Internet
«Prebunking»: la nuova strategia di Google per proteggere i lettori dalla «disinformazione»

In un articolo pubblicato lo scorso mese su Science Advances, i ricercatori di Google e dell’Università di Cambridge nel Regno Unito si sono uniti per condurre esperimenti volti a «inoculare le persone contro le tecniche di manipolazione comunemente utilizzate nella disinformazione». Lo riporta Epoch Times.
In pratica, possiamo parlare di vaccini sperimentali per la mente, tali da creare una «risposta immunitaria» contro quelle che comunemente ormai si chiamano fake news. Chi decide cosa costituisca una fake news e cosa no, è una grande questione a cui stiamo cominciando a dare qualche risposta.
Lo studio del colosso californiano con la prestigiosa università inglese, intitolato «L’inoculazione psicologica migliora la resilienza contro la disinformazione sui social media», ha coinvolto la cifra significativa di 30 mila partecipanti. Vi hanno partecipato anche ricercatori dell’Università di Bristol e dell’Università dell’Australia occidentale.
L’esperimento si basa sull’esposizione a video che insegnerebbero a riconoscere le false informazioni.
Secondo gli studiosi, la disinformazione online utilizzerebbe «linguaggio emotivamente manipolativo, incoerenza, false dicotomie, capro espiatorio e attacchi ad hominem».
I ricercatori hanno quindi fatto vedere alle cavie umane filmati di un minuti e mezzo che spiegavano le presunte tecniche di manipolazione come quella del «capro espiatorio» o l’incoerenza deliberata.
Si trattebbe quindi di un «manuale della disinformazione» ridotto a pillole video, prodotto con linguaggio semplice.
Una volta avvenuta la video-vaccinazione, gli autori dello studio hanno sottoposto le cavie a «microdosi» di disinformazione sotto forma di esempi riconoscibili tratti da film e programmi TV come I Griffin.
Il risultato, dice lo studio, è che le cavie info-vaccinate «hanno migliorato il riconoscimento delle tecniche di manipolazione» e hanno aumentato la fiducia degli utenti nell’individuare queste tecniche. Contemporaneamente, gli info-inoculi «aumentano la capacità delle persone di discernere contenuti affidabili da quelli non affidabili».
I video «migliorano anche la qualità delle loro decisioni di condivisione», hanno affermato i ricercatori.
Eureka.
Gli autori dello studio stappano lo spumante. «Questi effetti sono robusti in tutto lo spettro politico e un’ampia varietà di covariate (…) Dimostriamo che le campagne di vaccinazione psicologica sui social media sono efficaci nel migliorare la resilienza alla disinformazione su larga scala».
Del resto, l’esperimento di Google era investito della nobile missione di procedere verso il bene comune. «La disinformazione online continua ad avere conseguenze negative per la società», afferma lo studio.
Tra le «disinformazioni» citate dai ricercatori nello studio c’è quella relativa al virus COVID-19 . Gli autori affermano che tale «disinformazione» è stata «collegata alla ridotta disponibilità a vaccinarsi contro la malattia e alle minori intenzioni di conformarsi alle misure di salute pubblica».
Così, gli autori dello studio hanno sperimentato sui video riguardo i vaccini, affermando che somministrando in anticipo alle persone una «microdose» di disinformazione, aiuta a prevenire che ne siano suscettibili in futuro, o le «inocula», proprio come le vaccinazioni mediche costruire la resistenza contro gli agenti patogeni.
L’analogia con i vaccini insomma è proprio forte.
Secondo Epoch Times, Google sta già sfruttando i risultati e prevede di lanciare una «campagna di prebunking» su diverse piattaforme in Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca nel tentativo di arginare la disinformazione emergente relativa ai rifugiati ucraini.
«La campagna è in collaborazione con ONG locali, fact-checker, accademici ed esperti di disinformazione».
Quello che dovete pensare, ve lo diranno le ONG e i debunker, insomma.
«YouTube ha oltre due miliardi di utenti attivi in tutto il mondo. I nostri video potrebbero essere facilmente incorporati nello spazio pubblicitario su YouTube per anticipare la disinformazione», afferma il coautore dello studio, il prof. Sander van der Linden.
Capito: la pubblicità non più per vendere un prodotto, ma per dirigere il vostro pensiero. Quindi: video online con propaganda incorporata. Siamo arrivati a questo punto.
Tuttavia, è inutile prendersi in giro: un’opzione contro ciò che considerano «disinformazione», o meglio, contro ciò che non vogliono distribuire (o che hanno ordinato loro di non distribuire) ce l’hanno già: ti bloccano, ti cancellano il post, il video, l’account.
Come noto ai lettori, a Renovatio 21 è successo, e siamo andati in tribunale. Quindi, abbiamo una certezza: tutto questo non lo stanno facendo per voi che la pensate in un certo modo, lo fanno per preservare la loro massa vaccina, la quantità di individui che bovinamente ascoltano e obbediscono, si vaccinano, si greenpassano, si ucrainano, si lockdownano. E votano.
Il probleme del potere è che, nonostante possono arrivare a considerare l’opzione del sacrificio materiale del segmento irriducibile, non hanno soluzioni per tenersi tutti gli altri nel recinto, perché per logica vi saranno sempre più defezioni, e in un solo senso.
Quindi, statene certi, le proveranno tutte: i vaccini cognitivi – sul cui concetto Renovatio 21 vi aveva informato un anno fa – stanno sulla punta dell’iceberg.
Internet
Apple disconosce l’app porno Hot Tub

Il colosso tecnologico statunitense Apple ha condannato il lancio di una nuova app pornografica nell’UE chiamata Hot Tub, ora accessibile su iPhone tramite app store di terze parti, in base alle norme digitali dell’Unione.
AltStore PAL, un marketplace di app alternativo abilitato dal Digital Markets Act (DMA) dell’UE, ha introdotto Hot Tub questa settimana, descrivendolo come un browser di contenuti per adulti per iPhone. Lo sviluppatore del marketplace ha affermato in un post sui social media di lunedì che Hot Tub è «la prima app porno al mondo approvata da Apple».
L’azienda statunitense ha respinto le «false dichiarazioni», sostenendo che «certamente» non approva l’app e «non la offrirebbe mai nel nostro App Store».
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«La verità è che la Commissione Europea ci chiede di consentirne la distribuzione da parte di operatori di marketplace come AltStore ed Epic, che potrebbero non condividere le nostre preoccupazioni per la sicurezza degli utenti», ha affermato il portavoce di Apple Peter Ajemian al sito di tecnologia The Verge, affermando che l’azienda è «profondamente preoccupata per i rischi per la sicurezza che le app porno hardcore di questo tipo creano per gli utenti dell’UE, in particolare i bambini», avvertendo che tali app «minerebbero la fiducia dei consumatori nel nostro ecosistema».
In base al DMA adottato nel 2022, Apple è stata tenuta ad adeguare le proprie pratiche commerciali e ad allentare le restrizioni dell’App Store, consentendo agli utenti dei 27 paesi dell’UE di scaricare app per iPhone da store di terze parti.
Come parte del suo processo alternativo per l’app store, Apple impone una revisione di base chiamata «notarizzazione», che analizza le minacce alla sicurezza informatica, come malware noti, ma non valuta né approva il contenuto di un’app.
L’azienda si è opposta alle nuove normative, sostenendo che aprono le porte a servizi più dannosi, tra cui quelli che offrono pornografia, droghe illegali e altri contenuti che da tempo sono stati banditi dal suo App Store.
Rispondendo alle critiche di Apple, AltStore ha accusato l’azienda di usare preoccupazioni sulla sicurezza come copertura per mantenere il suo predominio. «Apple continua a usare la sicurezza come pretesto per proteggere il suo potere di monopolio e sottrarsi alla conformità con il DMA», ha affermato il marketplace.
Anche il CEO di Epic Games, Tim Sweeney, ha criticato duramente Apple, sottolineando che piattaforme come Windows, Mac e Linux consentono agli sviluppatori di rilasciare app senza restrizioni, sostenendo che l’iOS App Store ospita l’app Reddit, che fornisce accesso a contenuto pornografici.
«Apple lo sa, lo consente e ha assegnato a Reddit una valutazione 17+ (!!!) e un premio Editors’ Choice», ha scritto lo Sweeney su X martedì.
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Apple vieta «materiale palesemente sessuale o pornografico» sul suo store iOS. L’ex CEO Steve Jobs una volta disse che l’azienda ha «una responsabilità morale» di tenere il porno lontano dagli iPhone, esortando gli utenti ad «acquistare un telefono Android» al suo posto.
Va ricordato come durante la pandemia Apple aveva censurato il «Tinder dei non vaccinati», un’app di appuntamento per persone che hanno mantenuto il sangue libero dall’mRNA sintetico. La società era stata criticata anche per aver ristretto le comunicazioni tra iPhone durante le proteste antipandemiche cinesi dell’anno scorso.
Il politicamente corretto di Apple si era espresso anche con emoji transessuali come l’uomo incinto, della donna barbuta e del vaccino COVID nonché con le lautissime donazioni al gruppo di protesta razziale Black Lives Matter.
Aveva destato stupore e preoccupazione l’annuncio di Apple di scansionare le foto degli utenti con la motivazione di cercare materiale pedofilo.
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Immagine di Glen Bledsoe via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Internet
Trump dice che Microsoft sta valutando di acquistare TikTok USA

Intelligenza Artificiale
Google ha venduto strumenti di Intelligenza Artificiale alle IDF dopo l’attacco di Hamas

Google ha collaborato con l’esercito israeliano fin dalle prime settimane della guerra di Gaza, competendo con la rivale Amazon per la fornitura di servizi di intelligenza artificiale. Lo riporta il Washington Post, che cita documenti aziendali di cui avrebbe avuto visione.
L’articolo, pubblicato martedì, afferma che i dipendenti di Google sono stati direttamente coinvolti nel fornire alle Forze di difesa israeliane (IDF) l’accesso agli strumenti di intelligenza artificiale subito dopo l’attacco di Hamas contro Israele dell’ottobre 2023, che ha portato al bombardamento e all’invasione via terra di Gaza da parte di Israele.
A poche settimane dall’inizio della guerra, un dipendente della divisione cloud di Google ha intensificato le richieste delle IDF di accesso alla tecnologia di Intelligenza Artificiale, nonostante gli sforzi pubblici dell’azienda statunitense di prendere le distanze dalle operazioni militari israeliane, ha affermato il WaPo, citando documenti interni.
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Un altro documento ha rivelato che un dipendente aveva avvisato che se Google non avesse fornito l’accesso, l’IDF avrebbe potuto rivolgersi ad Amazon per i servizi di cloud computing.
In un documento datato novembre 2023, un dipendente avrebbe ringraziato un collega per aver gestito la richiesta dell’IDF. Mesi dopo, i documenti mostrano che i dipendenti di Google hanno avanzato ulteriori richieste di accesso agli strumenti di intelligenza artificiale per l’IDF.
L’anno scorso, Google aveva licenziato più di 50 dipendenti che avevano protestato contro il Progetto Nimbus, un contratto di cloud computing da 1,2 miliardi di dollari che Google e Amazon hanno firmato con il governo israeliano nel 2021. Come parte dell’accordo, le aziende rivali hanno costruito data center in Israele e si sono impegnate a fornire software cloud e servizi di archiviazione a vari dipartimenti governativi.
Gli attivisti dietro le proteste hanno affermato che le agenzie militari e di intelligence israeliane violano regolarmente i diritti umani a Gaza. I dipendenti dell’azienda hanno chiesto trasparenza su come viene utilizzato il loro lavoro, temendo che la tecnologia possa contribuire a danneggiare i civili palestinesi.
Secondo il giornale della capitale USA, da anni l’esercito israeliano sta potenziando le sue capacità di intelligenza artificiale, concentrandosi sulla sorveglianza delle immagini e sull’identificazione di potenziali obiettivi.
Il WaPo ha citato un alto funzionario delle IDF, rimasto anonimo, che lo scorso anno ha dichiarato che l’esercito aveva effettuato ingenti investimenti nella tecnologia cloud e in altri sistemi informatici, spesso in partnership con aziende statunitensi.
Gaby Portnoy, a capo della Direzione nazionale per la sicurezza informatica del governo israeliano, ha affermato in una conferenza tenutasi lo scorso anno che il Progetto Nimbus ha supportato direttamente le applicazioni di combattimento delle IDF.
«Grazie al cloud pubblico Nimbus, in combattimento accadono cose fenomenali, che costituiscono una parte significativa della vittoria, e non entrerò nei dettagli», ha affermato secondo quanto riportato dalla testata People and Computers.
Il servizio del WaPo ha affermato che i documenti non mostravano esplicitamente come la tecnologia AI avrebbe potuto essere utilizzata nelle operazioni militari di Israele. Tuttavia, il quotidiano ha osservato che i documenti più recenti del novembre 2024 indicavano che Google aveva continuato a fornire tecnologia AI all’IDF in un momento di crescenti attacchi aerei su Gaza, influenzando potenzialmente il bilancio delle vittime civili.
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Israele è stato accusasto da Amnesty international di praticare un «apartheid automatizzato» ottenuto tramite software di riconoscimento facciale.
De anni fa, un articolo della testata di giornalismo investigativo MintPressNews ha rivelato che centinaia di ex agenti dell’Intelligence militare israeliana hanno acquisito posizioni di influenza in diverse grandi società tecnologiche, tra cui Google, Facebook, Microsoft e Amazon.
Come riportato da Renovatio 21, davanti alle immagini cruente di eliminazione a distanza di persone è stato detto che quello di Gaza rappresenta un «genocidio massivo robotizzato».
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Immagine di Nicodangelo via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0
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