha anche dichiarato che «Trump difficilmente vincerà le elezioni».

 

Macron ha incredibilmente accelerato riguardo a temi etici con manovre anticristiane ed antiumane come il rilancio dell’eutanasia e la costituzionalizzazione dell’aborto. Il motivo di questa frenesia è ipotizzabile su di un piano metafisico, preternaturale.

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Politica

Il primo ministro omosessuale irlandese Leo Varadkar annuncia le dimissioni

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Il primo ministro irlandese omosessuale Leo Varadkar, ha annunciato oggi le sue dimissioni dalla carica e da capo del partito Fine Gael.   Mentre i media irlandesi avevano previsto l’annuncio mercoledì mattina presto, il Varadkar ha annunciato durante una conferenza stampa di mezzogiorno non pianificata che si sarebbe dimesso immediatamente dalla carica di capo del partito Fine Gael.   Le sue dimissioni da Taoiseach (parola gaelica con cui si definisce il premier di Dublino) avranno effetto ad aprile, dopo Pasqua, quando i membri del partito eleggeranno un nuovo leader.

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Varadkar, un gay dichiarato di origine indiana (il padre è di Bombay), ha affermato che le sue ragioni «sono personali e politiche, ma soprattutto politiche», minimizzando la «speculazione» su altre cause dell’annuncio, aggiungendo che «i politici sono esseri umani. Abbiamo i nostri limiti. Diamo tutto finché non ce la facciamo più e poi dobbiamo andare avanti».   L’annuncio arriva meno di due settimane dopo che gli elettori irlandesi hanno respinto in maniera schiacciante la proposta di emendamento del governo alla costituzione della nazione che avrebbe ridefinito il matrimonio, la maternità e la famiglia.   L’8 marzo, gli elettori hanno respinto con una maggioranza del 67,7% il referendum sulla Famiglia, che proponeva di ampliare la definizione di famiglia per includere le relazioni extraconiugali «durevoli», e il referendum sulla Cura, che proponeva di riscrivere parte della Costituzione nazionale in termini neutrali rispetto al genere. lingua, del 73,9%.   Il doppio smacco è stato visto come un colpo inaspettato e devastante per il governo, e in seguito sono stati lanciati appelli al governo affinché «smettesse di fare giochi ideologici». Il senatore indipendente Rónán Mullen ha rimproverato il governo per aver dirottato «l’apparato e le risorse dello Stato per portare avanti la propria agenda ideologica».   Il Varadkar non ha fatto menzione del referendum nella sua dichiarazione di ieri. Al contrario, ha proprio elogiato il suo lavoro nel promuovere l’ideologia LGBT e l’aborto: «Sono orgoglioso di aver reso il Paese un luogo più equo e moderno per quanto riguarda i diritti dei bambini, della comunità LGBT, dell’uguaglianza per le donne e della loro autonomia corporea» ha dichiarato il politico omosessuale di origine indiana. «Più recentemente, abbiamo guidato il Paese attraverso una crisi dell’inflazione e del costo della vita, la peggiore delle quali è ormai alle nostre spalle».   Come riportato da Renovatio 21, non paghi delle batoste ricevute, i politici irlandesi hanno iniziato per l’Irlanda la marcia verso l’eutanasia di Stato.   Varadkar è stato Taoiseach dal giugno 2017 al 2020, poi di nuovo dal dicembre 2022. Insieme al partito Fianna Fáil, il Fine Gael forma l’attuale governo di coalizione nel paese. Il leader del Fianna Fáil, Taianiste Micheál Martin, ha condiviso il ruolo di Taoiseach con Varadkar da quando è stato formato il governo di coalizione nel giugno 2020.   Il Varadkar, il più giovane Taoiseach dopo la sua elezione nel 2017, ha fatto scalpore per la sua retorica anticattolica (in un Paese un tempo considerato bastione del cattolicesimo romano), la sua promozione dell’ideologia LGBT e dell’aborto e per aver gettato le basi per una legge draconiana sull’incitamento all’odio del Paese.

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Sotto il mandato di Varadkar e in seguito alla sua attiva campagna, l’Irlanda, un tempo prevalentemente cattolica, ha fatto la storia quando gli elettori hanno abrogato l’ottavo emendamento, che prevedeva il diritto costituzionale alla vita per i nascituri. L’Irlanda ora ha una delle leggi sull’aborto più permissive al mondo, poiché l’aborto è legale per qualsiasi motivo fino a 12 settimane. Dopodiché è legale fino alla «vitalità» se esiste il rischio di un grave danno per la madre, una disposizione che rappresenta la maggior parte degli aborti nella vicina Inghilterra, scrive LifeSiteNews.   L’aborto fino alla nascita è consentito anche in «emergenza» o se si ritiene che il bambino muoia 28 giorni dopo la nascita.   Già nel maggio 2015, un referendum aveva inaugurato la legalizzazione del «matrimonio» omosessuale nel Paese, con un voto schiacciante del 62-38%. I sostenitori della misura furono sostenuti dagli attivisti LGBT americani e dai loro potenti finanziatori, ma Varadkar giocò un ruolo chiave nella mossa, annunciando la sua vita omosessuale nel gennaio di quell’anno per condurre una campagna più efficace.   Le dimissioni di Varadkar non porteranno alle elezioni nazionali, anche se un voto si terrà l’anno prossimo.   Peadar Tóibín, leader del partito irlandese pro-vita Aontú, recentemente costituito, ha chiesto un’elezione alla luce delle dimissioni di Varadkar, che sono state accolte con favore dai cattolici e dagli attivisti irlandesi pro-vita, con la testata Catholic Arena che ad evidenziare i risultati di Varadkar sulle questioni sociali.   «Leo Varadkar è stato eletto come candidato pro-vita e non solo ha supervisionato la legalizzazione dell’aborto, ma la completa distruzione del nostro tessuto sociale, al punto da vedere Dublino sprofondare in rivolte e anarchia lo scorso novembre», ha detto Catholic Arena a LifeSiteNews.

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«Varadkar ha lasciato che la sua carriera politica portasse a un calo dei tassi di natalità, a un calo dei matrimoni e a un aumento del sentimento anticristiano. Il suo mandato è stato recentemente giudicato con il rifiuto degli emendamenti anti-donna e anti-famiglia proposti nei recenti referendum. Si spera che l’Irlanda possa ora iniziare un processo di guarigione dopo anni in cui è stata condotta nella direzione sbagliata, anche se molti ritengono che il danno fatto potrebbe non essere mai riparato».   Il giornalista Dr. Eoin Lenihan ha commentato che Varadkar «lascia nell’infamia, la sua agenda globalista completamente respinta dal popolo irlandese».   Come riportato da Renovatio 21, il governo di Dublino è sotto pressione anche per la questione dell’immigrazione, con una rivolta di popolo che ha incendiato la capitale quattro mesi fa quando un nordafricano aveva accoltellato per strada una donna e dei bambini.   Il campione internazionale di arti marziali miste Conor McGregor aveva protestato pubblicamente, ottenendone in cambio dalle autorità un’indagine per hate speech. Alcuni hanno speculato che lo stesso campione di MMA possa voler correre per la carica di prossimo Taoiseach.

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Valanga elettorale per Putin

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Si prevede che il presidente in carica Vladimir Putin vincerà le elezioni presidenziali di quest’anno, con oltre l’87% dei voti, ha riferito la Commissione elettorale centrale russa (CEC).

 

Secondo la CEC, alle 3 di notte, ora di Mosca, è stato conteggiato più del 94% dei voti e Putin è in testa alla corsa con circa l’87,3%.

 

Al secondo posto dovrebbe arrivare il suo avversario del Partito Comunista russo, Nikolaj Kharitonov, con il 4,3%, seguito da Vladislav Davankov del partito Nuovo Popolo (3,9%) e Leonid Slutsky dei Liberal Democratici (3,2%).

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Gli exit poll precedenti avevano mostrato tendenze simili, con il capo dello Stato che avrebbe vinto le elezioni con l’87,8%. Il sondaggio di uscita è stato condotto tra 466.324 elettori nei seggi elettorali di tutto il Paese.

 

Secondo i dati della CEC, le elezioni di quest’anno hanno registrato un’affluenza alle urne storicamente elevata, che ha superato il 74%.

 

In diverse regioni russe il trattamento delle schede elettorali è già terminato. Putin ha ottenuto il 94,12% dei voti nella Repubblica popolare di Lugansk (LPR) e oltre il 95% nella Repubblica popolare di Donetsk (DPR), due delle nuove regioni della Russia dove i cittadini votano per la prima volta, riporta RT.

 

Anche i risultati delle Repubbliche di Tyva, Khakassia e Yakutia, delle regioni di Zaporiggia, Kherson e Khabarovsk e della Regione autonoma di Chukotka mostrano che il presidente in carica guida i quattro candidati, con circa il 90% dei voti.

 

Le elezioni si sono svolte nel clima di tensione della guerra in corso.

 

Le commissioni elettorali russe nella regione di Kherson e nella regione di Zaporiggia hanno segnalato diversi attacchi ucraini ai seggi elettorali aperti per il voto presidenziale in corso.

 

Sabato mattina, le forze ucraine hanno lanciato un ordigno esplosivo da un drone, prendendo di mira un seggio elettorale a Blagoveshchenka, un villaggio nella regione di Zaporiggia, ha detto all’agenzia stampa russa TASS una funzionaria elettorale locale, Natalja Rjabenkaja, la quale ha affermato che si trattava di «qualche ordigno al fosforo», citando il personale militare russo arrivato sulla scena. L’attacco non ha causato vittime né danni materiali.

 

Venerdì la commissione elettorale della regione di Kherson ha dichiarato che le forze ucraine hanno bombardato gli edifici nella città di Kakhovka e nel villaggio di Brilevka, dove un numero imprecisato di persone è rimasto ferito.

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Pochi minuti dopo, i funzionari hanno riferito che un ordigno esplosivo improvvisato era stato fatto esplodere in un bidone della spazzatura fuori da un seggio elettorale nella città di Skadovsk, senza che l’incidente avesse provocato vittime. Secondo le autorità locali, sabato, secondo giorno delle votazioni, l’affluenza alle urne nella regione di Kherson ha raggiunto il 77%. Oltre il 72% degli aventi diritto ha votato nella regione di Zaporozhye. Le due regioni ex ucraine si sono unite alla Russia alla fine del 2022 a seguito di referendum, insieme alle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk.

 

Secondo quanto riportato dai media locali che cita il Ministero della Sicurezza Territoriale della regione, un’esplosione sarebbe stata prodotta in un seggio elettorale nella città di Perm, nella Russia centrale.

 

L’esplosione sarebbe avvenuta nella tarda domenica di domenica, l’ultimo giorno dei tre giorni di votazioni presidenziali nazionali in Russia. A provocarlo sarebbe stato un grosso petardo fatto esplodere da una donna di 64 anni nel bagno del seggio elettorale.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

 

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