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Geopolitica

Mosca accusa: falsificato il referendum UE in Moldavia

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Il governo moldavo ha ottenuto un risultato risicato nel referendum di questa settimana sull’adesione all’UE, imbrogliando e soffocando i voti contrari, ha dichiarato la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.

 

Lunedì, Chisinau ha annunciato che il suo referendum sull’UE è stato approvato con un margine risicato, inferiore all’uno percento. La vittoria è stata presumibilmente assicurata all’ultimo minuto con i voti dei moldavi pro-UE che vivono all’estero, mentre il conteggio iniziale dei voti indicava una forte opposizione.

 

«Il Paese ha espresso un deciso “no” all’integrazione nell’UE, ma le autorità, in particolare la presidente moldava Maia Sandu, hanno fatto di tutto per nascondere questi risultati», ha affermato Zakharova in una conferenza stampa mercoledì. «È ovvio che i dati finali del referendum – 50,46% di “favorevoli” e 49,54% di “contrari” – sono stati ottenuti all’ultimo momento, cioè falsificati».

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La dinamica del conteggio dei voti «non può essere ragionevolmente spiegata», ha detto Zakharova. «I risultati provvisori pubblicati sui media hanno mostrato che durante quasi tutta la giornata elettorale, c’erano in media il 10% in più di voti “contro” l’integrazione europea rispetto a quelli “a favore”».

 

«Tuttavia, avvicinandosi alla fine delle votazioni, questo divario ha iniziato “miracolosamente” a ridursi rapidamente», ha aggiunto.

 

Inoltre, i moldavi che vivono in Russia sono stati «essenzialmente privati ​​della loro voce» nel voto, ha affermato. Le autorità moldave hanno aperto solo «due seggi elettorali» in Russia per loro, mentre «negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale, ce n’erano circa duecento». Le «gigantesche file» di moldavi ai due seggi elettorali hanno fatto sì che molti non abbiano potuto esprimere il proprio voto, ha detto.

 

La portavoce della diplomazia russa ha criticato l’accusa del ministero degli Esteri moldavo secondo cui le file erano state organizzate illegalmente per mettere a repentaglio il processo di voto. Dato il numero insufficiente di seggi elettorali forniti ai moldavi, la dichiarazione del ministero «non può essere definita altro che una presa in giro e un disprezzo per i propri cittadini», ha affermato.

 

Mosca aveva precedentemente segnalato che per i circa 500.000 moldavi residenti in Russia erano disponibili solo due seggi elettorali, ciascuno con 5.000 schede.

 

Mentre gli osservatori dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) hanno accolto con favore l’esito del voto, hanno notato problemi nel rappresentare l’opposizione. «Le condizioni non hanno fornito ai concorrenti un campo di gioco equo», ha affermato lunedì il capo della missione di osservatori dell’OSCE Urszula Gacek.

 

Come riportato da Renovatio 21, la settimana passata, prima del voto moldavo, la Zakharova aveva dichiarato che la UE rende «schiavi» gli stati membri.

 

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Come riportato da Renovatio 21, l’opposizione moldava dice che la presidente è «controllata dall’estero».

 

Sotto la guida della Sandu, il governo moldavo è diventato sempre più critico nei confronti della Russia e ha represso i sentimenti filo-russi all’interno del Paese, bandendo di recente il partito Sor, che le autorità hanno accusato di essere uno strumento degli «oligarchi».

 

Come riportato da Renovatio 21, la Sandu ha accusato Mosca di complottare per rovesciare il suo governo e destabilizzare la situazione in Moldavia. Mosca ha respinto con veemenza tali affermazioni.

 

Vari canali TV sono stati bloccati in Moldavia, russi o considerati «filorussi».

 

Durante l’agosto la Moldavia aveva vietato l’ingresso nel Paese al noto musicista balcanico Goran Bregovic, ritenuto filorusso.

 

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Immagine di © European Union, 2024 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

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Geopolitica

Mosca annuncia che non vi sarà alcuna ripetizione degli accordi di Minsk

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Mosca non ripeterà gli errori del passato e non accetterà un altro accordo condizionale in stile Minsk, che servirebbe solo a mettere fine al conflitto in Ucraina, anziché risolverlo una volta per tutte, ha insistito il rappresentante permanente della Russia presso le Nazioni Unite, Vassilij Nebenzia.   Gli accordi di Minsk sono stati stipulati da Russia e Ucraina nel 2014 e nel 2015, con la mediazione dei leader di Francia e Germania. Erano volti a risolvere le tensioni seguite al colpo di Stato di Maidan sostenuto dall’Occidente che rovesciò il governo legittimo di Kiev.   Di fatto, gli accordi di Minsk, siglati nel 2014 e nel 2015 nel tentativo di risolvere le tensioni in Ucraina, erano stati concepiti per dare tempo a Kiev di riarmarsi, Ciò è stato dichiarato apertis verbis dagli allora leader di FranciaGermania e Ucraina.   Mosca ha indicato questo inganno come un indicatore del fatto che né Kiev né i suoi sostenitori occidentali desiderano la pace in Ucraina, nonostante la Russia rimanga aperta a una risoluzione diplomatica della crisi.

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Parlando a una riunione del Consiglio di sicurezza dell’ONU giovedì, il Nebenzia ha avvertito che «non ci sarà alcuna ripetizione dello scenario degli accordi di Minsk, nessun congelamento del fronte in modo che il regime Zelens’kyj possa leccarsi le ferite. Proprio come non ci sarà alcun ingresso dell’Ucraina nella NATO, in un modo o nell’altro».   Il diplomatico russo ha invece ipotizzato che il conflitto verrà risolto in modo permanente quando la Russia raggiungerà tutti gli obiettivi della sua operazione militare, tra cui la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina, aggiungendo che il territorio controllato dall’Ucraina continua a ridursi ogni giorno e ha suggerito che è giunto il momento che i sostenitori stranieri di Zelens’kyj prendano finalmente in considerazione gli interessi del popolo ucraino, che desidera la pace e buoni rapporti con la Russia.   «Finora, i nostri colleghi occidentali hanno fallito in questo», ha detto Nebenzia, che ha quindi attaccato il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj per aver tradito il Paese e le promesse della sua campagna elettorale, trasformando il suo Paese in una marionetta degli Stati Uniti e dei suoi alleati, utilizzata per scatenare una guerra per procura contro la Russia.   Nebenzia ha ipotizzato che il motivo per cui l’Ucraina sta subendo sconfitte in prima linea è perché «la gente ha semplicemente smesso di credere nell’ex attore».   Come riportato da Renovatio 21, il presidente ucraino Petro Poroshenko l’anno passato si era vantato in una intervista rivelatrice sul Corriere della Sera del suo ruolo nella ricostruzione dell’esercito del suo Paese sotto la copertura degli accordi di Minsk, che, almeno all’apparenza, servivano a riconciliare Kiev con Donbass e regioni orientali che si erano dissociate dal colpo di Stato di Maidan a Kiev nel 2014.   «Con gli accordi di Kiev abbiamo guadagnato tempo. Sapete quanti battaglioni avevo a Nord di Kiev quando sono diventato presidente? Zero. E il budget statale? Sotto zero. Ed i carri armati funzionanti? Una miseria», ha dichiarato l’ex presidente descrivendo lo stato dell’Ucraina nove anni fa in un’intervista al Corriere della Sera.   La versione di Poroshenko era già stata sostanzialmente confermata dagli ex presidenti tedesco e francese Angela Merkel e François Hollande, che avevano a poca distanza l’una dall’altro affermato pubblicamente che gli accordi avevano lo scopo di guadagnare tempo per Kiev.   Nel suo discorso alla vigilia dell’operazione russa in Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin aveva parlato di «Impero della menzogna» facendo forse anche riferimento a questa promessa scritta disattesa impunemente dall’Occidente.

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L’ex generale USA Milley: il mondo ha ora tre superpotenze

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L’era unipolare in cui gli Stati Uniti erano l’unica superpotenza dominante ha lasciato il posto a un mondo multipolare, ha ammesso martedì il generale statunitense in pensione Mark Milley durante un incontro dell’American Bankers Association a New York.

 

L’ex capo di stato maggiore congiunto, che ha ricoperto il ruolo sia sotto la presidenza di Donald Trump che sotto quella di Joe Biden, ha affermato che nel mondo ci sono ormai tre superpotenze: gli Stati Uniti, la Russia e la Cina.

 

«Durante la Guerra Fredda c’erano due superpotenze, subito dopo la Guerra Fredda ci fu un momento unipolare, quindi per un breve periodo gli Stati Uniti furono chiaramente preminenti e l’unica vera superpotenza là fuori», secondo Milley.

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«Ma oggi è chiaro che viviamo in un mondo multipolare», ha affermato il militare USA, dichiarando che i leader degli Stati Uniti dovrebbero prestare particolare attenzione a Pechino, dato il tasso di crescita della Cina e le sue ambizioni di sviluppo militare. «Sono probabilmente l’unico paese che ha le gambe e la distanza che potrebbero letteralmente sfidare la posizione degli Stati Uniti su scala globale», ha detto il generale in pensione.

 

Milley ha aggiunto che anche la Russia rimane una «minaccia acuta», dato che possiede «molte armi nucleari» ed è impegnata nella «più grande guerra terrestre in Europa dal 1945».

 

Crede che il mondo sia diventato «molto più complicato» e ha sottolineato che alla luce di queste sfide gli Stati Uniti devono impegnarsi per mantenere il cosiddetto «ordine basato sulle regole». Se si permettesse a questo ordine di fallire, ha avvertito Milley, il mondo potrebbe essere riportato a una mentalità in cui «solo i forti sopravvivono».

 

Come riportato da Renovatio 21, il Milley ha buoni rapporti con gli omologhi nell’Esercito di Liberazione del Popolo della Repubblica Popolare Cinese, che aveva contattato per dire, nelle drammatiche ore del cambio alla presidenza, che non avrebbe obbedito ad un ordine di attacco contro la Cina qualora Trump lo avesse formulato in quelle ore.

 

Fu scritto anche il Milley aveva confabulato in quel momento con la speaker della Camera Nancy Pelosi. Praticamente un golpe implicito, pure con venature militari, di cui ovviamente non ha importato a nessuno, perché si trattava pur sempre di mandar via Trump dalla Casa Bianca.

 

Il quale Trump non ha moltissima simpatia per il Milley. In un evento a Mar-a-Lago in Florida, l’ex presidente Trump ha affermato che Milley gli aveva detto che lasciare gli aerei in Afghanistan era più economico che spostarli in un altro Paese.

 

«Fu allora che mi resi conto che era un fottuto idiota», ha detto Trump, suscitando un’ondata di risate dalla folla.

 

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L’anno passato fa il generale Milley ha visitato le truppe americane che occupano parte della Siria. La base americana in territorio siriano, che il presidente Trump aveva detto di chiudere venendo però disatteso dal Pentagono, è al centro di dibattito politico anche a Washington: mentre Milley la va a visitare, il deputato floridiano Matt Gaetz aveva tentato di lanciare un disegno di legge per chiuderla – l’operazione politica è stata subito bocciata dai colleghi legislatori del Gaetz.

 

Poco dopo la visita di Milley alla base americana, il presidente siriano Assad, in visita a Mosca, ha rivelato che nella base di siriana Al Tanf gli USA addestrerebbero terroristi.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Milley mesi fa se ne venne fuori con una difesa di Israele perché «anche noi abbiamo ammazzato gente in gran numero».

 

Il Milley di recente avrebbe dichiarato di temere un suo arresto qualora venisse eletto Trump.

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Geopolitica

Fico dichiara di essere pronto ad incontrare Putin

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Il primo ministro slovacco Robert Fico ha detto di essere pronto a incontrare il presidente russo Vladimir Putin «senza esitazione» e che crede che l’Occidente «riconsidererà» presto il suo sostegno militare all’Ucraina.   Parlando alla rete televisiva statale russa Rossija-1, Fico ha detto che sarebbe «molto contento» di partecipare alle celebrazioni del Giorno della Vittoria a Mosca il prossimo maggio, quando la Russia celebrerà «l’80° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale e, soprattutto, la vittoria sul nazismo. Sento che è un mio dovere personale».   Nel frattempo, Fico ha detto di essere pronto a incontrare Putin «senza esitazione». Raccontando all’intervistatrice Olga Skabeyeva che «l’aveva incontrato anche quando era primo ministro, prima che diventasse presidente», il premier slovacco ha detto di essere «mortalmente serio» riguardo a una conversazione faccia a faccia con Putin.

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Fico è stato eletto primo ministro della Slovacchia per la terza volta l’anno scorso e ha immediatamente sospeso gli aiuti militari del Paese all’Ucraina. Insieme al primo ministro ungherese Vittorio Orban, ha ripetutamente chiesto una soluzione diplomatica al conflitto tra Russia e Ucraina e la scorsa settimana ha condannato l’approvazione da parte dell’UE di un prestito di 35 miliardi di euroall’Ucraina, sostenuto dalle entrate dei beni russi congelati detenuti a Bruxelles.   Fico ha anche promesso di porre il veto all’adesione dell’Ucraina alla NATO, sostenendo che una mossa del genere innescherebbe una terza guerra mondiale. Mentre le armi occidentali continuano a fluire in Ucraina, Fico ha detto alla intervistatrice russa che crede che «il buon senso prevarrà presto e inizieremo a rivalutare il conflitto militare in Ucraina».   «Supporto qualsiasi piano che contenga la parola “pace”, “piani di pace”», ha affermato, aggiungendo che «è molto meglio negoziare per due anni che permettere ai soldati di uccidersi a vicenda per due anni».   Il primo ministro slovacco è sopravvissuto a un tentativo di assassinio a maggio, quando è stato colpito quattro volte a distanza ravvicinata. La Corte penale speciale della Slovacchia ha dichiarato che l’attentatore è stato in gran parte motivato dalla decisione del governo di Fico di non inviare armi in Ucraina.

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Come riportato da Renovatio 21, la scorsa settimana Fico si era scagliato contro la politica dell’UE sull’Ucraina e sull’immigrazione.   Fico, che aveva già ribadito su Facebook la sua volontà di porre il veto sull’Ucraina nella NATO per non far scoppiare la Terza Guerra Mondiale, aveva partecipato la settimana scorsa alla sua prima riunione di governo dopo l’attentato subito.   Nonostante abbia ricevuto cinque colpi di arma da fuoco, Fico si è fatto riprendere mentre votava alle recenti ultime europee, lanciando al contempo un monito sulla volontà dell’Occidente di procedere con un escalation contro Mosca. Poco prima dell’attentato, dopo aver letto un «documento riservato», aveva denunciato in una dichiarazione TV l’impiego di truppe NATO in Ucraina. Bratislava il mese scorso ha posto il suo rifiuto all’ingresso di Kiev nella NATO e riaperto alla cooperazione culturale con la Russia. Due mesi prima il premier di Bratislava aveva dichiarato che l’Italia avrebbe ritirato il suo sistema di difesa aerea SAMP-T dalla Slovacchia.

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