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Animali

Clonato furetto in via di estinzione

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L’US Fish and Wildlife Service ha annunciato che un furetto dai piedi neri (mustela nigripes) clonato ha appena prodotto la prima prole apparentemente «sana». Si tratta della prima volta che una specie in via di estinzione clonata si riproduce negli Stati Uniti, costituendo, secondo quanto comunicato, un «risultato rivoluzionario nella ricerca sulle specie in via di estinzione».

 

La creatura clonata, di nome Antonia, ha dato alla luce due cuccioli sani allo Smithsonian National Zoo and Conservation Biology Institute (NZCBI) in Virginia, dopo essersi accoppiato con un maschio di 3 anni nato naturalmente.

 

All’inizio di quest’anno, Antonia è stata clonata da campioni di tessuto conservati presso il Frozen Zoo della San Diego Zoo Wildlife Alliance nel lontano 1988, ben 35 anni fa.

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Gli scienziati dell’USFWS addetti al programma di recupero del furetto, hanno dato seguito a questo primo grande risultato, continuando la discendenza genetica di una specie che ormai dipende da un pool genetico estremamente limitato, derivato da soli sette singoli antenati furetti. Ciò significa che il furetto dai piedi neri è estremamente vulnerabile, specialmente in condizioni ambientali mutevoli, ma con una nuova linea di discendenza, la specie ha una nuova possibilità di continuare la sua eredità.

 

Secondo l’USFWS, i campioni di tessuto da cui è stata clonata il mustelide contengono tre volte la diversità genetica dell’attuale popolazione della specie, il che significa che la sua prole potrebbe contribuire notevolmente ad approfondire la diversità genetica della specie.

 

Secondo alcune stime, all’inizio del 1900, c’erano fino a un milione di furetti dai piedi neri, ma alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, la specie è stata ritenuta estinta a causa dell’espansione agricola e dell’eradicazione del cane della prateria, che rappresentava un 90% della sua alimentazione.

 

«Questo progetto rappresenta una pietra miliare storica nella storia della conservazione», ha affermato Ryan Phelan il co-fondatore di Revive & Restore, partner di questo esperimento. «Per la prima volta, possiamo affermare con certezza che la clonazione ha contribuito a una variazione genetica significativa in una popolazione riproduttiva. Man mano che questi cuccioli avanzano nel programma di riproduzione, l’impatto di questo lavoro si moltiplicherà, creando nel tempo una popolazione più robusta e resiliente».

 

Come riportato da Renovatio21, «replicare» animali non è certo una novità, almeno dai tempi della notoria pecora Dolly.

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Pochi anni fa ricercatori dell’Università cinese di Nankai hanno affermato di aver clonato alcuni maiali attraverso un processo completamente automatizzato. Una scrofa surrogata avrebbe dato alla luce sette maialini clonati presso l’università cinese.

 

La clonazione di cani, gatti, cavalli ed altri animali domestici è una realtà, per chi può permetterselo, da diversi anni. Il processo prevede l’estrazione del DNA dall’amato animale domestico per produrre embrioni che sono la sua replica genetica esatta da collocare all’interno di una madre surrogata per svilupparsi fino alla nascita.

 

Un possessore di cani clonati sarebbe il presidente argentino Javier Milei, il quale, è stato detto dalla stampa, sarebbe pure in contatto medianico con il quattrozampe originario. Il clonaggio di animali domestici, che sono destinatari di grande investimento affettivo da parte delle persone, ci avvicina giocoforza alla piena accettazione della clonazione umana.

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Immagine di USFWS Mountain Prairie via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic; immagine ingrandita
 

 

 

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Animali

Orche, l’oscena moda di mettersi un salmone morto in testa

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Gli scienziati hanno riportato il ritorno di una rivoltante usanza cosmetica presso la popolazione delle orche assassine: i malvagi cetacei avrebbero reiniziato a farsi vedere con un salmone in morto sulla testa.   Il fenomeno è stato notato a fine 2024, ma era stato già notato dagli scienziati 37 anni prima, spingendo taluni ricercatori a ipotizzare che si tratti di una e propria «moda», scrive IFLScience. Le orche, che passano pure per essere animali «intelligenti» come i loro parenti delfini (che tuttavia non disdegnano di divorare, anche teatralmente), sono note per la capacità di produrre atteggiamenti sociali condivisi, come quello recente, criminale e rivelatore, di attaccare le imbarcazioni a vela nei pressi dello stretto di Gibilterra, strappandone poi via il timone.   «Popolazioni diverse presentano spesso distinte specializzazioni alimentari che vengono mantenute dalla trasmissione culturale, e questi “ecotipi’ presentano tipicamente una varietà di tradizioni comportamentali persistenti legate alla loro divergenza nel foraggiamento», spiega un rapporto della International Whaling Commision (IWC) sulla recente tendenza al comportamento teppista delle killer whales.

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«Alcune popolazioni possono anche sviluppare “mode” comportamentali insolite e temporanee e altre idiosincrasie che non sembrano avere un chiaro scopo adattativo. La comprensione delle recenti interazioni con le imbarcazioni delle orche iberiche potrebbe trarre beneficio dall’esame di queste tradizioni effimere in altre popolazioni di orche ben studiate».   E quindi, saremmo in presenza ad una specie che, come gli adolescenti ebeti e un’altra larga parte della popolazione umana, è prona alle mode, anche alle più oscene e grottesche.   Ecco quindi la moda del cappello necrosalmonato, ipotizzata per la prima volta nel 1987: nella zona del Puget Sound, nel Pacifico nord-orientale, un’orca femmina del branco K iniziò a portare in giro un salmone morto sul naso. Nel giro di cinque o sei settimane, il comportamento si diffuse e, alla fine, le orche del suo branco e di altri due branchi indossavano cappelli di salmone morto.   Poi, all’improvviso – come è successo per i paninari, i metallari, i punk, i gabber, i sorcini, gli emo, i grillini, i mods, i dark – la moda è finita. A parte un paio di occasioni l’estate successiva – non differentemente quelli che circolano con il giaccone con il cappuccio col pelo, gli anfibi Doctor Martens, il Barbour la Steve Bannon), gli Ugg – la orrenda tendenza non si era più vista nella scena orcina. Almeno, fino a quando non è ricomparsa di recente.   Delle orche appartenenti al gruppo detto «branco J» («J-pod») sono state avvistate nel Puget Sound, sulla costa nord-occidentale dello stato americano di Washington, nel mese di ottobre.  
  «Le osservazioni indicano che è probabile che abbiano trovato molti salmoni durante la loro permanenza e questo potrebbe spiegare perché sono rimasti nell’entroterra così a lungo», riporta la rete di avvistamento delle balene, aggiungendo: «guardate questa foto di J27 Blackberry che sfoggia un cappello salmone».   Sul perché di questa disgustosa moda cetacea gli scienziati brancolano nel buio. Un’ipotesi, evidenziata da New Scientist, è che stiano semplicemente usando la testa come spazio di riserva, conservando il salmone in eccesso pescato durante l’abbondanza per un consumo successivo. Forse non si tratta tanto di una tendenza a catturare il salmone, quanto piuttosto di un modo per usare la testa come porta pranzo.   C’est-à-dire, in mancanza di zaini, perché non hanno né braccia né schiena (e ci sarà un perché), le orche assassine dunque si piazzano sulla fronte la merenda. Non siamo molto convinti. Sappiamo che ricercatori e giornalisti fanno di tutto per romantizzare questa specie maledetta: dire che le orche assassine sono schiave di una moda oscena ed assassine per l’establishment cetaceofilo – fatto di illusioni disneyane e parchi a tema con istruttori morti e volgarità varie – è impossibile.   Tuttavia tra le pubblicazioni scientifiche cominciano ad annotare i comportamenti culturali mostruosi delle creature, ad esempio quelli osservati nelle orche del Salish Sea rientrano le molestie nei confronti delle focene e talvolta la loro uccisione.   «Non mangiano le focene», ha detto ad Atlas Obscura Deborah Giles, direttrice scientifica e di ricerca presso l’ente Wild Orca, «si limitano a giocarci fino alla morte».   «Le orche hanno delle mode che vanno e vengono, e spesso sono più diffuse in determinate fasce di sesso e di età nella popolazione. Poi, col tempo, tendono a scomparire», ha detto a Discover Jared Towers, direttore di Bay Cetology. «Spero proprio che questo sia ciò che accade con questo comportamento. Ma è in corso da qualche anno ormai. Quindi, non sappiamo bene cosa aspettarci».

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Mode aggressive che disturbano anche la sfera umana: «al largo della costa occidentale degli Stati Uniti, sono state viste orche giovani giocare con l’attrezzatura da pesca, spostare nasse per granchi e gamberi e avvolgersi in lenze, forse per gioco» scrive IFLScience.   Renovatio 21 in realtà da anni riporta con tanta dovizia di particolari ben altri comportamenti terrificanti, come gli attacchi agli esseri umani, il consumo cannibalistico ed esibizionista di delfini, il sadismo verso gli squali a benefizio delle fotocamere degli scienziati, l’inondazione di turisti dei parchi acquatici con diaree prodotte con tattica e sardonica crudeltà.   Renovatio 21 garantisce il suo lettore di continuare nella lotta per un oceano libero dal bullismo cetaceo, un mondo blu dove orche, delfini, balenotteri siano castigati e rimessi al loro posto – o denunciati e trascinati in tribunale, come potrebbe a breve prevedere la legge neozelandese auspicata dal re Maori Wherowhero VII che ha chiesto di dare personalità giuridica alle balene, e non è chiaro se minaccia di fare una inguardabile danza Haka performata alla Camera di Wellingtone per ottenere questo e magari i soliti privilegi assistenzialistici.   Le chiamano orche assassine, ma è ormai ovvio che l’apposizione è errata. Sono orche bastarde, orche infami, orche bagasce.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia  
 
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Animali

Capra assalta indegnamente il Giro d’Italia. Il fenomeno ha radici antiche

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Una capra ha attaccato la più grande manifestazione ciclistica del Paese. Il fenomeno di tale malizia animale contro il ciclismo non è nuovo, ed è stato registrato in più di un secolo di competizioni.

 

Si sono vissuti attimi di tremenda tensione al Giro d’Italia 2025 nella terza tappa albanese, la Valona-Valona. A circa 120 km dall’arrivo, mentre il plotone affrontava la salita dei Monti Cerauni, una capra, separatasi dal suo gregge al pascolo vicino alla strada, ha invaso la carreggiata, attraversando improvvisamente il percorso e mettendo a rischio il gruppo che procedeva a oltre 60 km/h.

 

Il malvagio ungulato ha colpito il neozelandese Dion Smith dell’Intermarché-Wanty, che è riuscito a rallentare evitando la collisione con i corridori dietro di lui e a rimanere in sella nonostante l’impatto. Fortunatamente, né il ciclista né la capra hanno riportato ferite, e l’animale si è dato alla fuga.

 

 

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I principali quotidiani sportivi e non hanno, al solito, presentato l’indegno assalto come un caso fortuito.

 

Renovatio 21 come sua abitudine può fornire invece dettagli riguardo l’incontrovertibile volontà degli animali di danneggiare gli eventi dei ciclisti umani.

 

Le cronache riportano, con malriposta ironia, di quando un sit-in di lama aveva interferito nello svolgimento del Tour de France già nel 1910, bloccando i corridori sul periglioso passo del Col d’Aubisque. Come riportato da Renovatio 21, più di un secolo dopo i lama sarebbero stati emulati dai loro colleghi ambientalisti.

 

Nel 2007 un cane di razza golden retriever si è scontrato con il ciclista tedesco Marcus Burghardt, ribaltando la sua bici durante una delle tappe più estenuanti del percorso di quell’anno. Il terrorista quadrupede rimase illeso e il Burghardt riportò invece lievi ferite.

 

 

Sempre nel 2007, vi fu un ulteriore dog crash che travolse un povero atleta.

 

Nel 2014, un piccolo cane bianco sfuggì alla presa del suo padrone e si lanciò sulla strada mentre il gruppo iniziava lo sprint finale verso il traguardo della seconda tappa. Fortunatamente, il cane riuscì a evitare 100 biciclette che viaggiavano a oltre 48 km/h.

 

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Un cane creò il panico, facendo cadere due ciclisti, anche al Tour 2022.

 

 

Tuttavia il caso più noto da parte delle bestie (anche in questo caso, ungulati) contro il mondo del ciclismo si ebbe al Tour de France 2010, quando presso il Col du Tourmalet nell’ultima tappa dei giro un gregge di pecore decise all’unanimità di attaccare i ciclisti.

 

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A questo punto la domanda bisogna porsela. Gli animali, oltre agli esseri umani, odiano anche e soprattutto il ciclismo?

 

Hanno per caso ragione?

 

E poi: perché il Giro d’Italia passa per l’Albania (un tempo, è vero, annessa dal Duce), e, storicamente, in Belgio, in Croazia, Danimarca, Grecia, Irlanda, Germania, Slovenia, Svizzera, Ungheria, Olanda, Gran Bretagna, Lussemburgo, Francia, e perfino Israele?

 

Questioni prettamente bestiali, per le quali Renovatio 21 non ha risposta alcuna.

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Immagine screenshot da Twitter

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Mirmecotraffico: contrabbandieri di formiche rare condannati in Kenya

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Un tribunale keniano ha condannato quattro individui a un anno di prigione o a una multa di 7.700 dollari ciascuno per aver tentato di esportare illegalmente migliaia di formiche vive, tra cui una specie rara. Lo riporta la BBC.   I presunti mirmecotrafficanti, due cittadini belgi, un vietnamita e un keniota, sono stati arrestati il ​​mese scorso a Naivasha, una città nel Kenya occidentale, dove sono stati trovati in possesso di circa 5.000 formiche regine. Tra le specie raccolte c’era la Messor cephalotes, una varietà rara nota anche come formica mietitrice africana gigante.   Nel corso del procedimento giudiziario, gli imputati si sono dichiarati colpevoli e hanno affermato di non essere a conoscenza del fatto che la raccolta di formiche per scopi hobbistici fosse un reato.

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Tuttavia, il giudice che presiede l’udienza ha osservato nella sentenza di mercoledì che la quantità e il tipo di formiche coinvolte indicavano uno sforzo deliberato per sfruttare preziosa fauna selvatica, aggiungendo che i trasgressori non erano semplicemente in possesso di pochi esemplari.   Secondo il Kenya Wildlife Service (KWS), le formiche sequestrate sarebbero destinate ai mercati di animali esotici in Europa e Asia. Le formiche di contrabbando, secondo i commercianti nel Regno Unito, possono valere fino a 170 sterline (195 euro) l’una.   Commentando la popolarità di questi insetti, Pat Stanchev, direttore generale del sito web di commercio di insetti Best Ants UK, ha detto alla BBC che il loro fascino risiede nel loro aspetto distintivo e bello.  
  Il KWS ha rivelato che i sospettati avrebbero preparato provette in grado di sostenere le formiche fino a due mesi, specificamente per eludere le procedure di controllo aeroportuale. L’organizzazione ha descritto l’operazione come «premeditata» – in pratica un atto di mirmecotraffico, neologismo assoluto in prima visione su Renovatio 21 (è il motivo per cui abbiamo pubblicato questo articolo) – e l’ha definita una pietra miliare nelle tendenze del traffico che si spostano dal tradizionale bracconaggio di grandi mammiferi verso specie meno conosciute.   Uno dei cittadini belgi, David Lornoy, ha dichiarato a Reuters che il gruppo non aveva intenzione di violare alcuna legge. «Non siamo venuti qui per violare alcuna legge. Per caso e stupidità lo abbiamo fatto», ha affermato, chiedendo clemenza.   La Messor cephalotes è una specie di formica monogina, con colonie che contano fino a 5.000 operaie. Tali formiche nutrono principalmente di semi, che raccolgono e immagazzinano, svolgendo un ruolo cruciale nella dispersione dei semi e nell’aerazione del suolo. Le regine della specie possono raggiungere dimensioni comprese tra 22 e 25 millimetri.

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Immagine di Retro Lenses via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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