Geopolitica
Riyadh nella SCO: Xi corteggia il «Sud del mondo» contro gli USA e i loro alleati

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Sauditi entrano come partner nel forum politico-militare guidato da Pechino e Mosca. Malgrado la mediazione cinese, la rivalità regionale tra Arabia Saudita e Iran è destinata a rimanere. La Cina porta però nella sua orbita un alleato di Washington. I cinesi hanno più difficoltà nel proprio «cortile di casa».
L’ingresso dell’Arabia Saudita nell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (SCO) è un altro colpo diplomatico di Xi Jinping. Il 10 marzo era arrivato l’annuncio che la Cina aveva mediato la firma di un accordo tra sauditi e iraniani per la ripresa delle relazioni diplomatiche dopo sette anni d’interruzione.
Il «Sud del mondo» è l’area del globo più interessata dall’azione diplomatica cinese: uno sforzo per controbilanciare le mosse degli USA e dei suoi alleati per contenere l’ascesa geopolitica di Pechino.
Con la loro decisione del 29 marzo, i sauditi entrano nella Sco da partner per il dialogo, primo passo per la piena partecipazione. Guidato da Cina e Russia, il forum di consultazione politico-militare riunisce con diversi gradi di affiliazione repubbliche ex sovietiche e Paesi come India, Iran, Pakistan e Turchia.
La presenza di attori con interessi non solo «divergenti», ma «conflittuali», mina in realtà l’efficacia del raggruppamento.
L’arrivo di Riyadh aggiunge un altro elemento di incertezza. La comune appartenenza alla SCO non ha favorito una distensione tra Cina e India, che da quasi tre anni guerreggiano lungo il confine himalayano conteso. Lo stesso discorso vale per le persistenti tensioni tra Delhi e Islamabad sul Kashmir.
La mediazione cinese tra sauditi e iraniani segnala una crescente consapevolezza diplomatica di Pechino, pronta ad assumersi responsabilità che potrebbero portare anche a brutte figure. È indiscutibile che il peso della Cina in Medio Oriente sia sempre più rilevante: arrivare a risultati concreti nella regione è però un altro affare.
Lo scambio di diplomatici tra Iran e Arabia Saudita, come la reciproca adesione alla SCO, non metterà certo fine alla loro rivalità regionale: nella migliore delle ipotesi la renderà «più prevedibile».
Rispetto all’intesa con i sauditi, il vero successo di Xi è di essere riuscito ad attrarre nell’orbita cinese quello che dovrebbe essere un solido alleato degli USA. Più abile in politica estera che in quella economica interna, il presidente cinese continua a segnare punti nel Sud del mondo per compensare le difficoltà nel suo «cortile di casa».
La Cina cerca di allontanare dal Pacifico occidentale la sfera d’azione degli Stati Uniti, ma finora con scarsi risultati. I Paesi del sud-est asiatico non vogliono un conflitto tra Pechino e Washington, ma neanche un’egemonia cinese, accettando il ruolo di equilibratore degli USA.
Il Giappone continua ad armarsi in chiave anti-cinese. Oggi Tokyo ha confermato anche che limiterà la vendita all’estero di strumenti per la produzione di microchip, scelta in linea con le richieste statunitensi per contenere l’avanzamento tecnologico della Cina – e nella stessa direzione va la Corea del Sud.
Il 13 marzo USA, Australia e Gran Bretagna hanno rivelato i dettagli di AUKUS, il patto militare siglato a settembre 2021 per dotare Canberra di sottomarini a propulsione nucleare.
Xi non riesce nemmeno nel vecchio intento di “staccare” l’Europa da Washington. Ieri la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che l’evoluzione dei rapporti tra la Cina e Putin sarà il «fattore determinate» per il futuro delle relazioni sino-europee.
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Immagini di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)
Geopolitica
Charlie Kirk una volta si era chiesto se se l’Ucraina avrebbe cercato di ucciderlo

L’attivista conservatore Charlie Kirk, ucciso in un attentato, aveva dichiarato di essere minacciato di morte ogni giorno per le sue posizioni critiche, in particolare contro il sostegno finanziario degli Stati Uniti al conflitto ucraino. Si dice che almeno una minaccia di omicidio, attribuita a un portavoce ucraino, potrebbe essere stata diretta personalmente a lui.
Nel 2023, il Centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev ha accusato Kirk di promuovere la «propaganda russa». Nel 2024, un sito ucraino aveva incluso Kirk e la sua organizzazione, Turning Point USA, in una lista nera comprendente 386 individui e 76 gruppi americani contrari al finanziamento dell’Ucraina.
Il transessuale americano Sarah Ashton-Cirillo, già responsabile della comunicazione in lingua inglese per le Forze di Difesa Territoriali ucraine, aveva dichiarato di voler «dare la caccia» a quelli che aveva definito «propagandisti del Cremlino», annunciando un imminente attacco contro una figura vicina al presidente russo Vladimir Putin.
Aveva in seguito minacciato anche giornalisti americani, e dichiarato che «i russi non sono esseri umani».
.@charliekirk11 on Volodymyr Zelenskyy: “The gangster is coming back to extort more American politicians to try to get us further into a no-win war.” pic.twitter.com/AF53AP67rB
— Human Events (@HumanEvents) September 15, 2023
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«Proveranno a uccidere Steve Bannon, Tucker Carlson o forse me?» si era chiesto Kirk, citando altre note figure conservatrici dei media americani.
«Noi non siamo burattini di Putin né propagandisti russi, eppure il New York Times ci etichetta così, Twitter ci etichetta così», aveva affermato Kirk nel suo programma. «E quella persona, finanziata dal Tesoro degli Stati Uniti, dichiara: vi troveremo e vi uccideremo».
La questione se il governo degli Stati Uniti stesse finanziando Ashton-Cirillo è diventata oggetto di dibattito pubblico dopo che la sua dichiarazione è diventata virale, interessando anche l’allora senatore dell’Ohio JD Vance, oggi vicepresidente USA. Il transessuale statunitense fu quindi prontamente rimosso dalle forze armate ucraine.
Kirk è stato un critico costante dello Zelens’kyj, descrivendolo come «un bambino ingrato e capriccioso», un «go-go dancer» che non merita nemmeno un dollaro delle tasse americane e «un burattino della CIA che ha guidato il suo popolo verso un massacro inutile».
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Geopolitica
Mosca critica Israele per l’attacco al Qatar

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Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.
In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.
«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.
L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.
Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.
L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».
Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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