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Il vaccino contro il Rotavirus: un caso di studio sulla corruzione e la falsificazione del governo

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Renovatio 21 pubblica la traduzione di questo articolo di Children’s Health Defense, che dimostra incontrovertibilmente come l’industria del vaccino e il governo americano siano parti di un unico intreccio che inganna spudoratamente i cittadini esponendoli a rischi biologici esiziali. I principali media respingono i critici della politica pubblica sui vaccini chiamandoli «teorici della cospirazione», ma non è necessaria alcuna cospirazione per spiegare come possa essere vero il fatto che il CDC (l’ente che vigila sulle malattie infantili e quindi è coinvolto nella politica vaccinale americana) inganna a proposito dei vaccini. Il dottor Offit, di cui si parla nell’articolo, è una sorta di Burioni statunitense, con la differenza che a differenza del virologo italiano Offit ha avuto più successo accademico ed economico.

 

 

In un precedente articolo per Children’s Health Defense, intitolato «Perché non ci si può fidare del CDC sui vaccini», abbiamo esaminato come può essere vero il fatto che le agenzie governative stiano disinformando il pubblico sulla sicurezza e l’efficacia dei vaccini.

 

La sola possibilità è trattata dai media istituzionali come una «teoria del complotto», ma non è necessaria una teoria del genere per spiegarla. Al contrario, l’esistenza di distorsioni istituzionalizzate all’interno delle istituzioni mediche e della comunità scientifica è ben conosciuta nella letteratura scientifica e lo stesso Congresso ha criticato la corruzione endemica all’interno dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) e della Food and Drug Administration (FDA).

Un esempio particolarmente importante di corruzione e  falsificazione del governo: il caso del vaccino contro il Rotavirus.

 

Ad esempio, abbiamo visto come entrambe le agenzie siano state criticate nel giugno 2000 nella relazione su un’indagine avviata dalla Commissione per la Riforma del Governo all’interno della Camera dei Rappresentanti. L’indagine ha toccato un esempio particolarmente importante di corruzione e falsificazione del governo: il caso del vaccino contro il Rotavirus.

 

Tra i risultati dell’indagine del Congresso è riportato il fatto che tre dei cinque membri del Comitato Consultivo dell’FDA su Vaccini e Prodotti Biologici Correlati (VRBPAC) «che votarono per approvare il vaccino contro il Rotavirus nel dicembre 1997 avevano legami finanziari con le aziende farmaceutiche che stavano sviluppando versioni alternative del vaccino», come pure quattro degli otto membri dell’ACIP (Comitato Consultivo in materia di Pratiche di Immunizzazione) del CDC «che votarono per approvare le linee guida per il vaccino contro il Rotavirus nel giugno 1998 avevano legami finanziari con aziende farmaceutiche che stavano sviluppando diverse versioni del vaccino».

 

Faceva parte di quella metà dei membri dell’ACIP che aveva legami finanziari con le aziende farmaceutiche, mentre stava decidendo quale avrebbe dovuto essere la politica del CDC riguardo al vaccino contro il Rotavirus, un certo Dr. Paul Offit.

Il dottor Offit volta scrisse un editoriale per il New York Times accusando i genitori che scelgono di non vaccinare i loro figli di abusi su minori sulla base del fatto che Gesù, se fosse con noi oggi in carne ed ossa, sosterrebbe la vaccinazione forzata dei bambini contro la volontà dei loro genitori.

 

Corruzione e ipocrisia

Paul Offit è attualmente direttore del Vaccine Education Center dell’ospedale pediatrico di Philadelphia (CHOP). Ha anche la cattedra Maurice R. Hilleman in Vaccinologia, creata in onore dell’ex vicepresidente senior di Merck, che ha fornito una sovvenzione di 1,5 milioni di dollari all’ospedale e alla University of Pennsylvania per «accelerare il ritmo della ricerca sui vaccini».

 

Offit nell’ottobre 1998 aderì all’ACIP e per tre volte votò a favore delle decisioni relative all’uso del vaccino contro il Rotavirus, compresa una votazione per aggiungere il vaccino al programma «Vaccini per bambini» del CDC, il tutto condividendo al contempo la proprietà di un brevetto per un vaccino anti Rotavirus sviluppato nell’ambito di una sovvenzione di Merck.

 

Il vaccino di Offit (membro del comitato consultivo del CDC fino al giugno 2003) fu approvato dall’FDA nel 2006 con il marchio «RotaTeq». L’ospedale pediatrico di Philadelphia era elencato insieme a Offit tra i titolari di un certificato di deposito rilasciato dall’Ufficio Brevetti e Marchi degli Stati Uniti e l’ospedale vendette la sua partecipazione in RotaTeq nel 2008 con un accordo da cui Offit trasse grande profitto; egli stesso riconobbe di aver fatto «diversi milioni di dollari, un sacco di soldi».

 

Offit è anche un abituale «esperto» di vaccini per i media mainstream. Una volta scrisse un editoriale per il New York Times accusando i genitori che scelgono di non vaccinare i loro figli di abusi su minori sulla base del fatto che Gesù, se fosse con noi oggi in carne ed ossa, sosterrebbe la vaccinazione forzata dei bambini contro la volontà dei loro genitori.

 

Accadde così che nell’ottobre 1999 il primo vaccino contro il Rotavirus autorizzato negli Stati Uniti, RotaShield di Wyeth, venne ritirato dal mercato perché si era scoperto che causava intussuscezione [o invaginazione intestinale], una condizione spesso gravissima e potenzialmente fatale in cui una parte dell’intestino si inserisce in se stesso.

 

Mentre l’FDA dava istruzioni a Wyeth di concentrare i suoi studi di sicurezza post-marketing su aree specifiche, il rischio di intussuscezione non era tra questi…

 

Oltre ai conflitti di interesse all’interno del CDC, l’FDA aveva approvato RotaShield come «sicuro» nonostante gli studi clinici avessero dimostrato un aumento di intussuscezione nei neonati vaccinati.

 

Poiché l’aumento del rischio non aveva raggiunto un’importanza statistica, questo risultato venne respinto come «probabilmente dovuto al caso» dal comitato consultivo della FDA, che, ancora una volta, includeva tre membri su cinque legati a società farmaceutiche che stavano sviluppando vaccini contro il Rotavirus.

 

Inoltre, mentre l’FDA dava istruzioni a Wyeth di concentrare i suoi studi di sicurezza post-marketing su aree specifiche, il rischio di intussuscezione non era tra questi.

 

I ricercatori che monitoravano i dati di sorveglianza post-marketing disponibili al pubblico, tuttavia, presero in considerazione i rapporti di intussuscezione verificatisi dopo la vaccinazione e furono condotti studi che confermarono l’associazione tra la vaccinazione e un aumento del rischio del disturbo intestinale.

Furono condotti studi che confermarono l’associazione tra la vaccinazione e un aumento del rischio del disturbo intestinale.

 

Il portavoce del CDC John Livengood ha riassunto le conclusioni: «Riteniamo che ci sia una forte relazione causale tra il vaccino anti Rotavirus e l’intussuscezione. È di elevata entità»

 

Così il portavoce del CDC John Livengood riassunse le conclusioni: «Riteniamo che ci sia una forte relazione causale tra il vaccino anti Rotavirus e l’intussuscezione. È di elevata entità e sembra essere di circa uno su cinquemila bambini che vengono vaccinati con il vaccino».

 

Le stime vanno da uno su cinquemila a uno su diecimila. Prima di essere ritirato dal mercato, il vaccino era stato somministrato a mezzo milione di bambini. I dati di sorveglianza mostrarono che durante il suo breve periodo di utilizzo ci furono 98 rapporti confermati di intussuscezione legata al vaccino, oltre la metà dei quali richiese un intervento chirurgico e uno dei quali portò alla morte.

 

Quando il CDC il 22 ottobre 1999 votò per ritirare la sua raccomandazione all’uso di routine di RotaShield nei bambini, Paul Offit si astenne dal voto con la motivazione che avrebbe creato una «percezione» di conflitto di interessi per lui parteciparvi mentre svolgeva anche il ruolo di consulente per Merck, che stava sviluppando un vaccino in concorrenza con RotaShield di Wyeth.

 

Evidentemente egli considerava il suo evidente conflitto di interessi solo come un motivo per astenersi dal votare contro l’uso del vaccino, ma non per astenersi dal votare a favore.

Il CDC è essenzialmente una divisione di marketing e distribuzione dell’industria dei vaccini.

 

Il governo è l’industria dei vaccini

Come ulteriore elemento della vicenda, il virus utilizzato nella produzione di RotaShield fu sviluppato dal governo degli Stati Uniti.

 

Poiché lo sviluppo di un vaccino contro il Rotavirus era considerato una priorità dai ricercatori sin dalla scoperta del virus all’inizio degli anni ’70, il National Institutes of Health (NIH) creò un «virus riassortante vivo scimmiesco-umano» a tale scopo.

 

(Un virus riassortante è un virus contenente due o più frammenti di acido nucleico provenienti da diversi virus di origine, prodotto coinfettando una cellula con i ceppi parentali. Il virus scimmiesco in questo caso proveniva da una scimmia rhesus.)

Il governo USA non è tanto un «regolatore» dell’industria dei vaccini quanto parte integrante di essa

 

Il NIH quindi concesse in licenza a Wyeth l’uso della sua tecnologia vaccinale brevettata per RotaShield.

 

Sì, il governo degli Stati Uniti brevetta una tecnologia vaccinale e la concede in licenza a titolo oneroso ad aziende private. Ecco un altro esempio: il NIH concesse in licenza a Merck la tecnologia vaccinale per lo sviluppo del suo vaccino contro il Papilloma Virus (HPV), Gardasil.

 

Come si può vedere, il governo non è tanto un «regolatore» dell’industria dei vaccini quanto parte integrante di essa.

 

Il CDC stesso ha contratti con aziende farmaceutiche e, ad eccezione dei vaccini antinfluenzali, acquista più della metà dei vaccini per l’infanzia distribuiti negli Stati Uniti. Il CDC è essenzialmente una divisione di marketing e distribuzione dell’industria dei vaccini.

 

Per usare un po’ di ironia, il modo in cui il governo racconta la vicenda di RotaShield è un esempio lampante di come le burocrazie incaricate di garantire la sicurezza dei vaccini siano molto efficaci nel farlo.

 

Ma c’è di più!

Da allora numerosi studi hanno riscontrato che l’SV40 è associato ad un aumento del rischio di alcuni tipi di cancro negli esseri umani, compreso il linfoma non-Hodgkin.

Da allora numerosi studi hanno riscontrato che l’SV40 è associato ad un aumento del rischio di alcuni tipi di cancro negli esseri umani, compreso il linfoma non-Hodgkin.

 

Contaminazioni virali del vaccino anti Rotavirus

Nel marzo 2010, l’FDA consigliò di sospendere temporaneamente l’uso del vaccino anti Rotavirus di GlaxoSmithKline, Rotarix, perché fu trovato contaminato da un virus suino: il circovirus suino tipo 1 (PCV-1). Fu raccomandato, quindi, che i pazienti ricevessero invece il prodotto di Merck, RotaTeq.

 

Poco dopo RotaTeq risultò contaminato sia dal PCV-1 che dal circovirus suino di tipo 2 (PCV-2).

 

L’FDA rese pubblica questa scoperta il 6 maggio 2010. Ma piuttosto che consigliare di sospendere l’uso del RotaTeq fino a quando questa contaminazione non fosse stata risolta e la minaccia valutata, il 14 maggio la FDA raccomandò che gli operatori sanitari riprendessero l’uso di Rotarix insieme a quello mai sospeso del RotaTeq con la motivazione che non vi era un rischio noto per gli esseri umani legato a questi virus.

 

Tra l’altro, uno dei contributi scientifici di Maurice R. Hilleman, l’ex vice presidente di Merck in onore del quale venne creata la cattedra di Paul Offit, fu la sua scoperta, fatta nel 1960, che il vaccino antipolio sia del tipo a virus vivo che quello inattivato in uso negli USA erano contaminati da un virus delle scimmie noto come simian virus 40 (SV40). Nel maggio dell’anno successivo, il National Institutes of Health (NIH) si riunì per discutere la questione, con la raccomandazione di non ritirare i vaccini in quanto il virus non presentava alcun rischio noto per l’uomo.

 

Da allora numerosi studi hanno riscontrato che l’SV40 è associato ad un aumento del rischio di alcuni tipi di cancro negli esseri umani, compreso il linfoma non-Hodgkin.

La percezione che agenzie governative come l’FDA e il CDC agiscano nell’interesse della salute pubblica e «regolamentino» l’industria è illusoria

 

Conclusione

Il modo in cui il governo racconta la storia del vaccino contro il Rotavirus è un esempio lampante di come le agenzie incaricate di salvaguardare la salute pubblica abbiano reagito rapidamente alla scoperta di potenziali danni derivanti da un vaccino presente sul mercato.

 

La realtà è che il governo ha approvato il primo vaccino anti Rotavirus e lo ha aggiunto alla lista di vaccini che i bambini sono tipicamente tenuti a ricevere per frequentare la scuola pubblica, nonostante gli studi clinici di sicurezza avessero indicato che avrebbe potuto causare intussuscezione.

 

Il fatto che l’FDA non abbia richiesto ulteriori studi con maggiore valore statistico per determinare se l’aumento del rischio fosse «dovuto al caso» o reale, ma si sia accontentato della conclusione errata che il vaccino «probabilmente» non causava questa condizione dolorosa e potenzialmente mortale nei bambini, è un chiaro esempio di come il governo ponga gli interessi dell’industria farmaceutica al di sopra degli interessi del pubblico.

 

E questo non dovrebbe sorprendere, anche dal momento che tre dei cinque membri del comitato consultivo per i vaccini dell’FDA, che votarono per approvare il vaccino, avevano legami finanziari con l’industria.

Tre dei cinque membri del comitato consultivo per i vaccini dell’FDA, che votarono per approvare il vaccino, avevano legami finanziari con l’industria.

 

Non dovrebbe stupire, quindi, che dopo il ritiro del primo vaccino contro il Rotavirus, l’FDA ne abbia approvati altri due, nonostante entrambi fossero contaminati da uno o più virus suini.

 

Non sorprende nemmeno il fatto che il CDC abbia spinto il vaccino al pubblico, dato che i membri del comitato consultivo per i vaccini del CDC avevano legami finanziari con le aziende farmaceutiche che stavano sviluppando vaccini alternativi contro il Rotavirus.

 

La percezione che agenzie governative come l’FDA e il CDC agiscano nell’interesse della salute pubblica e «regolamentino» l’industria è illusoria. La realtà è che il governo è in larga misura l’industria dei vaccini.

 

Sia il governo che l’industria influenzano fortemente la scienza, con il risultato di provocare una distorsione istituzionalizzata che favorisce la politica pubblica dei vaccini e considera la vaccinazione come soluzione per un numero crescente di malattie trasmissibili, al prezzo dell’opportunità di studiare alternative e di educare semplicemente le persone a rafforzare naturalmente il proprio sistema immunitario, anche attraverso una corretta alimentazione ed esercizio fisico ed evitando esposizioni tossiche.

Sia il governo che l’industria influenzano fortemente la scienza, con il risultato di provocare una distorsione istituzionalizzata che favorisce la politica pubblica dei vaccini

 

Il governo inoltre inganna il pubblico su ciò che la scienza afferma a proposito della sicurezza ed efficacia dei vaccini raccomandati, il che può essere dovuto non solo alla distorsione istituzionalizzata, ma anche alla corruzione endemica all’interno delle agenzie.

 

Questo problema è aggravato dal fatto che i principali media istituzionali appoggiano la politica pubblica su questo tema piuttosto che fare giornalismo, attaccando piuttosto che affrontare in modo concreto gli argomenti e le legittime preoccupazioni di chiunque osi criticare o dissentire dalle raccomandazioni di routine del CDC sulle vaccinazioni dell’infanzia e dalle leggi statali che violano il diritto dei genitori al consenso informato, rendendo questi vaccini obbligatori per l’accesso dei bambini all’istruzione pubblica.

 

 

Jeremy R. Hammond, scrittore e collaboratore di Children’s Health Defense

 

© 5 febbraio 2019, Children’s Health Defense, Inc. Questo lavoro è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

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Vaccini antinfluenzali collegati a un elevato rischio di ictus negli anziani: studio della FDA

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Alcune persone che hanno ricevuto un vaccino contro il COVID-19 erano a maggior rischio di ictus, ma un’analisi ha rilevato che il rischio era collegato alla vaccinazione antinfluenzale, hanno affermato i ricercatori della Food and Drug Administration (FDA) statunitense in un nuovo studio. Lo riporta la testata statunitense Epoch Times.

 

I ricercatori, analizzando i dati del programma sanitario pubblico americano Medicare, hanno rilevato un elevato rischio di ictus tra gli anziani a seguito della somministrazione di un vaccino bivalente contro il COVID-19 e disponibile dall’autunno del 2022 all’autunno del 2023.

 

Gli studiosi avrebbero scoperto che «c’era un rischio elevato di ictus non emorragico o attacco ischemico transitorio nelle persone di età pari o superiore a 85 anni dopo la vaccinazione bivalente Pfizer e nelle persone di età compresa tra 65 e 74 anni dopo la vaccinazione Moderna» scrive Epoch Times. I ricercatori hanno quindi esaminato quali persone hanno ricevuto un vaccino antinfluenzale contemporaneamente a un vaccino COVID-19 e avrebbero visto che il rischio elevato persisteva solo tra le persone che avevano ricevuto i vaccini contemporaneamente.

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I vaccini antinfluenzali ad alte dosi sono destinati principalmente agli anziani, mentre i vaccini antinfluenzali adiuvati sono un altro tipo di vaccino antinfluenzale.

 

«Il significato clinico del rischio di ictus dopo la vaccinazione deve essere attentamente considerato insieme ai benefici significativi derivanti dalla vaccinazione antinfluenzale», hanno affermato i ricercatori, aggiungendo in seguito che «sono necessari ulteriori studi per comprendere meglio l’associazione tra vaccinazione antinfluenzale ad alte dosi o adiuvata e ictus».

 

Lo studio è stato pubblicato dal Journal of American Medical Association. In precedenza era stato archiviato come preprint.

 

Le limitazioni includono l’esclusione dei casi affetti da COVID-19 nei 30 giorni precedenti l’ictus nonché la limitazione dello studio alle persone vaccinate. Il metodo utilizzato dai ricercatori, una serie di casi autocontrollati, ha utilizzato le persone vaccinate sia come gruppo primario che come gruppo di controllo.

 

I ricercatori hanno considerato gli ictus verificatisi entro 42 giorni dalla vaccinazione come possibilmente collegati alla vaccinazione, mentre gli ictus verificatisi tra 43 e 90 giorni dopo la vaccinazione come non correlati alla vaccinazione.

 

Il documento includeva casi di ictus tra il 31 agosto 2022 e gennaio o febbraio 2023, a seconda del tipo di ictus. Dopo le esclusioni, sono stati inclusi 11.001 casi di ictus.

 

Gli unici conflitti di interesse elencati dai ricercatori riguardavano il fatto che alcuni di loro lavoravano per Acumen. Il documento è stato finanziato dalla FDA attraverso un accordo di cui Acumen è l’appaltatore. «La FDA ha avuto un ruolo nella progettazione e nella conduzione dello studio; interpretazione dei dati; preparazione, revisione o approvazione del manoscritto; e decisione di sottoporre il manoscritto per la pubblicazione. La FDA non ha avuto alcun ruolo nella raccolta, gestione o analisi dei dati», secondo lo studio.

 

Il possibile rischio di ictus per il vaccino bivalente della Pfizer e per gli anziani è stato segnalato per la prima volta all’inizio del 2023, scrive ET. La FDA e i Centri statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) hanno affermato che all’epoca era apparso un segnale di sicurezza in un sistema di monitoraggio del governo. Il CDC ha successivamente affermato che i dati del sistema suggerivano che il rischio elevato derivava dalla somministrazione di un vaccino antinfluenzale con un vaccino anti-COVID-19.

 

Ricercatori francesi hanno affermato di aver esaminato se la somministrazione di un vaccino bivalente fosse collegata a un tasso più elevato di ictus e di altri eventi cardiovascolari rispetto alle vecchie versioni del vaccino e hanno scoperto che la somministrazione del primo era in realtà collegata a un tasso inferiore, riporta sempre Epoch Times.

 

«A 21 giorni dalla dose di richiamo, non abbiamo trovato prove di un aumento del rischio di eventi cardiovascolari tra i soggetti che hanno ricevuto il vaccino bivalente rispetto a quelli che hanno ricevuto il vaccino monovalente», hanno affermato in una lettera pubblicata dal New England Journal of Medicine.

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La dottoressa Kathryn Edwards e Marie Griffin della Vanderbilt University, che non erano coinvolte negli studi della FDA o in quelli francesi, hanno affermato in un editoriale pubblicato da JAMA questa settimana che i risultati della ricerca sono rassicuranti ma che il monitoraggio continuo dei vaccini antinfluenzali tra gli anziani «fornirebbe dati aggiuntivi sull’influenza rischio di ictus».

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2023 è emerso che, secondo dati, vi sarebbe stato un numero di morti 45 volte superiore dopo le iniezioni COVID in soli 2 anni rispetto a tutti i decessi correlati al vaccino antinfluenzale dal 1990.

 

Il CEO di Moderna Stéphane Bancel un anno fa aveva ammesso pubblicamente che di fatto il vaccino mRNA COVID sarebbe diventato come l’antinfluenzale, con le persone «vulnerabili» che lo faranno ciclicamente.

 

La Casa Bianca di Biden due anni fa era arrivata a fare la grottesca raccomandazione teologico-vacccinale per cui «Dio ci ha dato due braccia: una per il vaccino antinfluenzale, una per il vaccino COVID».

 

In preparazione, da anni, c’è un vaccino «antinfluenzale universale».

 

La correlazione tra vaccinazione contro l’influenza e mortalità da COVID-19 è stata oggetto di speculazioni già nel 2020, con uno studio del Pentagono USA che asseriva che il vaccino antinfluenzale aumentava il rischio del coronavirus del 36%.

 

Riguardo al vecchio vaccino antinfluenzale vi è stato in questi anni qualche dubbio, qualche storia agghiacciantequalche lotto ritirato, qualche morte sospetta, tuttavia ovviamente con «nessuna correlazione».

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Vaccini

Imprinting immunitario per i vaccinati e risposte insolite ai booster mRNA: studio

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Le persone che hanno assunto almeno tre dosi della versione originale del vaccino mRNA COVID-19 hanno avuto un forte imprinting immunitario, ha scoperto uno studio dell’Università di Washington. Lo riporta Epoch Times.   Di conseguenza, quando vaccinati con i più recenti richiami dell’mRNA di COVID-19 XBB.1.5, i riceventi hanno prodotto pochi o nessun anticorpo specifico per la variante XBB.1.5.   L’imprinting immunitario si verifica quando precedenti infezioni o vaccinazioni lasciano una memoria immunitaria così forte che il corpo continua a produrre cellule immunitarie e anticorpi mirati alla precedente esperienza immunitaria, anche se esposto a una nuova variante o vaccino.   L’imprinting immunitario «potrebbe essere un problema se la persona non fosse in grado di innescare una risposta immunitaria utile contro una nuova variante», ha detto alla testata statunitense il dottor Stanley Perlman, immunologo e microbiologo dell’Università dell’Iowa. Non è stato coinvolto nello studio.   Anche se ciò non si è verificato in questo studio, la maggior parte degli anticorpi prodotti dopo la vaccinazione avevano come bersaglio la variante originale del COVID-19 e non XBB.1.5.

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«L’imprinting non è un concetto nuovo, ma la situazione che stiamo osservando sembra essere piuttosto unica», ha affermato David Veesler, che ha un dottorato in biologia strutturale, è professore e presidente del Dipartimento di Biochimica dell’Università di Washington e ricercatore con l’Howard Hughes Medical Institute, in un comunicato stampa.   L’imprinting immunitario è un fenomeno ben noto che può verificarsi con altre infezioni e virus. Nuove infezioni influenzali distinte dalle varianti precedenti possono superare l’imprinting derivante dalle vaccinazioni e dalle infezioni antinfluenzali.   Tuttavia, nello studio UW, l’imprinting immunitario persisteva anche tra i soggetti infettati dalle nuove varianti di omicron.   «È completamente diverso da ciò che sappiamo del virus dell’influenza», ha affermato Veesler.   «L’imprinting immunitario persiste dopo esposizioni multiple ai picchi di Omicron attraverso la vaccinazione e l’infezione, inclusa la vaccinazione di richiamo post XBB.1.5, che dovrà essere presa in considerazione per guidare la futura vaccinazione», scrivono gli autori dello studio.   Allo studio hanno partecipato più di 20 persone con una storia di tre o più vaccini mRNA della variante Wuhan. La maggior parte era stata infettata da infezioni da COVID-19 pre e post-omicron.   Oltre ai vaccini originali a mRNA, la maggior parte dei partecipanti ha assunto il richiamo bivalente o il richiamo XBB.1.5. Al momento dello studio, tutti i partecipanti avevano effettuato da quattro a sette iniezioni.   Gli autori hanno scoperto che la maggior parte degli anticorpi prodotti dopo l’inoculazione dell’mRNA XBB.1.5 erano i migliori nel neutralizzare la variante originale di Wuhan COVID-19.

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Gli anticorpi avevano la seconda maggiore potenza neutralizzante contro la variante BA.2.86 omicron. Gli anticorpi erano il terzo più potente contro XBB.1.5 nelle persone che avevano assunto il vaccino XBB.1.5.   Questi anticorpi erano cross-reattivi, nel senso che potevano anche legarsi ad altre varianti, comprese le varianti XBB.1.5. Tuttavia, erano presenti pochi o nessun anticorpo specifico per XBB.1.5.   Alcune persone hanno prodotto nuove cellule immunitarie che hanno riconosciuto solo XBB.1.5. Tuttavia, dei 12 partecipanti valutati, solo cinque avevano cellule immunitarie che riconoscevano XBB.1.5 ma non la variante Wuhan.   «La maggior parte degli anticorpi richiamati dai richiami vaccinali aggiornati sono cross-reattivi e aiutano a bloccare nuove varianti, il che è positivo. Tuttavia, potremmo fare un lavoro ancora migliore? La risposta è molto probabilmente sì», ha affermato Vessler.   Una possibile spiegazione è che il vaccino mRNA crea un effetto di imprinting immunitario più robusto rispetto ai vaccini precedentemente noti. Gli autori hanno citato un altro studio che ha scoperto che l’inoculazione con virus COVID-19 uccisi ha prodotto un effetto di imprinting ridotto negli esseri umani.   «I vaccini inattivati ​​inducono una risposta immunitaria più debole, quindi ci sono meno possibilità che la risposta sia influenzata» verso una variante, ha detto il dottor Perlman.   «I vaccini mRNA potrebbero essere stati così efficaci e suscitato risposte immunitarie così forti che l’imprinting potrebbe essere più forte di quello che siamo abituati a vedere con i vaccini per altri virus come quello dell’influenza», ha affermato Veesler.   L’imprinting immunologico, conosciuto anche come «peccato originale antigenico» (e noto anche come effetto Hoskins), si riferisce alla tendenza del sistema immunitario umano a fare affidamento sulla memoria immunologica anziché generare nuovi anticorpi in risposta a una seconda esposizione al patogeno, anche se questo presenta caratteristiche diverse rispetto a quello originario.

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Questo fenomeno costringe il sistema immunitario a utilizzare la stessa risposta immunitaria contro lo stesso antigene, impedendogli di sviluppare nuove risposte contro il patogeno (come virus o batteri) che nel frattempo può aver subito mutazioni. Il peccato originale antigenico è stato osservato in virus come l’influenza, la dengue, l’HIV e molti altri.   Questo principio fu per la prima volta formulato nel 1960 dal virologo ed epidemiologo Thomas Francis (1900-1969) nel suo articolo «On the Doctrine of Original Antigenic Sin» («Sulla dottrina del peccato originale antigenico»), e prese il nome per analogia con il concetto teologico del peccato originale.   «Nella vita, durante la prima infezione dal virus dell’influenza di tipo A, il bambino produrrà anticorpi diretti principalmente contro l’antigene dominante del patogeno» sosteneva, secondo Richard Krause, lo studioso che guidò lo sviluppo del vaccino polio con il suo studente Jonas Salk. «L’impronta del primo ceppo di virus nel sistema immunitario condizionerà le future risposte immunitarie. Questo è quello che intendiamo come “peccato originale antigenico”».   Detto anche primary addiction, il concetto sottolinea la propensione del sistema immunitario a utilizzare preferenzialmente la memoria immunologica basata su una precedente infezione quando viene incontrata una seconda versione leggermente diversa di quell’agente patogeno estraneo (ad esempio un virus o un batterio). Ciò lascia il sistema immunitario «intrappolato» dalla prima risposta che ha dato a ciascun antigene e incapace di innescare risposte potenzialmente più efficaci durante le infezioni successive. Gli anticorpi o le cellule T indotti durante le infezioni con la prima variante dell’agente patogeno sono soggetti al congelamento del repertorio, una forma di peccato antigenico originale.   Già in passato La relativa inefficacia del richiamo bivalente contro la variante SARS-CoV-2 Omicron nei pazienti che avevano precedentemente ricevuto vaccini COVID-19 è stata attribuita all’imprinting immunologico in un articolo («Vaccini bivalenti contro il Covid-19: un avvertimento») pubblicato nel febbraio 2023 dal prestigioso New England Journal of Medecine a firma dell’ultravaccinista Paul Offit.

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Salute

Vaccini COVID e trasfusioni, studio giapponese chiede la sospensione a causa dei problemi di contaminazione delle banche del sangue

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Secondo un recente studio giapponese, ricevere trasfusioni di sangue da individui vaccinati contro il COVID-19 potrebbe rappresentare un rischio medico per i riceventi non vaccinati poiché numerosi eventi avversi vengono segnalati tra le persone vaccinate in tutto il mondo. Lo riporta la testata americana Epoch Times.

 

La revisione dello studio preprint, pubblicata il 15 marzo, ha esaminato se ricevere sangue da individui vaccinati contro il COVID-19 è sicuro o rappresenta un rischio per la salute. Molte nazioni hanno riferito che l’uso del vaccino mRNA ha provocato «trombosi post-vaccinazione e conseguenti danni cardiovascolari, nonché un’ampia varietà di malattie che coinvolgono tutti gli organi e sistemi, compreso il sistema nervoso».

 

Le vaccinazioni ripetute possono rendere le persone più vulnerabili al COVID-19, ha affermato. Se il sangue contiene proteine ​​​​spike, diventa necessario rimuovere queste proteine ​​prima della somministrazione e non esiste attualmente una tecnologia del genere disponibile, hanno scritto gli autori.

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Contrariamente alle aspettative precedenti, è stato scoperto che i geni e le proteine ​​dei vaccini genici persistono nel sangue dei soggetti vaccinati per «periodi di tempo prolungati». Inoltre, «una serie di eventi avversi derivanti dai vaccini genetici vengono ora segnalati in tutto il mondo». Ciò include una vasta gamma di malattie legate al sangue e ai vasi sanguigni.

 

Alcuni studi hanno riportato che la proteina «spike» nei vaccini mRNA è neurotossica e in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, afferma la revisione. «Pertanto, non vi è più alcun dubbio che la proteina spike utilizzata come antigene nei vaccini genetici sia essa stessa tossica».

 

Inoltre, le persone che hanno effettuato più iniezioni di vaccini a mRNA possono avere diverse esposizioni allo stesso antigene in un breve lasso di tempo, il che può portare a «imprimere una risposta immunitaria preferenziale a quell’antigene».

 

Ciò ha portato i destinatari del vaccino COVID-19 a diventare «più suscettibili a contrarre il COVID-19».

 

Date tali preoccupazioni, i professionisti medici dovrebbero essere consapevoli dei «vari rischi associati alle trasfusioni di sangue utilizzando prodotti sanguigni derivati ​​da persone che hanno sofferto di COVID a lungo termine e da destinatari di vaccini genetici, compresi coloro che hanno ricevuto vaccini a mRNA».

 

L’impatto di tali vaccini genetici sugli emoderivati ​​così come i danni effettivi da essi causati sono attualmente sconosciuti, hanno scritto gli autori.

 

«Al fine di evitare questi rischi e prevenire un’ulteriore espansione della contaminazione del sangue e una complicazione della situazione, chiediamo con forza che la campagna di vaccinazione con vaccini genetici venga sospesa e che venga effettuata una valutazione del rapporto rischio-beneficio il prima possibile».

 

La vaccinazione ripetuta di vaccini genetici può anche finire per causare «alterazioni nella funzione immunitaria» tra i riceventi. Ciò aumenta il rischio di malattie gravi dovute a infezioni opportunistiche o virus patogeni, che non sarebbero state un problema se il sistema immunitario fosse normale, afferma la revisione.

 

«Pertanto, nell’ottica del tradizionale contenimento delle malattie infettive, è necessaria maggiore cautela nel prelievo di sangue da soggetti vaccinati genetici e nella successiva manipolazione degli emoderivati, così come durante i trapianti di organi solidi e anche negli interventi chirurgici, al fine di evitare il rischio di infezioni accidentali trasmesse per via ematica», ha affermato.

 

La revisione è stata finanziata dai membri della Società giapponese per le complicanze legate ai vaccini e dalla Volunteer Medical Association. Gli autori non hanno dichiarato alcun conflitto di interessi.

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La revisione ha sottolineato che lo stato di vaccinazione genetica dei donatori di sangue non viene raccolto dalle organizzazioni, anche se l’uso di tale sangue può comportare rischi per i pazienti. Pertanto, gli autori hanno raccomandato che, quando i prodotti sanguigni derivano da tali persone, «è necessario confermare la presenza o l’assenza di proteine ​​​​spike o mRNA modificato come in altri test per agenti patogeni».

 

«Se si scopre che il sangue contiene la proteina Spike o un gene modificato derivato dal vaccino genetico, è essenziale rimuoverli», afferma. «Tuttavia, al momento non esiste un modo affidabile per farlo».

 

Poiché «non esiste un modo per rimuovere in modo affidabile la proteina patogena o l’mRNA, suggeriamo che tutti questi prodotti sanguigni vengano scartati fino a quando non verrà trovata una soluzione definitiva».

 

Gli autori hanno sottolineato che casi di encefalite tra le persone che hanno ricevuto sangue da soggetti vaccinati contro la dengue sono stati segnalati solo l’anno scorso. Ciò suggerisce che l’attuale sistema di tracciamento e gestione dei prodotti sanguigni «non è adeguato».

 

Poiché i vaccini genetici sono stati implementati su scala globale per una popolazione massiccia, «si prevede che la situazione sarà già complicata» rispetto ai precedenti disastri farmaceutici.

 

Pertanto, esiste un «urgente bisogno» di leggi e trattati internazionali relativi alla gestione dei prodotti sanguigni, hanno scritto gli autori.

 

La questione delle trasfusioni di sangue da soggetti vaccinati contro il COVID-19 è stata molto controversa. Nel 2022, un tribunale della Nuova Zelanda si è pronunciato contro i genitori di un figlio neonato malato dopo aver rifiutato le trasfusioni di sangue di persone vaccinate. I genitori avevano chiesto al sistema sanitario di consentire la trasfusione di sangue da soggetti non vaccinati, con donatori già disposti a contribuire. Nella sua sentenza, il tribunale ha privato i genitori della custodia medica del figlio.

 

In Canada i medici hanno segnalato anche l’andamento della resistenza delle persone alle trasfusioni di sangue dei vaccinati. Parlando alla CBC nel 2022, il dottor Dave Sidhu, responsabile medico dell’Alberta meridionale per la medicina trasfusionale e dei trapianti, ha affermato che i genitori di bambini malati richiedevano sangue non vaccinato.

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«Lo vediamo circa una o due volte al mese, in questa fase. E la preoccupazione ovviamente è che queste richieste possano aumentare», disse allora.

 

Nello Stato americano del Wyoming, la deputata repubblicana Sarah Penn ha sponsorizzato un disegno di legge che impone che il sangue donato da persone che hanno effettuato iniezioni di COVID-19 venga etichettato. Ciò consentirà ai riceventi che non desiderano accettare tale sangue di rifiutarlo.

 

In un’intervista con il Cowboy State Daily, la Penn ha dichiarato che «per vari motivi, molte persone hanno intenzionalmente cercato di tenere le terapie a base di mRNA fuori dai loro corpi, fino al punto che alcuni hanno perso i loro mezzi di sussistenza (…) Le loro preoccupazioni sono giustificate».

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi mesi dopo la vicenda canadese si ebbe il caso del piccolo Alex un bambino americano morto dopo che l’ospedale aveva rifiutato una trasfusione di sangue non vaccinato.

 

Trasfusioni e patria potestà furono al centro di un drammatico caso anche in Italia, con pronunciamento dei giudici.

 

Il tema delle scorte di sangue, e della possibilità di scegliere il proprio donatore, non è ancora affrontato dalla Sanità e dalla politica, tuttavia è un punto nodale nel quale si esprime la frattura sociale e biologica creatasi con le vaccinazioni COVID.

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Immagine su licenza Envato

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