Chimere
Chimera in Cina: rimosso feto dal cervello di una bambina di un anno

Un gemello non ancora nato è stato scoperto nel cervello di una bambina di un anno a Shanghai, in Cina.
Secondo lo studio pubblicato su Neurology Journal, la cosa è stata scoperta dopo che la bambina è stata portata all’attenzione medica dopo aver mostrato problemi con le funzioni corporee legate al movimento. La bambina pareva inoltre avere la testa ingrossata.
Dopo un esame primario, i medici di Shanghai hanno scoperto che il feto del gemello non ancora nato si era sviluppato nel cervello del bambino ospite. Il gemello non ancora nato era vivo grazie al costante afflusso di sangue, ma non si stava sviluppando ulteriormente.
Si tratta di un caso di una situazione chiamata medicalmente «fetus in fetu», in cui i gemelli si uniscono nel grembo materno ma solo uno dei due continua a svilupparsi.
«Un fetus in fetu intraventricolare, un gemello biamniotico monocoriale malformato, è stato identificato in una bambina di un anno con ritardo motorio e circonferenza cranica allargata», scrive lo studio.
La condizione fetus in fetu, è anche indicata come gemello parassita. Secondo un rapporto di IFL Science, i casi di feto nel feto si verificano durante l’inizio della gravidanza. Si verifica quando un gruppo di cellule formatosi dopo la fecondazione tra lo sperma maschile e l’ovulo femminile non riesce a separarsi correttamente. Dopo questo, uno dei primi embrioni viene assorbito dall’altro, ma continua tuttavia a svilupparsi, talvolta andando addirittura a sostituire gli organi dell’organismo ospite: vi sono quindi al mondo individui dotati di più DNA, e per questo chiamati nel gergo della biologia «chimere».
Come riportato da Renovatio 21, un caso precedente di bambina chimerica era stato riportato in Israele lo scorso anno.
I casi di cosiddetto «gemello parassita» sono rari. Tuttavia, sono stati trovati anche prima. Nel 1997, un feto è stato scoperto all’interno dell’addome di un adolescente di 16 anni. Nel novembre 2022, otto embrioni sono stati prelevati dallo stomaco di un neonato di 21 giorni nello stato di Jharkhand, nell’India centrale.
Cosa poco nota, ma logica, le chimere umane sono in aumento a causa degli impianti multipli previsti dalla riproduzione artificiale: i medici inseriscono nella donna più embrioni sperando che qualcuno attecchisca. Si hanno così più parti gemellari e plurigemellari ma anche, fenomeno non sempre rilevato, casi di chimerismo.
La provetta non solo uccide milioni di embrioni ogni anno (decine e decine per ciclo, a seconda del Paese e del medico): buttati nell’azoto liquido in attesa di chissà cosa, scartati, gettati via perché «non funzionali», impiantati e morti in utero.
La provetta genera vere e proprie mostruosità, che ledono la dignità umana in modo sempre più aberrante.
Immagine screenshot da Twitter
Chimere
Cellule staminali di cervo utilizzate per far crescere «mini corna» sui topi

Cellule staminali di cervo sono state utilizzate per far crescere strutture simili a corna sulla fronte dei topi, aprendo la possibilità che queste cellule possano essere utilizzate per la rigenerazione degli arti in futuro. Lo riporta BioNews.
Le corna di cervo cadono e si rigenerano ogni anno, il che significa che i cervi sono uno dei pochi mammiferi che non hanno perso completamente la capacità di rigenerare le appendici del corpo. Tuttavia, i processi cellulari coinvolti non sono completamente compresi.
«Per rispondere a questa domanda fondamentale, abbiamo deciso di studiare in dettaglio la composizione cellulare e le dinamiche di espressione genica del tessuto delle corna durante tutto il suo ciclo di rigenerazione» ha detto Tao Qin, l’autore principale dell’articolo pubblicato su Science.
Guidati dal professor Qiu Qiang e dal suo studente di dottorato, Qin, i ricercatori della Northwestern Polytechnical University di Xi’an, in Cina, hanno iniziato studiando circa 75.000 cellule di corna di cervo prima, durante e dopo la caduta delle corna. Utilizzando una tecnica chiamata sequenziamento dell’RNA, il team ha identificato un gruppo specifico di cellule staminali essenziali per la rigenerazione delle corna.
Il team di ricerca ha scoperto che dieci giorni prima della caduta delle corna, c’era un aumento significativo di un tipo di cellula staminale nel moncone che rimane quando le corna cadono. Altri cinque giorni dopo, queste cellule staminali avevano generato un nuovo sottotipo di cellule staminali, che i ricercatori hanno chiamato cellule blastema progenitrici di corna (ABPC).
Dieci giorni dopo la caduta delle corna, i ricercatori hanno scoperto che gli ABPC avevano iniziato a formare cellule ossee e cartilaginee. Alcuni geni espressi negli ABPC sono stati espressi anche in cellule che aiutano a rigenerare il tessuto in altre specie, come i topi, che possono rigenerare la punta delle dita. Ciò potrebbe suggerire che questi geni sono importanti tra le specie per la rigenerazione degli arti.
I ricercatori hanno poi voluto scoprire se gli ABPC potessero essere usati per far crescere strutture simili a corna nei topi. Quindi, gli ABPC sono stati estratti dai cervi, cresciuti in laboratorio e poi trapiantati nella fronte dei topi. Solo 45 giorni dopo, i topi avevano elle protuberanze sulla testa che assomigliavano a strutture simili a corna. Significativamente, queste mini corna contenevano ossa e cartilagine.
Il recente studio si basa su precedenti ricerche condotte anche in Cina che hanno fatto crescere ceppi di corna sui crani dei topi inserendo tessuto di corna di cervo sotto la pelle della fronte.
I risultati della ricerca di Qin potrebbero avere implicazioni per la ricerca sulla rigenerazione degli arti umani. Gli autori hanno spiegato che «l’induzione di cellule umane in cellule simili ad ABPC potrebbe essere utilizzata nella medicina rigenerativa per le lesioni scheletriche o la rigenerazione degli arti». Scrive Bionews che «tuttavia è necessario ulteriore lavoro prima di poter comprendere l’importanza delle recenti scoperte».
Come riportato da Renovatio 21, un’operazione non dissimile è quella di innestare tessuti di feto abortito per creare topi umanizzati da usare in laboratorio. Altre forme di topi umanizzati sono quelli modificati direttamente nella genetica inserendo geni umani. Alcuni di essi, si dice, sono utilizzati nel laboratorio di Wuhan. La Cina ha sviluppato inoltre anche maiali umanizzati geneticamente da utilizzare nella ricerca del COVID.
Il trapianto interspecifico (cioè tra le specie) di cellule staminali apre ad altre possibilità di creazione di chimere, di essere fatti da più DNA magari di specie diverse, anche riguardo all’ambito umano, e non solo per la creazione di uomini con le corna.
Embrioni chimerici uomo-scimmia sono stati fatti crescere in esperimenti sino-americani sino a 20 giorni.
La nuova legge bioetica francese proposta due anni fa segnava, oltre alla fine del riconoscimento della paternità, ma anche l’inizio della normalizzazione delle chimere – esseri ibridi, dotati di più DNA.
Chimere
Bambino chimerico nato in India

Un neonato di 40 giorni è stato curato con successo dopo che i medici nello stato indiano del Bihar hanno trovato un feto che cresceva all’interno di un neonato di 40 giorni.
Secondo quanto riferito dal’agenzia indiana ANI, l’incidente è venuto alla luce dopo che i genitori del bambino hanno notato lo stomaco gonfio del bambino a causa del quale il bambino non era in grado di urinare correttamente.
Il dottor Tabrez Aziz del Rahmania Medical Center in Bihar ha prescritto una tomografia computerizzata (TC) dello stomaco del bambino, il cui risultato ha lasciato tutti scioccati poiché ha mostrato che un feto si era sviluppato all’interno dello stomaco del bambino.
Si tratta di un’evenienza medica rara chiamata fetus in fetu, che avrebbe una ratio di un caso su 500.000 nascite.
Il secondo feto, pare di capire, sarebbe stato quindi rimosso chirurgicamente.
In casi simili sono impiegate tecniche ardue ed è alto il rischio di incidenti.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2019 una donna in Israele ha dato alla luce una bambina nel cui addome cresceva l’embrione del suo gemello.
Questi casi possono rientrare nella categoria di «chimera»: in biologia, una chimera è una creatura che dispone di due o più popolazioni diverse di cellule geneticamente distinte, originate da diversi zigoti.
Le chimere umane, cioè esseri ottenuti dalla fusione di due embrioni , sono una realtà concreta e riconosciuta da diversi anni, anche se assai sottaciuta nonostante l’aumento vertiginoso di casi raccontato da alcuni dottori.
Gli individui-chimera, dotati quindi di due DNA – in quanto risultato della «fusione» di due essere distinti, due fratelli – hanno disfunzioni che si manifestano nel tempo: il «fratello» assorbito continua a crescere all’interno del corpo del gemello ospite più sviluppato. Tessuti come capelli, muscoli, e perfino occhi possono trovarsi dentro le carni di un individuo-chimera.
In altre occasioni l’embrione assorbito si sviluppa «armonicamente» (diciamo così) con il l’altro gemello, divenendo un organo preciso all’interno di un corpo.
Si sono così avuti i casi di persone che hanno figliato ma non hanno trasmesso il loro DNA ai figli, in quanto gli organi genitali (maschili o femminili) erano in realtà i «gemelli» assorbiti in fase embrionale. Quindi la loro prole è geneticamente figlia dei fratelli che mai hanno avuto, né sapevano esistere, e che invece esistono
Si tratta di individui che dispongono quindi di due DNA: il loro codice genetico non vale per tutte le cellule del loro corpo, perché una parte di esso è in realtà il fratello mai sviluppatosi, ma fusosi con il gemello nel grembo materno.
Le chimere umane sono in aumento a causa degli impianti multipli previsti dalla riproduzione artificiale: i medici inseriscono nella donna più embrioni sperando che qualcuno attecchisca. Si hanno così più parti gemellari e plurigemellari ma anche, fenomeno non sempre rilevato, casi di chimerismo.
Questo per far capire anche agli scettici quale inferno biologico si sia spalancato con la riprogenetica, i bambini sintetici e le provette.
Camminano, in mezzo a noi, veri «mostri», nel senso etimologico del termine, dal latino monēre, «avvisare, ammonire».
Li ha creati il mondo moderno e la sua guerra alla legge naturale e alla riproduzione umana.
Li stiamo accettando, rubricandoli al massimo come bizzarie: sono invece un segno, un ammonimento del futuro mostruoso che stiamo costruendo.
Immagine di Nisreen M Khalifa et al via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0); immagine modificata
Chimere
Topi di laboratorio prodotti via CRISPR da ovuli non fecondati

Un gruppo di topolini da laboratorio è stato derivato da singoli ovuli non fecondati utilizzando l’editing mirato dell’epigenoma CRISPR-Cas9 . Lo riporta Bionews.
Un passo avanti della scienza verso la riproduzione che non necessità più del padre (e domani anche della madre), con buona pace dei cattolici che ancora credono che questo sia un argomento valido per fermare la Cultura della Morte.
Di fatto, in questo modo la riproduzione sessuale giunge al suo termine, lasciando spazio ad una sorta di regressione ideale della biologia: la partenogenesi – generare prole da un singolo uovo non fecondato – esiste ain natura in creature come i pidocchi e le api, dove uno dei due sessi deriva da uova non fecondate. Anche alcune specie di rettili ne sarebbero capaci.
La partenogenesi di solito non è possibile nei mammiferi a causa di un fenomeno noto come imprinting genomico.
L’imprinting genomico descrive come la metilazione in alcune regioni del genoma silenzia un allele ereditato dalla madre o dal padre, ma non l’altro. Queste regioni sono spesso importanti per il controllo genetico dello sviluppo embrionale , che non può andare avanti senza un corretto imprinting.
Ora, gli scienziati della Shanghai Jiao Tong University in Cina hanno descritto come hanno raggiunto la partenogenesi in un topo che è sopravvissuto fino all’età adulta e in seguito ha dato alla luce una prole vitale prendendo di mira queste regioni.
Nello studio pubblicato sulla rivista Developmental Biology, gli autori hanno scritto:
«Insieme, questi dati dimostrano che la partenogenesi può essere raggiunta nei mammiferi mediante un’appropriata regolazione epigenetica di più regioni di controllo dell’imprinting. Ciò è coerente con la famosa ipotesi del conflitto genitoriale (nota anche come ipotesi di Haig), che propone che l’equilibrio mediato dall’imprinting tra il genoma paterno e quello materno sia fondamentale per lo sviluppo dei mammiferi».
Sette regioni di controllo dell’imprinting del DNA sono state prese di mira per la metilazione o demetilazione indotta nello studio.
In letteratura è stato dimostrato che queste regioni di controllo dell’imprinting mirate svolgono ruoli chiave nella regolazione della crescita fetale e postnatale, nonché supportano lo sviluppo di embrioni bimaterni e bipaterni.
Gli ovuli sono state rimossi da un topo donatore e iniettate con più RNA a guida singola attaccati a Cas9 o RNA messaggero che hanno indotto metilazione o demetilazione nella regione di controllo dell’imprinting, rispettivamente, in un allele di ciascun gene e non nell’altro.
Queste regioni modificate hanno mantenuto la metilazione durante le prime fasi di sviluppo.
«La PCR quantitativa in tempo reale è stata utilizzata per valutare l’ espressione del gene modificato negli embrioni e ha suggerito che le tecniche migliorassero significativamente lo sviluppo partenogenetico. Gli embrioni modificati sono stati quindi trasferiti negli uteri di diversi topi» scrive Bionews.
Dei 192 embrioni trasferiti allo stadio di blastocisti, 14 si sono sviluppati in gravidanza, tre hanno partorito e solo uno è sopravvissuto fino all’età adulta.
Dei due cuccioli morti entro 24 ore dalla nascita, ulteriori test hanno dimostrato che almeno una delle sette regioni di controllo dell’imprinting mostrava una perdita di metilazione, confermando che l’imprinting in tutte e sette le regioni era cruciale per lo sviluppo e la vitalità.
L’identificazione e la modifica di ulteriori regioni di controllo dell’imprinting potrebbe migliorare l’efficienza del processo partenogenetico, hanno suggerito gli autori.
Tuttavia, nota Bionews, «l’imprinting epigenetico può anche comportare effetti fuori bersaglio sconosciuti. Qui, l’analisi fuori bersaglio dei probabili siti non ha mostrato cambiamenti significativi, suggerendo un’elevata specificità della tecnologia. Ad ogni modo sono necessari studi futuri per valutare completamente eventuali effetti».
Il primo caso di esperimento per la partenogenesi umana risale al 1995. Alcuni scienziati scozzesi ottennero una partenogenesi parziale, riuscendo a creare solo alcune cellule a partire da un solo ovocita non fecondato da alcuno spermatozoo. Il risultato fu pubblicato sulla rivista Nature Genetics.
«Normalmente – continuano dissero gli scienziati di Edimburgo oramai 27 anni fa – nei mammiferi lo sviluppo di un ovulo non fecondato è impossibile, poiché i geni derivanti dal genoma paterno sono necessari fin dai primi stadi dello sviluppo dell’embrione dopo il suo impianto. Tuttavia – concludono – è stato già dimostrato che gli embrioni chimerici, nei quali solo una parte è partenogenetica, sono vitali».
La partenogenesi artificiale non renderà più necessario il padre, e l’esistenza dei maschi in generale.
Al contempo, il prossimo gradino di questo processo già in avanzata fase di studio – la gametogenesi, cioè la trasformazione di una qualsiasi cellula somatica in un ovulo o in uno spermatozoo – potrebbe rendere inutile anche la madre, e la donna in generale, specie pensando ai progressi che sta facendo, anche grazie a fondi dell’Unione Europea, l’utero artificiale.
Chiediamo al nostro lettore: piano piano, il disegno vi sta divenendo più chiaro?
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