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Cina

Prove tecniche di cultura neoimperiale: Xi Jinping scrive sulla Civiltà cinese e della sua storia da un milione di anni

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Il numero del 15 luglio del giornale cinese Qiushi, il bimestrale di punta del Comitato centrale del Partito Comunista Cinese (PCC), ha pubblicato un articolo del presidente Xi Jinping su «Avanzare la ricerca della storia della civiltà cinese e sviluppare una maggiore consapevolezza della Storia mentre si costruisce fiducia nella cultura». Lo riporta l’agenzia di Stato cinese Xinhua.

 

L’articolo vergato dall’uomo forte di Pechino descrive che «il progetto per tracciare le origini della civiltà cinese, ha dimostrato che la storia della Cina include un milione di anni di umanità, 10.000 anni di cultura e più di 5.000 anni di civiltà, secondo l’articolo» scrive Xinhua.

 

«L’articolo sollecita sforzi per approfondire la ricerca sulle caratteristiche e le forme della civiltà cinese e promuovere la trasformazione creativa e lo sviluppo della raffinata cultura tradizionale cinese. Sottolinea inoltre la necessità di promuovere gli scambi e l’apprendimento reciproco tra le civiltà e promuovere lo sviluppo di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità, e la necessità di fare in modo che le reliquie culturali e il patrimonio svolgano il proprio ruolo nello sviluppo culturale e creino un’atmosfera sociale che facilita gli sforzi per portare avanti la raffinata cultura tradizionale cinese».

 

È facile vedere come, dietro la solita lingua di legno pechinese, si intravede lo sforzo per creare i presupposti culturali ad un futuro neoimperiale per la Cina.

 

Parlando di Civiltà cinese antica – antichissima – si vuole affermare il diritto del Regno di Mezzo alla primazia mondiale, che con la patente decadenza degli USA di Biden (considerato da molti, appunto, un pupazzo di Xi e del Partito Comunista Cinese) è alla portata.

 

Forse può aver sorpreso il lettore il fantastico numero scritto da Xi, il milione di anni di storia della Cina, ma c’è una questione scientifica (e quindi politica, e geopolitica) precisa dietro l’incredibile cifra. La Cina è sostenitrice della cosiddetta teoria «Out of Asia» (o meglio «Out of China») che contesta la teoria per cui gli esseri umani si sarebbero evoluti a partire dagli ominidi dell’Africa (teoria detta «Out of Africa»).

 

Nonostante la teoria perdesse peso nel consenso scientifico internazionale, il paleoantropologo Jia Lanpo, il fondatore della disciplina nel suo Paese e scopritore dei resti del cosiddetto Sinanthropus pekinensis («L’uomo di Pechino», sottospecie dell’homo erectus), sostenne la teoria dell’umanità cinese fino alla sua morte nel 2001: per Jia la culla dell’uomo è situata nella Cina sud-occidentale.

 

In pratica, la Cina rivendica di essere la madre dell’umanità intera.

 

Il lettore può capire l’implicazione nazionalista, nonché sottilmente razzista dell’idea: del resto, la Cina è l’unica superpotenza tecnicamente monoetnica.

 

La Cina sta riscrivendo la storia in modo piuttosto pubblico Ai tempi delle Olimpiadi di Pechino, durante la colossale cerimonia di apertura dei giuochi creata dal regista Zhang Yimou, venne dato molto risalto alla storia del navigatore e diplomatico cinese Zhang He (1371-1411), una sorta di Cristoforo Colombo del Celeste Impero.

 

È stato sostenuto, e pure da miltiari americani, che oltre ad Asia e Africa, l’intrepido ammiraglio avrebbe scoperto perfino l’America circa 70 anni prima degli europei. Tale idea è chiamata «ipotesi 1421». Inutile dire che sia popolarissima in Cina.

 

La Cina si prepara a dominare il mondo. Non solo con i prodotti a basso costo e virus: anche con il revisionismo storico.

 

 

 

 

Immagine del teschio di Einsamer Schütze via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0); immagine modificata.

 

 

 

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Cina

Cina, nel 2024 calano i profitti per il settore delle terre rare

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

In una comunicazione alla borsa di Shenzhen, la China Rare Earth Resources and Technology ha riferito che l’industria sta affrontando una «fase cruciale» a livello mondiale. La Cina continua a essere leader nell’estrazione e lavorazione dei minerali, ma le difficoltà dell’economia nazionale e la volontà degli altri Paesi di creare nuove catene di approvvigionamento stanno generando ricavi nettamente minori.

 

Nonostante gli sforzi da parte del governo cinese di dominare a livello mondiale il settore strategico delle terre rare, i ricavi e i profitti delle aziende che si occupano di estrazione e lavorazione di questi minerali essenziali per il mondo digitale hanno registrato una contrazione. Il conglomerato China Rare Earth Resources and Technology, di proprietà statale, ha comunicato un calo del fatturato del 5,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente, mentre l’utile netto è crollato del 45,7%.

 

I dati relativi al primo trimestre del 2024 sono ancora più gravi: il fatturato è sceso dell’81,9%, portando a una perdita netta di 288,76 milioni di yuan (meno di 40 milioni di dollari), contro un utile netto di 108,97 milioni di yuan nello stesso periodo dell’anno precedente. Anche altre aziende cinesi hanno riportato riduzioni del fatturato tra il 60% e il 79%, in linea con il generale rallentamento dell’economia nazionale.

 

In una comunicazione alla borsa di Shenzhen della settimana scorsa, la China Rare Earth Resources and Technology ha spiegato che il settore sta affrontando una «fase cruciale» caratterizzata da rapidi sviluppi e adattamenti strutturali su scala globale che hanno determinato un’erosione dei guadagni. In altre parole, nonostante la Cina resti di gran lunga il primo estrattore mondiale di terre rare, altri Paesi hanno cercato di costruire catene di approvvigionamento alternative.

 

Per alcuni tipi di minerali, nuove catene di approvvigionamento «sono già state create», ha proseguito il comunicato della China Rare Earth Resources and Technology, che ha affermato di aver attuato «aggiustamenti nella strategia di vendita», senza fornire ulteriori dettagli. Inoltre, un numero crescente di aziende cinesi ha importato minerali estratti all’estero (soprattutto dal Myanmar) a causa delle difficoltà economiche interne, e in particolare di un calo della domanda. Una situazione che non vede miglioramenti e potrebbe portare al «rischio» di un ulteriore calo di prezzi, ha sottolineato ancora la società.

 

I dati ufficiali delle dogane cinesi confermano tali affermazioni, secondo il Nikkei Asia: le importazioni di alcune terre rare sono aumentate di circa il 60% ed è stato rivisto il limite di estrazione delle terre rare, stabilito a livello nazionale, per consentire un aumento della produzione interna del 21%.

 

Le terre rare sono un gruppo di 17 minerali fondamentali per la produzione di una serie di tecnologie, che vanno dalle batterie delle auto elettriche alle turbine delle pale eoliche ai pannelli solari. Secondo i dati dell’US Geological Survey (USGS), le riserve mondiali di terre rare ammontano a 110 milioni di tonnellate, di cui il 40% si trovano in territorio cinese. Seguono poi, per estensione di giacimenti, il Myanmar, la Russia, l’India e l’Australia.

 

I dati dell’USGS mostrano anche che nel 2023 la Cina è stata responsabile dell’estrazione di 240mila tonnellate di terre rare, pari a circa due terzi della produzione globale. Gli Stati Uniti si sono piazzati al secondo posto, seguiti dal Myanmar, ed entrambi lo scorso anno hanno triplicato la produzione.

 

Negli ultimi anni la Cina è diventata leader del settore migliorando le proprie capacità di estrazione e lavorazione, ma anche ottenendo il controllo di diversi giacimenti in altre zone del mondo. Un’indagine della BBC ha individuato almeno 62 progetti destinati all’estrazione di litio, cobalto nichel o manganese (minerali necessari per la realizzazione di tecnologie verdi) in cui le aziende cinesi hanno una partecipazione.

 

La regolamentazione del settore a livello nazionale è iniziata nel 2010 e nel corso gli anni, a seguito di una serie di fusioni, sono state create quattro società principali, tra cui il gruppo China Rare Earth, controllato direttamente dal Consiglio di Stato cinese.

 

Anche il mese scorso il presidente Xi Jinping, durante una visita nell’Hunan una delle maggiori regioni produttrici, ha ribadito la necessità di «migliorare ulteriormente» lo sviluppo dell’utilizzo delle terre rare per generare una «crescita di alta qualità» e di fornire un «alto livello di sicurezza» alla nazione.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Cina

La Cina accusata di aver sequenziato il DNA tibetano e uiguro per rifornire il mercato dei trapianti di organi

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   Una commissione del Congresso degli Stati Uniti ha ascoltato testimonianze scioccanti sul presunto prelievo forzato di organi da parte di uiguri e praticanti del Falun Gong in Cina.   Il presidente della Commissione esecutiva del Congresso sulla Cina (CECC), il deputato Chris Smith, studia la questione da anni. È fermamente convinto che la Cina stia permettendo orribili violazioni dei diritti umani.   «Il prelievo forzato di organi su scala industriale in Cina è un’atrocità senza eguali nella sua malvagità: bisogna tornare agli orribili crimini commessi nel 20° secolo da Hitler, Stalin, Mao o Pol Pot per trovare atrocità sistemiche comparabili», ha affermato nella sua introduzione all’udienza del 21 marzo. «Il numero delle persone giustiziate o dei loro organi – alcuni anche prima che siano cerebralmente morti – è sconcertante».

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Tra i testimoni davanti al CECC c’era la dottoressa Maya Mitalipova, direttrice del Laboratorio di cellule staminali umane presso il Whitehead Institute for Biomedical Research del Massachusetts Institute of Technology. È una uigura nata in Kazakistan.   Le sue accuse sono state sorprendenti. Ha detto che il governo cinese ha costruito il più grande database del DNA del mondo con l’aiuto della tecnologia americana.   Il DNA delle popolazioni indigene del Tibet e dello Xinjiang, dove vive la maggior parte dei 15 milioni di uiguri e di altri popoli turchi della Cina, è stato sequenziato. Ha stimato che il sequenziamento del DNA di 15 milioni di persone costerebbe 1 o 2 miliardi di dollari. Perché il governo dovrebbe farlo?   La sua risposta agghiacciante è che il governo cinese utilizza il database per selezionare i donatori di organi.   «Quando un paziente richiede un organo in Cina, i dati sequenziati del suo DNA verranno “confrontati” con i milioni presenti nel database del DNA archiviato nei computer. Entro pochi minuti verrà trovata una corrispondenza perfetta. Se un potenziale donatore di organi non è in prigione o in un campo, le autorità cinesi possono facilmente trovare un motivo per trattenere una persona compatibile e ucciderla su richiesta per i suoi organi».   «Questo è il motivo principale per cui il governo cinese ha investito miliardi di dollari nel sequenziamento del DNA dell’intera popolazione dello Xinjiang e del Tibet. Perché in cambio guadagnerà esponenzialmente molti più miliardi di dollari all’anno».   Ethan Gutmann, un esperto di espianti di organi, ha anche testimoniato che adulti uiguri giovani e sani vengono prelevati da campi di internamento di massa e uccisi per i loro organi.

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Gutmann, l’autore di The Slaughter, un libro sul prelievo forzato di organi, indaga da anni sul prelievo forzato di organi in Cina. Inizialmente, ha detto, venivano usati gli aderenti al movimento vietato del Falun Gong. Tuttavia, intorno al 2017 la Cina ha iniziato a procurarsi organi da uiguri e altri musulmani nello Xinjiang per pazienti provenienti dal Medio Oriente. «Supponendo che i turisti degli organi dello Stato del Golfo preferiscano i donatori musulmani che non mangiano carne di maiale, [la Cina] ha cercato di sfruttare il passaggio dalle fonti del Falun Gong a quelle uigure».   Un’altra testimone davanti al CECC è stata Anne Zimmerman, presidente del comitato per le questioni bioetiche della New York City Bar Association. Ha affermato che gli esperti di bioetica hanno una responsabilità speciale nel garantire che le istituzioni non collaborino al prelievo di organi.   Liu Pengyu, portavoce dell’ambasciata cinese a Washington, ha dichiarato a Radio Free Asia che la Cina è governata da leggi e che «la vendita di organi umani e i trapianti illegali sono severamente vietati». «I diritti umani delle persone di tutti i gruppi etnici nello Xinjiang sono stati completamente protetti», ha detto. «Le affermazioni che avete menzionato non reggono e non significano altro che sensazionalismo artificiale».   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Cina

In disgrazia l’uomo del vaccino cinese anti-COVID: espulso dall’Assemblea del popolo

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Il provvedimento contro Yang Xiamong, il presidente della China National Biotec Group, ha scatenato i commenti dei netizen cinesi su Weibo. Secondo i media ufficiali è accusato di «gravi violazioni della disciplina e della legge». Dall’estate scorsa il settore farmaceutico è uno dei più coinvolti dalla campagna anti-corruzione, con centinaia di funzionari sotto inchiesta.

 

Il presidente della China National Biotec Group, il gruppo di ricerca che ha scoperto e prodotto il vaccino anti-COVID della Sinopharm utilizzato in Cina, è stato estromesso dall’Assemblea nazionale del popolo, il più importante organo politico della Repubblica popolare che conta 3000 personalità. L’espulsione di Yang Xiaoming, 62 anni, è stata annunciata dai media statali nel fine settimana e motivata con «gravi violazioni della disciplina e della legge», l’espressione utilizzata solitamente per le persone indagate per corruzione in Cina.

 

Yang era stato il responsabile del team Sinopharm che ha sviluppato il vaccino BBIBP-CorV, il primo approvato e utilizzato massicciamente nel 2021 nella Repubblica popolare cinese per la campagna vaccinale contro il COVID . Con un’efficacia stimata dall’Organizzazione mondiale della sanità al 79% contro l’ospedalizzazione, fu poi diffuso in milioni di dosi anche in altri Paesi del mondo (…)

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Oltre a sviluppare il vaccino anti-COVID di Sinopharm, Yang era anche a capo del progetto cinese sui vaccini nell’ambito del programma 863, che mira a rendere Pechino più indipendente sviluppando tecnologie avanzate interne.

 

La notizia dell’epurazione di Yang è diventata virale sul social network cinese Weibo, con circa 180 milioni di visualizzazioni che, per diverse ore, l’hanno reso l’argomento più caldo della giornata di ieri. Per molti utenti è stata l’occasione per tornare a parlare della gestione della pandemia, anche se finora non ci sono notizie ufficiali di un legame tra le accuse contro di lui e il vaccino anti-COVID.

 

In realtà è tutto il settore sanitario cinese a essere da mesi tra i più toccati dalla campagna anticorruzione voluta da Xi Jinping. Vi sono state indagini contro centinaia di rettori e segretari di ospedali, con accuse pesanti di corruzione tra fornitori di farmaci e strutture sanitarie. Un terremoto che – ad agosto – aveva portato anche a un crollo in Borsa dei valori delle azioni del settore farmaceutico, arrivando addirittura a bruciare in un solo giorno un valore di mercato stimato in 27 miliardi di dollari.

 

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Immagine di LUMUMBA via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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