Connettiti con Renovato 21

Pensiero

L’era dei normaloidi

Pubblicato

il

«Normalista» secondo il dizionario oggi sta a significare uno studente o un ex studente della prestigiosa Scuola Normale Superiore di Pisa, che epperò ha sedi anche sedi, tutte nella laicissima Toscana. Ammetto che la prima volta che sentii parlare dell’esclusivo istituto, da bambino, pensavo che si chiamasse «Anormale».

 

Nel senso: negli anni prima di Internet, ero riuscito a carpire se vi fosse una scuola per geni così come la vediamo nei film americani. In una delle prime puntate dei Simpsons trasmesse in Italia, Bart riesce a farsi ammettere con l’inganno in un istituto per bimbi intellettualmente superdotati. In Italia ci sarà pure qualcosa del genere, no? Una scuola che si chiama «Anormale», perché i suoi studenti sono anormalmente intelligenti, sembrava rispondere alla domanda.

 

Negli anni, imparai non solo che mi sbagliavo, ma che l’essere normalista non era in sé qualcosa che guadagnava automaticamente la mia ammirazione. Se guardate alla lista degli alumni, sarete colpiti dal fatto che si tratta di un’infornata qualsiasi di personaggi più o meno organici allo Stato-partito piddino, più qualche scienziato premiato da qualche parte. Tutti, va da sé laici, laicissimi. Diciamo così.

 

L’unico nome che mi veniva in mente, pensando ad un ex-allievo della Normale, era quello di Carlo Azeglio Ciampi: il direttore della Banca d’Italia durante l’attacco alla lira da parte di George Soros nel 1992, che con l’allora premier Amato imbastì una difesa della valuta nazionale totalmente fallita, con crollo rispetto a dollaro e marco, e uscita dallo SME. Il normalista Ciampi fece comunque scatti di carriera: divenne presidente del Consiglio e presidente della Repubblica, mentre a Soros nel 1997 avrebbero conferito una laurea ad honorem all’Università di Bologna. Tutto normale, normalissimo, normalista.

 

Una diecina di anni fa ricominciai a sentire il termine «normalista» durante i primi fervori per il papato impazzito: c’erano due papi, e uno dei due aveva cominciato a sparare cose allucinanti sin dal primo secondo in cui Bergoglio aveva infilato l’anello piscatorio (già il nome, Francesco come il Santo di Assisi, era oggetto di critiche: nessuno aveva osato prima dell’argentino).

 

Credo di averlo letto forse in una lettera, un’email di gruppo – non ricordo – del compianto scrittore e bioeticista Mario Palmaro. Il termine fu poi pubblicato ripetutamente in un articolo per Il Foglio scritto in coppia con l’inseparabile Alessandro Gnocchi, «Questo papa non ci piace» (9 ottobre 2013).

 

Nel pezzo, andato in stampa pochi mesi prima che Palmaro venisse a mancare, i «normalisti» erano definiti «quei cattolici intenti pateticamente a convincere il prossimo, e ancor più pateticamente a convincere se stessi, che nulla è cambiato».

 

Poi sono arrivati gli americani, che hanno tirato fuori un termine vezzeggiativo-dispregiativo per coloro che galleggiano beati nel normalismo del mainstream: normie. Il normie è letteralmente una persona nella norma, un normale, un normotipico, ma più specificatamente qualcuno che non si è mai posto domande sul mondo in cui vive, facendosi infilare pacificamente il cucchiaio della narrazione dominante in bocca da media e politici. Se qualcuno volesse tentare una traduzione, direi che si potrebbe provare con «normalotto».

 

Per usare il gergo statunitense, il normie è ciò che si oppone al redpilled, il redpillato, ossia quello che ha parto gli occhi sulla realtà delle cose dietro le apparenze pilotate dalla versione dominante.

 

Su YouTube, su Twitter, sui Forum, ovunque la parola viene abbinata ad altri sostantivi, al punto da diventare, grazie alla cifra glottologicamente isolante della lingua anglica, un aggettivo. C’è la normie-version, la versione delle cose per i normalotti. C’è una normie-History, cioè la Storia secondo i normalotti. La normie-Politics, la politica fatta ad usum normalottorum. Ci sono i normie-media, la normie-Economy, i normie-books.

 

I normie sono oggetto di scherno da parte dei sedicenti redpillati (che hanno mutuato l’espressione red pill, «pillola rossa» dal pensatore monarchico Curtis Yarvin, che a sua volta ovviamente l’ha tratta ovviamente dal primo film della serie Matrix) ma anche della loro disperazione. I normie si danno non solo come la maggioranza, ma come un blocco granitico che è difficile da scalfire, e talvolta perfino da prevedere.

 

Ieri sera parlavo con un amico. Mi ha raccontato di aver fatto un viaggio in auto con uno sconosciuto organizzato da una comune conoscenza che faceva una festa in un’altra città. Mi diceva che, dopo qualche convenevole, lo sconosciuto si era un po’ sbottonato: arrivati a parlare dei vaccini lui, vaccinato, sosteneva che in effetti qualcosa non tornava, arrivando quasi ad esprimere rammarico per essersi sierato.

 

Il mio amico, a questo punto in fase di rilassamento, è passato a parlare anche del quadro politico, apprendendo, con sommo, incomprensibile orrore, che il compagno di viaggio era un fan di Mario Draghi. «È bravo… è uno che dà sicurezza, un profilo istituzionale»: il tizio deve aver detto cose così, mentre il nostro amico aveva probabilmente abbassato il finestrino dell’auto per buttarvisi fuori come nemmeno in un film di John Woo.

 

Ma come? Ti sei fatto due domande sui vaccini, ma non riesci a fartele su Draghi? Draghi che con i vaccini ha fatto il macello istituzionale che ricordiamo (green pass, super green pass, accuse ai no-vax untori che ammazzano il prossimo e se stessi)? Non serve che uno si chieda da dove venga, dove è stato, che conosca la storia del panfilo Britannia con sopra i «British Invisibles» salutati nel 1992 da Draghi, proprio nei tempi in cui Ciampi, il suo maestro normalista, lisciava enigmaticamente la manovra anti-Soros devastando la lira.

 

Basta che uno ci pensi un secondo: Draghi…? Ma davvero? Vedete: il normie è talvolta davvero difficile da calcolare, anche quando mostra segni di conversione.

 

L’episodio mi ha riportato alla mente situazioni similari vissuti in prima persona. Nei primi mesi del 2013, ricordo una festa a Milano – a pensarci oggi mi sembra una vita precedente – in cui un personaggio noto per l’aspetto comune (per somatismi e vestiario, un vero medioman), la mente matematica e le frasi inopportune (tipico di chi è bravo coi numeri…) mi disse che alle politiche che si sarebbero tenute a brevissimo, lui avrebbe votato… Monti. Subito dopo, bicchiere di gin tonic alla mano, tentava di spiegarmi che se Hitler avesse vinto la guerra lui si sarebbe iscritto immediatamente alle SS (ci si iscrive alle SS, come Magnotta con i terroristi), di modo da «sottomettere subito il maggior numero di donne», aggiunse oscuramente, ma io non mi curavo dei non sequitur, perché sconvolto totalmente: Monti? Monti?

 

Il lettore deve sapere che forse il più grande shock politico subito nella mia vita lo ebbi quando l’ex preside della Bocconi apparve dal nulla e prese il potere in Italia. Ricordate? I ministri tecnici, i professori totalmente apolitici, alcuni magari (si diceva) in odore di grembiule, alcuni pazzeschi pure fisicamente. Il tutto mentre il governo legittimamente eletto veniva defenestrato, ma arrivava – sul serio – a votare la compagine aliena che lo aveva spodestato (Giorgia Meloni è inclusa).

 

Crebbe in me, alla visione dell’ascesa dei Monti, un senso di sgomento, di angoscia, di paura vera che, mi rendo conto, neanche ora riesco a descrivere bene. Posso dire che un corollario di quella sensazione fu il bisogno, immediato e disordinato, informe, di «far qualcosa per difendere la mia famiglia». Cosa, in realtà, non sapevo bene.

 

Fu ancora più sconvolgente per me (il lettore scusi l’ingenuità del me-ragazzo) vedere che non solo il governo precedente, ma anche il popolo sembrava accettare l’operazione Monti, lo stravolgimento dell’ordine politico italiano, l’inveramento di decenni di teorie per cui ti tacciavano di complottismo spinto.

 

Sì, il golpe dello spread andava bene a tutti – il golpe era normale. I «normali», i «normalotti», anzi, applaudivano, bevendosi tutto. Un potere che parla di crollo dei consumi, di crisi come strumento per le riforme… andava bene, andava benissimo, anzi è quello che ci voleva. Al tacchino dicono che è Natale, e quello festeggia alla grandissima. Perché il tizio che prepara la pentola, «è uno bravo, uno competente, un profilo istituzionale».

 

Quello dell’iscritto alle SS ucroniche che votava il preside della Bocconi non è stato l’unico mio incontro ravvicinato con la specie. Ricordo un altro amico, un ragazzo a cui voglio bene, che morta la possibilità di votare per il partito ultra-biodegradabile di Oscar Giannino (ucciso da dentro parrebbe da un turbine di isteria fighetta che mandò alle ortiche tutto il consenso vinto con i remix di «Taci, miserabile!») mi aveva confidato che avrebbe votato o Grillo o Monti. Le due opzioni vi possono sembrare antitetiche, non lo sono minimamente (al punto che il Monti vero, cioè Draghi, fu definito dal comico ligure come «un grillino», con conseguenti voti del partito stellato), tuttavia il problema per il conoscente non si poneva: ve lo abbiamo detto, i normies sono imprevedibili. E disperanti.

 

È inutile nascondere che è stato durante il biennio pandemico che i normies hanno dimostrato globalmente di che pasta sono fatti.

 

Hanno accettato, senza tanti problemi, i lockdown, con devastazione economica per la loro attività o, in quasi tutti i casi, per il settore della loro azienda: non hanno detto una parola, anzi.

 

Hanno obbedito al diktat delle mascherine, anche per i bambini piccoli, e anormale chi, in qualsiasi situazione, si trovava smascherato. Chi scrive ricorda l’esperienza di una coppia di normo-anziani che, nel mezzo di un boschetto, urlarono al nostro gruppo di amici, ad una distanza di 20 metri buoni, «tirate su le mascherine».

 

Soprattutto, i normo-cittadini hanno accettato di divenire cavie di un esperimento con la somministrazione una pozione sperimentale, certo fatta anche coi feti come gli intrugli delle streghe di una volta, di cui non sapevano nulla, se non che la TV, con quelli «bravi» e «competenti» con «profilo istituzionale», diceva che sono «sicuri ed efficaci».

 

Anche quando divenne chiaro, con le reinfezioni dei bi-tri-quadridosati, e con le possibili miocarditi segnalate perfino dagli enti pubblici del farmaco, che non era «sicuro ed efficace» la massa normalotta ha tirato dritto, mai questionando le balle che si era ingollata, e neppure quanti gliele avevano vendute.

 

I normalotti hanno continuato per la loro strada, che è quella dove la dissonanza cognitiva non può esistere, e quindi nemmeno la volontà di mettersi in discussione, e la quindi la cerca della Verità.

 

Ritengo che dopo l’inoculo con siero genico, non sia nemmeno più giusto chiamarli normali, normalisti, normies, normalotti. Se l’iniezione di mRNA sintetico è, come ripetiamo su Renovatio 21, un grande progetto di transumanizzazione della massa mondiale, con la trasformazione sempre più accelerata degli umani in umanoidi, allora sarebbe giusto, credo, usare un nuovo termine: normaloidi.

 

I normaloidi sono lo scalino evolutivo successivo dei normalotti: questi ultimi si limitavano a bersi le menzogne dei padroni del vapore, e a pagar loro il pizzo. Il normaloide non solo crede ciecamente al potere e ai suoi inganni, ma ha accettato di modificarsi genicamente – pagando pure lui il processo. La sua obbedienza, la sua normalanza, è di livello subcellulare – una lealtà più grande, viene da pensare, i signori del mondo non potevano chiederla.

 

«Ti butteresti in un fosso per me?», potevano domandare, con la formula classica. Invece sono andati molto oltre: «ti modificheresti a livello biomolecolare per me?». In massa, hanno risposto «siiiiì!», rinunziando, al contempo, a quantità di diritti costituzionali.

Ecco una seconda qualità intrinseca del normaloide: non solo è biologicamente diverso – un avvocato americano è arrivato a teorizzare, giuridicamente, il fatto che si tratterebbe di una nuova specie – ma anche capace di un’inedita esistenza extracostituzionale: delle Carte che regolano lo Stato in cui vivono (in Italia, in Germania, in USA…) non sanno che farsene, possono fare a meno.

 

Il normaloide accetta, in piena tranquillità, che lo Stato moderno calpesti le sue stesse leggi fondamentali, con visibile nocumento per i cittadini. Ma che importa? Anche il virus, e il capovolgimento universale che ha prodotto, è in fondo una cosa normale, finché guidano «quelli bravi, gli esperti». È normale se il virus che esce dalla zuppa di pipistrello accoppiato con pangolino, è normale se lo stesso virus invece è uscito da un laboratorio di bioingegneria magari militare – anzi, in questo caso possiamo proprio parlare di virus normaloide.

 

Come il lettore immagina, la razza normaloide non ha esaurito la sua missione storica con il COVID.

 

Dobbiamo dire che i normaloidi stanno facendoci vivere emozioni anche con la guerra ucraina.

 

Per il normaloide, l’attore comico creato politicamente in provetta dagli oligarchi diventa un eroe, «il Churchill del XX secolo».

 

Per il normaloide – e i suoi partiti al potere e non – i nostri soldi e le nostre armi vanno consegnate all’agnello di Kiev, e non importa se restiamo poveri e indifesi.

 

Per il normaloide le rune del Battaglione Azov sono «antichi simboli indoeuropei», i suoi miliziani con le svastiche tatuate sono romantici lettori di Kant, il neonazismo ucraino non esiste, come nemmeno gli articoli che ne parlavano fino a pochi mesi prima.

 

Per il normaloide, Kiev è stata aggredita, e degli accordi di Minsk violati (con tanto di ammissione della Merkel e di Hollande e pure di Poroshenko) e la strage dei russofoni in Donbass perpetrata dalle milizie ucronaziste mai ha sentito parlare.

 

Ancora più significativo il fatto che per il normaloide va benissimo che per difendere la «democrazia in Ucraina» – Paese di cui, fino a poco fa, conosceva qualche badante – il mondo rischi la catastrofe termonucleare. Cioè: anche la casetta del normaloide può venire spazzata via, così come i suoi figli, e ogni generazione a venire. Non sappiamo dire quanti ci abbiamo veramente pensato: tuttavia qualcuno che ha il coraggio di dire che è per il futuro della «democrazia» si trova, cosa doppiamente disperante, perché gli stessi con la sottomissione pandemica hanno di fatto svuotato di ogni residuo senso che poteva rimanere alla parola: forse qui possiamo parlare di «democrazia normaloide», ma di democratico non c’è davvero più niente, ci sono le materie fumanti della sovranità del popolo, ancora prima che giungano i missili balistici intercontinentali.

 

Non è finita. Il normaloide può fare ancora di più. Essendo che gli è stato detto che la Storia è una magnifica linea progressiva, accetta pienamente il fatto che oggi si sposano i gay, domani – come mostrava una vecchia vignetta con coppie che lanciavano dietro di sé bouquet a coppie sempre più devianti – ti potrai sposare un famigliare, un bambino, un animale, un morto, un robot. (E guardate che praticamente tutti questi casi sono, in qualche forma, già realizzati)

 

Il normaloide accetta che un bambino possa credere di essere una bambina, e ottenere come premio la castrazione, più la somministrazione di farmaci che in genere si danno per castrare gli stupratori pedofili.

 

Il normaloide accetta che l’ONU e l’OMS comincino a svolazzare intorno al tema della libera pedofilia.

 

Il normaloide accetta che le competizioni sportive femminile siano stravinte da maschi muscolosissimi.

 

Il normaloide accetta che il suo Paese, e l’intero continente, sia inondato di stranieri in un’operazione che ha come fine – visibile a occhio nudo – l’istituzione di un’anarco-tirannia, cioè una vita d’inferno per il suo quartiere e per i tempi in cui cresceranno i suoi figli. Anche qui, come per il siero: il normaloide paga la cosa, per quanto nociva, di tasca sua.

 

Il normaloide accetta che, se fa un incidente stradale stasera tornando a casa, l’ospedale possa espiantargli tutti gli organi quando ancora il cuore gli batte, in pratica squartarlo vivo (letteralmente).

 

Il normaloide accetta di prendere droghe legalizzate per la felicità anche quando queste, scrivono i bugiardini, potrebbero portarli all’effetto opposto, alla tragedia dei pensieri suicidi.

 

Il normaloide accetta che gli ospedali, teoricamente luoghi di cura, uccidano grandi e piccini, magari pure con un pratico soffocamento via cuscino.

 

Il normaloide accetta che i bambini siano fatti non più in quel modo tanto bello (forse le sensazioni forti non fanno per lui?), ma con le provette, con uno (magari a caso) che si masturba e una (magari a caso) che si fa estrarre, con un processo doloroso quanto pericoloso, le cellule uovo. L’utero può essere di un’altra donna ancora, oppure di una donna ma trapiantato in un’altra donna, oppure trapiantato in un uomo, oppure un utero artificiale: tutto normale, normalissimo, normaloide.

 

Quanto potremmo andare avanti, quanti esempi possiamo fare: del resto, e ciò che su Renovatio 21 annotiamo quotidianamente come Necrocultura, che è inscindibile dal concetto di un’umanità che progredisce al di là del bene e del male. Destra e sinistra, nel mondo normaloide, sono completamente fuse con l’idea del Progresso, del processo spontaneo, inarrestabile, per cui l’umanità si spinge oltre ogni limite, perdendo ogni senso morale.

 

La storia va in quella direzione, no? «Ce lo chiede il mondo moderno», verrebbe da dire. E sappiamo bene cosa diceva il poeta Rimbaud (che di pedofili e drogati sapeva qualcosa): «Il faut être absolument moderne». Bisogna assolutamente essere moderni.

 

Ed è chiaro che se resisti, prima o poi verrai punito, piegato, normalizzato, normaloidizzato. Perché, come abbiamo ripetuto, se non vi siete sottomessi negli ultimi anni, e continuate a farlo, fate parte di un segmento della società che lo Stato e il Capitale non vogliono più mantenere, che hanno calcolato come sacrificabile: non hanno bisogno dei vostri soldi, del vostro voto, del vostro lavoro. Per questo vi censurano e vi squalificano, vi tolgono la libertà di parola e il lavoro – in attesa dei campi di concentramento, che, a pensarci bene, hanno anche loro fatto capolino di recente tra le «democrazie» moderne.

 

E quindi, cosa volete fare? Volete davvero vivere questa separazione sempre più evidente con l’umanità normaloide?

 

«Il faut absolument être normaloïde», sussurra il poeta decadente che è in tutti noi. Il richiamo normaloide è fortissimo, siamo tanti piccoli Zanna Bianca in difficoltà.

 

Saprete resistervi?

 

In realtà, se state leggendo questo sito, la risposta la sapete già.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pensiero

Se la realtà esiste, fino ad un certo punto

Pubblicato

il

Da

I genitori si accorgono improvvisamente che la biblioteca scolastica mette a disposizione degli alunni strani libri «a fumetti» dove si illustra amabilmente il bello della liaison omoerotica.

 

L’intento degli autori è inequivocabile, quello di presentare un modello antropologico indispensabile per una adeguata formazione dell’individuo in crescita… Meno chiaro appare nell’immediato se la scuola, nel senso dei suoi responsabili vicini o remoti, di questa trovata educativa abbiano coscienza e conoscenza.

 

Di istinto, i genitori dell’incolpevole alunno si chiedono se tutto ciò sia proprio indispensabile per uno sviluppo armonico della psicologia infantile, magari in sintonia con i suggerimenti più elementari della natura e della fisiologia.

 

Tuttavia, poiché anche lo zeitgeist ha una sua potenza suggestiva, a frenare un po’ il comprensibile sconcerto, in essi affiora anche qualche dubbio sulla adeguatezza culturale dei propri scrupoli educativi, tanto che sono indotti a porsi il dubbio circa una loro eventuale inadeguatezza culturale rispetto ai tempi, votati come è noto, a sicure sorti progressive.

 

Ma il caso riassume bene tutto il paradosso di un fenomeno che ha segnato questo quarto di secolo e soltanto incombenti tragedie planetarie, mettono un po’ in sordina, finché dagli inciampi della vita quotidiana esso non riemerge con tutta la sua inaspettata consistenza.

 

Infatti la domanda sensata che si dovrebbero porre questi genitori, è come e perché una anomalia privata abbia potuto meritare prima una tutela speciale nel recinto sacro dei valori repubblicani, per poi ottenere il crisma della normalità e quindi quello di un modello virtuoso di vita; il tutto dopo essersi insinuata tanto in profondità da avere disattivato anche quella reazione di rigetto con cui tutti gli organismi viventi si difendono una volta attaccati nei propri gangli vitali da corpi estranei capaci di distruggerli.

 

Eppure, per quanto giovani possano essere questi genitori allarmati, non possono non avere avvertito l’insistenza con cui questa merce sia stata immessa di prepotenza sul mercato delle idee, quale valore riconosciuto, dopo l’adeguata santificazione dei cultori della materia ottenuta col falso martirio per una supposta discriminazione. Quella che già il dettato costituzionale impediva ex lege.

Sostieni Renovatio 21

Ma tutta l’impalcatura messa in piedi intorno a questo teatro dell’assurdo in cui i maschi prendono marito, le femmine si ammogliano nelle sontuose regge sabaude come nelle case comunali di remote province sicule, non avrebbe retto comunque all’urto della ragione naturale e dell’evidenza senza la gioiosa macchina da guerra attivata nel retrobottega politico con il supporto della comunicazione pubblica e lasciata scorrazzare senza freni in un mortificato panorama culturale e partitico.

 

Nella sconfessione della politica come servizio prestato alla comunità, secondo il criterio antico del bene comune, mentre proprio lo spazio politico è in concreto affollato da grandi burattinai e innumerevoli piccoli burattini, particelle di un caos capace di tenere in scacco «il popolo sovrano». Una parte cospicua del quale si sente tuttavia compensato dalla abolizione dei pronomi indefiniti, per cui tutte e tutti possono toccare con mano tutta la persistenza dei valori democratici.

 

Non per nulla proprio in omaggio a questi valori è installato nella anticamera della presidenza del Consiglio, da anni funziona a pieno regime un governo ombra, quello terzogenderista dell’UNAR. Un ufficio che ha lavorato con impegno instancabile, e indubbia coerenza personale, alla attuazione del «Piano» (sic) elaborato già sotto i fasti renziani e boschiani, per la imposizione capillare nella società in generale e nella scuola in particolare, di tutto l’armamentario omosessista.

 

Il cavallo di battaglia di questa benemerita entità governativa è la difesa dei «diritti delle coppie dello stesso sesso», dove sia il «diritto», che la «coppia» hanno lo stesso senso dei famosi cavoli a merenda.

 

Ecco dunque un esempio significativo ed eccellente di quella desertificazione della politica per cui il governo ombra guidato da interessi particolari in collaborazione e in sintonia con centri di potere radicati in istituzioni sovranazionali, possa resistere ad ogni cambio di governo istituzionale senza che ne vengano disinnescati potere e funzioni.

 

I partiti, dismessi gli apparati ideologici, e omogeneizzati nella sostanza, sono ridotti a «parti», alla moda di quelle fiorentine che pure un qualche ideale di fondo ce l’avevano, anche se tutte si assestavano su un gioco di potere.

 

Qui prevale il gioco dei quattro cantoni, dove tutti sono guidati dall’utile di parte che coincide a seconda dei casi con l’utile politico personale o ritenuto tale. Un utile calcolato tra l’altro senza vera intelligenza politica ovvero senza intelligenza tout court. Anche chi si è abbigliato di principi non negoziabili, alla bisogna può negoziare tutto, perché secondo il noto Principio della Dinamica Politica, «Tutto vale fino ad un certo punto».

 

Tajani, insieme a Rossella O’Hara ci ha offerto il compendio di tutta la filosofia occidentale contemporanea. Quindi dobbiamo stare sereni. Ma i genitori attoniti devono comprendere che quei libretti e questa scuola non sono caduti dal cielo. Sono il frutto di una politica diventata capace di tutto perché incapace a tutto sotto ogni bandiera.

 

Patrizia Fermani

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Continua a leggere

Pensiero

Putin: il futuro risiede nella «visione sovrana del mondo»

Pubblicato

il

Da

Le nazioni devono basarsi sulle proprie tradizioni storiche e spirituali, oltre che su una «visione sovrana del mondo», mentre plasmano il loro avvenire, ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin in un messaggio scritto ai partecipanti del II Simposio Internazionale «Inventare il Futuro» a Mosca. L’evento, in programma il 7 e 8 ottobre, accoglierà oltre 7.000 partecipanti provenienti da quasi 80 Paesi.   Discussioni aperte e innovative sul futuro dell’umanità supportano i governi nel rispondere adeguatamente alle nuove sfide, ha osservato il presidente russo. «Le conclusioni e i risultati di un dialogo così profondo e sostanziale sono di grande valore», ha aggiunto Putin. «Sono fiducioso che dobbiamo creare il nostro futuro sulla base di una visione del mondo sovrana».   Promosso su iniziativa del presidente russo, il simposio comprende circa 50 eventi, organizzati in tre aree tematiche: società, tecnologia e cooperazione globale. Il forum ospiterà oltre 200 relatori provenienti da Russia, Cina, Stati Uniti, Italia e da Paesi di Africa, America Latina, Medio Oriente e Sud-est asiatico, che discuteranno di temi che spaziano dalle sfide demografiche all’intelligenza artificiale (IA) e all’esplorazione spaziale.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Nel primo giorno del simposio si è svolta una tavola rotonda incentrata sul futuro delle tecnologie di intelligenza artificiale e sul loro potenziale di diventare non solo uno strumento professionale di nicchia, ma una base per un’infrastruttura globale e un nuovo «linguaggio della realtà» per governi e imprese private.   Un altro dibattito tenutosi martedì si è concentrato sulle prospettive di collaborazione tra Russia e Africa nei prossimi decenni, fino al 2063. Mosca mira a rafforzare i legami con il continente, promuovendo attivamente la condivisione di tecnologie con le nazioni africane, contribuendo a garantire la sicurezza regionale e sostenendo la sovranità degli attori locali, oltre a favorire un approccio più equo nelle relazioni internazionali.   Al forum del Club Valdai, a Sochi, giorni prima Putin aveva parlato dei «valori tradizionali» anche in merito alla «disgustosa atrocità» dell’assassinio di Charlie Kirk.   «Sapete, questa disgustosa atrocità, e ancora di più, dal vivo», ha detto Putin a un forum organizzato dal Valdai Discussion Club a Sochi, in Russia. «In effetti, l’abbiamo vista tutti, ma non so, è davvero disgustoso. Era orribile». «Prima di tutto, naturalmente, porgo le mie condoglianze alla famiglia del signor Kirk e a tutti i suoi cari», ha continuato il leader russo. «Siamo solidali e solidali, soprattutto perché ha difeso quei valori tradizionali».   Putina aveva aggiunto che la sparatoria mortale è il segno di una «profonda frattura nella società», secondo Reuters. «Negli Stati Uniti, non credo ci sia bisogno di aggravare la situazione all’esterno, perché la leadership politica del Paese sta cercando di ristabilire l’ordine a livello nazionale», ha affermato Putin.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
 
Continua a leggere

Pensiero

La questione di Heidegger

Pubblicato

il

Da

Negli scorsi mesi è scoppiata sul quotidiano La Verità una bizzarra diatriba riguardo ad un pensatore finito purtroppo per essere centrale nel nostro panorama filosofico accademico, Martin Heidegger (1889-1976), già noto per la collaborazione con il nazismo e per l’adulterio consumato con la celebre ebrea Hannah Arendt, all’epoca sua studentessa, e da alcuni, per qualche ragione, considerato come un filosofo «cattolico».

 

Un articolista con fotina antica a nome Boni Castellane (supponiamo si chiami Bonifazio, ma lo si trova scritto così, con il diminutivo, immaginiamo) ha cominciato, con un pezzo importante, a magnificare le qualità dell’Heidegger lo scorso 17 agosto:«Omologati e schiavi della Tecnologia – Heidegger ci aveva visti in anticipo».

 

Giorni dopo, aveva risposto un duo di autori, tra cui Massimo Gandolfini, noto, oltre che la fotina con il sigaro, per aver guidato (per ragioni a noi sconosciute) eventi cattolici di odore vescovile, che come da programma non sono andati da nessuna parte, se non verso la narcosi della dissidenza rimasta e il compromesso cattolico. Sono seguite altri botta e risposta sul ruolo del «sacro» secondo l’Heideggerro e la sua incompatibilità con il cristianesimo.

 

Il Gandolfini e il suo sodale scrivono, non senza ragione, che «il dio a cui si riferisce Heidegger non è il nostro». Una verità non nota agli intellettuali cattolici che, in costante complesso di inferiorità nei confronti del mondo, hanno iniziato ad importare il pensatore tedesco dalle Università italiane – dove ha tracimato, dopo un progetto di inoculo sintetico non differente da quello avutosi con Nietzsche – per finire addirittura nei seminari.

Sostieni Renovatio 21

Il progetto, spiegava anni fa Gianni Collu al direttore di Renovatio 21, era del tutto identico a quello visto con Nietzsche, recuperato dall’ambito della cultura nazista, purgato nell’edizione Adelphi di Giorgio Colli e Mazzino Montinari – la cura dell’opera omnia nicciana arriva prima in italiano che in tedesco! – e servito alla massa del ceto medio riflessivo italiota, e mondiale, per distoglierlo dal marxismo e introdurre elementi di irrazionalismo e individualismo nichilista nella vita del popolo – di lì all’esoterismo di massa, il passo diventa brevissimo.

 

Con Heidegger si è tentato un lavoro simile, ma Collu aveva profetizzato allo scrivente che stavolta non avrebbe avuto successo, perché era troppo il peso del suo legame con l’hitlerismo, e troppa pure la cifra improponibile del suo pensiero. Di lì a poco, vi fu lo scandalo dei cosiddetti «Quaderni neri», scritti ritenuti inaccettabili che improvvisamente sarebbero riemersi – in verità, molti sapevano, ma il programma di heidegerizzare la cultura (compresa quella cattolica) imponeva di chiudere un occhio, si vede. Fu ad ogni modo divertente vedere lo stupore di autori e autrici che avevano dedicato una buona porzione della carriera allo Heidegger – specie se di origini ebraiche.

 

L’incompatibilità di Heidegger – portatore di una filosofia oscura e disperata – con il cattolicesimo è, comunque, totale. Di Heidegger non vanno solo segnalati i pericoli, va combattuto interamente il suo pensiero, che altro non è se non un ulteriore sforzo per eliminare la metafisica, e quindi ogni prospettiva non materiale – cioè spirituale – per l’uomo.

 

Molto vi sarebbe da dire sul personaggio, anche a partire dal suo dramma biografico. Lasciamo qui la parola al professor Matteo D’Amico, che ha trattato il tema dell’influenza di Heidegger nel mondo cattolico, e la difformità di questo personaggio e del suo pensiero, in un intervento al Convegno di studi di Rimini della Fraternità San Pio X nel 2017.

 

 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

Immagine di Landesarchiv Baden-Württemberg, Staatsarchiv Freiburg W 134 Nr. 060680b / Fotograf: Willy Pragher via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

 

 

Continua a leggere

Più popolari