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Alimentazione

La «fame catastrofica» devasta Gaza

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Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite che monitora la situazione ha rilevato che circa 300.000 persone nel nord di Gaza vivono in condizioni di carestia.

 

Inoltre, oltre il 70% dei 2,3 milioni di palestinesi di Gaza affronta una «fame catastrofica». Il rapporto riferisce che solo un cessate il fuoco immediato, che consenta massicce consegne di aiuti alimentari, può ostacolare una morte imminente, stimando che 450 persone al giorno potrebbero morire, non a causa dei proiettili, ma di fame, malnutrizione e malattie.

 

La stima si basa sulla classificazione integrata delle fasi di sicurezza alimentare (IPC), sviluppata dall’Unità di analisi della sicurezza alimentare dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) 20 anni fa, nell’affrontare la carestia in Somalia.

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«Le azioni necessarie per prevenire la carestia richiedono una decisione politica immediata per un cessate il fuoco insieme ad un aumento significativo e immediato dell’accesso umanitario e commerciale all’intera popolazione di Gaza» scrive il rapporto.

 

Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ha dichiarato il 18 marzo che «la portata delle continue restrizioni poste da Israele all’ingresso di aiuti a Gaza, insieme al modo in cui continua a condurre le ostilità, possono equivalere all’uso della fame come metodo di guerra, che è un crimine di guerra».

 

Il portavoce di Türk, Jeremy Laurence, ha sottolineato che «Israele, in quanto potenza occupante, ha l’obbligo di garantire la fornitura di cibo e assistenza medica alla popolazione in misura adeguata ai suoi bisogni e di facilitare il lavoro delle organizzazioni umanitarie per fornire tale assistenza».

 

Anche il capo della politica estera dell’UE Josep Borrell, all’apertura a Bruxelles di una conferenza sugli aiuti umanitari a Gaza, ha lanciato l’allarme avvertendo che a Gaza non siamo più sull’orlo della carestia. Siamo in uno stato di carestia».

 

Il Borrell ha quindi accusato Israele di «usare la fame come arma di guerra». Il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz ha risposto al Borrell dicendo «di smettere di attaccare Israele e di riconoscere il nostro diritto all’autodifesa contro i crimini di Hamas», sottolineando che «Israele consente ingenti aiuti umanitari a Gaza».

 

Secondo quanto riportato da Associated Press, all’Aia, Israele ha risposto all’ultima richiesta del Sud Africa alla Corte internazionale di giustizia dicendo che le affermazioni del Sud Africa nella sua richiesta presentata all’inizio di questo mese sono «totalmente infondate in fatto e in diritto, moralmente ripugnanti, e rappresentano un abuso sia della Convenzione sul genocidio che della Corte stessa».

 

Tale risposta di Israele è stata pubblicata lo stesso giorno in cui l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha rivelato che “la carestia è imminente” nel nord di Gaza, che il 70% dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza stanno soffrendo una fame catastrofica, e che un’ulteriore escalation della guerra potrebbe portare circa la metà della popolazione totale di Gaza sull’orlo della fame. Israele nega fermamente che la sua campagna militare a Gaza costituisca una violazione della Convenzione sul genocidio, continua il rapporto di AP.

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Nella sua risposta scritta alla richiesta del Sudafrica ha riconosciuto che «in questa guerra ci sono anche vittime civili tragiche e strazianti». Israele ha anche affermato nella sua risposta che sta «facendo molto per alleviare tale sofferenza in queste circostanze molto difficili».

 

Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa era emerso il tema dei bambini che stanno letteralmente morendo di fame a Gaza.

 

«Avete visto le immagini dei bambini palestinesi?» aveva chiesto Riyad Mansour, l’Osservatore delle Nazioni Unite per lo Stato di Palestina, mentre mostrava una foto durante il dibattito dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 4 marzo sull’abuso del veto da parte degli Stati Uniti per impedire l’azione delle Nazioni Unite contro il genocidio a Gaza.

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raggiunto due ospedali del Nord con aiuti lo scorso fine settimana per la prima volta da ottobre, trovando scene «tristi» di bambini che muoiono di fame.

 

«Almeno 10 bambini erano morti di fame», hanno detto al team dell’OMS al loro arrivo i medici dell’unico ospedale pediatrico nel nord di Gaza, il Kamal Adwan Hospital. Il numero di bambini che muoiono in ospedale per malnutrizione e disidratazione è ora salito a 15, con altri 6 neonati gravemente malnutriti prossimi alla morte.

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Immagine dell’11 ottobre 2023 di Palestinian News & Information Agency (Wafa) in contract with APAimages via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine modificata

 

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Alimentazione

Gli alimenti ultraprocessati ristrutturano il cervello e stimolano l’eccesso di cibo

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Secondo una nuova ricerca su larga scala, mangiare cibi ultra-processati può ristrutturare il cervello, favorendo l’eccesso di cibo e l’obesità.   Uno studio basato su scansioni cerebrali effettuate su 30.000 persone di mezza età ha dimostrato che una dieta a base di cibi ultra-processati provoca modifiche nelle regioni del cervello associate alla fame e al desiderio.   «Presentiamo prove del fatto che l’assunzione di UPF aumenta diversi marcatori nutrizionali e metabolici di malattie ed è associata a cambiamenti strutturali del cervello nelle aree che regolano il comportamento alimentare», hanno scritto gli autori dello studio.   La ricerca dimostra che le persone che consumano più cibi ultraprocessati presentano uno spessore maggiore in una regione del cervello chiamata corteccia occipitale laterale bilaterale. Questa regione è associata al riconoscimento visivo degli oggetti e all’elaborazione delle forme. La chiara implicazione è che i cibi ultraprocessati ci fanno rispondere in modo diverso agli stimoli visivi alimentari.

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I ricercatori ritengono che questi cambiamenti possano essere causati da livelli più elevati di infiammazione e da un aumento dei biomarcatori associati a problemi di salute, tra cui i livelli di proteina C-reattiva, trigliceridi ed emoglobina glicata.   Anche gli additivi presenti negli alimenti trasformati, come gli emulsionanti, possono alterare i neurotrasmettitori e il microbioma dell’organismo, la comunità di microrganismi fondamentale per una buona salute fisica e mentale.   «I nostri risultati indicano che un elevato consumo di alimenti ultra-processati è associato a cambiamenti strutturali nelle regioni cerebrali che regolano il comportamento alimentare, come l’ipotalamo, l’amigdala e il nucleo accumbens destro. Questo potrebbe portare a un circolo vizioso di abbuffate», ha dichiarato in un comunicato stampa Arsène Kanyamibwa, primo autore dello studio.   Il segretario della Salute e dei Servizi Umani USA Robert F. Kennedy Jr. ha inserito gli alimenti ultra-processati tra gli obiettivi principali del suo programma Make America Healthy Again.   Bambini e adulti consumano ormai quantità record di cibi ultra-processati, che la ricerca ha collegato a tutte le malattie croniche più diffuse nella vita moderna, dall’obesità all’Alzheimer. La correlazione tra alimenti ultra-elaborati e obesità, diabete, cancro e malattie cardiache è nota da anni.   Come riportato da Renovatio 21, studi negli ultimi anni hanno indagato gli effetti degli alimenti ultraprocessati e la salute mentale, considerando anche il ruolo svolto dal microbioma intestinale.

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Alimentazione

Gli USA approvano il primo salmone coltivato in laboratorio basandosi esclusivamente sulle dichiarazioni di sicurezza del produttore

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Nella lettera di approvazione, la FDA ha affermato di aver appreso dai test di sicurezza condotti dalla stessa Wildtype che l’azienda era giunta alla conclusione che «gli alimenti composti da o contenenti materiale cellulare coltivato» realizzati con il processo produttivo dell’azienda erano «sicuri quanto alimenti comparabili prodotti con altri metodi».

 

Il mese scorso, la startup agro-tecnologica Wildtype Foods con sede a San Francisco ha ottenuto l’approvazione della Food and Drug Administration (FDA) statunitense per il suo salmone coltivato in laboratorio.

 

L’azienda, sostenuta da Bezos Expeditions, dall’attore Leonardo DiCaprio, dal gigante agricolo Cargill e da molti altri, sta già vendendo il suo pesce di qualità per sushi coltivato in laboratorio presso il ristorante Kann di Portland, Oregon, vincitore del premio James Beard.

 

Nei prossimi quattro mesi, l’azienda prevede di lanciare il prodotto in altri quattro ristoranti, per poi lanciare il pesce nel settore della ristorazione.

 

Wildtype è la quarta azienda produttrice di carne coltivata in laboratorio a cui è stata concessa l’autorizzazione a vendere i propri prodotti negli Stati Uniti. Upside Foods e Good Meat hanno ottenuto l’autorizzazione a vendere pollo coltivato in laboratorio da cellule animali.

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Un’altra startup californiana, Mission Barns, ha ottenuto a marzo il via libera della FDA per vendere il suo grasso di maiale coltivato, ma deve ancora ottenere l’approvazione del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA).

 

A differenza del pollo e del manzo, che devono anch’essi ottenere l’approvazione per la vendita dall’USDA, i prodotti ittici coltivati ​​non necessitano dell’approvazione dell’USDA: l’autorità finale per Wildtype è la FDA, ha riportato The Verge.

 

Nella sua lettera di approvazione, la FDA ha affermato di aver appreso dai test di sicurezza effettuati dalla stessa Wildtype che l’azienda era giunta alla conclusione che «gli alimenti composti da o contenenti materiale cellulare coltivatoù realizzati con il processo produttivo dell’azienda erano «sicuri quanto gli alimenti comparabili prodotti con altri metodi».

 

Sulla base della valutazione dei dati di Wildtype, l’agenzia ha affermato di non aver trovato alcun fondamento per contestare la valutazione di sicurezza dell’azienda.

 

Ciò significa che tutti i test di sicurezza sulle cellule di pesce coltivate in laboratorio sono stati condotti dalla società che intende commercializzarle.

 

Il CEO Justin Kolbeck è presente sui media amichevoli da diversi anni, promuovendo il suo prodotto. Lui e i suoi collaboratori di laboratorio hanno iniziato a coltivare il salmone nel 2018, sperimentando diversi metodi per «nutrire» le cellule prelevate da un salmone vero, mantenendo al contempo uno «stato di crescita sano».

 

Kolbeck ha affermato che si tratta di un lavoro duro perché sono state condotte poche ricerche sulla coltura delle cellule di pesce.

 

«Nessuno ha mai scritto un articolo scientifico su questo», ha detto a Technology Networks. «Non c’è un punto di partenza. Bisogna solo lavorare e testare diverse combinazioni».

 

Ciò è stato sufficiente perché la FDA approvasse il pesce.

 

Jaydee Hanson, direttore politico del Center for Food Safety (CFS) ed esperto di biologia sintetica, ha definito «scandalosa» l’approvazione da parte della FDA del salmone coltivato in laboratorio.

 

L’agenzia ha accolto le affermazioni dell’azienda secondo cui gli additivi utilizzati non necessitano di ulteriori test perché rientrano nel processo «Generalmente riconosciuto come sicuro» della FDA, originariamente concepito per prodotti la cui sicurezza è stata stabilita attraverso «una sostanziale storia di consumo per uso alimentare da parte di un numero significativo di consumatori».

 

«La designazione “Generalmente Riconosciuto come Sicuro” non è mai stata prevista per questo», ha affermato Hanson. «La FDA è negligente, direi, nel permettere a un’azienda di utilizzare il metodo autoapprovato e generalmente riconosciuto come sicuro. E poi la FDA avrebbe dovuto sviluppare nuove linee guida su come testare questo nuovo alimento».

 

Hanson ha affermato che l’USDA e la FDA hanno discusso di come potrebbe essere la supervisione per tali prodotti, ma non hanno ancora emanato alcuna norma. «L’USDA ha avuto più commenti pubblici su come definire le carni prodotte in laboratorio che su come regolamentarle».

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La produzione di carne coltivata in laboratorio si basa su metodi presi in prestito da Big Pharma

Il processo di replicazione delle cellule coltivate utilizza tecniche prese in prestito da Big Pharma, che si affida alle cellule coltivate per testare i farmaci.

 

Secondo il riepilogo della consultazione sulla sicurezza pre-commercializzazione presentato dall’azienda alla FDA, il pesce di Wildtype è ricavato dalle cellule coltivate di un salmone coho vivo e coltivato in vasche di acciaio, o coltivatori, dove i pesci vengono nutriti con una «miscela brevettata di nutrienti cellulari».

 

Anche il salmone stesso è prodotto con acqua e altri ingredienti non divulgati. Le cellule vengono raccolte e poi inserite in strutture vegetali che contribuiscono a replicare l’aspetto e la consistenza del salmone. Vengono poi sciacquate, lavorate e confezionate.

 

Wildtype descrive i coltivatori come simili a quelli utilizzati per la produzione di birra o yogurt. Ma Hanson ha affermato che non si tratta di un processo semplice e che le informazioni rese pubbliche sollevano diverse preoccupazioni.

 

I dettagli dei «metodi proprietari» utilizzati per far crescere le cellule e analizzarle per la presenza di contaminanti non sono accessibili al pubblico. L’azienda non divulga i metodi utilizzati per conferire al salmone il suo colore rosa, che nel salmone selvatico deriva da una dieta ricca di crostacei.

 

Hanson ha affermato che è probabile che Wildtype abbia bisogno di un qualche tipo di prodotto antibatterico per mantenere sane le cellule, ma non è chiaro quale prodotto l’azienda stia utilizzando a questo scopo.

 

Ha anche affermato che non è chiaro quanti test l’azienda abbia effettuato sul fattore di crescita utilizzato – il fattore di crescita dei fibroblasti di tipo 2 o FGF2 – progettato per stimolare la crescita rapida delle cellule. L’azienda afferma che il fattore di crescita viene rimosso prima che il salmone coltivato in laboratorio venga immesso sul mercato, e quindi non comporta alcun rischio per la salute, secondo Hanson, che si è detto preoccupato che l’FGF2 possa favorire lo sviluppo di cellule tumorali.

 

L’azienda non è inoltre tenuta a effettuare alcuna sperimentazione alimentare sugli animali prima di vendere i suoi prodotti agli esseri umani.

 

Hanson ha affermato che l’azienda afferma di avere delle garanzie sulla sicurezza, ma non ci sono dati sufficienti per verificarle. Ritiene che la FDA dovrebbe predisporre una procedura per raccogliere feedback da organizzazioni, scienziati e pubblico prima di approvare questi prodotti.

 

Ad esempio, la CFS sta rispondendo a una richiesta di parere pubblico da parte dell’Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti per un nuovo pesticida che non verrà nemmeno ingerito direttamente dagli esseri umani.

 

E tuttavia la FDA sta autorizzando la produzione di un tipo di alimento completamente nuovo senza richiedere il parere del pubblico.

 

Molti scienziati che lavorano nella coltura cellulare avrebbero probabilmente intuizioni importanti da condividere, ha affermato Hanson.

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La carne prodotta in laboratorio ha davvero un futuro?

Nonostante tutto il clamore, la carne coltivata in laboratorio si trova ad affrontare una dura battaglia. Tra il 2016 e il 2022, gli investitori hanno investito quasi 3 miliardi di dollari in aziende produttrici di carne e pesce coltivati.

 

Il New York Times ha riportato che Eat Just e Upside Foods hanno raggiunto valutazioni di miliardi di dollari. Tuttavia, da allora, gli investimenti sono diminuiti significativamente. Greenqueen ha riferito che i finanziamenti sono diminuiti del 75% nel 2023 e di un altro 40% nel 2024, attestandosi a soli 139 milioni di dollari.

 

Greenqueen ha inoltre riferito che Wildtype ha raccolto 120 milioni di dollari, la maggior parte dei quali provenienti da un round di finanziamento di serie B da 100 milioni di dollari nel 2022.

 

Il Times ha riferito che i fondatori delle aziende hanno preso delle scorciatoie, hanno dovuto affrontare notevoli ostacoli tecnologici, contaminazioni pericolose e non hanno mai raggiunto costi ragionevoli o una scala significativa.

 

Diversi stati, tra cui Florida, Alabama, Mississippi, Montana e Indiana, hanno vietato la vendita di carne prodotta in laboratorio e molti altri stati stanno prendendo in considerazione una legislazione simile.

 

Le affermazioni di marketing sulle carni coltivate in laboratorio le esaltano come più rispettose dell’ambiente rispetto alla produzione di carne tradizionale, perché richiedono terra, acqua e combustibili fossili.

 

Tuttavia, i ricercatori dell’Università della California, Davis, hanno valutato l’energia necessaria e i gas serra emessi dalla produzione di carne coltivata in laboratorio e hanno concluso che il suo potenziale di riscaldamento globale era da quattro a 25 volte maggiore rispetto a quello della carne di manzo.

 

Brenda Baletti, Ph.D. Suzanne Burdick, Ph.D.

 

© 9 giugno 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Alimentazione

Malattia minaccia di provocare l’estinzione delle banane. Che hanno vita dura in Europa

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Il proliferare di un’infezione mortale è responsabile di spazzare via una varietà di banane – come avvenne negli anni Cinquanta e Sessanta – e oggi sta di nuovo minacciando di estinguere l’intera fornitura il popolarissimo frutto giallo.   Per sradicare questa malattia della banana, chiamata fusarium wilt, gli scienziati hanno setacciato il suo corredo genetico e potrebbero aver trovato una svolta per domare questo patogeno fungino, come dettagliato in un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Microbiology.   I ricercatori, guidati dall’Università del Massachusetts Amherst, hanno scoperto che la varietà dominante di fusarium wilt non è esattamente la stessa varietà di quella che ha messo in pericolo le banane Gros Michel, che un tempo erano la banana più diffusa nei negozi di alimentari di tutto il mondo.

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Gli scienziati hanno scoperto che questo ceppo di fusarium wilt, che ora sta minacciando l’esistenza dell’onnipresente banana Cavendish, la varietà commerciale che ha sostituito le banane Gros Michel, uccide la pianta producendo ossido nitrico.   Mettere fuori uso i geni per l’ossido nitrico può potenzialmente domare questa malattia, causata dal fungo Fusarium oxysporum, o Foc Tropical race 4 (TR4).   «Identificare queste sequenze genetiche accessorie apre molte strade strategiche per mitigare, o addirittura controllare, la diffusione di Foc TR4», ha dichiarato l’autore principale dello studio, Yong Zhang.   Questa particolare infezione di Foc TR4 è apparsa per la prima volta negli anni Settanta e si è rapidamente diffusa in tutto il mondo, potenzialmente avendo un impatto sulla nutrizione di intere comunità, per non parlare di quantità incalcolabili di scambi commerciali.   È una malattia particolarmente devastante perché è difficile da sradicare. Gli agricoltori di banane dovrebbero abbandonare un campo contaminato di banane per controllarla.   Conoscere il meccanismo della malattia ora dà agli amanti delle banane una possibilità di combattere, ma gli scienziati avvertono che il vero colpevole dietro la diffusione di questo agente patogeno mortale è che i coltivatori di banane commerciali coltivano banane nelle piantagioni di monocoltura, essenzialmente allevamenti intensivi nei tropici.   «Quando non c’è diversità in un enorme raccolto commerciale, diventa un facile bersaglio per gli agenti patogeni», ha detto in una nota il professore di biochimica e biologia molecolare di UMass Amherst e ricercatore principale, Li-Jun Ma. «La prossima volta che stai acquistando banane, prova alcune varietà diverse che potrebbero essere disponibili nel tuo negozio di specialità locali».  
  Nonostante la grande popolarità in tutto il mondo, che le vede impegnate in vari ambiti dai frappé alle battute di vari idiomi terrestri sul loro aspetto falliforme, le banane non sembrano passarsela bene in questi anni, specie in territorio europeo, dove la UE è arrivata a discutere della loro curvatura per essere vendute. La Commissione e i media eurofili negano che ciò sia mai avvenuto, tuttavia tribunali britannici nel 2002 hanno «confermato la non applicabilità delle disposizioni comunitarie relative ai livelli accettabili di curvatura delle banane e dei cetrioli», disse un eurodeputato tedesco in un’interrogazione a Bruxelles che chiedeva come mai la Commissione si ostinasse a smentire «l’esistenza di disposizioni comunitarie relative alla forma dei frutti e delle verdure, definendole “voci prive di fondamento” e “leggende”».   Sempre nell’ambito del vecchio continente, è stato rivelato lo scorso autunno che il ministro svedese per le pari opportunità Paulina Brandberg soffre di una forma acuta di «bananafobia», un disturbo di intensità tale che il suo staff deve lavorare 24 ore su 24 per impedire che lei possa mai posare lo sguardo sull’innocente frutto dalla buccia scivolosa.   In un post sui social media del 2020, la Brandberg aveva ammesso di avere «la fobia delle banane più strana del mondo». Prima che la Brandberga partecipasse a un pranzo presso l’Agenzia giudiziaria norvegese a febbraio 2024, il suo segretario di gabinetto ha inviato un’e-mail all’agenzia: «Paulina Brandberg ha una forte allergia alle banane, quindi apprezzeremmo che non ci fossero banane negli spazi in cui soggiornerà». In vista di un incontro con un’autorità locale, più avanti nello stesso mese, la segretaria della Brandberga fu più schietta, dicendo al personale comunale: «nemmeno le banane sono ammesse nei locali».

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