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Immigrazione

La Germania prepara il divieto di cittadinanza per gli «antisemiti». Scontri con la polizia alle manifestazioni pro-Palestina

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Il 25 ottobre il ministro dell’Interno tedesco Nancy Faeser ha dichiarato che si sta prendendo in considerazione una legge per vietare la cittadinanza a persone ritenute coinvolte in atti antisemiti.

 

«La nostra bozza per la nuova legge sulla cittadinanza, che ora discuteremo al Bundestag, prevedeva una chiara esclusione degli antisemiti», ha detto la Faeser il 25 ottobre dopo un incontro con l’ambasciatore israeliano in Germania Ron Prosor.

 

La Faeser ha aggiunto che le autorità rimangono «estremamente vigili» riguardo alle potenziali minacce poste dai sostenitori del gruppo militante palestinese Hamas in Germania, e che chiunque venga scoperto ad aver violato tali norme sarà «perseguito con tutta la forza della legge».

 

Negli scorsi giorni le città tedesca sono state scosse da violente manifestazioni filopalestinesi a cui hanno partecipato masse di immigrati islamici in Germania.

 

Le proteste sono degenerate in violenti scontri con la Polizia tedesca.

 

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Come riportato da Renovatio 21, il ministro Faeser  in precedenza aveva affermato che i bambini all’asilo dovrebbero essere informati sui pericoli dell’estremismo di destra.

 

«Dobbiamo distruggere le reti dell’estremismo di destra», aveva detto il ministro Faeser della SPD, il partito socialdemocratico tedesco, al noto quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung. «Stiamo combattendo risolutamente questo terreno fertile per la violenza, ma la lotta contro l’estremismo di destra inizia molto prima, cioè con un buon lavoro educativo. Deve iniziare all’asilo».

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Immigrazione

Le stazioni ferroviarie tedesche sono oramai no-go zone

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Le statistiche dimostrano in modo inequivocabile che l’ondata di violenza in Germania è da anni associata all’immigrazione di massa, e le stazioni ferroviarie stanno diventando un emblematico esempio di questa deriva allarmante.   Nel 2024, i reati violenti alla stazione centrale di Berlino sono triplicati rispetto al 2019, l’ultimo anno pre-pandemia; a Colonia, l’incremento è stato del 70% nello stesso lasso di tempo, come riportato dal quotidiano Welt. Si tratta di due sole città, ma il fenomeno è diffuso in tutto il Paese.   «Guardate una stazione principale, a Duisburg, ad Amburgo, a Francoforte: degrado, spacciatori, giovani maschi, perlopiù con background migratorio, provenienti soprattutto dall’Europa orientale o da contesti arabo-musulmani. Questo è legato anche all’immigrazione irregolare, come si osserva nelle nostre città e nei mercati», ha dichiarato Jens Spahn, capogruppo della CDU al Bundestag, in un’intervista al tabloide Bild. Ironia della sorte, il suo partito è tra i principali artefici della profonda trasformazione demografica e della crisi criminale tedesca.

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Mentre la sinistra esalta il trasporto pubblico come pilastro della lotta al clima, la verità è che usarlo diventa sempre più rischioso.   Dati della polizia indicano che i reati violenti nelle stazioni sono saliti da 25.640 nel 2023 a 27.160 nel 2024. Le donne sono particolarmente esposte: i delitti sessuali sono passati da 1.898 a 2.262 casi, e i danni alla proprietà da 30.961 a 32.671. All’inizio del 2024, si è appreso che gli stranieri commettono il 59% dei reati sessuali su treni e stazioni, con i casi gravi raddoppiati dal 2019.   Il deputato AfD Martin Hess ha ammonito: «Le stazioni, un tempo spazi di mobilità e incontri sereni, si stanno trasformando in zone franche». E ha aggiunto: «Negli ambiti della criminalità, gli stranieri sono sovrarappresentati tra i sospettati».   Anche in regioni con bassa presenza straniera, come la Sassonia, l’impatto è devastante. Qui la criminalità nelle stazioni è esplosa in un anno solo, con dati freschi pubblicati di recente.   Il deputato AfD Matthias Rentzsch ha commentato: «L’impennata dei reati (totale 11.065 nella prima metà del 2025) nelle stazioni sassoni è allarmante. Praticamente ogni categoria – dal patrimonio al vandalismo, ai violenti – segna aumenti record: +42% per i reati violenti, +15% per quelli sessuali, +87% per i casi con armi. In singole stazioni, i picchi sono estremi: Dresda +24,6%, Lipsia +57,2%, Bischofswerda +100%. Chemnitz guida con +212,5%».   Rentzsch evidenzia che «l’immigrazione di massa incontrollata, pilotata da CDU/CSU e SPD, sta producendo effetti chiari: quasi il 50% dei crimini nelle stazioni sassoni è commesso da stranieri, con una quota sproporzionata in violenze, furti, reati sessuali e legati alla droga». In Sassonia, dove gli stranieri sono solo l’8% della popolazione (più un 5% di tedeschi con origini migratorie), generano metà dei reati nelle stazioni.   Il governo elude il tema delle espulsioni di massa, puntando su sorveglianza capillare. Di fronte all’escalation di violenze intorno alle stazioni, il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt (CSU) promette interventi, malgrado i sindacati di polizia denunciano «condizioni intollerabili».   I coltelli sono sempre più frequenti: i reati con armi da fuoco sono saliti da 589 a 808 in un anno, e i danni alla proprietà da 16.786 a 17.595. Welt nota che «gli stranieri sono sovrarappresentati in tutti i gruppi criminali». I sindacati definiscono le stazioni «fuochi criminali» nazionali.   Lo spazio pubblico si sta chiudendo ai tedeschi, con giovani immigrati e discendenti che dominano questi luoghi vitali, come già accade in piscine e mercatini natalizi. La risposta? Più telecamere, con intelligenza artificiale e presidi polizieschi massicci.

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Secondo il quotidiano Die Welt, «molte stazioni ora usano telecamere supportate da IA per rilevare anomalie in tempo reale, aiutando i soccorsi a valutare situazioni. A Monaco, 200 telecamere contribuiscono alla de-escalation». Dobrindt annuncia ampliamenti: «La tecnologia ha triplicato gli identificati sospetti negli ultimi anni».   Sorprendentemente, pur identificando più sospetti, la criminalità sale. Probabilmente per pene blande o assenti, e mancata espulsione dei catturati. Il governo ammette di non perseguire deportazioni di massa, ma di rafforzare «controllo e sorveglianza» sulla popolazione importata.   «Controllo, sorveglianza, forze d’intervento motivate: questo è il nostro modello contro la criminalità e per una sicurezza crescente in Germania», ha concluso Dobrindt.   Le no-go zones sono un fenomeno che interessa tutta Europa, da Londra (Finsbury Park) al Belgio (Moleenbeek), a ovviamente le banlieue francesi, ad intere aree delle città svedesi dove alle donne le autorità consigliano di non mettere i tacchi per scappare più velocemente. No-go zones vi sarebbero anche in Italia, dove si parla molto di San Siro a Milano e dove abbiamo visto la rivolta etnica di Corvetto pochi mesi fa. La dimostrazione del concetto, nella sua estensione mobile e temporanea, l’abbiamo vista tre anni fa con l’invasione di Peschiera del Garda da parte di giovani immigrati, contro cui nemmeno i celerini hanno potuto nulla.   Come già scritto da Renovatio 21, le no-go zone sono – se mai ce n’era ulteriore bisogno – la dimostrazione fisica della negazione Costituzione, la nel suo articolo 16 prevede la libera circolazione dei cittadini su tutto il suolo nazionale.   Le no-go zones sono un ingrediente necessario all’instaurazione dell’anarco-tirannia come sistema politico che dominerà l’Europa e l’Occidente..

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Immagine di C.Southorn via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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«Allahu akbar» e investe i pedoni nell’isola francese

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Cinque persone sono rimaste ferite, due in modo grave, dopo che mercoledì un uomo ha travolto con la propria auto pedoni e ciclisti sull’isola francese di Oléron, hanno comunicato le autorità locali. L’autista avrebbe urlato «Allahu Akbar» al momento dell’arresto.

 

L’aggressione, protrattasi per 35 minuti, si è consumata lungo le strade che uniscono i comuni di Dolus-d’Oléron e Saint-Pierre-d’Oléron, capoluogo dell’isola atlantica. Il ministro dell’Interno Laurent Nunez ha confermato che cinque pedoni e ciclisti sono stati investiti prima che il conducente venisse fermato.

 

La polizia ha neutralizzato il sospettato con un taser dopo che questi aveva dato fuoco al veicolo. All’interno dell’auto sono state rinvenute diverse bombole di gas, ha reso noto la procura di La Rochelle, precisando che l’uomo aveva ripetutamente gridato «Allahu Akbar» durante l’arresto.

 

La procura antiterrorismo francese non è coinvolta nell’indagine per tentato omicidio. Stando a quanto riportato dal quotidiano Le Parisien, il sospettato è un 35enne del villaggio di pescatori di La Cotinière, con precedenti per reati minori e legati alla droga, ma privo di collegamenti noti a gruppi terroristici organizzati. Avrebbe riferito agli inquirenti di essersi «auto-radicalizzato online» circa un mese fa – dichiarazione che gli investigatori stanno al momento verificando.

 

Secondo recenti notizie trapelate, sarebbe un francese europeo anarchico convertitosi all’islam

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Negli ultimi anni la Francia è stata teatro di numerosi attacchi con veicoli a motore. Il più letale risale al 2016, quando un estremista islamista ha falciato con un camion la folla in festa per la Bastiglia a Nizza, causando 86 morti e oltre 450 feriti prima di essere abbattuto dalla polizia.

 

Gli attacchi a base di grida «Allahu Akbar» sono oramai una costante in Europa e oltre.

 

Come riportato da Renovatio 21, solo tre mesi fa a Dublino si è avuto un accoltellatore allahukbarista. L’anno scorso un uomo ha fatto irruzione con machete in una stazione di polizia di Linz am Rhein, in Germania, col il trito grido islamista. Tre anni fa in Francia un marocchino ha decapitato il padre urlando «Allahu Akbar». Sempre in Francia, sempre tre anni fa, un allahuakbarista ha abbattuto un albero di natale.

 

Il grido allahuakbarico è stato udito, ovviamente, anche durante la rivolta delle banlieue del 2023.

 

Più significativo quando l’anno passato masse di immigrati siriani invasero i mercatini di Natale tedeschi gridando «Allahu akbar», in celebrazione della presa di Damasco da parte degli islamisti anti-Assad. Non è chiaro perché, se sono felici di questo esito politico, non tornino nel loro Paese (scherziamo, è a noi chiarissimo)

 

Al contempo, non è chiaro come gli europei riescano a farsi sputare in faccia in questo modo, persino a Natale. Scherziamo anche qui: sappiamo benissimo perché.

 

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Immagine di Cobber17 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported 

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Trump: «La gente di Nuova York fuggirà dal comunismo»

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I neoeboraceni presto abbandoneranno la loro città «comunista», ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, in seguito all’elezione a sindaco del democratico progressista Zohran Mamdani.   Mercoledì, parlando ai suoi sostenitori a Miami, Trump ha affermato che i democratici avevano «insediato un comunista» al comando della metropoli più grande del Paese e ha aggiunto che il cosiddetto Sunshine State «diventerà presto il rifugio per chi fugge dal comunismo newyorkese».   Mamdani, che si definisce socialista democratico ed è stato eletto martedì, promuove l’edilizia popolare, la proprietà pubblica dei servizi essenziali e la tassazione sul patrimonio. Il suo programma ha suscitato critiche da moderati e repubblicani, che lo accusano di spingere idee «radicali», «comuniste» e populiste, mentre i suoi sostenitori ritengono che le proposte affrontino la crisi abitativa in atto e le disuguaglianze crescenti di Nuova York.

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La scelta di Trump di rilasciare tale dichiarazione proprio a Miami è apparsa intenzionale. La città ospita da decenni vaste comunità cubane e venezuelane, che ne hanno forgiato l’immagine di approdo per chi scappa da regimi socialisti e comunisti.   Lungi dall’essere un uomo del popolo, il Mamdani è un immigrato di lusso figlio di papà. Suo padre è un professore di «studi post-coloniali» di origine ugandese-gujarati e di famiglia sciita, la madre è la regista indiana nota internazionalmente (in particolare, per il film 2001 Monsoon Wedding – Matrimonio indiano), premiata anche al Festival di Venezia nel 1991, Mira Nair. Il secondo nome dato al pargolo, Kwame, fu un omaggio a Kwame Nkrumah, primo presidente del Ghana.   Come riportato da Renovatio 21, Mamdani è è affiliato con organizzazioni che perorano apertis verbis la distruzione della famiglia e progetta addirittura aborti eseguiti in chiesa.  

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Immagine di Bingjiefu He via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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