Scuola
«Sistema di orientamento» scolastico e desovranizzazione famigliare: sarete voi a decidere a che scuola mandare i vostri figli?
Renovatio 21 pubblica questo comunicato di ContiamoCi.
Il ministro Valditara, in linea con il programma già enunciato dalla TreeLLLe, getta le basi per rendere sempre più vincolante l’orientamento per la scuola superiore, così limitando la libertà di scelta del singolo studente e della sua famiglia.
Il governo di quelli che si erano presentati all’elettorato come i difensori della famiglia sta dandosi molto da fare per annientarne le prerogative, soprattutto in ambito educativo. Come abbiamo visto, le scuole di ogni ordine e grado, sotto l’etichetta di «educazione alle relazioni», sono state inondate di corsi volti a imporre modelli di comportamento e imperativi morali, conculcando in un colpo solo tanto la libertà educativa della famiglia, quanto la libertà di pensiero del singolo individuo in via di formazione.
Tutto questo avviene a scapito dell’insegnamento delle materie fondamentali, per cui viene da chiedersi se avanzerà qualche ora per l’italiano e la matematica, la storia e la filosofia: la didattica disciplinare sta diventando l’eccezione, in una scuola dove si fa tutto fuorché scuola.
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Come se non bastasse, ora assistiamo alla stretta sul cosiddetto «orientamento». Il 26 febbraio 2024, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in seno a un nuovo «decreto legge PNRR», alcune misure proposte dal ministro dell’istruzione e del merito, tra le quali spicca quella relativa, appunto, al «Sistema di orientamento», con cui – come è scritto nel sito del MIM – «si valorizza il consiglio di orientamento, rilasciato dalle istituzioni scolastiche agli alunni della classe terza della Scuola secondaria di I grado, demandando a un decreto del Ministro l’adozione di un modello unico nazionale di consiglio di orientamento, da integrare nell’E-Portfolio».
La dicitura in sé è sfumata e non brilla per trasparenza. Ma un supporto ermeneutico ci è offerto dal programma contenuto nei quaderni della associazione TreeLLLe (Life Long Learning) e in particolare nel quaderno n. 15 del 2019 intitolato «Il coraggio di ripensare la scuola», nel cui frontespizio, tra gli «eminent advisor», figura anche l’attuale ministro Valditara.
La TreeLLLe – si legge nella presentazione – è «un think tank che…si pone come “ponte” per colmare il distacco che sussiste nel nostro paese tra ricerca, opinione pubblica e pubblici decisori, distacco che penalizza l’aggiornamento e il miglioramento del nostro sistema educativo» perché «c’è bisogno di una scuola diversa per fronteggiare le sfide del XXI secolo. Ed il tempo stringe».
Di fatto, l’associazione ha preconizzato (o formulato?) tutte le riforme che hanno investito la scuola da un ventennio a questa parte.
Quindi, i contorni della nuova misura sull’orientamento infilata obliquamente nell’ultimo decreto legge (si tratta, evidentemente, di caso straordinario di necessità ed urgenza) si possono meglio definire alla luce del quaderno della TreeLLLe che, da pag. 94, tratta del tema sotto il titolo «Elementi per un curricolo ordinamentale orientato al successo formativo: la proposta di TreeLLLe».
Tale proposta prevede: l’ingresso a scuola precoce (ad almeno tre anni) e obbligatorio, «per ridurre il condizionamento sociale, familiare e ambientale»; l’obbligatorietà del tempo lungo, «per massimizzare l’influenza della formazione scolastica e ridurre al minimo i condizionamenti socio-economici esterni» e «accompagnare la crescita emotiva e intellettuale della persona»; prevede anche l’orientamento agli studi secondari superiori come scelta della scuola, condotta sulla scorta degli spunti raccolti «dai formatori per diagnosticare le inclinazioni naturali dei singoli».
Sul punto la TreeLLLe prescrive che l’ultimo anno di scuola media debba riservare spazi e attenzione significativi all’orientamento, con il concorso anche di specialisti esterni (tipo consulenti del lavoro) e stabilisce che «una volta messa a punto, [l’indicazione] deve risultare vincolante, o almeno difficilmente superabile da un’impuntatura del singolo».
Ma non è finita. La TreeLLLe prevede anche che «in una fase transitoria, per far “digerire” la novità, si può pensare ad una istanza di appello di secondo livello, davanti a cui le famiglie potrebbero portare eventuali motivi di opposizione alla scelta indicata dalla scuola. Sedi di appello – tuttavia – dovrebbero essere “terze”, cioè composte di rappresentanti delle scuole e delle famiglie e non dai diretti interessati».
La TreeLLLe ci spiega infine la ratio del proprio programma. «Il senso di questa proposta è chiaro, ancorché forse dirompente per le nostre abitudini. Una scelta fatta da persone competenti e non influenzate da fattori emotivi individuali ha maggiori probabilità di riuscire corretta. E, d’altra parte, non ha senso dedicare tempo, risorse e attenzione a studiare le inclinazioni e le potenzialità del ragazzo per poi permettergli di “farsi del male” da solo, per una malintesa forma di rispetto della sua libertà, che somiglia a una abdicazione alla responsabilità educativa. La libertà è il punto di approdo di un processo formativo, non il suo presupposto a prescindere».
Il quaderno della TreeLLLe (di cui il ministro Valditara è «eminent advisor») ben chiarisce l’orizzonte entro il quale va letta la misura adottata su iniziativa del ministro Valditara: un orizzonte di desovranizzazione familiare e di compressione della libertà individuale.
Un orizzonte che oggi si è pure arricchito della figura dell’orientatore (il patentino da orientatore si ottiene dopo aver frequentato un corso online di 20 ore sulla piattaforma Indire); e di strumenti algoritmici (E-Portfolio) in grado di immortalare la schedatura dello studente nelle banche dati.
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Ciò significa che delle sorti e della vita futura di un ragazzino di 13 anni deciderà non più la famiglia che lo ha cresciuto e che gli vuole bene, ma una commissione di sconosciuti, in raccordo con docenti orientatori e tutor la cui funzione specifica – appresa in poche ore di formazione sommaria – consiste nell’assicurare l’operatività della cinghia di trasmissione attraverso cui sono progressivamente introdotte nella fisiologia della scuola logiche riduttive, paternalistiche e occupazionali del tutto estranee a quelle che dovrebbero sovrintendere alla scelta dell’indirizzo di studio.
Dei fisiologici cambiamenti che avvengono in quella fascia di età, più o meno prevedibili e più o meno repentini, così come più in generale degli articolati processi di sviluppo e maturazione della personalità individuale che solo la famiglia conosce, dalle parti del MIM non si tiene conto.
La confusione di idee che affligge gli «esperti» è ben espressa nel seguente passaggio del citato Quaderno (pag. 98): «l’età che comincia intorno ai 14 anni è quella in cui l’individuo si riconosce come tale e costruisce, per tentativi ed errori, la propria fisionomia intellettuale. Proporgli una formula indifferenziata, o poco differenziata, non lo aiuta in questo processo. È molto più utile metterlo di fronte a scelte nette, in cui possa riconoscersi o possa scartare. Dopo di che, i percorsi devono essere realmente alternativi fra loro, per dare spazio alle inclinazioni personali».
Dove si tenta di giustificare l’ingerenza nelle scelte individuali e familiari attraverso un discorso sconnesso e contraddittorio che sfacciatamente ribalta ogni considerazione di buon senso: è semmai una formazione culturale generale e polivalente, infatti, quella capace di fornire nel tempo e senza fretta gli strumenti per comprendere liberamente le proprie attitudini, le proprie inclinazioni, le proprie passioni, e la propria vocazione. Non certo una prematura deviazione specialistica, tanto meno stabilita da estranei.
ContiamoCi! segnala la gravità della deriva imboccata dal ministero, che sempre più tende a espropriare la famiglia dei suoi naturali compiti educativi secondo modelli di matrice totalitaria. Invita genitori, docenti e studenti a contrastare ogni indebita intrusione nelle scelte di vita dei più giovani. Non è lo Stato a dover decidere del loro futuro! Non è lo Stato a dover reprimere i loro sogni!
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Intelligenza Artificiale
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Gender
Educazione sessuale: la farsa e la vergogna
Questo non è un articolo, questo è uno sfogo. Perché non se ne può più.
Negli ultimi giorni impazza la polemica (una gigantomachia) sull’impiego del fondo da mezzo milione di euro che la legge di bilancio – accogliendo un emendamento proposto dal segretario di Più Europa Luca Magi ed evidentemente votato anche da più di qualcuno nella maggioranza – avrebbe stanziato per promuovere nelle scuole corsi di educazione sessuale e affettiva e salute sessuale.
Da qualche lustro a questa parte, con furia crescente, l’argomento sesso è diventato l’ossessione di tutti i benpensanti: radicali e clericali, estremisti e moderati.
Insomma, non sei una bella persona se non sali sul carro degli educatori aggiornati per i quali il sesso sta sopra ogni cosa e, soprattutto, rappresenta la prospettiva principe da inculcare il prima possibile a incolpevoli scolaretti in erba e poi, con virtuosismi all’altezza delle bassezze con cui già si stordiscono in rete, a ragazzini per lo più incapaci di intendere e di volere perché ignoranti di tutto il resto.
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È tragicamente esilarante osservare lo scontro in atto tra squadre di titani che manco si accorgono di portare acqua allo stesso identico mulino, ma strillano e si insolentiscono a vicenda. Come i proverbiali cecàti che fanno a pietrate.
Quelli del governo tuonano: «nessuno spazio nella scuola, né oggi né mai, per chi vorrebbe propagandare l’ideologia gender», e si premurano persino di rassicurare le mamme e i papà che l’educazione sessuale è nelle loro mani e non in quelle «di docenti politicizzati ed esperti esterni». Sorge spontanea la domanda: ma costoro dove vivono?
Qualcuno infatti dovrebbe spiegare al roboante onorevole incaricato di arringare il Parlamento come le scuole, tutte, siano invase da invasati che vi trovano praterie indifese da colonizzare perché nessuno ha più il coraggio di mettersi di traverso se non sussurrando piano piano all’orecchio del dirigente che, forse, sarebbe più adeguato evitare la promozione del sadomaso e fermarsi al capitolo precedente del prontuario.
Qualcuno dovrebbe anche riferire al gagliardo onorevole che il contagio della carriera alias corre ovunque indisturbato, dal momento che se non l’abbracci hai l’anello al naso o sei rimasto nel Medioevo, e invece oggi ogni virgulto deve decidere in libertà di cambiarsi il nome se per caso si sente altro da sé, perché il sesso è un’opinione.
Qualcuno dovrebbe far sapere inoltre, all’onorevole tonitruante, che i genitori e i docenti che hanno ancora la forza di guardare in faccia lo sfacelo sono completamente disarmati davanti all’onda di piena che ormai travolge ogni singola scuola con lezioncine desolanti di desolanti esperti certificati, reclutati a occupare fette sempre più estese dell’orario curricolare.
Qualcuno, se può, avvisi l’onorevole. Anche se basterebbe perlustrasse lui stesso la vetrina di qualche scuola a caso, per vedere a chi sono appaltati questi benedetti corsi, generalmente a scatola chiusa perché l’appaltatore si chiama «esperto» e degli esperti ci si deve fidare. Si accorgerebbe che il circo è gestito dalle associazioni più improbabili, come quelle composte «da professionist3 (non è un errore di battitura, ndr) della salute» che si autoqualificano come «queer, trans, neurodivergenti, non monogame, kinky», e chi non sa cosa significhi kinky è caldamente invitato ad andarlo a vedere.
In ogni caso, sappia l’onorevole che nel nostro piccolo possiamo fornirgli tonnellate di materiale degradante spacciato per programma educativo.
Ma torniamo alla gigantomachia.
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Sempre la maggioranza di governo, fingendo di non conoscere la realtà delle cose (o non conoscendola proprio: non si sa delle due quale sia l’ipotesi peggiore) cerca di tenere insieme la capra con i cavoli e decide che quei fondi, già approvati su iniziativa di Più Europa, saranno destinati a formare i docenti «in via prioritaria sulle tematiche della fertilità maschile e femminile, con particolare riferimento all’ambito della prevenzione dell’infertilità»; e solo in via subordinata serviranno alla salute sessuale e alla educazione sessuale.
Pensano in tal modo, e probabilmente a ragione, di tacitare gli strilloni in servizio permanente dalla galassia sedicente pro-life e clericale, i quali esulteranno perché finalmente abbiamo un governo che incentiva le nascite e non saranno sfiorati dall’idea che l’unico business pro vita che tira, nell’ora presente, è quello della vita sintetica: vale a dire provette per tutti (compresi i diversamente praticanti di cui sopra), commercio di gameti, selezioni e manipolazioni genetiche – ossia l’industria della riproduzione artificiale. Che è esattamente il traguardo auspicato dai tifosi del sesso alternativo a quello fertile secondo le insuperabili leggi della biologia; è esattamente agli antipodi del miracolo della vita.
Intanto l’opposizione, anch’essa fingendo di non capire un tubo (o davvero non capendolo), si strappa i capelli e grida all’operazione sporca della maggioranza, alla sconcertante retromarcia frutto di una «politica manipolatrice votata a soddisfare la fissazione sessuofobica di certa destra».
Insomma una sceneggiata, un manicomio a cielo aperto conteso tra (stando alle accuse incrociate) maniaci sessuali da una parte e sessuofobi dall’altra.
E non è finita. Infatti, nel mentre che quelli litigano (o fingono di litigare), il titolare del dicastero dell’istruzione firma nientemeno che un protocollo di intesa coll’intraprendente genitore – originale interprete del lutto – della povera Giulia, diventato d’improvviso fondazione.
Il fine dell’accordo tra il ministero della pubblica (si ribadisca: pubblica) istruzione e la neonata fondazione privata in sfolgorante carriera sarebbe quello di avviare una collaborazione «per la definizione di progettualità» volte ad «affermare la cultura del rispetto verso ogni persona e in particolare verso le donne» tra studentesse e studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Il che, come abbiamo visto, significa una cosa tanto semplice e chiara, quanto demenziale: convincere i maschi a sentirsi colpevoli di essere maschi, cioè ad essere fatti sbagliati.
Non che si tratti di una trovata nuova. Ricordiamo che, a ridosso del tragico fatto di cronaca e sulla spinta dell’inusitato clamore mediatico montatoci intorno, lo stesso titolare dello stesso ministero si era lanciato – sempre in applicazione (bisogna riconoscere, creativa) della logica della capra e dei cavoli, ovvero del diavolo e dell’acqua santa – nell’impresa surreale di piazzare una suora e una lesbica a capo dei programmi di educazione al rispetto e affettiva nelle scuole italiane. Ma siccome fu linciato da destra e da sinistra, dall’alto e dal basso, si rimangiò subito l’ideona.
Ancora, ben prima, ricordo anni fa quel mio figlio allora liceale che, dopo una delle istruttive psicolezioni della psicoesperta arruolata dalla scuola, tornò a casa comunicando la fine dell’epoca in cui uno nato maschio poteva provare a corteggiare una fanciulla (tipo regalandole un fiore, o dicendole che è bellissima, letteralmente) perché, nel nuovo orizzonte rispettoso di tutte di tutti e di tutt*, i gesti classici del corteggiamento sono inclusi d’ufficio nell’elenco delle offese capaci di integrare forme di implicita violenza nei confronti della destinataria, addestrata fin dalla culla e fino alla nausea a rivendicare la parità e l’uguaglianza, con le conseguenze del caso.
Non era un’iperbole, i maschi lo sanno. E in effetti, stando così le cose, si sentiva davvero la mancanza del nuovo protocollo Cecchettin.
Ma in democrazia, si sa, decidono i sondaggi e, come ci informano i giornaletti di regime, «il 78% dei giovani vorrebbe una maggiore presenza dell’educazione sessuale a scuola, che è considerata troppo ingessata sui programmi». Ma guarda tu che sorpresa. L’argomento è decisivo quasi quanto la preghiera di Lilli Gruber dal pulpito televisivo: «Per favore, politici, date l’educazione sessuale come materia obbligatoria nelle scuole italiane». Amen.
Come che sia, risultato della gigantesca operazione è che a scuola entrano esemplari di ogni genere a pontificare senza alcun controllo di sesso e dintorni, e di mille altre scemenze assortite, al riparo del loro patentino di esperti. Qualcuno nei palazzi, a buoi scappati, ricordandosi di aver vinto le elezioni con la promessa – tra le altre – di arginare la follia genderista, cerca tardivamente di metterci una pezza con la storia buffa del contrasto all’infertilità, ben sapendo che in ogni caso i rinforzi arrivano dalle retrovie col protocollo Cecchettin.
Ma ci chiediamo: tra tutti questi signori che, berciando e straparlando, decidono le sorti dei figli altrui, davvero a nessuno passa per la testa l’ovvia considerazione – peraltro dimostrata sia empiricamente sia scientificamente – che l’overdose di sesso ammannito in tutte le salse sortisca l’effetto paradosso di uccidere il desiderio e, in abbinata alla criminalizzazione dell’universo maschile, finisca per castrare in via definitiva una generazione intera? Si può dire vergognatevi tutti?
Anche perché in questo miserando teatrino fanno tutti finta di non sapere (o davvero non sanno?) che la scuola italiana – dove ormai si fa tutto fuorché scuola – versa in uno stato comatoso. E i poveri scolari arrivano alla maggiore età senza saper impugnare la penna, senza essere in grado di articolare una frase minima grammaticalmente corretta e munita di senso compiuto; di comprendere il significato di parole eccedenti un repertorio sempre più scarno (e sempre più squallido); di afferrare periodi complessi; di usare più di un modo verbale diverso dall’indicativo e di un tempo diverso dal presente; di distinguere un soggetto da un predicato, un aggettivo da un pronome. L’italiano letterario è diventato di fatto una lingua straniera, la geografia e la storia sono state abolite, la matematica non va oltre i test a crocette.
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La devastazione è sotto gli occhi di chiunque, eppure non si trova nulla di meglio da fare che incrementarla con carichi sempre nuovi di stronzate scolastiche vestite in ghingheri e accompagnate dalla colonna sonora di slogan precotti e irriflessi, quegli stessi che girano in TV e nei social che rintronano là fuori.
Il pretesto truffaldino di tenere la scuola al passo con i tempi – barbarie incluse – rimpinzandola di paccottiglia balorda e svuotandola del sapere, delle discipline e del ragionamento, serve a privare irreparabilmente le nuove generazioni delle chiavi di accesso a uno sterminato patrimonio culturale e spirituale sedimentato lungo un passato grande e maestro; un tesoro che per questa via viene correlativamente e fatalmente lasciato morire.
Invece è proprio entrando lì dentro che si impara il rispetto per le cose umane, levigato dal lungo flusso della vita e di un’esperienza tramandata, e immortalato in opere eterne; ed è precisamente questo il servizio fondamentale, e insostituibile, che una scuola degna del suo nome è chiamata a onorare.
Impedire a chi ci succede l’accesso a queste stanze è un crimine di portata epocale della cui responsabilità in molti porteranno il peso.
Elisabetta Frezza
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Gender
Educazione sessuale, la Francia dietro a Oms e Onu
Promozione della «salute sessuale»
La «salute sessuale» è stata regolarmente promossa a livello globale come diritto umano fondamentale dalle Nazioni Unite dal 2012, ed è definita dall’OMS come «uno stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale in termini di sessualità». In Francia, la prima strategia nazionale per la salute sessuale è stata lanciata nel 2017 e durerà fino al 2030. I progressisti cercano di promuovere i famosi standard per l’educazione sessuale in Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Costantemente contestate, hanno costretto l’OMS a difendersi, senza fugare i dubbi. E soprattutto vengono ripresi con discrezione, di nascosto, da organizzazioni che hanno ottenuto il diritto di intervenire nelle scuole. Dal lato dell’insegnamento privato sotto contratto che non può sfuggire ad un programma ufficiale, il desiderio è di mobilitazione: «È necessario che (i genitori degli studenti) entrino nei consigli scolastici per avere peso nelle istituzioni, in particolare attraverso la scelta dei relatori che fornirà queste sessioni (di educazione sessuale)», spiega Olivia Sarton, avvocato dell’associazione Juristes pour l’Enfance. Ma i margini di manovra restano molto limitati. Possiamo dire: «Faccio notare che imporre contenuti sessuali a un bambino che non dà il consenso è vietato dalla legge». Puoi preparare tuo figlio e dirgli che se qualche contenuto lo sciocca, deve lasciare la stanza. Ma è estremamente difficile per un bambino imporsi contro un adulto», riconosce l’avvocato. Attualmente le scuole non convenzionate sono più libere, perché liberate da ogni obbligo di rispettare i programmi scolastici ufficiali; i loro obblighi sono limitati alla scuola dell’obbligo e all’acquisizione da parte degli studenti della «base comune delle conoscenze». Una base che non prevede – nel momento in cui scriviamo – il degradante apprendimento della doxa progressiva in materia di immoralità. Articolo previamente apparso su FSSPX.news.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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