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Kennedy conferma che Trump gli ha chiesto di studiare i pericoli della pillola abortiva

In un’intervista con Laura Ingraham della Fox News, dopo il suo giuramento nello Studio Ovale come nuovo direttore del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS), Robert F. Kennedy jr. la scorsa settimana ha confermato che il presidente Trump gli ha chiesto di studiare i pericoli dei farmaci abortivi.
«Durante l’amministrazione Biden, l’NIH [l’ente sanitario governativo USA, ndr] ha fatto qualcosa di ingiustificabile, ovvero dire a medici e pazienti di non denunciare gli infortuni, e questa non è una buona politica», ha affermato Kennedy.
Durante l’interrogazione durante la sua udienza di conferma al Senato qualche settimana prima, Kennedy aveva insistito sul fatto che «ogni aborto è una tragedia» quando è stato incalzato sulla sua posizione sull’aborto, indicando che è importante conoscere gli «effetti avversi» di ogni farmaco, incluso il farmaco abortivo mifepristone.
«Sono d’accordo con il presidente Trump che ogni aborto è una tragedia. Sono d’accordo con lui che non possiamo essere una nazione morale se abbiamo 1,2 milioni di aborti all’anno», aveva detto Kennedy, che in genere sostiene l’aborto legale, rispondendo alla senatrice del Nuovo Hampshire Maggie Hassan, fervente abortista.
Una lettera aperta a RFK jr. scritta da David Bjornstrom, avvocato in pensione della California e membro dell’ordine degli avvocati della Corte Suprema degli Stati Uniti, pubblicata da LifeSiteNews il mese scorso, ha messo in guardia sul fatto che la FDA, che ora rientra nella competenza di Kennedy, sta danneggiando le donne fingendo che la pillola abortiva sia sicura.
«Sebbene il mifepristone comporti gravi rischi per la salute, la FDA ha scelto di ignorare gli eventi avversi e le affermazioni secondo cui il farmaco abortivo è “sicuro” per promuovere un programma politico».
«Secondo il Charlotte Lozier Institute, fino al 20 percento delle donne che si sottopongono ad aborti chimici subiscono complicazioni, quattro volte superiori a quelle degli aborti chirurgici, tra cui un numero scioccante di decessi», ha osservato Bjornstrom. «Gli aborti chimici hanno oltre il 50 percento di probabilità in più rispetto agli aborti chirurgici di causare una visita al pronto soccorso, colpendo il cinque percento delle donne che li utilizzano. Fino al cinque percento degli aborti chimici non riesce a espellere tutto il tessuto, rendendo necessario un intervento chirurgico per completare l’aborto».
«Gli aborti chimici sono particolarmente pericolosi in caso di gravidanza ectopica, circa l’1-2%di tutte le gravidanze. I dati della FDA stessa riportano i decessi di numerose donne che assumevano pillole abortive con gravidanze ectopiche. Sorprendentemente, la FDA non richiede alcuna valutazione di persona o ecografia come misura di sicurezza per diagnosticare una gravidanza ectopica in anticipo» ha continuato il Bjornström nella lettera pubblicata da LifeSite.
«Ironicamente, mentre il produttore del farmaco, i dottori e gli inserzionisti assicurano alle donne che il farmaco è “sicuro”, persino la FDA ammette silenziosamente che possono verificarsi reazioni pericolose, persino fatali, che richiedono cure di emergenza e che i farmaci per l’aborto non funzionano nemmeno nel 2-7 percento dei casi».
Planned Parenthood Action (PPA), il braccio politico del gigante dell’aborto, si è subito espressa con preoccupazione per l’assunzione da parte di Kennedy della guida dell’HHS e con indignazione per il fatto che l’accesso agli aborti chimici potrebbe essere limitato.
L’ente iper-abortista si è anche preoccupata per la futura disponibilità delle cosiddette «transizioni di genere» per le «giovani persone trans», un’industria pericolosa che, secondo l’amministrazione Trump, sta «mutilando e sterilizzando» i bambini attraverso mutilazioni chimiche e chirurgiche.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa più di 200 dirigenti farmaceutici, tra cui il CEO di Pfizer Albert Bourla, hanno firmato una lettera aperta in cui condannano la sentenza di un giudice federale americano contro l’approvazione da parte dell’ente regolatore farmaceutico Food & Drug Administration (FDA) del farmaco abortivo mifepristone, più conosciuto con il nome di RU486.
Dopo la sentenza della Corte Suprema Dobbs che ha di fatto negato che l’aborto sia un diritto federale, molta della battaglia dei pro-feticidio si è spostata sull’aborto farmacologico, che promette di far da sé a casa senza passare per strutture sanitarie. Alcuni giornali americani – gli stessi che hanno negato l’efficacia di idrossiclorochina e ivermectina e imposto i vaccini mRNA, in sprezzo al diritto di curarsi da sé – sono arrivati addirittura a promuovere pillole abortive fai-da-te.
L’aborto domestico-biochimico aveva avuto una grande spinta in pandemia, con le pillole della morte ottenibili per via postale in Gran Bretagna: una gran idea che la sanità di Sua Maestà ha deciso di estendere anche nel periodo post pandemico.
In Italia l’era dell’aborto chimico fai-da-te fu annunciata, sempre in pandemia, dal ministro della Salute Roberto Speranza, che cambiò la direttiva per rendere il suo uso possibile anche senza ricovero.
La verità sulla pillola abortiva l’ha detta ad una convention dei conservatori americani il mese scorso l’attivista Abby Johnson, un tempo manager di una clinica per aborti, ora convertitasi alla difesa della vita umana. Le donne che prendono la pillola dell’aborto «stanno mettendo questi bambini nel water, bambini completamente formati – 12, 14, 16 settimane di gravidanza – forse hanno un’emorragia nel loro bagno, incapaci di raggiungere una struttura di pronto soccorso, guardano nella toilette e vedono il bambino loro completamente formato che galleggia lì nella water» ha dichiarato la Johnson.
Questa è la cruda realtà dell’aborto domestico reso da ciò che il premio Nobel Jerome Lejeune definiva «il pesticida umano». Un farmaco che, ricorda il caso delle email trapelate recentemente dalla sanità britannica, può avere conseguenze mortali: si può chiedere, al di là delle statistiche e degli episodi che potete vedere negli articoli linkati, nel caso dell’attivista abortista argentina 23enne morta pochi giorni dopo aver assunto il farmaco per uccidere il figlio concepito nel suo grembo – certo, magari, anche qui, non c’è nessuna correlazione.
Il «bambino pienamente formato», una volta scaricato tirando l’acqua, finisce nelle fogne. E qui, oltre agli escrementi di altri esseri umani e ad ogni altra sozzura, troverà delle creature ben felici di incontrarlo – per divorarlo. Topi, rane, pesci… festeggiano la RU486, che tanta carne umana tenere e prelibata fa giungere loro senza che facciano alcuno sforzo, nella plastica immagine della catena alimentare ribaltata: le bestie mangiano gli esseri umani.
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Mosca: l’attacco ucraino all’impianto gasiero è «terrorismo»

Last night, the Ukrainians struck the Sudzha gas control station, through which gas is supplied to Europe
— Chay Bowes (@BowesChay) March 21, 2025
Anyone who believes the Ukrainian Dictatorship intends to comply with any element of a deal, which leads to an election, is sorely mistaken
You can't trust Zelensky pic.twitter.com/whjtolbevf
🇺🇦🇷🇺 Tregua energetica? Le Forze Armate ucraine hanno colpito di notte il gasdotto "Sudzha".
— Luigi Basemi 🏅 (@LBasemi) March 21, 2025
💥 Kiev ha violato i termini del cessate il fuoco proposti da Trump attaccando un impianto energetico russo, ha affermato il Ministero degli Esteri russo
(Ruslan Ostashko) pic.twitter.com/LoguoTrJ3A
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La Papua Nuova Guinea si definisce come «Paese cristiano»: emendamento della Costituzione

Il Parlamento della Papua Nuova Guinea ha approvato un emendamento costituzionale che riconosce formalmente la nazione come «cristiana».
La decisione, presa martedì (12 marzo), ha ottenuto una schiacciante maggioranza di 80 voti a favore e solo quattro contrari.
L’emendamento introduce una dichiarazione nel preambolo della Costituzione, che recita: «(Noi) riconosciamo e dichiariamo Dio, il Padre; Gesù Cristo, il Figlio; e lo Spirito Santo, come nostro Creatore e Sostenitore dell’intero universo e fonte dei nostri poteri e autorità, delegati al popolo e a tutte le persone all’interno della giurisdizione geografica della Papua Nuova Guinea».
Il cristianesimo sarà ora rispecchiato anche nel Quinto Obiettivo della Costituzione e la Bibbia sarà riconosciuta come simbolo nazionale.
«Sono felice» ha dichiarato il primo ministro James Marape, fervente sostenitore dell’emendamento, ha espresso la sua soddisfazione per l’esito. «Questo emendamento costituzionale riconosce finalmente il nostro Paese come Paese cristiano. Ciò riflette, nella sua forma più alta, il ruolo che le chiese cristiane hanno svolto nel nostro sviluppo come Paese».
L’emendamento è il risultato di ampie consultazioni condotte dalla Commissione per la riforma del diritto costituzionale della Papua Nuova Guinea nel 2022. Comunità, chiese e gruppi della società civile di tutto il Paese hanno preso parte alle discussioni, riscontrando un ampio sostegno al cambiamento.
Il premier Marape ha sottolineato il contributo storico e attuale delle chiese cristiane all’unità e allo sviluppo della Papua Nuova Guinea. «Con così tanta diversità, lingue, culture associate e affiliazioni tribali, nessuno può contestare il fatto che le chiese cristiane abbiano consolidato l’unità e la coesione del nostro Paese», ha affermato, sottolineando il ruolo delle chiese nel fornire servizi in aree in cui la presenza del governo è limitata.
Marape ha anche chiarito che l’emendamento non viola i diritti delle persone che praticano altre religioni. L’articolo 45 della Costituzione della Papua Nuova Guinea, che tutela la libertà di coscienza, di pensiero e di religione, rimane intatto.
Come riportato da Renovatio 21, la visita di Bergoglio dell’anno scorso nel Paese aveva visto una strage di donne e bambini in una faida tra villaggi. Scontri con armi da fuoco erano stati registrati anche in un altro episodio nelle Highlands. Il tema del tribalismo guineano era emerso anche dopo le confuse parole dell’ex presidente statunitense Joe Biden, che aveva raccontato di aver avuto uno zio cannibalizzato nel Paese durante la Seconda Guerra Mondiale.
La Nuova Guinea divide il territorio dell’isola della Guinea con l’Indonesia, che con 281,2 milioni di abitanti rappresenta il più grande Paese islamico al mondo.
Non resta che prendere atto che uno Stato può dirsi cristiano solo se piccolo e lontano dall’Europa: al di là di orpelli insignificanti magari ancora presenti in qualche monarchia nordica, nessuno Stato moderno può, come noto, dirsi «cristiano», perché deve votarsi – monoteisticamente – alla «laicità dello Stato», per ragioni che riguardano la storia degli ultimi due secoli ma anche il potere vero esercitato da gruppi occulti che ancora oggi possiedono bottoni del sistema.
Nessuno «Stato cristiano» è possibile: l’idea stessa è definita «sovversiva», come capitò a Renovatio 21 di sentire anni fa in un comune dell’Emilia comunista dove si stava organizzando un convegno sulla famiglia.
Lo «Stato cristiano», quindi, è per tutti tabù.
Come insiste Renovatio 21, ciò è soprattutto vero per quella parte del mondo dove più che ne avrebbe necessità, e diritto: la Terra Santa. Dove, come abbiamo ripetuto, lasciano esistere uno Stato Ebraico e persino uno Stato Islamico (ad un certo punto, Israele e ISIS condividevano un confine) ma giammai uno Stato cristiano.
Una vocina dice: se non sorgerà uno Stato neocrociato a Gerusalemme, mai potrà sorgere uno Stato cristiano altrove. E cioè: nessuna possibilità di riforma umana degli Stati moderni, proiettati verso la decadenza più sadica e satanicamente programmata.
Se i cristiani non capiscono questo, come possono pensare di tornare ad essere rilevanti, e salvare i propri fratelli dalla persecuzione?
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Immagine di Taro Taylor via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Il Cremlino: «profonda preoccupazione» per il riarmo dell’Europa

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