Bioetica
I donatori di organi sono realmente morti?
Cosa significa per un essere umano «morire»?
Questa domanda è più complessa di quanto si possa pensare. Nel campo dello scambio di organi vitali, vi è un disaccordo significativo sui criteri che dovremmo impiegare per valutare quando qualcuno è morto.
Il criterio standard per diversi decenni è stato il criterio della «morte cerebrale», secondo il quale un paziente può essere dichiarato morto una volta che si è verificata la «morte cerebrale completa».
Vi è un disaccordo significativo sui criteri che dovremmo impiegare per valutare quando qualcuno è morto
La morte di tutto il cervello si riferisce alla cessazione completa e irreversibile delle funzioni cerebrali, tipicamente causate da traumi, anossia o tumori.
Tuttavia, i chirurghi dei trapianti hanno assunto negli ultimi anni una diversa, più controversa dal punto di vista etico, definizione della morte, il cosiddetto «criterio circolatorio per la morte». La «morte circolatoria» si riferisce alla cessazione definitiva della funzione cardiopolmonare, dopodiché il tessuto cerebrale inizia rapidamente a deteriorarsi (se non è già deteriorato).
I chirurghi dei trapianti hanno assunto negli ultimi anni una diversa, più controversa dal punto di vista etico, definizione della morte, il cosiddetto «criterio circolatorio per la morte»
Secondo i sostenitori del criterio circolatorio, il cuore di un paziente non si riavvierà mai spontaneamente dopo circa 2 minuti di assenza di polso. Come tale, è considerato eticamente ammissibile iniziare l’acquisizione di organi una volta trascorso questo breve periodo di tempo. Vi sono in pratica diversi periodi di tempo specificati dalle autorità sanitarie per il momento in cui può iniziare l’acquisizione di organi (in genere tra 75 secondi e 5 minuti).
Eppure diversi studiosi hanno criticato la definizione cardiopolmonare della morte, sostenendo che l’impossibilità di autoresuscitazione non indica necessariamente che la morte sia avvenuta. I critici sottolineano che la rianimazione cardiopolmonare potrebbe ancora riavviare il cuore di una persona anche quando l’autoresuscitazione parrebbe essere impossibile.
Il fine di un tale cambio di paradigma riguardo alla morte: più organi da espiantare, con persone depredate di cuore, fegato etc. mentre sono ancora in vita
Pare chiarissimo il fine di un tale cambio di paradigma riguardo alla morte: più organi da espiantare, con persone depredate di cuore, fegato etc. mentre sono ancora in vita. Questo significa, certo, liste d’attesa più corte, ma al contempo più operazioni, e quindi più business per ospedali e chirurghi.
È facile prevedere come prevarranno quanti optano per gli espianti immediati. L’etica utilitarista, che nemmeno tanto segretamente informa la mentalità medica e generale dell’Occidente, parla chiaro: il malato, l’infelice, il danneggiato vanno sempre sacrificati a che la maggioranza goda di più. Il principio massivo del piacere autorizza l’uccisione a fine di rapina di organi.
Tante persone potenzialmente in vita saranno massacrate. Tra queste persone, caro lettore, ci sei anche tu. E i tuoi figli
Tuttavia, il pensiero deve andare al dato più immediato: tante persone potenzialmente in vita saranno massacrate. Tra queste persone, caro lettore, ci sei anche tu. E i tuoi figli.
Gli ospedali si confermano come luogo di morte.
A dottori e bioeticisti ricordiamo qui una storia della nostra terra, quella di Michael, 14 anni in quel 2015 nel quale, secondo la scienza, avrebbe dovuto essere morto – ed espiantato di tutti i suoi preziosi organi.
Tuffatosi da un ponte sul Naviglio Grande (Milano), rimase incastrato sott’acqua per 42 minuti. Oltre ai polmoni pieni d’acqua, anche il cuore – abbastanza logicamente – si era fermato.
Michael ora sta bene e non ha nessun danno cerebrale: in pratica, Michael è la dimostrazione vivente che entrambi i criteri per la morte, cerebrale e cardio-circolatoria, sono da buttare.
Bioetica
I medici abortiscono il bambino sbagliato
Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
Una futura mamma ha perso il suo bambino dopo un terribile errore in un ospedale della Repubblica Ceca.
Una donna straniera incinta di quattro mesi si è recata all’ospedale universitario Bulovka, un importante ospedale universitario di Praga, per un controllo di routine. È stata scambiata per un’altra donna straniera e sottoposta ad anestesia generale. Il suo bambino è stato quindi abortito.
Nessuno dei soggetti coinvolti nella procedura – infermieri, medici, un ginecologo e un anestesista – si è accorto dell’errore. Entrambe le donne erano di origine asiatica, secondo i media locali.
L’incidente è attribuito a una mancanza di comunicazione aggravata da una grave negligenza da parte del personale. Nessuna delle donne parlava ceco. «Una paziente di lingua ceca probabilmente si opporrebbe attivamente al fatto di sottoporsi ad un intervento che non capisce», ha detto il ginecologo Jan Přáda, dell’Ordine dei medici ceco.
Přáda ha detto ai media che i medici dovrebbero sempre confermare il nome di un paziente, controllare il braccialetto e il numero dell’ospedale e consultarlo più volte su una procedura. Ma a quanto pare nessuna di queste donne riusciva a comunicare con il personale. Non si sa in quale lingua il personale parlasse alle donne.
«Il Ministero della Salute esprime il suo profondo rammarico al paziente e all’intera famiglia», ha detto un portavoce. «C’è stato un errore umano imperdonabile e i responsabili sono stati messi fuori servizio».
Michael Cook
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Bioetica
La Danimarca consentirà alle quindicenni di abortire senza il consenso dei genitori
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Bioetica
La World Medical Association chiede un cessate il fuoco bilaterale a Gaza
Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
La World Medical Association ha chiesto un cessate il fuoco bilaterale a Gaza. La risoluzione è stata avviata dalla British Medical Association.
Il dottor Lujain AlQodmani, presidente kuwaitiano della WMA, ha dichiarato che: «la WMA chiede un cessate il fuoco bilaterale, negoziato e sostenibile per proteggere tutti i civili, garantire il rilascio e il passaggio sicuro di tutti gli ostaggi e consentire il trasferimento degli aiuti umanitari per tutti. Ribadiamo il nostro appello al rispetto del diritto umanitario e chiediamo la protezione di tutte le strutture e del personale sanitario. È una crisi che richiede un’azione immediata».
La WMA ha anche chiesto un accesso umanitario accelerato in tutta Gaza, compresi gli aiuti e il passaggio sicuro del personale medico. Ciò include anche l’evacuazione dei casi medici urgenti per ridurre la morbilità e la mortalità secondaria, i rischi per la salute pubblica e per alleviare la pressione sugli ospedali all’interno di Gaza.
La WMA vuole anche che si indaghino sulle accuse di gravi violazioni e abusi dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, compresi gli attacchi al personale e alle strutture sanitarie e l’uso improprio di tali strutture per scopi militari.
«Come medici, abbiamo l’obbligo morale di sostenere i principi della Dichiarazione WMA di Ginevra e di altri documenti che fungono da guida per il personale medico durante i periodi di conflitto», ha affermato il dottor AlQodmani.
La dottoressa Latifa Patel, della BMA, ha dichiarato: «è stato incredibilmente doloroso testimoniare la portata della sofferenza, come la continua detenzione di ostaggi, le sofferenze insopportabili e la morte di oltre 30.000 civili innocenti, soprattutto bambini, e la devastazione del sistema sanitario ha solo esacerbato il peggioramento della crisi umanitaria a Gaza».
Michael Cook
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Immagine dell’ottobre 2023 di Palestinian News & Information Agency (Wafa) in contract with APAimages via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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