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Geopolitica

Il mondo entra nell’«era del caos»: parla il segretario ONU Guterres

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Ieri il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha affermato che il mondo si sta muovendo verso «un’era di caos» mentre un Consiglio di sicurezza diviso fatica ad adattarsi alle questioni geopolitiche critiche e alle crisi globali in corso.

 

Nel suo discorso annuale in cui presenta le sue priorità per il 2024 al Consiglio di Sicurezza di Nuova York, Guterres ha affermato che i conflitti e le guerre in tutto il mondo stanno creando una realtà «pericolosa e imprevedibile» per i civili innocenti.

 

«Per milioni di persone coinvolte in conflitti in tutto il mondo, la vita è un inferno mortale, quotidiano e affamato», ha detto il Guterres all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Questa «era di caos», come l’ha definita, ha creato un «pericoloso e imprevedibile gioco per tutti» in un momento in cui il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite «è bloccato da spaccature geopolitiche».

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Tra le questioni che dividono le Nazioni Unite, ha detto Guterres, c’è la guerra di Israele a Gaza. Ha aggiunto di essere «particolarmente allarmato» dalle notizie secondo cui Israele intende concentrare la sua offensiva militare nella zona meridionale dell’enclave assediata, dove più di un milione di persone hanno cercato riparo dai bombardamenti aerei e terrestri.

 

«Un’azione del genere aumenterebbe esponenzialmente quello che è già un incubo umanitario, con conseguenze regionali indicibili», ha avvertito.

 

Il segretario generale è stato anche critico nei confronti degli Stati che cercano di rafforzare i propri arsenali di armi di distruzione di massa, misure che, a suo dire, servono solo ad aumentare l’insicurezza globale e ad infiammare le tensioni regionali.

 

«Dopo decenni di disarmo nucleare, gli stati sono in competizione per rendere i loro arsenali nucleari più veloci, più furtivi e più accurati», ha affermato. Le armi vengono sviluppate senza barriere, ha aggiunto, «creando nuovi modi per uccidersi a vicenda – e per consentire all’umanità di annientarsi».

 

Guterres ha affermato che, sebbene il Consiglio di Sicurezza abbia sperimentato divisioni in passato, «la disfunzione odierna è più profonda e pericolosa».

 

«Durante la Guerra Fredda, meccanismi ben consolidati aiutavano a gestire le relazioni tra le superpotenze», ha detto. «Nel mondo multipolare di oggi, tali meccanismi mancano».

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Il capo delle Nazioni Unite ha anche invitato gli Stati membri a «fare la pace con il pianeta» impegnandosi a ridurre le emissioni nocive e lavorando per eliminare gradualmente i combustibili fossili, sottolineando che la «guerra dell’umanità con la natura» è una «lotta folle da combattere».

 

In un contesto globale cupo, Guterres ha invitato i leader mondiali a riunirsi per il «vertice del futuro» che si terrà a Nuova York a settembre, aggiungendo che sarà un’opportunità per i leader globali di «modellare il multilateralismo per gli anni a venire».

 

Il vertice ONU due anni fa, allo scoppio del conflitto ucraino, disse che il mondo è «ad un errore di calcolo dall’annientamento nucleare».

 

Nel conflitto Israele-Gaza ha ricevuto le critiche dello Stato Ebraico, che ne chiede la cacciata dallo scranno più alto delle Nazioni Unite.

 

Va ricordato come il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres si sia fatto notare in questi anni per i suoi inesausti appelli per la vaccinazione universale e per, testuali parole, il Grande Reset.

 

Come riportato da Renovatio 21, Guterres è tra i fiancheggiatori del «Global Digital Compact» (GDC) per promuovere leggi internazionali radicali contro per limitare la presenza in rete di «odio e menzogne».

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Geopolitica

«Dobbiamo porre fine alla guerra il prima possibile»: Zelens’kyj incontra il segretario di Stato vaticano Parolin

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L’Ucraina vorrebbe che i combattimenti con la Russia terminassero il più presto possibile per porre fine alla perdita di vite umane, ha affermato il presidente ucraino Volodyrmyr Zelens’kyj.   Il leader ucraino stava parlando con il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano in visita a Kiev. Lo Zelens’kyj ha ringraziato la Santa Sede per un «forte segnale» di sostegno all’Ucraina.   Il cardinale Segretario di Stato «ha ribadito la vicinanza del Papa e l’impegno a trovare una pace giusta e duratura per la martoriata Ucraina», ha scritto la segreteria di Stato Vaticana su X.  

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«Penso che tutti noi capiamo che dobbiamo porre fine alla guerra, il prima possibile ovviamente, per non perdere vite umane», ha dichiarato lo Zelens’ky in lingua inglese, secondo il video pubblicato sul suo canale Telegram.   La scorsa settimana, lo Zelens’kyj ha detto alla BBC che sperava di porre fine alla «fase calda» della guerra «entro la fine di quest’anno» e che nessuno voleva che il conflitto continuasse «per altri dieci anni o più».   Nella stessa intervista, tuttavia, ha chiarito che la sua soluzione era che gli alleati dell’Ucraina in Occidente concordassero di sostenere la sua cosiddetta «formula di pace» e la presentassero alla Russia come un blocco unito.   Tale «formula di pace» è un elenco di richieste di Zelensky rivelate per la prima volta nel novembre 2022, che vanno dal ritiro della Russia da tutti i territori che l’Ucraina rivendica come propri, tra cui Crimea e Donbass, al pagamento delle riparazioni, ai processi per crimini di guerra per la leadership russa e all’adesione dell’Ucraina alla NATO. Mosca l’ha respinta come una proposta delirante.   Un mese prima di pubblicare la sua «formula», lo Zelensky aveva pure firmato un decreto che vietava qualsiasi negoziazione con la Russia finché il presidente Vladimir Putin fosse rimasto al potere.   L’improvviso interesse dello Zelens’kyj nel porre rapidamente fine al conflitto ha rappresentato un netto cambiamento di tono rispetto a marzo, quando Papa Francesco aveva esortato Kiev a mostrare «il coraggio della bandiera bianca» e a negoziare con Mosca.   «La nostra bandiera è gialla e blu», rispose allora il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Non innalzeremo mai altre bandiere».   Papa Francesco aveva fatto due offerte per mediare nel conflitto con la Russia l’anno scorso, solo per essere respinte da Kiev entrambe le volte. L’ultimo rifiuto è arrivato a giugno, appena prima della grande offensiva ucraina che si è rivelata un fallimento totale e ha causato vittime ingenti.   Poi  nel giugno 2023 ci fu inflitto lo spettacolo disarmante della visita, fatta con espressione timida e testa un po’ china, del cardinale Zuppi a Kiev, dove si è trovato di fronte la faccia di bronzo di Zelens’kyj – il cui Paese perseguita i monaci ortodossi e mette a tacere i sacerdoti cattolici che osano pregare per la pace – che non è, come dire, intenzionato a servirsi del canale della Santa Sede, e nemmeno vede nella religione uno strumento necessario al potere.   Lo Zelens’kyj potrebbe cambiare la sua retorica a causa del timore che l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump possa tornare alla Casa Bianca e modificare la politica di Washington di sostegno incondizionato a Kiev, ha affermato lunedì l’esperto polacco di relazioni internazionali Witold Sokala.   La Russia ha ripetutamente affermato di essere disposta a negoziare la fine delle ostilità con l’Ucraina. Il mese scorso, Putin ha elencato una serie di termini per un cessate il fuoco, tra cui la rinuncia ufficiale di Kiev alle aspirazioni NATO, il ritiro dalle regioni russe e la revoca di tutte le sanzioni occidentali alla Russia.

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Lo scorso settembre Mikhailo Podolyak, uno dei principali consiglieri del presidente Zelens’kyj, aveva dichiarato che Kiev non avrebbe accettato la mediazione di Papa Francesco nel conflitto con Mosca, perché il pontefice «filo-russo» tradirebbe l’Ucraina. Lo stesso, in una focosa intervista al Corriere della Sera, aveva definito il Papa uno «strumento della propaganda russa» a causa delle affermazioni del pontefice secondo cui i cattolici in Russia sono eredi di una grande tradizione storica.   Sempre secondo il controverso Podolyak, il papa «ha dimostrato di non essere un esperto di politica e continua a ridurre a zero l’influenza del cattolicesimo nel mondo».   Si tenga presente che a inizio conflitto Bergoglio aveva pure baciato pubblicamente, durante un’udienza dello scorso anno, la bandiera di una «centuria» del golpe di Maidan. A sua volta, il patriarca greco-cattolico ucraino, in comunione con Roma, si è scagliato, come altri prelati ucraini, contro il documento filo-omosessualista Bergogliano Fiducia Supplicans.   Lo scorso maggio lo Zelens’kyj, che ha spinto per la persecuzione della Chiesa Ortodossa d’Ucraina (UOC), aveva proclamato che gli ucraini sono il popolo eletto di Dio. La portavoce degli Esteri del Cremlino Maria Zakharova aveva replicando parlando di «overdose di droga».   La repressione dalla chiesa ortodossa potrebbe essersi spostata a quella cattolica: come riporta Renovatio 21, un sacerdote greco-cattolico (cioè in comunione con il papa, ma di rito bizantino) della diocesi della città dell’Ucraina occidentale Uzhgorod è stato costretto a scusarsi dopo un’omelia in cui invocava il Signore per avere la pace tra il popolo russo e quello ucraino.   Come riportato da Renovatio 21, i sacerdoti cattolici – come le donne, i malati di mente e i sieropositivi HIV – non sono risparmiati dalla leva militare obbligatoria nella guerra contro la Russia, mentre i circensi sono esentati.  

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Geopolitica

Il Cremlino ripete: Zelens’kyj non ha nessuna legittimità

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Lo status del leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj potrebbe rappresentare un problema quando Mosca e Kiev alla fine accetteranno di tenere colloqui di pace, ha detto ai giornalisti mercoledì il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov. Il presidente russo Vladimir Putin ha messo in discussione la legittimità di Zelensky, sottolineando che il suo mandato è scaduto.

 

«Il nostro presidente ha ripetutamente affermato che il presidente Zelens’kyj ha sicuramente perso la sua legittimità», ha detto Peskov ai giornalisti.

 

Come riportato da Renovatio 21, il presidente russo altre volte aveva dichiarato «finita» la legittimità delle attuali autorità ucraine.

Un altro problema che «potrebbe ostacolare seriamente il processo di pace» è il decreto di Zelens’kyj del 2022 che «ha vietato a qualsiasi capo di Stato ucraino di avviare colloqui con il presidente Putin», ha affermato il Peskov.

 

Il mandato presidenziale di Zelens’kyj è formalmente scaduto il 20 maggio. Si è rifiutato di tenere elezioni a marzo, citando la legge marziale imposta a causa del conflitto con la Russia. Ha sostenuto che il suo mandato era di fatto esteso in conformità con la legge ucraina.

 

Putin ha dichiarato più volte negli ultimi mesi che un’analisi della Costituzione ucraina e di altre leggi non lascia spazio a un’interpretazione che consentirebbe a Zelensky di rimanere al potere.

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Citando l’articolo 111 della costituzione ucraina, a maggio Putin ha sostenuto che i poteri di Zelens’kyj avrebbero dovuto essere trasferiti al presidente del parlamento ucraino.

 

Tuttavia, il presidente della Camera Ruslan Stefanchuk ha insistito sul fatto che Zelens’kyj è il legittimo capo dello Stato e che chiunque metta in dubbio la sua legittimità è «un nemico».

 

Mercoledì mattina, la portavoce del Ministero degli Esteri cinese Mao Ning ha detto ai giornalisti che il Ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba ha chiarito durante un viaggio a Pechino di essere «pronto e disposto» a tenere colloqui di pace con Mosca.

 

La Russia ha risposto dicendo che avrebbe atteso i dettagli sulla posizione ucraina. «Non abbiamo sentito queste dichiarazioni da Kuleba stesso», ha detto Peskov mercoledì, aggiungendo che i negoziati sono preferibili alle ostilità continue.

 

I negoziati tra Russia e Ucraina si sono interrotti nella primavera del 2022, con ciascuna parte che accusava l’altra di avanzare richieste irrealistiche.

 

Come riportato da Renovatio 21, a fronte della fine del mandato del presidente di Kiev, l’ex presidente russo Demetrio Medvedev aveva quindi definito Zelens’kyj come «obiettivo legittimo», l’Ucraina è «un classico Stato fallito».

 

In settimana il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista al sindaco di Kiev, l’ex pugile campione dei pesi massimi Vitaly Klitschko, che ha dichiarato che Zelens’kyj rischia il «suicidio politico».

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Geopolitica

La Slovacchia accusa Kiev di ricatto

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Il blocco delle forniture di petrolio dalla Russia all’Ungheria e alla Slovacchia da parte dell’Ucraina è inaccettabile e equivale a un ricatto, ha affermato il ministro degli Interni slovacco Matus Sutaj Estok.   La scorsa settimana Kiev ha interrotto le forniture di greggio ai paesi vicini attraverso l’oleodotto Druzhba, citando le sanzioni contro il gigante energetico russo Lukoil.   La Slovacchia e l’Ungheria sono gli unici Paesi dell’UE che si oppongono alla politica dell’Unione di fornire aiuti militari all’Ucraina nel suo conflitto con la Russia.

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«L’Ucraina ha scelto di ricattare Slovacchia e Ungheria», ha detto Sutaj Estok in un videomessaggio sui social media mercoledì. «Considero inaccettabile la decisione dell’Ucraina di interrompere le forniture di petrolio della Lukoil alla Slovacchia e all’Ungheria. Mi rifiuto di lasciare che la Slovacchia e il popolo slovacco servano da strumento di vendetta tra l’Ucraina e la Russia».   Il primo ministro slovacco Robert Fico la scorsa settimana ha avuto una conversazione telefonica con il suo omologo ucraino, Denis Shmigal, per sottolineare che Bratislava non sarà «ostaggio delle relazioni ucraino-russe».   La sospensione del transito del petrolio da parte di Kiev è stata condannata anche dal presidente slovacco Peter Pellegrini, il quale ha sottolineato che il suo Paese ha aiutato l’Ucraina con il flusso inverso delle forniture di gas ed elettricità.   A Ungheria e Slovacchia sono state concesse esenzioni da un divieto UE sulle importazioni di petrolio russo introdotto nel 2022 come parte di una vasta gamma di sanzioni contro Mosca. In precedenza, Lukoil forniva fino al 50% del fabbisogno di petrolio dei due stati membri dell’UE.   Dopo la sospensione delle forniture della scorsa settimana, Budapest e Bratislava hanno chiesto alla Commissione europea di mediare con Kiev sulla situazione.   La Commissione europea ha tuttavia bloccato la richiesta, citando la necessità di «raccogliere prove e valutare la situazione legale», ha riferito il Financial Times, citando il commissario europeo per il commercio Valdis Dombrovskis.   Nessuno dei rappresentanti commerciali degli altri stati membri dell’UE ha sostenuto Budapest e Bratislava nell’incontro di mercoledì per discutere la questione, ha aggiunto l’agenzia di stampa citando fonti diplomatiche.   Secondo Politico, la Commissione Ruropea ha affermato martedì di non vedere alcun rischio «immediato» per l’approvvigionamento di petrolio dell’UE. Martedì il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha minacciato di bloccare i fondi che l’UE ha stanziato per l’Ucraina finché Kiev non riprenderà il transito del greggio russo.   Uguali parole di condanna sono arrivate anche dal presidente della Repubblica slovacca, riporta RT.   La Slovacchia potrebbe adottare misure di ritorsione contro l’Ucraina se Kiev continuerà a impedire il transito del petrolio russo attraverso l’oleodotto Druzhba, ha avvertito il presidente Peter Pellegrini.   La scorsa settimana Kiev ha interrotto il flusso di greggio attraverso l’oleodotto Druzhba verso i suoi vicini dipendenti dall’energia, Ungheria e Slovacchia, citando le sanzioni contro la seconda compagnia petrolifera russa, la Lukoil, privando così i due stati membri dell’UE di petrolio che soddisfa fino al 40% del loro fabbisogno.   Parlando ai giornalisti mercoledì, Pellegrini ha descritto le azioni di Kiev come una «interferenza molto spiacevole nei nostri buoni rapporti».

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«Credo fermamente che l’Ucraina sarà in grado di mettere tutto a posto il prima possibile, perché la Slovacchia, in quanto stato sovrano, alla fine dovrà prendere qualche tipo di contromisura», ha detto senza specificare la natura di una possibile risposta, aggiungendo, tuttavia, che questo «non avrebbe portato alcun beneficio né all’Ucraina né ai suoi cittadini».   Pelligrini ha ricordato che la Slovacchia ha aiutato l’Ucraina con il flusso inverso del gas e ha anche inviato elettricità al Paese. Il ministro della Difesa slovacco Robert Kalinak ha fatto eco alle critiche del presidente e ha avvertito che Kiev stava «rischiando molto» con le sue azioni «irresponsabili».   Sebbene l’UE abbia vietato le importazioni di petrolio via mare dalla Russia nel dicembre 2022, le consegne tramite oleodotti hanno ricevuto esenzioni dall’embargo per consentire ai Paesi dell’UE senza sbocco sul mare, tra cui Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca, di garantire forniture stabili di petrolio.   Lukoil fornisce circa il 50% del petrolio spedito tramite il ramo meridionale di Druzhba, che è una delle reti di oleodotti più lunghe al mondo. Altri fornitori includono la statale russa Tatneft, Gazprom Neft, la società privata Russneft e diversi piccoli produttori.   Martedì, anche l’Ungheria si è impegnata a punire Kiev per il blocco delle forniture di petrolio dalla Russia, con il ministro degli Esteri Peter Szijjarto che ha affermato che Budapest bloccherà 6,5 miliardi di euro (7 miliardi di dollari) di fondi che l’UE ha stanziato per l’Ucraina finché Kiev non riprenderà il transito.   Il ministro degli Esteri ungherese ha dichiarato che a giugno il suo Paese ha fornito il 42% dell’elettricità all’Ucraina.

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Immagine di European Parliament via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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