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Puff Daddy accusato di racket e traffico sessuale

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L’icona del rap Sean «Diddy» Combs, detto un tempo Puff Daddy, è stato accusato di traffico sessuale, associazione a delinquere e trasporto per prostituzione. I procuratori sostengono che Combs drogava le sue vittime e le costringeva a prendere parte a orge che duravano giorni. Nel caso secondo la stampa sarebbero coinvolte anche armi.

 

Combs è stato arrestato a New York lunedì e il giorno seguente è comparso davanti a un giudice federale a Manhattan, dove si è dichiarato non colpevole di aver gestito un’operazione di traffico sessuale su larga scala.

 

Secondo un atto di accusa desecretato poche ore dopo il suo arresto, il magnate del rap avrebbe adescato donne vulnerabili per farle partecipare a orge, che lui chiamava «Freak Offs», con promesse di sostegno finanziario o di carriera. Una volta nell’orbita di Combs, queste donne sarebbero state presumibilmente drogate e trasportate dai suoi dipendenti in hotel, dove venivano portati prostituti maschi per compiere con loro atti sessuali «altamente orchestrati». Tutto veniva ripreso dalla telecamera per la gratificazione del Combs.

 

Tali filmati sarebbero stati utilizzati come leva per costringere le donne a partecipare ai successivi «Freak Off», hanno affermato i procuratori. La violenza fisica sarebbe stata utilizzata anche per garantire la loro obbedienza, hanno continuato, sostenendo che Combs «ha aggredito le donne, tra le altre cose, colpendole, prendendole a pugni, trascinandole, lanciando loro oggetti e prendendole a calci».

 

Il sistema di traffico è iniziato intorno al 2008, hanno affermato i procuratori. Combs ha iniziato a comportarsi in modo violento nei confronti delle sue vittime nel 2009. Alcuni di questi abusi sono stati visti dal personale dell’hotel, che ha detto alle forze dell’ordine di essere stati corrotti per rimanere in silenzio.

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All’inizio di quest’anno, «le forze dell’ordine hanno sequestrato varie forniture dei Freak Off, tra cui stupefacenti e più di 1.000 flaconi di olio per bambini e lubrificante» durante le perquisizioni delle proprietà di Combs in Florida e California, si legge nell’atto di accusa.

 

Durante l’udienza di martedì, l’avvocato del cantante ha sostenuto che tutte le persone coinvolte nelle orge erano «adulti consenzienti» e che Combs intende combattere le accuse «fino alla fine».

 

Nonostante si sia offerto di versare una cauzione di 50 milioni di dollari, al Combs è stata negata la cauzione ed è stato incarcerato nel Metropolitan Detention Center di Brooklyn. Dovrebbe tornare davanti al tribunale di Manhattan mercoledì pomeriggio.

 

Le accuse federali sono le ultime di una serie di accuse di abusi sessuali contro Combs, la cui etichetta Bad Boy Records valeva un tempo circa 100 milioni di dollari.

 

All’inizio di quest’estate, Combs è stato citato in giudizio dalla modella Crystal McKinney, che lo ha accusato di averla drogata e violentata nel 2003. La causa di McKinney è stata intentata solo pochi giorni dopo che è emerso un video che mostrava Combs mentre picchiava la sua allora fidanzata Cassie Ventura nel 2016.

 

La Ventura ha intentato la sua causa contro Combs, che è stata risolta entro un giorno dalla sua presentazione per una somma non rivelata.

 

Il Combs è stato citato in giudizio da un totale di undici ex soci. Uno di loro, il produttore Rodney Jones, ha accusato Combs di una moltitudine di crimini gravi, tra cui traffico di droga, una sparatoria e abusi sessuali su minori.

 

Alcuni sostengono che il cantante, filmando gli incontri orgiastici, potrebbe di fatto essere al centro di uno schema di ricatto non dissimile da quello presumibilmente perpetrato da Jeffrey Epstein. Secondo il New York Post, un agente che avrebbe eseguito il raid in una villa di Miami del Diddy avrebbe dichiarato che il rapper «è cattivo quanto Epstein».

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Immagine di Brian Glanz via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
 

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I Soundgarden assumono una cantante nera obesa che si lancia dal palco, ma nessuno la sorregge

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Il gruppo rock Sound Garden, assai popolare negli anni Novanta all’altezza dell’esplosione della musica cosiddetta grunge, si è raramente presentata in pubblico negli ultimi decenni, specie dopo la morte del cantante Chris Cornell all’età di 52 anni nel 2017.   La band di Seattle si è limitato a pochi spettacoli, di solito con un cantante ospite al posto del defunto Cornell. Alcuni hanno ipotizzato che la band abbia provato nuovi cantanti per un potenziale ritorno, usando il nome «Nudedragons» («Draghi nudi»: in realtà un anagramma di «Soundgarden»).   Tuttavia, la maggior parte delle loro collaborazioni sono state con cantanti donne che non assomigliano per niente a Chris Cornell, la cui voce e carisma restano indimenticati – al punto che esistono teorie della cospirazione articolate sulla sua morte, che non sarebbe avvenuta per suicidio: sarebbe stato eliminato violentemente perché in procinto, anche lui, di rivelare un circuito di traffico pedofilo di bambini. Un sussurro complottista simile corre nei riguardi di un altro suicida d’eccellenza, il popolarissimo chef e scrittore Anthony Bourdain.

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Nel loro spettacolo più recente durante un evento di beneficenza i Soundgarden hanno portato una cantante attivista nera di nome Shaina Shepherd, residente a Seattle, Washington, che definisce il suo lavoro un mix tra «gospel e garbage metal». Renovatio 21 ammette di non sapere cosa sia il garbage metal, arriva solo al thrash metal. Notiamo però che il mondo del rock ha esaurito persino la fantasia per i nomi di generi e sottogeneri.   Durante il concerto, la treccioluta cantante, tremendamente sovrappeso, ha deciso di lanciarsi dal palco: il famoso stage dive, pratica inveterata nel circuito rock di un tempo, piuttosto utilizzata anche nei dorati anni Novanta dei grunge e del resto della cosiddetta «musica alternativa».   Il risultato è stato drammatico, e si è sfiorata la tragedia. Di fatto, quando l’obesa ugola afroamericana si è lanciata dal palco, nessuno tra il pubblico ha voluto sorreggerla.       Nei video in circolazione si sente la Shepherd esclamare «Sapevo di essere troppo pesante per voi figli di puttana…» mentre qualcuno tentava di metterla in piedi dopo il suo imbarazzante precipitare verso la nuda terra.   Poi la cantante è tornata barcollante sul palco, stordita. L’errore di calcolo della Shepherda è stato di fisica elementare, nota Zerohedge, «unito al fatto che la maggior parte dei fan dei Soundgarden ha ormai 50 anni e si è rapidamente spostata per evitare un altro costoso viaggio dal chiropratico».     «Probabilmente ha lasciato al suolo un dente» scrive amaro un commentatore di YouTube sotto il video che riprende l’intero concerto, che di per sé non è parso troppo memorabile.   Quello del tuffo sulla folla che finisce a terra è un evento raro, ma capitato. La sua comicità è stata riprodotta dall’attore bideniano Jack Black nella pellicola School of Rock ()  

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Le immagini parlano di tante cose: sicuramente della fine di un’era, di una musica, oltre che del senso del decoro e del principio di realtà. È finita l’era del rock apollineo, dove i musicisti erano bellissimi anche con i jeans strappati. Il rock ucciso dal razzismo zelota gender-woke, dove la deformità, l’aberrazione, è premiata – anche quando è chiaro che il pubblico, letteralmente, non la regge.   Alcuni fan hanno notato che Shepherd non era molto brava a cantare le canzoni della band, sostenendo che se stavano davvero cercando un sostituto talentuoso per Chris Cornell, avrebbero dovuto parlare con la figlia di Cornell.     Il triste concerto, con la cantante obesa ferita dalla sua hybris e dalla gravità terrestre, tuttavia appare più rassicurante di altri: qui sappiamo perfettamente che da dove viene il male che colpisce il musicista, mentre in tantissimi altri casi, ampiamente riportati da Renovatio 21, malori improvvisi colpiscono sul palco, talvolta cagionando la morte.   Anche lì, a pensarci bene, c’è un grande segno di decadenza del rock, che da musica sedicente «ribelle» è diventata frusto megafono del conformismo e della propaganda politica, biopolitica dello Stato moderno: Renovatio 21 ha spesso ricordato quante band, quanti grandi nomi della musica hanno non solo raccomandato la vaccinazione, ma impedito a non vaccinati di accedere ai concerti.   Come nel caso dei Foo Fighters, un ulteriore nome che discende dall’età dell’oro del grunge (il cantante e chitarrista Dave Grohl era batterista dei Nirvana, altro grande capofila della musica promanante da Seattle), il cui percussionista è morto improvvisamente a 50 anni mentre era in tour in Sud America: il loro spettacoli erano rigorosamente proibiti ai non sierati.  

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Giovane cantante australiana abbandonata dalla sua etichetta discografiche per i testi contro Big Pharma, guerra e corruzione

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Una cantante australiana sarebbe stata cacciata dalla sua etichetta a causa di testi che criticavano le grandi aziende farmaceutiche che traggono profitto dalla pandemia globale, dalla corruzione politica, dalle guerre straniere e altro ancora.

 

La cantante Iyah May afferma che la sua canzone, Karmageddon, che tocca anche il tema della cancel culture (cioè la tendenza ad eliminare totalmente voci sgradite dal discorso pubblico), ha ironicamente portato alla sua stessa cancellazione, con il suo manager che ha rescisso il suo contratto per il suo rifiuto di cambiare il testo.

 

«Il mio manager ha rescisso il nostro contratto perché non volevo cambiare il testo di questa canzone», ha scritto la May su Instagram il mese scorso.

 

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«Vorrei che questa storia non fosse vera, ma lo è. Ero titubante nel condividere questa informazione, ma più condivido questa canzone, più mi rendo conto di non essere l’unica a provare questa sensazione», ha spiegato la May in un altro post.

 

«Il mio manager non era d’accordo con il testo della mia canzone e si è rifiutato di lavorare con me e supportarmi finché non avessi cambiato il testo», ha dichiarato May in un successivo aggiornamento di Instagram, aggiungendo, «quindi ho detto “ciao”».

 

Il testo della canzone Karmageddon recita:

 

Virus artificiale guarda milioni di persone morire / Il più grande profitto delle loro vite

Ecco l’inflazione, questo è il tuo premio / Questo è Karmageddon

Accendi le notizie e mangia le loro bugie / Kim o Kanye scelgono una parte

Cultura della cancellazione, che atmosfera / Questo è Karmageddon

Le aziende giurano di non mentire mai / I politici corrotti a vita

Più che una guerra, è un genocidio / Questo è Karmageddon

 

 

Secondo la May, nonostante la separazione dall’etichetta, la sua canzone ha iniziato a riscuotere successo, anche grazie al cosiddetto effetto Streisand (cioè l’aumento di popolarità successivo ad un tentativo di censura) che apparentemente ha contribuito a rafforzarla.

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La Lituania cancella lo Schiaccianoci

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Lo storico balletto Lo Schiaccianoci del compositore Pëtr Il’ič Tchaikovskij potrebbe non andare in scena quest’anno in Lituania per questioni geopolitiche. Lo riporta il New York Times.   Il classico balletto del 1892 che racconta una fiaba natalizia è stato rimosso dal palco del Teatro Nazionale dell’Opera e del Balletto della Lituania nel 2022, in seguito a una più ampia spinta del governo a bloccare tutta la cultura russa. Le rappresentazioni offerte come sostituti hanno persino costretto alcuni spettatori ad abbandonare lo spettacolo in una «piccola protesta», secondo il NYT.   La questione di un «soft ban» sulla cultura russa è di nuovo all’ordine del giorno nel paese dopo che il suo nuovo ministro della cultura, Sarunas Birutis, ha ammesso di apprezzare in particolare l’opera di Tchaikovsky. Non c’è motivo di «aver paura che dopo aver guardato una fiaba di Natale diventeremo pro-Cremlino», ha affermato di recente il ministro in un’intervista a una radio locale.

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La scorsa settimana, ha anche sostenuto che un divieto assoluto sulla cultura e gli artisti russi sarebbe un errore. Mettere «un’etichetta negativa sulla loro etnia e sulla loro cultura, penso, è completamente sbagliato, inadeguato, e i politici non dovrebbero comportarsi in questo modo», ha detto Birutis, riferendosi ai russi.   Il suo predecessore, Simonas Kairys, ha promosso la cosiddetta politica di «quarantena mentale» contro tutta la cultura russa e ha fatto sì che il suo ministero emanasse delle «raccomandazioni» ai luoghi culturali finanziati dallo Stato per evitare qualsiasi cosa legata alla Russia, in una dimostrazione di solidarietà con Kiev nel 2022.   Nel 2023 il ministro aveva sostenuto che «dobbiamo abbandonare opere che prima ci sembravano accettabili», pur restando prima di un divieto legalmente vincolante, che all’epoca definì «autoritario». I suoi commenti erano arrivati poco dopo un appello di Kiev ai suoi sostenitori occidentali a boicottare del tutto la cultura russa.   Ora il Kairys ha spostato la responsabilità delle cancellazioni sulle stesse istituzioni culturali. «Avevano una scelta, non c’era nessun decreto da parte mia», ha detto al NYT. «Avevano solo capito la situazione».   Audrius Kundrotas, vice direttore marketing del Teatro Nazionale dell’Opera e del Balletto della Lituania, ha affermato che la sede non ha in programma di riportare in scena Lo Schiaccianoci almeno fino alla fine del conflitto in Ucraina e nonostante l’evidente richiesta del pubblico. «È doloroso, forse, non mostrare questa performance», ha ammesso al quotidiano neoeboraceno, pur sostenendo che «la nostra posizione è espressa con fermezza».   Secondo l’emittente LRT, alcuni teatri lituani più piccoli si affidano ancora discretamente ai classici russi, senza menzionarne le origini. «Adesso la Compensa Concert Hall», cioè il teatro della capitale Vilnius, «è piena di spettacoli dello Schiaccianoci e del Lago dei cigni, che non indicano la paternità di Tchaikovskij», ha detto un organizzatore del concerto all’emittente questa settimana.   Come riportato da Renovatio 21, un caso simile si è avuto anche in Italia: è il caso del Teatro Comunale di Lonigo, dove due anni fa, dopo lo scoppio della guerra ucraina, doveva andare in scena Il lago dei cigni, altro capolavoro di Tchaikovskij.   Lo spettacolo, con protagonisti artisti ucraini, invece è saltato e sostituito con un balletto francese, su ordine diretto del governo di Kiev, che a quanto sembra decide anche quello che devono e non devono vedere gli spettatori italiani, anche se hanno già pagato il biglietto. «Oltre a Lonigo annullate anche tutte le altre date in Italia. In breve ai ballerini ucraini è stato ordinato dal loro Paese di non rappresentare più l’autore russo» aveva scritto Vicenza Today.

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Come riportato da Renovatio 21, la campagna dell’Ucraina contro la musica russa in tutto il mondo coinvolge anche cantanti di altissimo livello, come il soprano Anna Netrebko, la cui presenza è stata contestata in varie città europee.   Il livello più grottesco è stato forse toccato all’inizio del 2024, quando la direttrice Keri-Lynn Wilson, moglie del direttore generale del Metropolitan Opera di Nuova York Peter Gelb, ha annunciato che la sua «Ukrainian Freedom Orchestra» avrebbe modificato la famosa nona sinfonia di Beethoven (conosciuta anche come An die Freude, cioè Inno alla gioia) sostituendo nel testo la parola «Freude» con «Slava». «Slava ukraini» o «Gloria all’Ucraina» era il famigerato canto delle coorti ucraine di Hitler guidate dal collaborazionista Stepan Bandera durante la Seconda Guerra Mondiale. Da allora è stato conservato come canto di segnalazione dalle successive generazioni di seguaci di Bandera, i cosiddetti «nazionalisti integrali», chiamati più semplicemente da alcuni neonazisti ucraini o ucronazisti.   La Wilson, che si vanta delle sue origini ucraine via nonna materna e della sua comunità ucraina di Winnipeg, Canada (Paese, come è emerso scandalosamente con il caso Trudeau-Zelens’kyj, pieno di rifugiati ucronazisti), ha rilasciato ieri il suo comunicato stampa.
«La decisione di cantare il grande testo di Schiller per la Nona Sinfonia di Beethoven in ucraino è stata per noi un’importante dichiarazione artistica e culturale più ampia» ha dichiarato il direttore. «Putin sta letteralmente cercando di mettere a tacere una nazione. Non saremo messi a tacere. Il nostro unico emendamento a Schiller è che invece di cantare “Freude” (Gioia) canteremo “Slava” (Gloria), dal grido della resistenza ucraina di fronte alla spietata aggressione russa, Slava Ukraini! (Gloria all’Ucraina!)».

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    Immagine di Gabriel Saldana via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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