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Geopolitica

Zelens’kyj promette di riconquistare la Crimea

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha respinto le richieste degli Stati Uniti di ritirare le loro rivendicazioni sulla Crimea o di fare concessioni territoriali alla Russia.

 

In un discorso pronunciato domenica in occasione del Giorno dell’Indipendenza dell’Ucraina, Zelensky ha promesso di riconquistare la penisola, popolata prevalentemente da russi etnici e che ha votato a stragrande maggioranza per l’annessione alla Russia dopo il golpe di Maidan del 2014, sostenuto dall’Occidente.

 

L’ex attore ha inoltre promesso di rivendicare le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, che, insieme alle regioni di Kherson e Zaporiggia, si sono unite alla Russia nel 2022 dopo i referendum.

 

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«Qui, al chilometro zero, questo è un punto di partenza dove sono segnate le distanze dalle città ucraine: dalla nostra Donetsk, dalla nostra Lugansk, dalla nostra Crimea», ha detto lo Zelens’kyj in un discorso filmato in piazza Maidan a Kiev, luogo del colpo di Stato del 2014 sostenuto dallo Stato profondo USA e dai suoi satelliti occidentali. «Tutto questo è l’Ucraina… e nessuna occupazione temporanea può cambiare le cose. Un giorno… saremo di nuovo insieme come un unico Paese. È solo questione di tempo».

 

Mentre mediava gli sforzi di pace tra Mosca e Kiev, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha lanciato l’idea di uno «scambio di territori», ma ha affermato fermamente che Kiev non riconquisterà la Crimea, definendo tale scenario «impossibile».

 

Secondo quanto riferito, le questioni territoriali erano all’ordine del giorno dei colloqui tra Trump, Zelens’kyj e i sostenitori di Kiev dell’UE all’inizio di questa settimana, ma Zelens’kyj avrebbe respinto le proposte di cessione del territorio. Lo ha confermato nel suo discorso di domenica, dichiarando: «l’Ucraina non sarà mai più costretta nella storia a sopportare la vergogna che i russi chiamano “compromesso”».

 

Trump ha chiesto un incontro diretto tra Putin e Zelens’kyj, affermando che potrebbe accelerare il processo di pace, ma ha avvertito che il leader ucraino deve «mostrare flessibilità», anche sulle rivendicazioni territoriali. Si è congratulato con l’Ucraina per la sua festa nazionale in un post su X, esortando nuovamente Kiev a negoziare un accordo con Mosca per «fermare le uccisioni insensate».

 

Putin non ha escluso un incontro con Zelens’kyj, nonostante abbia messo in dubbio la legittimità del leader ucraino a causa della scadenza del suo mandato, ma insiste sul fatto che ciò potrà avvenire solo dopo tangibili progressi nei negoziati.

 

Venerdì, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha affermato che Putin potrebbe incontrare Zelenskij «quando l’agenda per un vertice sarà pronta», ma ha aggiunto che «allo stato attuale, non è previsto alcun incontro».

 

Mosca ha sempre sostenuto che accetterà solo un accordo di pace che includa la neutralità dell’Ucraina, la smilitarizzazione e il riconoscimento della Crimea, di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporggia come regioni russe.

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Geopolitica

Maduro ha offerto ampie concessioni economiche agli Stati Uniti

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Il Venezuela ha proposto agli Stati Uniti significative concessioni economiche, inclusa la possibilità per le aziende americane di acquisire una quota rilevante nel settore petrolifero, durante negoziati segreti durati mesi. Lo riporta il New York Times, citando fonti anonime.   Tuttavia, Washington avrebbe rifiutato l’offerta, con il futuro politico del presidente Nicolas Maduro come principale ostacolo.   Nelle ultime settimane, gli Stati Uniti hanno condotto attacchi al largo delle coste venezuelane contro quelle che hanno definito «imbarcazioni della droga», causando oltre venti morti e rafforzando la propria presenza militare nella regione. Funzionari americani hanno accusato Maduro di legami con reti di narcotraffico, accusa che il presidente venezuelano ha respinto.   Caracas ha accusato Washington di perseguire un cambio di regime, un’intenzione smentita dai funzionari statunitensi.

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Secondo fonti anonime di funzionari americani e venezuelani riportate dal NYT, dietro le tensioni pubbliche, Caracas avrebbe presentato un’ampia proposta diplomatica. Questa includeva l’apertura di tutti i progetti petroliferi e auriferi, attuali e futuri, alle aziende americane, l’offerta di contratti preferenziali per le imprese statunitensi, il reindirizzamento delle esportazioni di petrolio dalla Cina agli Stati Uniti e la riduzione degli accordi energetici e minerari con aziende cinesi, iraniane e russe.   I colloqui, condotti per mesi tra i principali collaboratori di Maduro e l’inviato statunitense Richard Grenell, miravano a ridurre le tensioni, secondo l’articolo. Sebbene siano stati fatti progressi in ambito economico, le due parti non sono riuscite a trovare un accordo sul futuro politico di Maduro, si legge nel rapporto.   Secondo il NYT, il Segretario di Stato americano Marco Rubio sarebbe stato il principale sostenitore della linea dura dell’amministrazione Trump per rimuovere Maduro. Si dice che Rubio sia scettico sull’approccio diplomatico di Grenell e abbia spinto per una posizione più rigida contro Caracas.   Un precedente articolo del quotidiano neoeboraceno riportava che Trump avesse ordinato l’interruzione dei colloqui con il Venezuela, «frustrato» dal rifiuto di Maduro di cedere volontariamente il potere. Il giornale suggeriva anche che gli Stati Uniti stessero pianificando una possibile escalation militare.   Nel frattempo, Maduro ha avvertito che il Venezuela entrerebbe in uno stato di «lotta armata» in caso di attacco, aumentando la prontezza militare in tutto il Paese.

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Immagine di Confidencial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported  
 
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Geopolitica

Haaretz: Israele sarà indifendibile se violeremo questo piano di pace

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L’editoriale principale del quotidiano israeliano Haaretz, pubblicato il 10 e l’11 ottobre, lancia un severo monito agli israeliani attratti dai piani del primo ministro Benjamin Netanyahu e dei suoi sostenitori estremisti per ostacolare gli accordi di pace negoziati.

 

«Se Israele fosse così sprovveduto da liberare gli ostaggi e poi trovare un pretesto banale per riprendere i combattimenti, consolidando la sua nuova immagine di Stato guerrafondaio che viola ripetutamente gli accordi, le proteste che hanno scosso l’Europa per la reazione di Israele alla flottiglia per Gaza si intensificheranno con una forza doppia e saranno inarrestabili».

 

L’editoriale, scritto dall’editorialista Carolina Landsmann, ribadisce: «se Israele riprendesse i combattimenti dopo aver recuperato tutti gli ostaggi, compirebbe un autentico suicidio diplomatico. Difendere il Paese diventerebbe impossibile. Nemmeno Trump potrebbe riuscirci».

 

L’editoriale è stato innescato dalle dichiarazioni del giornalista israeliano Amit Segal, trasmesse sul Canale 12 israeliano, secondo cui «non esiste una fase due, questo è chiaro a tutti, no?». Segal ha escluso qualsiasi soluzione che richiami gli accordi di Oslo, vantandosi che, una volta liberati gli ostaggi, Israele riprenderà a combattere,.

 

La Landsmann ha replicato che questo gioco è finito: «Il mondo ha compreso la realtà meglio di Israele», e persino i sostenitori di Trump «sono stanchi» di vedere i contribuenti americani finanziare le guerre di Israele. L’editorialista ha riportato le parole di Trump a Netanyahu: «Israele non può combattere contro il mondo, Bibi; non può combattere contro il mondo».

 

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Immagine di IDF Spokesperson’s Unit via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

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Geopolitica

Il Cremlino dice di essere pronto per un accordo sull’Ucraina

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Mosca rimane aperta a una risoluzione pacifica del conflitto in Ucraina, ma le ostilità proseguiranno finché Kiev continuerà a ostacolare i negoziati, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.   Rispondendo al presidente francese Emmanuel Macron, che di recente ha scritto in un post su X che la Russia «dovrà pagare il prezzo» se si rifiutasse di dimostrare disponibilità a negoziare, Peskov, parlando ai giornalisti lunedì, ha sottolineato che Mosca ha sempre favorito una soluzione diplomatica alla crisi. Tuttavia, ha notato che Kiev, sostenuta dai suoi alleati occidentali, continua a respingere tutte le proposte russe.   «La Russia è pronta per una soluzione pacifica», ha affermato Peskov, evidenziando che la campagna militare di Mosca continua «a causa della mancanza di alternative». Ha aggiunto che la Russia raggiungerà infine i suoi obiettivi dichiarati, salvaguardando i propri interessi di sicurezza nazionale.

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Le sue dichiarazioni arrivano in vista dell’incontro previsto per venerdì a Washington tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.   Peskov ha espresso apprezzamento per gli sforzi diplomatici di Trump volti a risolvere pacificamente il conflitto, auspicando che «l’influenza degli Stati Uniti e le capacità diplomatiche degli inviati del presidente Trump contribuiscano a incoraggiare la parte ucraina a essere più proattiva e preparata al processo di pace».   La Russia ha ripetutamente ribadito la propria disponibilità a colloqui di pace con l’Ucraina. Le due parti erano vicine a un accordo a Istanbul all’inizio del 2022, ma, secondo Mosca, Kiev si è ritirata dopo che i suoi sostenitori occidentali l’hanno spinta a continuare il conflitto.   Da allora, i funzionari russi hanno sostenuto che né Kiev né i suoi alleati europei sono genuinamente interessati a porre fine alle ostilità, accusandoli di ostacolare i negoziati con condizioni mutevoli e ignorando le proposte russe.  

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  Immagine di A.Savin via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported2.5 Generic2.0 Generic1.0 Generic
 
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