Economia
Putin: l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai accelera la de-dollarizzazione

I membri della Shanghai Cooperation Organization (SCO) stanno incrementando i pagamenti in valute nazionali, ha dichiarato la settimana scorsa il presidente russo Vladimir Putin al vertice della SCO ad Astana, in Kazakistan.
Fondata nel 2001, la SCO è un blocco economico e di sicurezza che copre la maggior parte dell’Eurasia e rappresenta oltre il 20% del PIL globale. L’organizzazione comprende India, Iran, Kazakistan, Cina, Kirghizistan, Russia, Pakistan, Tagikistan, Uzbekistan e ora Bielorussia.
Attualmente, 14 paesi, tra cui l’Egitto come unico stato africano, hanno lo status di partner di dialogo della SCO, che consente loro di partecipare agli eventi specializzati dell’organizzazione su invito dei suoi membri.
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Intervenendo alla riunione del Consiglio dei Capi di Stato, Putin ha sottolineato che i membri della SCO hanno incrementato l’uso delle valute nazionali negli accordi reciproci.
«Ad esempio, la loro quota nelle transazioni commerciali della Russia con i membri dell’organizzazione ha già superato il 92% nei primi quattro mesi di quest’anno», ha affermato il presidente.
La tendenza globale a utilizzare valute nazionali negli scambi commerciali al posto del dollaro statunitense ha acquisito notevole slancio dopo che la Russia è stata tagliata fuori dal sistema finanziario occidentale e le sue riserve estere sono state congelate nel 2022.
Putin ha inoltre ribadito la proposta della Russia di creare un meccanismo indipendente per la regolazione dei pagamenti all’interno della SCO, aggiungendo che gli incontri tra i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali contribuiscono a rafforzare i legami commerciali e di investimento all’interno dell’organizzazione.
All’inizio di quest’anno, il capo della banca centrale russa, Elvira Nabiullina, ha osservato che un numero sempre maggiore di paesi nutriva dubbi sul sistema SWIFT occidentale, dopo che molte banche russe erano state tagliate fuori dal sistema di messaggistica finanziaria con sede in Belgio in seguito all’inizio del conflitto in Ucraina nel 2022.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato l’Asian Clearing Union (ACU) – un gruppo di nove banche centrali tra cui quelle di India, Pakistan e Iran – ha deciso di lanciare a giugno un nuovo sistema di messaggistica finanziaria transfrontaliera, in alternativa allo SWIFT.
Ad Astana Putin ha anche dichiarato alla stampa di non conoscere i dettagli del piano di pace di Trump ma di essere interessato.
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Come riportato da Renovatio 21, già quattro mesi c’erano segni di un accordo bancario separato fuori dallo SWIFT tra Iran e Russia.
Nel primo 2022, l’esclusione della Russia dal sistema interbancario SWIFT era ritenuta un anno una «bomba atomica finanziaria» talmente distruttiva che difficilmente sarebbe stata impiegata contro Mosca. Tuttavia poco dopo ciò si è realizzato: ad esempio, è stata esclusa dallo SWIFT della più grande banca russa è divenuta realtà.
Tuttavia, le azioni di guerra economica contro il Cremlino non sembrano aver sortito l’effetto voluto: come ha sottolineato subito il consigliere presidenziale russo Maxim Oreshkin, ora «la Russia non è più ostaggio del sistema finanziario occidentale».
Il decoupling tra Mosca e l’Occidente ha fatto sì che ora molti altri Paesi (Algeria, Arabia Saudita, Argentina, etc.) si stiano orientando ad entrare nel gruppo BRICS, che prepara valute alternative al dollaro per il commercio internazionale.
India e Russia hanno lavorato su un meccanismo di scambio commerciale rupia-rublo. Anche lo Sri Lanka quattro mesi fa si è detto pronto ad aderire ad un sistema russo di pagamenti.
Procede quindi il processo di de-dollarizzazione innescatosi con le sanzioni anti-russe. Lo stesso Putin la scorsa estate aveva definito il fenomeno come «irreversibile».
Come riportato da Renovatio 21, il presidente russo pochi mesi fa aveva dichiarato che è l’Occidente stesso a distruggere il proprio sistema finanziario.
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Alimentazione
Gli USA chiedono uova all’UE

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Economia
Trump è peggio del COVID: lo dice il vicepresidente BCE

Washington sotto la presidenza di Donald Trump ha creato più «incertezza» della pandemia di COVID-19, ha affermato Luis de Guindos, vicepresidente della Banca Centrale Europea (BCE).
L’eurofunzionario ha rilasciato queste dichiarazioni in un’intervista al Sunday Times, durante la quale ha deplorato l’uso delle tariffe da parte di Trump, nonché i piani per riformare le imposte sulle società e deregolamentare il sistema finanziario. Le azioni della nuova amministrazione statunitense hanno causato volatilità a breve termine nei mercati, rendendo al contempo difficili da prevedere le aspettative di inflazione e i tassi di interesse, ha affermato.
«Dobbiamo considerare l’incertezza del contesto attuale, che è persino maggiore di quella durante la pandemia», ha affermato il vicepresidente BCE.
«Quello che stiamo vedendo è che la nuova amministrazione statunitense non è molto aperta a continuare con il multilateralismo, che riguarda la cooperazione tra giurisdizioni e la ricerca di soluzioni comuni per problemi comuni. Questo è un cambiamento molto importante e una grande fonte di incertezza», ha aggiunto.
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Le preoccupazioni su cosa Trump potrebbe fare in seguito hanno danneggiato anche la fiducia dei consumatori, ritiene de Guindos, notando che l’atteso aumento degli investimenti aziendali e dei consumi delle famiglie non è arrivato. Ha attribuito il declino delle proiezioni di crescita dell’Eurozona alle azioni della nuova amministrazione statunitense.
«I salari reali sono aumentati, l’inflazione sta diminuendo, i tassi di interesse stanno scendendo e le condizioni di finanziamento sono migliori. Ma la realtà è che i consumi non stanno riprendendo», ha detto.
«Questo perché i consumatori non sempre reagiscono agli sviluppi del loro reddito disponibile reale a breve termine. Considerano anche cosa potrebbe accadere all’economia nel medio termine, che è offuscata dall’incertezza. La possibilità di una guerra commerciale o di un conflitto geopolitico più ampio ha un impatto sulla fiducia dei consumatori», ha aggiunto il funzionario, descrivendo le guerre commerciali come una «situazione in cui perdono tutti».
L’aumento tariffario del 25% di Trump sulle forniture di acciaio e alluminio dall’UE è entrato in vigore la scorsa settimana dopo la scadenza delle precedenti esenzioni ed esclusioni. Bruxelles ha già promesso di reagire, promettendo quelle che ha definito contromisure «rapide e proporzionate».
La Commissione europea ha condannato i dazi dirompenti e «ingiustificati» di Trump, promettendo di imporre contro-dazi su beni statunitensi per un valore di 26 miliardi di euro a partire da aprile. «I dazi sono tasse, sono cattivi», ha affermato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen quando ha annunciato le misure di ritorsione.
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Immagine di World Economic Forum via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Economia
L’oro raggiunge il massimo storico

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