Pensiero
Vi stanno cacciando dalle vostre case. Per sostituirvi. Per sottomettervi

La scena è più o meno questa: arriva la bolletta di gas e luce. Si apre la busta. Si rimane basiti. Sconvolti. C’è chi impreca, c’è chi si dispera.
Qualche bontempone a San Valentino ci fece un video divertente: una coppia si regalava vicendevolmente il saldo della bolletta, il resto del ristorante guardava ammirato o invidioso, il cameriere chiedeva di farsi un selfie coi nababbi. Era San Valentino, ribadiamo: 10 giorni prima dell’inizio dell’Operazione Z – lo diciamo solo in caso a qualcuno salti in mente di dare la colpa a Putin e alla guerra.
Dicevamo: busta, sgomento, shock, improperi. Nessun utente in Italia, con un aumento che in alcuni casi arriva al 250%, può sottrarsi allo schema.
Tuttavia, non si tratta dell’unica reazione possibile. Né si considera quale può essere l’effetto a lungo termine.
Perché ho contezza di tanti casi in cui non è scattata la rabbia, ma qualcosa di ben peggiore: l’amarezza. E con essa, è partito quel calcolo che nessuno vorrebbe mai fare: posso permettermi davvero questa casa?
Non esiste ora uno studio statistico possibile su questo pensiero, tuttavia nel giro di qualche mese vi potrebbero essere dati immobiliari interessanti.
Immaginate, ad esempio, una vedova: vive in un appartamento, grande ma non grandissimo, dove ha cresciuto i figli, che ora hanno famiglia, ma che amano tornare con i bimbi nella casa dove sono nati, che ora è casa della nonna. La signora apre la busta: chiedono 1.100 euro, quasi il doppio della sua pensione. Il pensiero della persona onesta e mansueta non può che essere quello: posso permettermi davvero di vivere qui?
Immaginate un giovane. Sì è trasferito nella casetta che gli hanno lasciato i genitori. In questi anni si è indebitato per rimetterla a posto, perché ci va a vivere con la moglie incinta, la sua cameretta sta diventando la cameretta del suo futuro figlio. Il ragazzo apre la busta: vogliono 1.800 euro. Davvero posso permettermi di vivere in questa casa?
Immaginate un signore qualsiasi, con un lavoro un tempo tranquillo: insegnante, infermiere, etc. Da quasi un anno non percepisce lo stipendio, perché si è opposto al vaccino mRNA. Il governo ha stabilito che non dovesse prendere un euro, fino a che non si sottomettesse alla siringa genica. Mese dopo mese, i soldi da parte sono finiti – c’è il mutuo da pagare, c’è la spesa da fare. Ora arriva una busta: vogliono 900 euro. Il signore non li ha più. Forse li può chiedere ad un parente, ad un amico, ingoiandosi l’orgoglio; tuttavia quando ci pensa sa bene che non ha senso farlo, perché tra due mesi il problema ritorna, magari ancora una volta raddoppiato – a questo punto è lecito aspettarsi qualsiasi cosa. Guardando la busta, piange: come posso permettermi di vivere nella mia casa?
Le tipologie sono di più. Voi dovete moltiplicarle per centinaia di migliaia. Per milioni. Milioni di italiani in questo momento stanno pensando di cambiare casa. O meglio: stanno pensando di dover lasciare la propria casa.
In un Paese con una cifra di case di proprietà sopra il 70%, cambiare casa, fino a poco fa, significava quasi sempre farlo in favore di una casa più grande, o migliore. Ora non è più così: milioni di persone stanno pensando ad un downgrade della propria situazione abitativa.
Martellati dai debiti – perché questo sono le bollette 2022, debiti appioppati unilateralmente ed automaticamente alla popolazione – stanno pensando che in fondo possono vivere con molto meno, un monolocale, una stanza, un tugurio qualsiasi. La cosa triste è che la maggior parte ancora non ha nessuna idea di come fare. Non hanno mai pensato, ad esempio, di dover lasciare la casa di famiglia, la casa che fu di tuo padre, e di suo padre prima di lui, e forse ancora più in profondo nella continuazione umana, del bisnonno, del trisavolo…
Ci parlavano della prima generazione che sarebbe stata peggio di quella precedente. Ebbene, eccola qua, ma è molto, molto peggio di così: non solo la giovane generazione viene sfrattata, anche quella precedente. Tutti quanti, indiscriminatamente, vengono cacciati dalle proprie case. L’idea alla base non può che essere quella.
Molti lettori sanno già rispondere, tuttavia altri, a questo punto, si chiederanno con semplicità: perché?
Perché provocare una simile catastrofe?
Perché ferire la popolazione nell’unica certezza che ha, la casa?
Perché togliere a milioni di esseri umani il gradino più basso nella Piramide di Maslow, e cioè il bisogno di un tetto, di protezione?
Perché tutto questo? Come può uno Stato, l’ente creato dagli uomini per proteggersi, tollerare questo livello di danno e distruzione umana?
Ebbene, la risposta è semplicissima, ed è sempre la stessa: per sostituirvi.
La Grande Sostituzione, di cui parliamo spesso su Renovatio 21, è incontrovertibilmente in atto. Negli USA esponenti del Partito Democratico stanno chiedendo ai social di censurare l’espressione Great Replacement, perché dicono sia razzista. Esponenti di area repubblicana invece mostrano le clip di politici Dem (incluso Biden) che teorizzano e gioiscono per il rimpiazzo della popolazione in atto. A questo, del resto, servono le frontiere col Messico spalancate.
È innegabile che sia così.
La vedova, il giovane, il signore possono aprire la finestra di casa, e magari trovarsi, di fronte, un condominio occupato solo da «migranti africani». Il problema che non li fa dormire la notte – l’idea di non potersi più permettere la casa – non li tocca. Sono vestiti impeccabilmente, pantaloni, giacca e cappellino, sneakers coloratissime. Berciano tutto il giorno in cortile tra un barbecue e la bottiglietta di birra. Se non trascinano le ciabatte in mezzo alla strada mentre parlano a volumi impossibili in uno smartphone di ultimissima generazione, sfrecciano con un monopattino elettrico cinese. Non hanno davvero nulla da fare. Ecco, sì, fanno figli: qualcuno, c’è da scommetterci, deve avergli detto che è in arrivo una cosa che si chiama jus soli. La sera, dalle finestre compaiono bagliori fortissimi: sono televisori da 70 pollici, collegati con i canali dei Paesi d’origine, quelli da cui sono scappati «per la guerra» o la fame. Il giardino del condominio è incolto, inizia ad assomigliare, in effetti, a qualcosa di africano: da mesi un’auto vecchie con le ruote sgonfie ed arrugginite è ferma in mezzo, le erbacce sono ovunque, qua è là si ammassa spazzature, o oggetti incongrui. È chiaro che questo chiasso e questa sporcizia distruggano il valore delle case circostanti, quelle le cui bollette i residenti non riescono a pagare, e che quindi stanno pensando di vendere, ad un prezzo, causa ghetto incipiente, assai minore del naturale.
(Caro lettore, niente di tutto questo è inventato)
La vedova, il giovane, il signore non possono pensare che una cosa: chi comanda vuole gli africani, non i cittadini italiani. Agli africani, lo Stato paga le bollette – e mica solo quelle: tutto ciò che abbiamo nominato, giacca-sneakers-smartphone-monopattino-barbecue-TV-figli, è pagato dallo Stato, e cioè dal contribuente, e cioè da coloro che oggi, per darli allo Stato, non hanno più i danari per restare nella propria casa.
Non è, a rigor di logica, possibile pensarla in altro modo. La bolletta assassina altro non è che un ulteriore strumento della Grande Sostituzione.
Tuttavia dobbiamo rilevare che la Sostituzione non riguarda solo gli immigrati.
L’appartamento della vedova magari finirà a «richiedenti asilo» nigeriani, ma è facile che la casa paterna dove vive il giovane possa finire invece possa finire a qualcuno della nuova casta emersa con la pandemia: quelli che lavorano tamponi e vaccini, quelli che fanno consegne a domicilio, etc.
La casetta del signore no-vax invece, non può che finire ad un collega trasferito da un’altra regione, uno che invece il vaccino lo ha fatto, uno che ha obbedito senza fare tante storie.
La vedova, il giovane, il signore sono stati, in pratica, sostituti con qualcuno che il sistema vede meglio: qualcuno senza radici. Qualcuno che ha accettato il Reset, qualcuno che quindi ha dimostrato di essere resettabile. In fondo, nigeriano, ucraino, infermiere pro-vax o corriere Amazon, non ha importanza: rileva solo la possibilità di sottomissione, la plasmabilità della loro esistenza nel nuovo contesto.
Non è finita: lasciando le loro case, la vedova, il giovane, il signore si presteranno loro stessi alle regole del Reset. Rinunziando a ciò che hanno di più primario, la casa, essi sono già giocoforza entrati nel paradigma di Klaus Schwab e soci: «non avrai niente e sarai felice».
(In fondo, è stato detto, il Grande Reset è questo: l’accettazione massiva di ridotte aspettative)
Anni fa, accusarono un finanziere italiano «allievo» di Soros, fortemente legato ad un passato premier, di voler speculare sui Non Performing Loans (NPL), cioè i crediti in sofferenza, in pratica su coloro che non riescono a pagare il mutuo. Dobbiamo capire che ora siamo molto, molto oltre. Siamo ad un punto in cui nemmeno più le speculazioni dei raider di Borsa contano più qualcosa – perché, come vi ripetiamo, i padroni del sistema non lo stanno facendo per danaro.
C’è forse ancora in rete qualche intervista ai cittadini del Donbass durante gli 8 anni di guerra che hanno preceduto l’Operazione Z. È possibile vedere donne russofone piangere disperate, reiterando il discorso per cui non capivano perché dei loro concittadini – gli ucraini delle milizie naziste e soldataglia varia – sparassero loro con l’artiglieria, mirando proprio alle case. Qualcuno poi però racconta di qualche scambio verbale gli aggressori ucraini, che ammettevano senza tante cerimonie – della franchezza dei combattenti ucraini stiamo avendo una lugubre prova in questi mesi – che il loro obbiettivo era far sloggiare i russofoni. Non interessava vincere i loro cuori alla causa di Kiev, né propriamente combattere i soldati di Donetsk e Lugansk: l’obbiettivo era far scappare la popolazione, per rimpiazzarla. In quelle terre ricche di ogni ben di Dio industriale (acciaierie, etc.) e minerario (litio, nickel, terre rare, etc.) volevano starci loro – quelle case dei villaggi bombardati, dunque, una volta svuotate degli abitanti sarebbero state occupate dalla popolazione ucraina-ucraina, o da chiunque altro fosse necessario al nuovo ordine.
Comprendiamo che siamo nella medesima situazione del popolo del Donbass. Ci stanno cacciando dalle nostre case, per sostituirci.
Non hanno avuto bisogno nemmeno dei cannoni: stanno procedendo con le bollette e con le tasse – ricordandoci come il prototipo di queste armi, l’IMU, fosse stato testato dal governo-anteprima dell’attuale, la tecnocrazia di Mario Monti.
Sì, si tratta, se possiamo usare questa espressione, di un processo di «pulizia etnica». Solo il popolo sottomesso, solo la massa vaccina avrà diritto di continuare la sua vita.
Sopravvivrà solo chi accetterà la disintegrazione definitiva di ogni sua sovranità: politica, finanziaria, famigliare, biologica, a breve anche quella del foro interiore, dello spirito intimo dell’essere umano.
Sarà salvato solo colui che accetterà lo sradicamento come paradigma di vita. Non più la famiglia, e quindi non più la casa dove la sua continuazione si è consumata per 50, 100 anni. Non più proprietà. Non più figli. «Non possederai nulla e sarai felice». Nemmeno i tuoi sogni saranno tuoi. Nemmeno i tuoi pensieri saranno tuoi.
Questo è, in nuce, il vero senso della «crisi energetica», fatta ricadere interamente sulle spalle di cittadini come un infame debito impossibile da ripagare.
Vi stanno cacciando di casa. Per sostituirvi. Per sottomettervi.
Per devastare una volta per tutte la continuità dell’essere, la vostra tradizione, ciò che vi è stato tramandato e che volete tramandare, sia esso una casa o la credenza nel Dio della Vita e nella libertà umana.
Ci chiediamo: chi capisce ciò che sta accadendo, come può trattenere la rabbia?
Come potrà anche solo considerare non solo il voto, ma la convivenza con un potere che alle persone ha tolto tutto, perfino il tetto sotto cui si sono riparate per tutta la loro esistenza?
Roberto Dal Bosco
Immagine di kodem70 via Deviantart pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 3.0 Unported (CC BY-ND 3.0)
Pensiero
Se la realtà esiste, fino ad un certo punto

I genitori si accorgono improvvisamente che la biblioteca scolastica mette a disposizione degli alunni strani libri «a fumetti» dove si illustra amabilmente il bello della liaison omoerotica.
L’intento degli autori è inequivocabile, quello di presentare un modello antropologico indispensabile per una adeguata formazione dell’individuo in crescita… Meno chiaro appare nell’immediato se la scuola, nel senso dei suoi responsabili vicini o remoti, di questa trovata educativa abbiano coscienza e conoscenza.
Di istinto, i genitori dell’incolpevole alunno si chiedono se tutto ciò sia proprio indispensabile per uno sviluppo armonico della psicologia infantile, magari in sintonia con i suggerimenti più elementari della natura e della fisiologia.
Tuttavia, poiché anche lo zeitgeist ha una sua potenza suggestiva, a frenare un po’ il comprensibile sconcerto, in essi affiora anche qualche dubbio sulla adeguatezza culturale dei propri scrupoli educativi, tanto che sono indotti a porsi il dubbio circa una loro eventuale inadeguatezza culturale rispetto ai tempi, votati come è noto, a sicure sorti progressive.
Ma il caso riassume bene tutto il paradosso di un fenomeno che ha segnato questo quarto di secolo e soltanto incombenti tragedie planetarie, mettono un po’ in sordina, finché dagli inciampi della vita quotidiana esso non riemerge con tutta la sua inaspettata consistenza.
Infatti la domanda sensata che si dovrebbero porre questi genitori, è come e perché una anomalia privata abbia potuto meritare prima una tutela speciale nel recinto sacro dei valori repubblicani, per poi ottenere il crisma della normalità e quindi quello di un modello virtuoso di vita; il tutto dopo essersi insinuata tanto in profondità da avere disattivato anche quella reazione di rigetto con cui tutti gli organismi viventi si difendono una volta attaccati nei propri gangli vitali da corpi estranei capaci di distruggerli.
Eppure, per quanto giovani possano essere questi genitori allarmati, non possono non avere avvertito l’insistenza con cui questa merce sia stata immessa di prepotenza sul mercato delle idee, quale valore riconosciuto, dopo l’adeguata santificazione dei cultori della materia ottenuta col falso martirio per una supposta discriminazione. Quella che già il dettato costituzionale impediva ex lege.
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Ma tutta l’impalcatura messa in piedi intorno a questo teatro dell’assurdo in cui i maschi prendono marito, le femmine si ammogliano nelle sontuose regge sabaude come nelle case comunali di remote province sicule, non avrebbe retto comunque all’urto della ragione naturale e dell’evidenza senza la gioiosa macchina da guerra attivata nel retrobottega politico con il supporto della comunicazione pubblica e lasciata scorrazzare senza freni in un mortificato panorama culturale e partitico.
Nella sconfessione della politica come servizio prestato alla comunità, secondo il criterio antico del bene comune, mentre proprio lo spazio politico è in concreto affollato da grandi burattinai e innumerevoli piccoli burattini, particelle di un caos capace di tenere in scacco «il popolo sovrano». Una parte cospicua del quale si sente tuttavia compensato dalla abolizione dei pronomi indefiniti, per cui tutte e tutti possono toccare con mano tutta la persistenza dei valori democratici.
Non per nulla proprio in omaggio a questi valori è installato nella anticamera della presidenza del Consiglio, da anni funziona a pieno regime un governo ombra, quello terzogenderista dell’UNAR. Un ufficio che ha lavorato con impegno instancabile, e indubbia coerenza personale, alla attuazione del «Piano» (sic) elaborato già sotto i fasti renziani e boschiani, per la imposizione capillare nella società in generale e nella scuola in particolare, di tutto l’armamentario omosessista.
Il cavallo di battaglia di questa benemerita entità governativa è la difesa dei «diritti delle coppie dello stesso sesso», dove sia il «diritto», che la «coppia» hanno lo stesso senso dei famosi cavoli a merenda.
Ecco dunque un esempio significativo ed eccellente di quella desertificazione della politica per cui il governo ombra guidato da interessi particolari in collaborazione e in sintonia con centri di potere radicati in istituzioni sovranazionali, possa resistere ad ogni cambio di governo istituzionale senza che ne vengano disinnescati potere e funzioni.
I partiti, dismessi gli apparati ideologici, e omogeneizzati nella sostanza, sono ridotti a «parti», alla moda di quelle fiorentine che pure un qualche ideale di fondo ce l’avevano, anche se tutte si assestavano su un gioco di potere.
Qui prevale il gioco dei quattro cantoni, dove tutti sono guidati dall’utile di parte che coincide a seconda dei casi con l’utile politico personale o ritenuto tale. Un utile calcolato tra l’altro senza vera intelligenza politica ovvero senza intelligenza tout court. Anche chi si è abbigliato di principi non negoziabili, alla bisogna può negoziare tutto, perché secondo il noto Principio della Dinamica Politica, «Tutto vale fino ad un certo punto».
Tajani, insieme a Rossella O’Hara ci ha offerto il compendio di tutta la filosofia occidentale contemporanea. Quindi dobbiamo stare sereni. Ma i genitori attoniti devono comprendere che quei libretti e questa scuola non sono caduti dal cielo. Sono il frutto di una politica diventata capace di tutto perché incapace a tutto sotto ogni bandiera.
Patrizia Fermani
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Pensiero
Putin: il futuro risiede nella «visione sovrana del mondo»

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Pensiero
La questione di Heidegger

Negli scorsi mesi è scoppiata sul quotidiano La Verità una bizzarra diatriba riguardo ad un pensatore finito purtroppo per essere centrale nel nostro panorama filosofico accademico, Martin Heidegger (1889-1976), già noto per la collaborazione con il nazismo e per l’adulterio consumato con la celebre ebrea Hannah Arendt, all’epoca sua studentessa, e da alcuni, per qualche ragione, considerato come un filosofo «cattolico».
Un articolista con fotina antica a nome Boni Castellane (supponiamo si chiami Bonifazio, ma lo si trova scritto così, con il diminutivo, immaginiamo) ha cominciato, con un pezzo importante, a magnificare le qualità dell’Heidegger lo scorso 17 agosto:«Omologati e schiavi della Tecnologia – Heidegger ci aveva visti in anticipo».
Giorni dopo, aveva risposto un duo di autori, tra cui Massimo Gandolfini, noto, oltre che la fotina con il sigaro, per aver guidato (per ragioni a noi sconosciute) eventi cattolici di odore vescovile, che come da programma non sono andati da nessuna parte, se non verso la narcosi della dissidenza rimasta e il compromesso cattolico. Sono seguite altri botta e risposta sul ruolo del «sacro» secondo l’Heideggerro e la sua incompatibilità con il cristianesimo.
Il Gandolfini e il suo sodale scrivono, non senza ragione, che «il dio a cui si riferisce Heidegger non è il nostro». Una verità non nota agli intellettuali cattolici che, in costante complesso di inferiorità nei confronti del mondo, hanno iniziato ad importare il pensatore tedesco dalle Università italiane – dove ha tracimato, dopo un progetto di inoculo sintetico non differente da quello avutosi con Nietzsche – per finire addirittura nei seminari.
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Il progetto, spiegava anni fa Gianni Collu al direttore di Renovatio 21, era del tutto identico a quello visto con Nietzsche, recuperato dall’ambito della cultura nazista, purgato nell’edizione Adelphi di Giorgio Colli e Mazzino Montinari – la cura dell’opera omnia nicciana arriva prima in italiano che in tedesco! – e servito alla massa del ceto medio riflessivo italiota, e mondiale, per distoglierlo dal marxismo e introdurre elementi di irrazionalismo e individualismo nichilista nella vita del popolo – di lì all’esoterismo di massa, il passo diventa brevissimo.
Con Heidegger si è tentato un lavoro simile, ma Collu aveva profetizzato allo scrivente che stavolta non avrebbe avuto successo, perché era troppo il peso del suo legame con l’hitlerismo, e troppa pure la cifra improponibile del suo pensiero. Di lì a poco, vi fu lo scandalo dei cosiddetti «Quaderni neri», scritti ritenuti inaccettabili che improvvisamente sarebbero riemersi – in verità, molti sapevano, ma il programma di heidegerizzare la cultura (compresa quella cattolica) imponeva di chiudere un occhio, si vede. Fu ad ogni modo divertente vedere lo stupore di autori e autrici che avevano dedicato una buona porzione della carriera allo Heidegger – specie se di origini ebraiche.
L’incompatibilità di Heidegger – portatore di una filosofia oscura e disperata – con il cattolicesimo è, comunque, totale. Di Heidegger non vanno solo segnalati i pericoli, va combattuto interamente il suo pensiero, che altro non è se non un ulteriore sforzo per eliminare la metafisica, e quindi ogni prospettiva non materiale – cioè spirituale – per l’uomo.
Molto vi sarebbe da dire sul personaggio, anche a partire dal suo dramma biografico. Lasciamo qui la parola al professor Matteo D’Amico, che ha trattato il tema dell’influenza di Heidegger nel mondo cattolico, e la difformità di questo personaggio e del suo pensiero, in un intervento al Convegno di studi di Rimini della Fraternità San Pio X nel 2017.
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Immagine di Landesarchiv Baden-Württemberg, Staatsarchiv Freiburg W 134 Nr. 060680b / Fotograf: Willy Pragher via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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