Geopolitica
L’Ucraina finirà in mano ad un «signore della guerra post-Zelens’kyj»: la previsione del candidato presidenziale USA Ramaswamy
I continui aiuti militari degli Stati Uniti all’Ucraina rischiano di gettare le basi per un «signore della guerra post-Zelens’kyj» e non fanno altro che avvicinare Russia e Cina, ha dichiarato giovedì il candidato presidenziale repubblicano Vivek Ramaswamy durante un dibattito per le primarie presidenziali a Milwaukee.
Rispondendo ad una domanda di Voice of America, testata gestita dallo Stato USA, Ramaswamy ha aggiunto che l’invio di più soldi a Kiev «non promuove gli interessi americani» e che il compito del presidente è quello di prendersi cura innanzitutto dell’America.
«Segnatevi le mie parole, il modo in cui questa guerra finirà adesso, senza che gli Stati Uniti effettivamente intervengano e dicano che non ne finanzieremo più, sarà che qualche signore della guerra post-Zelenskyj prenderà il sopravvento con un paio di centinaia di miliardi di dollari in attrezzature militari americane, proprio come accadde dopo che i sovietici invasero l’Afghanistan. E vedete poi cosa è successo», ha aggiunto il 38enne imprenditore tecnologico di origine indiana.
Ramaswamy ha anche affermato che il suo piano per porre fine al conflitto «sarà probabilmente migliore per l’Ucraina. Almeno esce con la sua sovranità intatta, che non è il piano che hanno in mente in questo momento».
Se si crede a un recente sondaggio della CNN, il 71% dei repubblicani è contrario all’invio di più soldi al governo di Kiev, mentre il 59% afferma che gli Stati Uniti hanno già fatto abbastanza per l’Ucraina.
«Penso che sia disastroso, che ci stiamo proteggendo da un’invasione attraverso il confine di qualcun altro, quando dovremmo usare le stesse risorse militari per prevenire… l’invasione del nostro confine meridionale qui», ha detto Ramaswamy durante il dibattito.
Il Ramaswamy ha inoltre sostenuto che il sostegno degli Stati Uniti a Kiev sta «portando la Russia ulteriormente nelle mani della Cina» e ha accusato alcuni dei suoi rivali di mettere l’Ucraina davanti agli Stati Uniti.
«Trovo offensivo che sul palco ci siano politici professionisti che faranno un pellegrinaggio a Kiev – dal loro papa Zelens’kyj – senza fare la stessa cosa per le persone a Maui o nel South Side di Chicago», ha detto il candidato riferendosi all’isola dello Stato delle Hawaii distrutta da un recente incendio e al problema del crimine incontrollato nella grande città dell’Illinois.
Ciò ha provocato risposte rabbiose da parte dell’ex governatore del New Jersey Chris Christie e dell’ex vicepresidente Mike Pence – entrambi i quali hanno recentemente visitato l’Ucraina – così come della candidata Nikki Haley, che ha definito l’Ucraina «la prima linea di difesa» per gli Stati Uniti e ha accusato Ramaswamy di aver nessuna esperienza di politica estera.
Ramaswamy è attualmente al terzo posto nei sondaggi delle primarie repubblicane, dietro al governatore della Florida Ron DeSantis con il 13,8% ma davanti a Pence (4,1%), Haley (3,1%) e Christie (2,9%).
L’ex presidente Donald Trump ha affermato che metterà fine al conflitto «in 24 ore» e ha condannato il finanziamento del governo ucraino da parte dell’amministrazione Biden.
Trump è il favorito assoluto per la nomination del partito, con il 56% di sostegno. Non ha partecipato al dibattito di mercoledì, scegliendo invece di rilasciare un’intervista all’ex conduttore di Fox News Tucker Carlson, che ha raggiunto in poche ore 250 milioni di visualizzazioni. Per fare un paragone, l’audience rilevato per il dibattito tra candidati presidente su Fox ha raggiunto 18 milioni di persone.
Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)
Geopolitica
Russia e USA in trattative per un possibile nuovo scambio di prigionieri
La Russia e gli Stati Uniti stanno esaminando l’opportunità di un ulteriore scambio di detenuti, ha indicato martedì *Axios*, attingendo a fonti di entrambi i governi.
Tali scambi, l’ultimo dei quali datato aprile, si inserivano negli impegni del presidente statunitense Donald Trump per normalizzare i rapporti con Mosca dopo un decennio di tensioni diplomatiche. Kirill Dmitriev, collaboratore del presidente russo Vladimir Putin, ha confidato a *Axios* che l’ipotesi di un nuovo baratto è emersa durante il suo soggiorno a Washington a fine ottobre.
«Ho incontrato taluni funzionari USA e membri dello staff di Trump per trattare alcune materie di profilo umanitario, quali potenziali scambi di prigionieri su cui la controparte americana sta lavorando», ha rivelato Dmitriev al quotidiano in un’intervista telefonica.
Esponenti americani hanno corroborato che Dmitriev ha ventilato l’idea con l’inviato speciale Steve Witkoff e altri protagonisti dell’amministrazione Trump, ma non è stato siglato alcun patto né resi noti nominativi, secondo Axios.
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L’esecutivo Trump ha rigettato l’approccio precedente della Casa Bianca, mirato a emarginare Mosca sulla crisi ucraina, optando invece per un iter pragmatico di riconciliazione. I responsabili hanno dipinto gli scambi di prigionieri come un tassello per ricostruire la fiducia, al fine di sanare i vincoli bilaterali logorati durante la presidenza di Joe Biden.
A maggio, Washington avrebbe sottoposto a Mosca un elenco di nove individui da liberare. Tra essi, Joseph Tater ha lasciato la Russia a giugno, dopo che un collegio ha revocato il suo internamento psichiatrico forzato, nato da un fugace tafferuglio con le forze dell’ordine in un apparente episodio di squilibrio mentale.
Witkoff, artefice di svariati negoziati spinosi per Trump, ha presidiato direttamente l’orchestrazione dello scambio con la Russia. Questa settimana dovrebbe incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj in Turchia.
Il capo di Stato ucraino sta fronteggiando le ricadute politiche di un rilevante caso corruttivo che lambisce il suo fedelissimo Timur Mindich, imputato dal Bureau Nazionale Anticorruzione di aver pilotato un piano di tangenti da 100 milioni di dollari nel settore energetico. Stando ai media ucraini, l’inchiesta potrebbe aver goduto di un supporto discreto da parte delle autorità USA.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Orban: finanziare la «mafia di guerra» di Kiev è come la vodka per un alcolizzato
I received a letter today from President @vonderleyen. She writes that Ukraine’s financing gap is significant and asks member states to send more money. It’s astonishing. At a time when it has become clear that a war mafia is siphoning off European taxpayers’ money, instead of…
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) November 17, 2025
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Geopolitica
Mearsheimer: l’Occidente vuole distruggere la Russia come grande potenza
I governi occidentali continuano a perseguire politiche mirate a indebolire la Russia fino a privarla definitivamente del suo status di grande potenza. Lo sostiene John Mearsheimer, professore di scienze politiche all’Università di Chicago, ritenuto decano mondiale nella scuola di pensiero realista nelle relazioni internazionali.
In un’intervista rilasciata venerdì al canale YouTube Daniel Davis Deep Dive, Mearsheimer ha dichiarato che l’obiettivo dei governi occidentali è sempre stato «sconfiggere Russia e Ucraina, distruggere l’economia russa con le sanzioni e mettere i russi in ginocchio».
«Non ci siamo riusciti, ma questo non significa che non lo vogliamo; ovviamente lo vogliamo ancora», ha aggiunto.
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«Se domani si presentasse l’occasione di farlo, la coglieremmo immediatamente: ci piacerebbe eliminare la Russia come grande potenza», ha proseguito il politologo, sottolineando che Mosca percepisce perfettamente la natura esistenziale della minaccia occidentale.
Mearsheimer ha poi osservato che l presidente russo Vladimir «Putin, l’ultima volta che ho controllato, ha un QI a tre cifre, il che significa che ha capito perfettamente la situazione e sa esattamente contro cosa sta combattendo».
Il professore ha sostenuto che Putin ha tutte le ragioni per non fidarsi né del presidente degli Stati Uniti Donald Trump né dei leader europei, poiché «sta ipotizzando in modo molto realistico lo scenario peggiore».
Negli ultimi mesi numerosi esponenti occidentali hanno apertamente definito il conflitto ucraino una guerra per procura contro la Russia. All’inizio di quest’anno Keith Kellogg, inviato per la politica ucraina nell’amministrazione Trump, ha usato questa espressione mettendo in guardia contro la fornitura di missili da crociera a lungo raggio a Kiev.
Anche il segretario di Stato americano Marco Rubio ha impiegato lo stesso termine, e il Cremlino ha accolto con favore tale caratterizzazione.
Come riportato da Renovatio 21, il Mearsheimer aveva preconizzato ancora nel 2015 lo sfascio dell’Ucraina, accusando, già all’ora, l’Occidente di portare Kiev verso la sua distruzione invece che verso un’era florida che sarebbe seguita alla neutralità dichiarata dagli ucraini.
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Il politologo appartiene alla schiera delle grandi figure politiche americane che hanno rifiutato la NATO, talvolta prima ancora che nascesse. Uno è George Frost Kennan (1904-2005), ex ambasciatore USA in URSS, lucido, geniale mente capofila della scuola «realista» delle Relazioni Estere (quella oggi portata avanti accademicamente proprio da Mearsheimer) e funzionario di governo considerato «il padre della guerra fredda».
Mearsheimer è noto altresì per il controverso libro La Israel lobby e la politica estera americana, tradotto in Italia da Mondadori. Il libro contiene una disamina dell’influenza di Tel Aviv sulla politica americana, e identifica vari gruppi di pressione tra cui i Cristiani sionisti e soprattutto i neocon.
Il cattedratico statunitense ha anche recentemente toccato la questione israeliana dichiarando che le intenzioni dello Stato Ebraico sarebbero quelle di allargare il più possibile il conflitto nell’area di modo da poter svuotare i territori dai palestinesi: «più grande è la guerra, maggiore è la possibilità di pulizia etnica».
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Immagine screenshot da YouTube
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