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Opportunismo, politica, eresie sfiorate: il discorso di Bergoglio di ritorno dalla Grecia

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Il viaggio di Papa Francesco a Cipro e in Grecia è stato segnato da una rinnovata insistenza sul tema dei migranti e dall’ecumenismo con il mondo ortodosso. Sul volo di ritorno, il Pontefice ha risposto, come di consueto, alle domande dei giornalisti con il consueto sfoggio di improvvisazione e picconate alla dottrina cattolica.

 

 

 

Le dichiarazioni del Papa ai giornalisti in questo volo lasciano pressoché tutte basiti, al punto che su alcune di esse è anche impossibile commentare compiutamente. Tuttavia vogliamo commentarne qualcuna, tra le più notevoli per lontananza dalla sana dottrina o dal buon senso.

 

 

Un’ecclesiologia protestantizzata

In ordine di gravità, partiamo da un’affermazione che sfiora l’eresia, buttata lì in mezzo a una risposta. A parte i consueti elogi del modello sinodale ortodosso (che ovviamente noi cattolici avevamo dimenticato fino a Paolo VI), Francesco aggiunge un dettaglio che più che agli ortodossi fa pensare ai sinodi anglicani, secondo quanto aveva dichiarato il sedicente arcivescovo di Canterbury ai media vaticani qualche settimana fa.

 

Il presule inglese aveva infatti ricordato come nella loro esperienza il sinodo comprendesse sempre l’intervento dei laici. E così Papa Francesco afferma, quasi inopinatamente rispetto alla domanda:

 

Un’affermazione che sfiora l’eresia, buttata lì in mezzo a una risposta

«Sull’aspetto sinodale: sì, siamo un unico gregge, è vero. E fare questa divisione – clero e laici – è una divisione funzionale, sì, di qualifica, ma c’è una unità, un unico gregge».

 

Eravamo ormai abituati alla concezione egualitaria del «popolo di Dio» dal quale scaturiscono i «ministeri», come espressa in Lumen gentium e nel nuovo diritto canonico.Papa Francesco va direttamente alle fonti di entrambi, usando termini del tutto analoghi a quelli di Martin Lutero nella sua «Lettera alla nobiltà cristiana della nazione tedesca»: 

«Nessuno deve farsi intimidire da questa distinzione [tra clero e laici, n.d.r.], per la buona ragione che tutti i cristiani appartengono veramente allo stato ecclesiastico: non esiste tra loro nessuna differenza, se non quella della funzione…».

 

Siamo ovviamente in concetti diametralmente opposti a quelli del Concilio di Trento.

 

 

Le scuse di Papa Francesco

Secondo una tradizione ormai consolidata da Giovanni Paolo II in poi, Papa Francesco ha chiesto scusa agli ortodossi per i presunti soprusi che subirono dalla Chiesa Romana.

 

La cosa curiosa è che il Papa ci informa di aver chiesto scusa anche per dei fatti che (dalle sue stesse parole) egli non conosceva, dietro semplice richiesta dell’arcivescovo di Atene Ieronimos, senza altre informazioni.

 

Il Papa ha dunque chiesto scusa perché una parte dei cattolici greci, ai tempi delle guerre d’indipendenza contro i turchi, non furono favorevoli alla lotta nazionale (probabilmente perché temevano più la discriminazione da parte di una nazione ortodossa che dallo stesso governo ottomano).

 

Che il Papa si senta obbligato a chiedere scusa non solo per l’operato dei suoi antichi predecessori, ma perfino per la presa di posizione prettamente politica di alcuni cattolici, è cosa che ormai sfiora l’inverosimile.

Che il Papa si senta obbligato a chiedere scusa non solo per l’operato dei suoi antichi predecessori, ma perfino per la presa di posizione prettamente politica di alcuni cattolici, è cosa che ormai sfiora l’inverosimile.

 

Se il Sillabo di Pio IX condannava chi dice che la separazione degli orientali fosse dovuta «ai soverchi arbitri dei Romani Pontefici», Papa Francesco ormai è pronto a ritenere i cattolici colpevoli di tutti i mali degli orientali.

 

In ogni modo egli ci informa che l’unità delle Chiese non deve per forza passare dalla teologia, ma dal lavorare insieme, citando per esempio la Svezia, dove cattolici e luterani hanno un’unica associazione caritativa dove lavorano insieme. Quanto ai teologi, che discutano pure: l’unità nella verità la si riserva per l’aldilà. Intanto lui e i suoi fratelli eretici si ritrovano uniti nel «lavorare e pregare insieme».

 

Rimandiamo i lettori all’enciclica Mortalium animos di Pio XI, per una puntuale condanna di una tale visione dei rapporti con i non cattolici. Non facciamo citazioni qui, perché la lettura completa di quella (breve) lettera di Papa Ratti è un tesoro necessario in questi tempi di confusione sulla vera dottrina del Cristo e della Chiesa.

 

 

Papa Francesco e la democrazia in pericolo

I giornalisti chiedono al Papa chiarimenti sulle sue affermazioni sul ritirarsi della democrazia in Europa.

 

Il Papa inizia con l’affermare che la democrazia (intesa evidentemente come quella liberale europea che ben conosciamo, condannata come tale dalla Chiesa a più riprese) è un tesoro che deve essere custodito preziosamente.

 

Il Papa fa riferimento ai «populismi» che paragona direttamente al nazismo

Circa i pericoli, avremmo potuto immaginare che il Papa si riferisse alle derive autoritarie e agli evidenti abusi di potere che i governi occidentali si stanno permettendo senza scrupoli con la scusa della pandemia. Invece no, il Papa fa riferimento ai «populismi» che paragona direttamente al nazismo.

 

Condanna poi anche, citando Il Padrone del mondo di Benson (libro a lui caro), un governo mondiale che livella tutto, altro nemico della democrazia. Resta un grande mistero come possa parlare così un uomo che poca prima ha elogiato l’Unione Europea e che partecipa con entusiasmo alle iniziative del governo mondiale sul cambiamento climatico, come presidente di un parlamento delle religioni affiancato all’ONU.

 

Se avesse letto meglio il romanzo di Benson, Papa Francesco forse si sarebbe ispirato ai due Pontefici che vi compaiono, che proclamano fermamente la regalità del Cristo e della Chiesa Romana di fronte al governo universale anticristico, combattendo frontalmente il mondo, senza il minimo compromesso liberale.

 

 

L’Arcivescovo di Parigi ed il diritto della Chiesa

Non potevano mancare le domande sulle dimissioni di Monsignor Aupetit, Arcivescovo di Parigi, rapidamente accettate dal Papa, per delle colpe «minori» (a detta del Papa stesso) contro il sesto comandamento, risalenti a diversi anni fa.

 

Va qui ricordato un curioso rescritto del 3 novembre 2014, al cui art. 5 si leggeva:

 

«In alcune circostanze particolari l’Autorità competente può ritenere necessario chiedere a un Vescovo di presentare la rinuncia all’ufficio pastorale, dopo avergli fatto conoscere i motivi di tale richiesta ed ascoltate attentamente le sue ragioni, in fraterno dialogo».

 

Fermo restando il potere del Papa di dimettere i Vescovi in qualsiasi momento, o anche di richiedere informalmente dimissioni per non dover procedere giuridicamente, non si capiva a che potesse servire scrivere questo in un documento ufficiale.

 

Evidentemente qui si tratta ancora una volta di procedere senza formalità giuridiche, che dovrebbero garantire le persone dall’arbitrio dell’autorità e accertare le responsabilità.

 

Le parole del Papa sull’aereo su questo caso sono a dir poco imbarazzanti. Egli sembra voler minimizzare le colpe reali dell’Arcivescovo, per farci sapere che ne ha accettato le dimissioni senza batter ciglio per via del «chiacchiericcio» che la sua condotta aveva determinato.

 

Scompaiono tanto la misericordia quanto la giustizia, che lasciano posto a pura opportunità politica

Da un lato quasi «scusa» Aupetit, perché alla fine nessuno è un santo e di per sé poteva essere perdonato per i suoi errori; e dall’altro lo sacrifica perché non può governare a causa del chiacchiericcio che ne lede l’autorità. In un tale procedere scompaiono tanto la misericordia quanto la giustizia, che lasciano posto a pura opportunità politica.

 

Potrebbe un tale procedimento essere prudenza virtuosa di governo? Si potrebbe pensarlo facendo numerose distinzioni, ma le parole conclusive di Francesco sul caso rimangono in se stesse incomprensibili nella bocca del Pontefice Romano: «Per questo ho accettato le dimissioni, non sull’altare della verità ma sull’altare dell’ipocrisia».

 

È molto probabile che il Papa, che in queste interviste fa discorsi a ruota libera, abbia voluto dire che è a causa dell’ipocrisia del procedimento che ha accettato le dimissioni di Mons. Aupetit, ma la formula utilizzata è davvero infelice e ambigua, non potendosi in alcun senso erigere un altare all’ipocrisia opposto a quello della verità.

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

 

Immagine di Christoph Wagener via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)

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I funerali di mons. Huonder

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Secondo il suo desiderio, espresso più volte, mons. Vitus Huonder è stato sepolto nel seminario di Ecône, «vicino al vescovo che ha tanto sofferto per la Chiesa», ha detto. La messa funebre pontificia è stata celebrata nella chiesa del seminario da mons. Bernard Fellay. Successivamente nella cripta del seminario furono deposte le spoglie del vescovo emerito di Coira.

 

Un lungo corteo ha accompagnato il feretro del vescovo Huonder dalla cripta alla chiesa dove è stato celebrato il pontificale, dove è stata vegliata tutta la notte dopo il canto dell’Ufficio dei Morti. Il corteo lo accompagnerà poi alla tomba dove furono resi gli ultimi onori al vescovo Huonder e dove troverà la sua ultima dimora.

 

Erano presenti, infatti, 150 sacerdoti e seminaristi, una trentina di suore e circa 900 fedeli tra cui i 150 studenti della scuola Wangs, dove mons. Huonder ha concluso santamente e felicemente i suoi giorni.

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

 

Immagini da FSSPX.news

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Malesia, condanna a punizioni corporali per una donna applicando la sharia

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Una mamma single è stata ritenuta recidiva nel peccato di «khalwat» (vicinanza) in uno Stato governato dal partito islamista. La sentenza – che rappresenta una prima volta – dovrebbe essere eseguita nella prigione di Marang il 6 maggio. Una vicenda destinata a offrire un termometro dei rapporti di forza con i fondamentalisti nella Malaysia di Anwar Ibrahim

 

In Malaysia nello Stato nord-orientale di Terengganu, governato dagli islamisti del Partito Islamico della Malesia (PAS), una donna è stata condannata alle percosse per rapporti inappropriati con un uomo, applicando la sharia, la legge islamica. Se eseguita si tratterebbe del primo caso di questo tipo nello Stato.

 

N. A. N., che ha 37 anni ed è madre di un figlio, è stata accusata ai sensi della sezione 31 (b) del Syariah Criminal Offences (Takbir) (Terengganu) (Amendment) Enactment 2022, per essere stata da sola con un uomo di 40 anni che non era suo marito in una casa nel distretto di Kemaman, il 31 gennaio scorso.

 

N. A. si è dichiarata colpevole del reato. Il giudice Rosli Harun l’ha quindi condannata a sei colpi di bastone e a una multa di 4.000 ringgit (785 euro), oltre a otto mesi di carcere.

 

L’imputata era già stata condannata per un reato simile nel 2018 ed era stata multata. Il giudice ha anche consigliato a N. A. di sposarsi immediatamente per evitare di commettere nuovamente un reato simile. «In precedenza hai detto che ti saresti sposata, ma non è successo. Non c’è rimorso in te», ha detto il giudice alla donna raccomandandole anche di non sposarsi nella città di confine di Golok, in Thailandia, dove le coppie musulmane contraggono matrimoni clandestini.

 

Il PAS governa gli Stati nord-orientali di Terengganu e Kelantan dal 2018. Ideologicamente incentrato sul fondamentalismo islamico, la sua base elettorale è in gran parte concentrata sulle quattro coste rurali e orientali della Malesia peninsulare, compreso il nord conservatore, in particolare nel Kelantan, Terengganu, Perlis e Kedah.

 

Con queste vittorie, il PAS ha spinto per inasprire le punizioni ai sensi della legge islamica attraverso il codice penale della Sharia di ogni Stato. Il partito deve però fare i conti con nuovi attori ora dopo il governo di Najib Razak, che sosteneva l’agenda del PAS, ha perso il suo mandato elettorale.

 

In passato, l’ex primo ministro Mahathir Mohamed aveva bloccato i tentativi del PAS di approvare le leggi islamiche nel Kelantan e nel Terengganu.

 

Il National Trust Party (Amanah), un partito scissionista del PAS che ora fa parte della coalizione di governo sotto il «governo di unità» del primo ministro Anwar Ibrahim, dovrebbe bloccare i tentativi del PAS di spingere per l’attuazione della sharia. Tuttavia, il PAS e la coalizione di cui fa parte oggi – Perikatan Nasional – hanno ottenuto buoni risultati nelle ultime elezioni.

 

Il partito islamista ha ottenuto il maggior numero di seggi e il patto Perikatan Nasional ha riaffermato il suo controllo su quattro governi statali dall’agosto 2023. Questo ha portato molti osservatori a suggerire che un’ondata «verde» o «islamista» sta trasformando il panorama politico della Malaysia.

 

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Il cardinale Fernandez vittima di se stesso

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La dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, Fiducia supplicans (18 dicembre 2023) che autorizza la benedizione delle coppie irregolari o omosessuali, è molto più di una semplice dichiarazione. Col tempo, ci rendiamo conto che la sua ambizione è quella di introdurre un nuovo modo di pensare e agire in tutti gli ambiti, ben oltre le coppie irregolari o dello stesso sesso.   Inventando una benedizione non liturgica, ma «pastorale, spontanea e breve», il cardinale Victor Manuel Fernández ha stabilito una prassi che intende applicare a molte situazioni. Potremo così presto vedere un’ordinazione delle donne che non sia liturgica, ma «pastorale, spontanea e breve». Un riconoscimento dei liberi muratori che non è dottrinale, ma «pastorale, spontaneo e breve». E così via.   Comprendiamo facilmente come questa spontaneità e brevità pastorale siano mezzi appositamente inventati per liberarsi dalla dottrina e dalla morale cattolica, pur affermando – puramente per forma – che non sono in alcun modo messe in discussione.

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Di fronte a simili inganni è inutile discutere all’infinito. In modo più semplice ed efficace, dobbiamo applicare al cardinale Fernández il suo stesso metodo. Chiaramente il prefetto deve essere fiducializzato. Ciò significa concretamente che ogni documento emanato dal suo dicastero, che non sia conforme alla tradizione, deve essere considerato come:   – una dichiarazione «pastorale», quindi non dottrinale e perfino antidottrinale;   – una decisione «spontanea», quindi sconsiderata e perfino irrazionale;   – un’indicazione «breve», quindi non durevole, caduca, biodegradabile.   Questo è il valore dell’insegnamento dell’attuale prefetto del Dicastero per la dottrina della fede. Né più né meno.   In sostanza, applicare il metodo Fiducia supplicans al cardinale Fernández equivale a sfruttare quello che gli anglofoni chiamano self-refuting system, un metodo che confuta se stesso.   Parafrasando il filosofo britannico Roger Scruton, potremmo dire: «un prelato che afferma che non esistono verità, o che ogni verità è “semplicemente relativa” perché conta solo la pastorale, ti chiede di non crederci. Quindi non farlo».   Don Alain Lorans

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