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Pandemia, petrolio, energia: analisi e scenari

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Si sente parlare decisamente poco dell’impatto che nel disastro economico del Coronavirus avrà il mutamento del mercato energetico. Senza elettricità, senza petrolio, senza spostamenti, senza luce e riscaldamento, non l’Economia si ferma, ma l’intera Civiltà. È quindi il caso di porsi qualche domanda. Qual’è la situazione della produzione energetica mondiale oggi? Quanto costerà il petrolio a breve? Quali sono le alternative? Cosa può fare l’Italia?

 

Renovatio 21 intervista a questo proposito il professor Mario Pagliaro, Chimico al CNR ISM (Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati) e docente di nuove tecnologie dell’energia al Polo Fotovoltaico della Sicilia.

 

Il professor Pagliaro guida a Palermo un Gruppo di ricerca i cui risultati sono riflessi in oltre 250 pubblicazioni scientifiche internazionali e in 22 libri, molti dei quali poi divenuti testi di riferimento nel loro settore. È fra gli scienziati maggiormente citati a livello internazionale nel campo della chimica (top 1%). Nel 2013, Silicon ha pubblicato un ampio articolo dedicato alle sue attività scientifiche e formative.

 

«Spinti dal costo divenuto bassissimo, sempre più Paesi adottano la produzione elettrica su scala industriale, cioè di centinaia o migliaia di megawatt, da turbine eoliche e moduli fotovoltaici»

Fortemente consigliata è la lettura del suo libro Helionomics, snella e approfondita opera di divulgazione sulla rivoluzione socio-economica che porterà l’energia solare in tutto il mondo.

 

 

 

Professor Pagliaro, cosa sta succedendo nel mercato mondiale dell’energia?
A parte il momento contingente con il crollo dei consumi dovuto al blocco temporaneo delle attività economiche, il mercato globale dell’energia nel corso dell’ultimo decennio (2010-2019) ha conosciuto l’impatto della prima ondata dell’adozione su grande scala delle tecnologie di produzione dell’elettricità da sole e vento, prima in alcuni Paesi europei fra cui l’Italia. Poi, su scala ancora maggiore, in Cina. E, adesso, nei Paesi in via di sviluppo economico e industriale

 

Con quale impatto, sull’industria tradizionale dell’energia?

Grande, e largamente imprevisto. Lasci solo che le citi il caso dell’industria delle turbine a gas per le centrali termoelettriche. Spinti dal costo divenuto bassissimo, sempre più Paesi adottano la produzione elettrica su scala industriale, cioè di centinaia o migliaia di megawatt, da turbine eoliche e moduli fotovoltaici. Se genero elettricità da sole e vento, non ho bisogno di bruciare il metano del gas naturale per alimentare le turbine a gas.

 

Questo ha portato il mercato annuo delle turbine a gas da quasi 72 GW (miliardi di Watt) del 2011 a 29 GW nel 2018. E noti che il consumo di energia elettrica annuo globale dal 2011 ad oggi è aumentato in modo significativo.

«Il mercato annuo delle turbine a gas da quasi 72 GW (miliardi di Watt) del 2011 a 29 GW nel 2018, nonstante l’aumento dei consumi elettrici»

 

Il petrolio ha raggiunto un prezzo negativo. Cosa significa materialmente?
Ad esempio, che tutte le raffinerie hanno cercato di comprarne il più possibile per produrre carburanti che confidano di rivendere quando i prezzi torneranno a salire. Oppure che le attività di estrazione di petrolio più costose, come quelle dalle rocce di scisto bituminoso o nelle piattaforme off-shore ad alta profondità, diventa antieconomica.

 

Durerà a lungo il prezzo della benzina così basso?

«Il prezzo dei principali carburanti usati per l’auotrazione, gasolio e benzina, è diminuito in percentuale molto inferiore a quello del petrolio»

Il prezzo dei principali carburanti usati per l’auotrazione, gasolio e benzina, è diminuito in percentuale molto inferiore a quello del petrolio. Le aziende petrolifere fronteggiano da decenni costi di estrazione sempre maggiori, mentre i Paesi più industrializzati che le ospitano sostengono con accise e tasse sui carburanti il costo dei sisteni di welfare e quello dei debiti pubblici nazionali, in costante crescita. Le due cose – disponibilità di energia pregiata a basso costo come avveniva col petrolio fino agli anni 1960, e crescita economica –  sono strettamente correlate.

 

Quanto è importante l’ENI nello scenario internazionale?

«Disponibilità di energia pregiata a basso costo come avveniva col petrolio fino agli anni 1960, e crescita economica  sono strettamente correlate»

È di gran lunga la più importante azienda italiana. L’Italia sviluppò in parte già prima della II Guerra e poi ancor più con Mattei una scuola di manager e tecnici dell’industria petrolifera e del gas naturale ai vertici mondiali.

 

Con la chiusura dell’IRI, l’Italia è uscita da pressoché tutti i settori industriali di punta delle moderne economie industriali.

 

Con la chiusura dell’IRI, l’Italia è uscita da pressoché tutti i settori industriali di punta delle moderne economie industriali»

L’Ente nazionale idrocarburi, con lo Stato ancora maggiore azionista, è invece ancora in grado di scoprire, sviluppare e mettere in produzione un formidabile giacimento di gas naturale come quello antistante l’Egitto.

 

Quale ruolo ha in questa situazione lo shale gas?

Avrebbe spazio solo se i prezzi del gas fossero alti. Ma il boom delle rinnovabili che riduce la domanda, e l’abbondanza di gas reso disponibile dai nuovi gasdotti che collegano la Germania alla Russia oppure dai nuovi giacimenti come quello egiziano suggerisce che i combustibili non convenzionali avranno futuro solo se sovvenzionati.

«L’ENI, con lo Stato ancora maggiore azionista, è ancora in grado di scoprire, sviluppare e mettere in produzione un formidabile giacimento di gas naturale come quello antistante l’Egitto»

 

Si può prefigurare un caro energetico in arrivo?
Se il prezzo dei carburanti o quello del chilowattora elettrico è rimasto ai livelli che può trovare dai distributori e in bolletta pur con il prezzo del petrolio che ha raggiunto valori negativi, direi che il caro energetico non è in arrivo.

 

Ma è una realtà odierna che determina in tutti i Paesi sviluppati la triste situazione della povertà energetica, con molte famiglie in tutta Europa ma anche in Nord e Sud America che devono rinunciare o limitare il funzionamento degli impianti di riscaldamento, gli spostamenti e i consumi elettrici.

«I combustibili non convenzionali avranno futuro solo se sovvenzionati»

 

Quale ripercussioni possono esserci per i sistemi politici? Quali ripercussioni per la vita del cittadino comune?
L’accesso a grandi quantità di energia pregiata a basso costo è la chiave dello sviluppo economico di qualsiasi Paese.

 

«L’accesso a grandi quantità di energia pregiata a basso costo è la chiave dello sviluppo economico di qualsiasi Paese»

Sole, vento ed acqua sono disponibili in tutti i Paesi in misura superiore al loro fabbisogno energetico. È questa la via per ritrovare l’accesso all’energia low cost con cui l’Italia e tutti i Paesi industrializzati costruirono il proprio boom economico. Allora, la grande classe politica italiana dell’epoca comprese che per avere l’energia a basso costo necessaria all’industria e all’agricoltura che si meccanizzata servivano due aziende pubbliche dell’energia: quella per alimentare la motorizzazione di massa e quella dell’elettricità. E nacquero ENI ed ENEL.

«Sole, vento ed acqua sono disponibili in tutti i Paesi in misura superiore al loro fabbisogno energetico»

 

Che soluzioni abbiamo per il futuro?
Con il petrolio, il gas e il carbone disponibili a basso costo nacquero ENI ed ENEL. Oggi, con il costo di turbine eoliche, celle solari e batterie al litio che ha raggiunto livelli impensabili, occorrerà fare lo stesso. Con una nuova e grande azienda di Stato delle nuove tecnologie dell’energia.

 

Solo lo Stato in Italia può sostenere il costo degli enormi investimenti richiesti nella costruzione degli stabilimenti industriali, nell’approvvigionamento del litio, e nella riconversione dell’industria dei motori per autotrazione, che diverranno rapidamente tutti elettrici.

«Solo lo Stato in Italia può sostenere il costo degli enormi investimenti richiesti nella costruzione degli stabilimenti industriali, nell’approvvigionamento del litio, e nella riconversione dell’industria dei motori per autotrazione, che diverranno rapidamente tutti elettrici»

 

È ottimista? Pessimista? Ottimista sul lungo periodo? Pessimista sul lungo periodo?
Non c’è ragione di essere pessimisti. Al contrario, queste tecnologie consentono a tutti i Paesi di raggiungere la libertà energetica. E di farlo liberando città e campagne dall’inquinamento atmosferico dovuto a motori a combustione, caldaie e stufe.

 

Certo, occorrerà una classe dirigente visionaria e disinteressata come quella che in Italia costruì e portò al successo mondiale le Partecipazioni statali. Che a mio avviso, sarà costituita dalle decine di decine di migliaia di italiani altamente qualificati che hanno lasciato il Paese negli anni del declino iniziato non casualmente nei primi anni ’90 con la chiusura dell’IRI: l’Istituto per la Ricostruzione Industriale, di cui l’economia italiana ha oggi inesorabile necessità per essere ricostruita su tecnologie industriali completamente nuove.

«Occorrerà una classe dirigente visionaria e disinteressata come quella che in Italia costruì e portò al successo mondiale le Partecipazioni statali»

 

Grazie professor Pagliaro per questa densa intervista.

 

 

 

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ESG: un altra frode che le élite progressiste hanno imposto all’economia

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Il fascino degli obiettivi ambientali, sociali e di governance (ESG) ha ipnotizzato l’America aziendale nell’offrire fondi ESG che segnano investimenti per dare priorità agli obiettivi sociali. Le aziende che tengono conto degli obiettivi ambientali, sociali e di governance nelle loro decisioni detenevano collettivamente 8,4 trilioni di dollari in attività di investimento statunitensi all’inizio del 2022.

 

La principale società di investimento BlackRock ha più che raddoppiato le sue partecipazioni a oltre 500 miliardi di dollari e altri attori stanno seguendo il suo esempio.

 

Gli investimenti ESG stanno diventando un appuntamento fisso nel panorama aziendale globale, ma non senza contraccolpi.

 

Alcuni imprenditori e politici negli Stati Uniti sostengono che dare la priorità agli investimenti ESG a scapito del benessere degli azionisti ridurrà i rendimenti per gli investitori. Le forti preoccupazioni sulla fattibilità degli investimenti ESG hanno portato la Florida a ritirare attività per un valore di 2 miliardi di dollari da BlackRock in un’epurazione ESG a livello nazionale.

 

Ma la battaglia si sta riscaldando solo perché il presidente Joe Biden ha ribaltato un disegno di legge del Senato che impediva ai gestori di fondi di tenere conto degli obiettivi ambientali, sociali e di governance nelle loro decisioni di investimento. Nel settore privato, alcuni magnati hanno lanciato aziende per contrastare gli investimenti ESG acquistando azioni di società come Apple e Disney per minare l’attivismo del management.

 

Indubbiamente, gli investimenti ESG stanno creando una tempesta negli Stati Uniti, ma a parte l’entusiasmo che circonda gli investimenti ESG, quali sono le implicazioni?

 

Massimizzare il benessere degli azionisti è l’obiettivo primario di un fondo di investimento e i fondi ESG non dovrebbero essere perseguiti se non riescono a raggiungere questo obiettivo.

 

Alcuni ipotizzano che, poiché gli azionisti sono i proprietari della società, debbano essere liberi di sostenere politiche che raggiungano gli obiettivi ESG. Pertanto, gli investimenti ESG possono essere compatibili con la massimizzazione del benessere degli azionisti.

 

Tuttavia, le aziende devono garantire che gli azionisti apprezzino i costi e i benefici degli investimenti ESG. Gli azionisti potrebbero percepire la virtù nell’usare i loro investimenti per effettuare il cambiamento sociale, ma apprendere che i fondi ESG non sono competitivi cambierà sicuramente le loro prospettive. Sebbene la ricerca sulla fattibilità dei fondi ESG sia agli inizi, gli studi dimostrano che non hanno funzionato per gli investitori.

 

I fondi ESG hanno fatto peggio delle loro controparti S&P e le commissioni tipiche dei fondi ESG possono essere tre volte superiori alla cifra riportata. Inoltre, la ricerca empirica non fornisce argomenti convincenti per gli investimenti ESG.

 

Secondo un documento finanziario di Samuel M. Hartzmark e Abigail B. Sussman, non ci sono prove che i fondi ad alta sostenibilità superino i fondi a bassa sostenibilità. È importante che le revisioni e le meta-analisi dei fondi ESG siano ugualmente deludenti nella valutazione. Una revisione di 1.141 articoli primari sottoposti a revisione paritaria e ventisette metarevisioni pubblicati tra il 2015 e il 2020 ha dimostrato che il caso dei fondi ESG è inconcludente perché la loro performance è indistinguibile dai fondi non ESG.

 

Né è evidente che i fondi ESG registrino performance sociali superiori. Una ricerca del Massachusetts Institute of Technology afferma che gli obiettivi ESG non sempre sono in linea con le preferenze degli azionisti. Anche in presenza di un esplicito mandato a perseguire obiettivi sociali, i fondi ESG continuano a votare contro gli azionisti.

 

I risultati del MIT mostrano che Vanguard e BlackRock hanno votato contro le proposte che richiedono la divulgazione della diversità e delle qualifiche del consiglio di amministrazione di Apple, Salesforce, Twitter, Discovery e Facebook.

 

Abbastanza scioccante è che il Vanguard Social Index Fund abbia votato contro quasi tutte le risoluzioni ambientali e sociali esaminate nel periodo 2006-2019. I fondi ESG non solo non si impegnano a perseguire gli obiettivi sociali degli azionisti, ma ottengono anche scarsi risultati sugli indicatori ambientali e di governance.

 

Uno studio ad ampio raggio condotto da ricercatori universitari indica che i fondi ESG detengono azioni con emissioni di carbonio più elevate per unità di reddito, dimostrano prestazioni inferiori alla media in relazione alle emissioni di carbonio in base alla produzione di emissioni grezze e all’intensità delle emissioni e hanno livelli inferiori di indipendenza del consiglio di amministrazione.

 

Con misure oggettive, i fondi ESG non riescono a promuovere gli obiettivi sociali e a fornire rendimenti per gli azionisti. Tuttavia, poiché gli azionisti possiedono società, possono sempre esercitare pressioni per i fondi ESG, ma le società non dovrebbero mai progettare questi strumenti senza il consenso degli azionisti o la fornitura di informazioni accurate sulla loro fattibilità. Inoltre, i politici e le autorità di regolamentazione dovrebbero desistere dall’imporre obiettivi ESG alle aziende.

 

L’investimento ESG è attivismo e le aziende possono determinare se intendono perseguire l’attivismo sociale per volere degli azionisti senza che i politici interferiscano.

 

 

Lipton Matthews

 

 

 

Articolo apparso su Mises Institute, tradotto e pubblicato su gentile concessione del signor Matthews.

 

 

 

 

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Scienziati russi confutano la tesi antropogenica del cambiamento climatico

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Il consenso scientifico totale sul cambiamento climatico provocato dall’uomo – il dogma strombazzato dall’establishment occidentale ad ogni piè sospinto – non è così totale, visto che in Russia c’è avanza altre teorie geofisiche a riguardo.

 

La recente pubblicazione di un documento del Consiglio scientifico dell’Accademia russa delle scienze sulle questioni complesse dell’integrazione economica eurasiatica, della modernizzazione, della competitività e dello sviluppo sostenibile, presieduto da Sergej Glazev, che confuta l’«origine antropogenica» del cambiamento climatico, presenta una teoria molto interessante che era basato su alcuni degli ultimi lavori dello scienziato russo Vladimir Ivanovic Vernadskij (1863-1945).

 

Mentre le persone guardano al fattore più ovvio qui – il rapporto mutevole tra il Sole e la Terra come possibile fonte del «riscaldamento» – il capo ricercatore dell’Istituto per la ricerca nucleare dell’Accademia delle scienze russa, il dottor Leonid Bezrukov, ha posto l’ipotesi del riscaldamento della superficie terrestre e degli oceani a seguito del decadimento radioattivo dell’isotopo potassio-40 sotto la superficie terrestre, la cui potenza di flusso termico è di circa 1 watt per metro quadrato, molto più del flusso di calore antropogenico influenza sull’atmosfera.

 

La fonte del lavoro teorico su cui si basa questa ipotesi è attribuita al dottore in scienze geologiche e mineralogiche Vladimir Larin, che ha studiato la composizione dell’idruro metallico della Terra, la cui espansione rilascia idrogeno e altri gas.

 

Tuttavia, la prima persona a formulare la teoria dell’esistenza dell’idrogeno sulla superficie terrestre fu Vernadskij, che fu anche il primo a indicare un effetto molto più ampio del decadimento degli elementi nucleari della Terra nel determinare il calore della Terra, attraverso il suo concetto di «migrazione degli atomi» ben al di sotto del sottile strato della biosfera terrestre, un teoria che sviluppò in modo più esteso nella sua ultima opera incompiuta, Chimicheskoe stroenie biosferii zemli i ee okruzhenija («La struttura chimica della biosfera e dei suoi dintorni»), considerata dal geniale biochimico russo come il «libro della vita».

 

I membri del consiglio scientifico stanno progettando di presentare domanda al Ministero dell’Istruzione e della Scienza e all’Accademia delle scienze russa per organizzare uno studio interdisciplinare dei processi descritti.

 

Nel frattempo, nell’Italia sconvolta dalle alluvioni in Romagna, c’è chi avanza l’idea del carcere per chi nega il cambiamento climatico: nel giornale dell’imprenditore ora svizzero Carlo De Benedetti Domani abbiamo letto che «il negazionismo climatico dovrebbe essere un reato».

 

Come riportato da Renovatio 21, undici scienziati membri del gruppo Clintel hanno pubblicato una dichiarazione in cui respingono l’affermazione secondo cui l’attuale alluvione in Italia è correlata al cambiamento climatico antropogenico, cioè da cambiamenti meteorologici indotti dall’attività umana.

 

I firmatari, insieme ad altri, hanno scritto il libro Dialogo sul clima recentemente pubblicato in Italia.

 

 

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A giudizio in Vaticano gli ambientalisti incollati al Lacoonte

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Il 24 maggio 2023 si è svolta la seconda udienza della causa promossa dallo Stato del Vaticano nei confronti di due attivisti ambientalisti che si erano incollati alla celebre statua del Laocoonte nell’agosto 2022. Gli imputati si sono difesi dall’accusa di aver voluto danneggiare la scultura, ma i rappresentanti dei «Musei dei papi» affermarono da parte loro di temere danni «permanenti».

 

Il 18 agosto 2022, gli attivisti italiani del movimento Ultima Generazione si sono incollati alla statua del Laocoonte, con l’obiettivo di dimostrare l’inerzia delle autorità sul cambiamento climatico. Questa statua è databile al I o II secolo d.C.: fu riscoperta nel XVI secolo.

 

Il 9 marzo si è svolta una brevissima prima udienza preliminare. Gli imputati sono accusati di danneggiamento a «monumento pubblico di inestimabile valore storico-artistico» mediante collante «tenace e corrosivo»: erano presenti Guido Viero ed Ester Goffi, che si erano incollati alla statua, ma Laura Zorzini, che aveva fatto la foto della scena, era assente all’udienza.

 

Guido Viero, 62 anni, ha spiegato di voler agire per la figlia e la nipote, e «per le generazioni future». Voleva protestare contro la mancanza di investimenti del governo italiano nell’energia sostenibile. Sulla base della scultura in questione, gli attivisti avevano attaccato un cartello in cui si chiedeva niente gas o carbone.

 

Un simbolo mediatico

Il giudice Giuseppe Pignatone ha sottolineato che i Musei Vaticani si trovano nel territorio della Città del Vaticano, e non in Italia. Guido Viero ha risposto argomentando sulla portata «più mediatica». Ha spiegato di aver scelto il Laocoonte per riferirsi al mito di colui «che cercava di avvertire i suoi concittadini delle disgrazie a venire». La scultura rappresenta infatti il ​​sacerdote troiano che cercò di smascherare l’inganno del cavallo di Troia raccontato nell’Eneide.

 

Ha anche affermato di aver «assolutamente escluso» possibili danni. «Le nostre azioni non danneggeranno mai persone o cose», ha detto. Gli imputati si erano così «informati» sul materiale utilizzato: un collante «che si toglie facilmente con l’acetone».

 

L’altra imputata, Ester Goffi, laureata in arte contemporanea, ha affermato di non essere a conoscenza di eventuali danni che la statua avrebbe potuto subire. Un esperto gli aveva assicurato che questo prodotto non lasciava segni sulla pelle né danneggiava il marmo. Non aveva subito alcun danno durante le operazioni di distacco.

 

I testimoni dei Musei Vaticani

Sono stati ascoltati diversi testimoni, tra cui un addetto alla sicurezza, un gendarme, e il responsabile del restauro dei Musei, Guy Devreux, contattato per riparare il Laocoonte. Quest’ultimo ha dichiarato al tribunale che i lavori di restauro del marmo hanno richiesto meno tempo di quanto previsto dalla stima iniziale, che era di poco superiore ai 15.000 euro.

 

In totale, gli esperti hanno impiegato una settimana, soprattutto perché i Musei avevano chiesto «un lavoro rapido», ha spiegato. Allo stato attuale, Guy Devreux ha accennato a un danno che potrebbe essere «permanente», perché l’intervento effettuato è servito solo a «nascondere» il danno subito dal marmo.

 

La base, su cui si sono incollati gli attivisti, è «parte integrante» dell’opera d’arte, ha aggiunto il restauratore. La parte superiore del basamento «sostiene tutta la scultura», ha spiegato, precisando che tale basamento è stato datato tra il 1815 e il 1957.

 

La causa è stata presa in esame e la sentenza sarà pronunciata nell’udienza fissata per il 12 giugno.

 

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

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