Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Economia
USA e UE volevano escludere la Russia dal sistema interbancario SWIFT?

Secondo il quotidiano economico tedesco Handelsblatt, i governi occidentali avevano discusso di escludere la Russia dall’uso del sistema di pagamenti internazionali SWIFT come una delle sanzioni «mai viste prima» con cui minacciare la Russia nel caso questa «invadesse» l’Ucraina. Tuttavia, l’idea ora non sarebbe più sul tavolo.
La notizia data dall’Handelsblatt ha portata enorme, e ha richiamato l’attenzione di agenzie e testate internazionali, da Reuters a RT.
Sull’idea di escludere Mosca dallo SWIFT – una vera «opzione nucleare» di guerra economica che metterebbe in difficoltà russi e partner di tutto il mondo – sarebbe stata fatta una marcia indietro. Forse.
Sull’idea di escludere Mosca dallo SWIFT – una vera «opzione nucleare» di guerra economica che metterebbe in difficoltà russi e partner di tutto il mondo – sarebbe stata fatta una marcia indietro. Forse
«Escludere la Russia dal sistema Swift su tutta la linea è troppo delicato per i negoziatori. Il passo potrebbe portare a una destabilizzazione dei mercati finanziari nel breve termine e promuovere lo sviluppo di un’infrastruttura di pagamento alternativa che non sia più dominata dall’Occidente nel medio termine» scrive la testata tedesca.
Gli Stati Uniti e la Germania starebbero quindi discutendo l’applicazione di sanzioni «mirate» contro le grandi banche russe. La questione delle sanzioni, annuncia Handelsblatt, dovrebbe essere discussa quando il Segretario di Stato USA Blinken incontrerà il neocancelliere Olaf Scholz il 25 gennaio a Berlino.
Con ogni evidenza, un colpo così tremendo all’economia russa si riverserebbe anche in Germania, che dipende dalla Russia per forniture energetiche, tema fondamentale in ispecie in questo momento.
Come riportato da Renovatio 21, la Germania ha poc’anzi sfiorato un blackout del gas. Germania e Russia hanno inoltre in comune un fondamentale gasdotto appena inaugurato, il Nord Stream 2, che gli USA non vedono di buon occhio. Nel consorzio del Nord Stream 1 lavora invece, come presidente della commissione degli azionisti, l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder.
Con ogni evidenza, un colpo così tremendo all’economia russa si riverserebbe anche in Germania, che dipende dalla Russia per forniture energetiche, tema fondamentale in ispecie in questo momento
Come riporta EIR, un portavoce senza nome del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti ha negato ieri la storia di Handelsblatt, dicendo ai giornalisti che «nessuna opzione è fuori discussione. Continuiamo a consultarci a stretto contatto con le controparti europee sulle gravi conseguenze per la Russia se dovesse invadere ulteriormente l’Ucraina».
Una «fonte del governo tedesco vicina alla questione» ha detto all’agenzia Reuters di non poter confermare l’articolo di Handelsblatt, dicendo che «non è ancora deciso».
Nel gennaio 2013 in Vaticano furono fermate carte e bancomat, sospendendo di fatto tutti i servizi di pagamento, allora gestiti tramite un sistema POS di Deutsche Bank Italia che non aveva l’autorizzazione del ministero delle Finanze italiano.
Secondo una storia molto circolata in rete, si trattava della minaccia di espulsione dello Stato Pontificio dal sistema SWIFT, o della sua effettiva realizzazione. La Chiesa sarebbe quindi tagliata fuori dal sistema bancario internazionale.
Secondo una storia molto circolata in rete, nel 2013 vi sarebbe stata una minaccia di espulsione dello Stato Pontificio dal sistema SWIFT, o la sua effettiva realizzazione. Poche settimane dopo, il 1 febbraio 2013, Benedetto XVI si dimise, un gesto ancora oggi misterioso, mai spiegato in modo convincente
Poche settimane dopo, il 1 febbraio 2013, Benedetto XVI si dimise, un gesto ancora oggi misterioso, mai spiegato in modo convincente.
Nel 2017 Monsignor Luigi Negri, già arcivescovo di Ferrara, fece ad un giornale di Rimini dichiarazioni sorprendenti: «sono certo che un giorno emergeranno gravi responsabilità dentro e fuori il Vaticano. Benedetto XVI ha subito pressioni enormi».
«Non è un caso che in America, anche sulla base di ciò che è stato pubblicato da Wikileaks, alcuni gruppi di cattolici abbiano chiesto al presidente Trump di aprire una commissione d’inchiesta per indagare se l’amministrazione Obama abbia esercitato pressioni su Benedetto. Resta per ora un mistero gravissimo, ma sono certo che le responsabilità verranno fuori. Si avvicina la mia personale fine del mondo e la prima domanda che rivolgerò a San Pietro sarà proprio su questa vicenda».
Mons. Negri è scomparso da pochi giorni. È altamente probabile che abbia tenuto fede al suo impegno. Riguardo alla risposta, toccherà aspettare anche a noi.
Economia
Gli USA impongono dazi fino al 3.521% sulle importazioni di energia solare legate alla Cina

Washington ha imposto dazi fino al 3.521% sulle importazioni di energia solare dal Sud-Est asiatico, secondo le informazioni pubblicate lunedì dal dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. Gli aumenti fanno seguito alle accuse secondo cui i produttori di proprietà cinese che operano nella regione avrebbero violato le norme commerciali. Lo riporta Bloomberg.
Secondo la testata economica neoeboracena, i dazi colpiscono le importazioni da Malesia, Cambogia, Thailandia e Vietnam, Paesi che complessivamente lo scorso anno hanno fornito agli Stati Uniti apparecchiature solari per un valore di oltre 12,9 miliardi di dollari.
Note come dazi antidumping e compensativi, le misure mirano a contrastare l’impatto di quelle che il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ritiene essere pratiche di sussidi e prezzi ingiusti.
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La decisione è stata presa a seguito di una petizione presentata dall’American Alliance for Solar Manufacturing Trade Committee, che rappresenta diversi produttori statunitensi. Le aziende nazionali hanno affermato che i produttori cinesi di pannelli solari con stabilimenti nei quattro paesi del Sud-Est asiatico esportavano pannelli a prezzi inferiori ai costi di produzione e beneficiavano di sussidi ingiusti che compromettevano la competitività dei prodotti americani.
Le sanzioni variano a seconda dell’azienda e del Paese: i prodotti Jinko Solar provenienti dalla Malesia sono soggetti a dazi antidumping e compensativi combinati del 41,56%, i prodotti Trina Solar realizzati in Thailandia sono soggetti a tariffe del 375,19% e i fornitori cambogiani, che non hanno collaborato all’indagine, rischiano tasse punitive fino al 3.521%.
I critici del provvedimento, come la Solar Energy Industries Association (SEIA), sostengono che i dazi danneggerebbero i produttori di energia solare statunitensi, aumentando il costo delle celle importate, che le fabbriche americane utilizzano per assemblare i pannelli, ha osservato Reuters.
La Commissione per il commercio internazionale, un’agenzia federale statunitense indipendente e imparziale che indaga su questioni legate al commercio, voterà a giugno per determinare se l’industria nazionale ha subito danni materiali a causa delle importazioni, un passaggio necessario affinché i dazi entrino in vigore pienamente.
Dopo che circa 12 anni fa erano stati imposti dazi simili sulle importazioni di energia solare dalla Cina, le aziende cinesi hanno reagito aprendo attività in altri Paesi che non erano state interessate dai dazi, ha osservato Bloomberg.
Le nuove imposte si aggiungeranno ai dazi doganali introdotti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che hanno scosso i mercati globali. Finora, Trump ha imposto dazi del 145% sulle importazioni cinesi e ha minacciato un ulteriore possibile aumento al 245%.
La Cina ha accusato gli Stati Uniti di «bullismo», ha reagito imponendo una tassa del 125% sui prodotti statunitensi e ha promesso di «combattere fino alla fine».
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Economia
Il dollaro ai minimi storici: Trump tira dritto

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Economia
Pubblicato il memorandum sull’accordo dei minerali tra Ucraina e Stati Uniti

Il governo ucraino ha pubblicato un memorandum d’intenti per finalizzare un accordo formale che garantirebbe agli Stati Uniti l’accesso alle risorse naturali del Paese.
Da febbraio, Stati Uniti e Ucraina stanno cercando di trovare un accordo sul cosiddetto «accordo sui minerali». L’amministrazione Trump considera l’accordo un modo per recuperare i soldi spesi da Washington per sostenere Kiev nel suo conflitto con Mosca. L’Ucraina insiste sul fatto che l’assistenza statunitense sia stata fornita incondizionatamente.
Yulia Sviridenko, vice primo ministro e ministro dell’Economia dell’Ucraina, ha rivelato che il memorandum è stato firmato giovedì.
Nel documento, reso pubblico il giorno successivo, si afferma che «gli Stati Uniti d’America e l’Ucraina intendono istituire un fondo di investimento per la ricostruzione», sottolineando che Washington «ha fornito un significativo sostegno finanziario e materiale» a Kiev dal 2022.
Sia il governo statunitense che quello ucraino hanno ribadito il loro impegno a lavorare «rapidamente per completare i documenti necessari».
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Secondo il memorandum, il primo ministro ucraino Denis Shmigal visiterà Washington la prossima settimana, dove dovrebbe incontrare il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent e concludere la «discussione tecnica».
Il documento afferma che si prevede che i negoziati si concludano entro il 26 aprile e che l’accordo sarà firmato poco dopo.
Commentando la firma del memorandum, la Sviridenko ha affermato venerdì che «c’è molto da fare, ma il ritmo attuale e i progressi significativi lasciano supporre che il documento sarà molto vantaggioso per entrambi i Paesi».
Intervenendo durante una conferenza stampa alla Casa Bianca il giorno precedente, Trump ha affermato: «abbiamo un accordo sui minerali che immagino verrà firmato giovedì, giovedì prossimo, presto».
Una versione precedente dell’accordo avrebbe dovuto essere firmata all’inizio di marzo, ma è stata bruscamente ritirata dopo che il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha avuto un acceso alterco con Trump e il vicepresidente statunitense J.D. Vance durante un incontro alla Casa Bianca.
Poco dopo, il presidente Trump ha congelato temporaneamente tutti gli aiuti militari e la condivisione di informazioni di intelligence con Kiev, il che ha spinto Zelensky a segnalare la sua disponibilità a riprendere i negoziati sull’accordo sui minerali.
Secondo l’agenzia Reuters, l’ultima versione dell’accordo è notevolmente più restrittiva rispetto alle versioni precedenti.
Il mese scorso, il presidente degli Stati Uniti ha messo in guardia il leader ucraino dal «tentare di tirarsi indietro dall’accordo sulle terre rare». «Se lo fa, avrà dei problemi, grossi, grossi problemi», ha aggiunto Trump.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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