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Economia

Bitcoin sotto pressione per i rimborsi del banco Mt. Gox

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Il prezzo del Bitcoin potrebbe essere influenzato dai prossimi rimborsi alle migliaia di vittime della «rapina» del 2014 al sito di cambio valuta virtuale Mt. Gox, ormai non più attivo. Lo hanno dichiarato esperti citati dal canale televisivo di notizie economiche statunitense CNBC.

 

Il Bitcoin, la più grande criptovaluta al mondo, è crollata la scorsa settimana sotto i 60.000 dollari, segnando il secondo peggior calo settimanale dell’anno.

 

Lunedì, l’exchange Mt. Gox in bancarotta, con sede a Tokyo, ha annunciato che inizierà a distribuire i beni rubati nella prima settimana di luglio. Si prevede che restituirà più di 140.000 Bitcoin per un valore di quasi 9 miliardi di dollari.

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Secondo il curatore nominato dal tribunale che supervisiona la procedura fallimentare dell’exchange, i pagamenti ai circa 20.000 creditori dell’azienda avverranno in un mix di bitcoin e bitcoin cash.

 

L’anno scorso i fiduciari hanno elaborato un piano di rimborso e hanno ricevuto da un tribunale di Tokyo la scadenza per ottobre 2024.

 

Un tempo il principale exchange di criptovalute al mondo, che gestiva oltre il 70% di tutte le transazioni Bitcoin nei suoi primi anni, Mt. Gox ha chiuso i battenti andando in bancarotta nel febbraio 2014 dopo aver subito il più grande furto di criptovalute mai registrato.

 

Centinaia di migliaia di bitcoin sono stati rubati dall’exchange, che ha dato la colpa agli hacker che avevano approfittato di una falla nella sicurezza del software.

 

Gli analisti prevedono che i prossimi rimborsi di Mt. Gox aumenteranno la pressione di vendita sui mercati Bitcoin, poiché i primi investitori riceveranno gli asset a un prezzo molto più alto rispetto a quando li hanno acquistati, il che renderà alcuni inclini a trarre profitto da alcune delle loro partecipazioni.

 

«Molti chiaramente incasseranno e si godranno il fatto che avere i propri asset bloccati nel fallimento di Mt. Gox sia stato il miglior investimento che abbiano mai fatto», ha affermato John Glover, responsabile degli investimenti della società di prestiti in criptovalute Ledn. «Alcuni chiaramente sceglieranno di prendere i soldi e scappare».

 

Altri esperti tuttavia ritengono che ci sia abbastanza liquidità di mercato per attutire il colpo di qualsiasi possibile vendita di massa. Le perdite saranno probabilmente contenute e di breve durata, hanno detto gli analisti alla testata.

 

«Penso che le preoccupazioni di svendita relative a Mt. Gox saranno probabilmente a breve termine», ha detto a CNBC Lennix Lai, direttore commerciale dell’exchange di criptovalute OKX, notando che «molti dei primi utenti di Mt. Gox, così come i creditori, sono appassionati di Bitcoin a lungo termine che hanno meno probabilità di vendere immediatamente tutti i loro Bitcoin».

 

Bitcoin ha goduto di un rally importante all’inizio di quest’anno, salendo di oltre 70.000 dollari dopo l’approvazione da parte della Securities and Exchange Commission statunitense del primo spot Bitcoin ETF. L’ultimo dimezzamento di Bitcoin, un meccanismo per limitare l’offerta che avviene ogni quattro anni, ad aprile ha anche spinto il prezzo della criptovaluta.

 

Venerdì il Bitcoin era in ribasso di circa il 5%, a 54.165,70 dollari a token. L’anno scorso alcune previsioni sostenevano che la criptovaluta, che nel 2023 aveva visto una crescita del 160& (da 16.500 dollari di inizio anno ai 44.200 di dicembre), nel 2024 avrebbe potuto raggiungere i 100 mila dollari.

 

Come riportato da Renovatio 21, quattro mesi fa mentre il Bitcoin raggiungeva i massimi storici sfondando la soglia dei 70 mila dollari, era emerso che un misterioso investitore stava accumulando da mesi miliardi in criptovaluta.

 

Come noto, l’imprenditore americano John McAfee, inventore del celebre antivirus divenuto sostenitore accanito dei Bitcoin, era arrivato a dire che si sarebbe mangiato i testicoli in diretta TV se il Bitcoin non fosse arrivato a valere un milione. McAfee, ricordiamo, fu trovato impiccato in galera in Catologna in circostanze che non convincono alcuni.

 

Come riportato da Renovatio 21un aumento del prezzo del Bitcoin si era visto a inizio 2023 quando i sistemi dell’aviazione di vari Paesi (Filippine, Canada, poi USA, con qualche strascico in Germania) avevano improvvisamente smesso di funzionare. In nessun caso le autorità parlarono di attacco hacker, e negli Stati Uniti, quando l’intero traffico aereo fu paralizzato, venne data la colpa ad un «errore umano». In quel caso, il prezzo del Bitcoin passò da circa 17.000 dollari a più di 22.000 nel giro di pochi giorni, con un aumento di 31,97%, percentuale praticamente equipollente a quella summenzionata. Ma si tratta, ovviamente, di nostre speculazioni.

 

Il mese scorso il fondatore di Binance Changpeng Zhao – noto come CZ – ha iniziato a scontare una pena detentiva di quattro mesi in California a seguito del suo accordo con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.

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Come riportato da Renovatio 21, CZ sette mesi fa si era dimesso da Binance e dichiarato colpevole rispetto ad accuse penali e civili in un accordo negoziato con la giustizia americana.

 

Come riportato da Renovatio 21, Binance ad inizio anno aveva subito un significativo deflusso di fondi. In seguito, l’organo di controllo sulla Borsa di Wall Street (la nota SEC) aveva chiesto ad un tribunale federale di emettere un ordine restrittivo per congelare le attività statunitensi di Binance. Il banco, cinque mesi fa, è stato vietato in Nigeria. Un anno fa era andato in bancarotta anche il banco di criptovalute BlockFi.

 

Da un anno si registra un crollo gli investimenti sulle società basate sulle crypto, mentre un’altra grande società di criptovalute, Coinbase, ha minacciato di lasciare gli USA.

 

Come ripetuto da Renovatio 21, il continuo caos attorno ai Bitcoin – con crackarresti e pure con qualche morto – pare avere questo fine: l’introduzione definitiva della moneta virtuale da Banca Centrale (CBDC), cioè il bitcoin di Stato, che non tollererà come concorrente né il contante né le criptovalute, e che renderà obsolete ed inutili le banche: ogni transazione, ogni danaro del sistema apparterrà ad una piattaforma di Stato (o, nel caso dell’euro digitale, Super-Stato) che verrà usata anche per controllarvi, sorvegliando ed impedendo i vostri acquisti nelle modalità previste dal danaro programmabile (limitazioni di tempo, spazio, qualità dell’oggetto acquistato, etc.).

 

Un segno concreto al settore è stato comunque dato dal candidato presidenziale Donald J. Trump che alla convention del partito Libertarian ha promesso di graziare Ross Ulbricht, a suo modo considerabile pioniere dei bitcoin in quanto creatore della piattaforma Dark Web di scambio di sostanze illegali Silk Road.

 

Nello stesso discorso il Trump ha promesso di giammai istituire una CBDC.

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Economia

Il conflitto tra Israele e Iran potrebbe interrompere le catene di approvvigionamento del commercio globale

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L’associazione tedesca per il commercio estero (BGA) ha messo in guardia dalle conseguenze di vasta portata dell’ultima escalation tra Israele e Iran per l’economia globale.   «Possiamo già vedere gli effetti del conflitto sul prezzo del petrolio, che sta aumentando», ha dichiarato il responsabile del commercio estero Dirk Jandura ai quotidiani di Funke Mediengruppe il 14 giugno.   La BGA sottolineato che gran parte delle forniture di petrolio passa attraverso lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale viene trasportato circa un quinto della produzione mondiale di petrolio.

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Se l’Iran volesse aumentare la pressione sulla comunità internazionale, potrebbe bloccarla, ha avvertito lo Jandura. A suo avviso, ciò avrebbe un «impatto immediato sulle nazioni industrializzate occidentali» e gli effetti sulla regione potrebbero avere gravi conseguenze anche per l’intera economia globale, in particolare per la Germania in quanto nazione esportatrice.   Un blocco dello Stretto di Hormuz colpirebbe gravemente anche la Cina, cui gli iraniani vendono una cifra vicina ai 3/4 del petrolio estratto nella Repubblica Islamica. Una crisi energetica cinese porterebbe ad un aumento verticale dei prezzi della manifattura cinese, divenuta con la globalizzazione il cardine del Nuovo Ordine instauratosi nell’ultimo quarto di secolo.   La somma della crisi energetica ucraina sommata ad una nuova crisi energetica iraniana potrebbe portare ad una paralisi totale dell’economia mondiale. E quindi, ancora instabilità, violenza, guerra, morte.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Economia

L’Austria chiede la revisione del divieto europeo sul gas russo

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L’UE dovrebbe tenere sul tavolo l’opzione di riprendere le importazioni di gas russo una volta raggiunto un accordo di pace tra Mosca e Kiev, ha dichiarato martedì il ministero dell’energia austriaco al Financial Times.

 

La proposta austriaca, precedentemente avanzata da Ungheria e Slovacchia, giunge mentre la Commissione europea si prepara ad aggirare i veti degli stati membri con un disegno di legge commerciale che vieterebbe qualsiasi nuovo accordo sul gas con la Russia e porrebbe fine agli accordi attuali entro due anni, indipendentemente dall’esito dei colloqui di pace.

 

Bruxelles «deve mantenere la possibilità di rivalutare la situazione» dopo la risoluzione del conflitto in Ucraina, ha dichiarato il ministero austriaco al giornale.

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Secondo quanto riferito a FT da diplomatici a conoscenza delle discussioni, la Segretaria di Stato austriaca per l’energia Elisabeth Zehetner avrebbe supplicato i suoi colleghi dell’UE durante un incontro tenutosi lunedì in Lussemburgo.

 

È la prima volta dall’escalation del conflitto in Ucraina nel febbraio 2022 che un Paese dell’UE diverso da Ungheria e Slovacchia ha pubblicamente manifestato la propria disponibilità a ripristinare i legami del gas con Mosca in caso di raggiungimento di un accordo di pace.

 

L’Italia, classificata dal think-tank Ember come uno dei principali importatori di gas russo nel 2024, ha anche ventilato l’opzione di riprendere le importazioni di gas una volta terminato il conflitto a porte chiuse, sostiene il giornale.

 

I funzionari di Bruxelles si oppongono fermamente a un simile passo. Un potenziale accordo di pace «non dovrebbe portarci a ricominciare a importare gas russo», ha dichiarato lunedì al Financial Times il commissario europeo per l’energia Dan Jorgensen.

 

Nel 2021 il gasdotto russo rappresentava oltre il 40% delle importazioni dell’UE, ma nel 2024 era sceso a circa l’11%. Mosca ha ridotto drasticamente le esportazioni verso l’Unione nel 2022 a seguito delle sanzioni occidentali e del sabotaggio dei gasdotti Nord Stream.

 

Nonostante ciò, i paesi dell’UE avrebbero speso 927,4 milioni di euro per il gasdotto russo solo lo scorso dicembre, mentre le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) russo ammontavano a 917 milioni di euro. Entrambe le cifre hanno raggiunto il livello più alto dall’inizio del 2023.

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Fino all’anno scorso, l’Austria, paese senza sbocco sul mare, acquistava circa l’80% del suo gas dalla Russia, quando Kiev ha interrotto le forniture tramite i gasdotti ucraini.

 

L’Ungheria e la Slovacchia si sono già opposte in passato all’imposizione di sanzioni alle importazioni di gas russo, che attualmente richiedono l’approvazione unanime di tutti gli Stati membri.

 

Anche il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha criticato la proposta di eliminare completamente il gas russo entro il 2027, definendola «una follia assoluta», avvertendo che potrebbe innescare aumenti dei prezzi dell’energia e minare seriamente la sovranità degli Stati membri dell’UE. Il premier ungherese Viktor Orban si è impegnato a bloccare l’iniziativa.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’Austria è dipendente dal gas russo all’80%. Già in passato ha definito «impossibile» rinunciare all’idrocarburo di Mosca.

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Economia

Il Vietnam diventa partner BRICS

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Il Vietnam è entrato a far parte dei BRICS come decimo paese partner, segnando un passo significativo nell’espansione del blocco, ha annunciato sabato il ministero degli Esteri brasiliano.   I BRICS sono stati fondati nel 2009 da Brasile, Russia, India e Cina, a cui si è aggiunto il Sudafrica nel 2010. Il blocco si è poi ampliato includendo Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Indonesia e Iran. I BRICS rappresentano circa il 40% del PIL globale in termini di parità di potere d’acquisto, superando il peso economico combinato del G7, secondo quanto annunciato dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.   «Con una popolazione di quasi 100 milioni di persone e un’economia dinamica profondamente integrata nelle catene del valore globali, il Vietnam si distingue come un attore rilevante in Asia», ha affermato il ministero degli Affari Esteri brasiliano.

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Il ministero ha aggiunto che Hanoi «condivide con i membri e i partner dei BRICS l’impegno per un ordine internazionale più inclusivo e rappresentativo».   Gli altri nove paesi partner del gruppo sono Bielorussia, Bolivia, Kazakistan, Cuba, Malesia, Nigeria, Tailandia, Uganda e Uzbekistan.   L’inclusione di Hanoi come Paese partner gli garantisce l’accesso a iniziative economiche chiave senza diritto di voto formale.   Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi mesi sono entrate nei brics Nigeria, Tailandia, Indonesia. Cuba ha segnalato il suo interesse. La Serbia si sta muovendo verso un referendum per l’adesione. L’Algeria si è unita alla Nuova Banca per lo Sviluppo BRICS, che già ha prestato centinaia di milioni di dollari al Bangladesh. Il Pakistan ha chiesto di entrare ancora due anni fa. La Bolivia ha partecipato a vari vertici, dai quali è stato escluso il presidente francese Emanuele Macron, che aveva chiesto se poteva esserci anche lui.   Più spinosa la richiesta di adesione turca elaborata negli scorsi mesi: la Turchia, come noto, è un Paese NATO. Forti pressioni sono state rivelate sull’Arabia Saudita per uscire dalla scena BRICS. Arrivato al potere, il presidente dell’Argentina Saverio Milei ha immediatamente fatto uscire Buenos Aires dall’alleanza. Il Messico pure ha annunciato la volontà di rimanere fuori.

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Immagine di Aerra Carnicom via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International   
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