Geopolitica
La vergognosa élite africana che vuole il vaccino

L’Africa a molti è sembrata, sin dall’inizio della follia del bienni pandemico non ancora chiuso, un’oasi di umanità. Né la popolazione, né i leader sembravano eccessivamente preoccupati per l’epidemia.
I numeri, del resto, non c’erano: il caso è spiegato bene dalla vicenda della ragazza zambiana, la terza a risultare positiva nel suo Paese l’anno scorso: si suicida per la vergogna e viene conteggiata dall’autorità come morta da coronavirus.
L’Africa a molti è sembrata, sin dall’inizio della follia del bienni pandemico non ancora chiuso, un’oasi di umanità. Né la popolazione, né i leader sembravano eccessivamente preoccupati per l’epidemia
Come scriveva Renovatio 21 nell’aprile 2020, l’Africa, come concretamente nell’esempio del Sud Sudan «ha più vicepresidenti che respiratori», tuttavia pareva caversela lo stesso.
Un anno dopo, parlando dell’esitazione vaccinale massiva del Malawi, scrivevamo che «l’Africa rifiuta il vaccino».
La realtà è che nessuno è al riparo dalle leggi pandemiche. Non fino a che esistono élite politiche disposte a propalare la propagande del globalismo vaccinista.
L’ex direttore generale dell’Istituto nazionale di sanità pubblica della Liberia, Mosoka Fallah, ha scritto su Nature un feroce attacco all’indifferenza occidentale nei confronti delle morti africane di COVID:
L’epidemia africana a a scoppio ritardato ci mancava, ma ci deve essere sicuramente una spiegazione scientifica. Del resto il pezzo lo pubblica Nature, non la guida del nottambulo complottista.
«I miei social media erano pieni di auguri di buon compleanno e anniversari. Ora è inondato di “riposa in pace”. Il momento per le nazioni ad alto reddito di venire in aiuto dell’Africa, continente da cui dipendono per l’abbondanza di risorse umane e naturali, è quasi passato…»
Apprendiamo quindi che, con un anno e mezzo dopo, l’epidemia è scoppiata nel Paese di George Weah e delle storie dei militari cannibali.
L’epidemia africana a a scoppio ritardato ci mancava, ma ci deve essere sicuramente una spiegazione scientifica. Del resto il pezzo lo pubblica Nature, non la guida del nottambulo complottista.
«Come lo vediamo io e i miei colleghi dei ministeri della salute africani, i Paesi ricchi stanno accumulando vaccini, permettendo alle dosi di scadere mentre le persone non vaccinate che vogliono essere immunizzate muoiono».
«Come lo vediamo io e i miei colleghi dei ministeri della salute africani, i Paesi ricchi stanno accumulando vaccini, permettendo alle dosi di scadere mentre le persone non vaccinate che vogliono essere immunizzate muoiono» dice il boiardo sanitario liberiano
A noi risultava invece che le dosi, donate in grande abbondanza dagli occidentali, le facessero scadere proprio i governi americani, pratica che fu oggetto di un agguerrito, ma rispettoso (si tratta pur sempre di persone di colore nell’anno di BLM) articolo del New York Times.
«Lasciatemelo dire da africano: il nostro mondo come lo conosciamo è sull’orlo del precipizio; affrontiamo un numero enorme di morti e il collasso di economie e nazioni. Qual è il vero significato dell’umanità? Perché a tutte le vite venga dato lo stesso valore, indipendentemente dalla geografia o dall’economia».
Eccerto, il ragionamento del boiardo liberiano non fa una grinza. Fidiamoci di quello che dice lui, che ha del mondo, dal suo privilegiato osservatorio africano, una visione completa e sul lungo periodo, come dimostra la politica del suo Paese. Bella anche la riflessione sul senso della vita, ne sentivamo il bisogno, come della chiosa da terzomondismo anni cinquanta.
Poi però si viene al dunque. Stringi, stringi… eccolo:
«All’indomani della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti svilupparono il Piano Marshall per consentire ai paesi devastati dell’Europa occidentale di riprendersi. È stato un momento stimolante nella storia umana. L’attuale calamità umana deve essere fermata con un nuovo Piano Marshall, in base al quale le nazioni prospere condividono liberamente vaccini, capacità di produzione e risorse, se non per il bene della loro coscienza, quindi per la sicurezza sanitaria».
Le «donazioni» dei Paesi sviluppati creano un business locale che in alcuni Paesi africani è addirittura maggioritario, con nazioni la cui economia dipende al 70% da aiuti economici stranieri (in territori, di solito, ricchi di ogni ben di Dio
Il piano Marshall è stato un momento stimolante della storia dell’uomo, e ancora di più sono stati i suoi soldi elargiti, anche sottoforma di infrastrutture sanitario-vaccinali: il lettore saprà che proprio le «donazioni» dei Paesi sviluppati creano un business locale che in alcuni Paesi africani è addirittura maggioritario, con nazioni la cui economia dipende al 70% da aiuti economici stranieri (in territori, di solito, ricchi di ogni ben di Dio: acqua, minerali, sole, diamanti…).
Il saggio oramai risalente di più di dieci anni della studiosa zambiana Dambisa Moyo – Dead Aid – mostrava dati alla mano il danno economico che l’assistenzialismo ha arrecato al continente nero, arrivando a far comprendere che l’aiuto economico straniero è forse la singola causa principale del perenne, apparentemente incontrovertibile sottosviluppo degli Stati africani.
Ad ogni modo, il boss sanitario liberiano giunge infine a toni che hanno un che di minaccioso, o malaugurante.
«Le regioni in cui i casi di COVID-19 possono aumentare sono i luoghi in cui emergerà la prossima variante. Ciò potrebbe annullare tutti i progressi fatti con il lancio del vaccino nei Paesi sviluppati».
Insomma, l’élite africana non perde occasione per ricordarci di cosa è fatta, e perché, in fondo, l’Africa, ormai a 60 anni esatti dall’agognata «indipendenza» sia un insieme di Stati falliti
Capito? O ci aiutate, o vi arriverà addosso anche la variante Epsilom Zeta, Eta, Theta, Iota, Kappa…
Insomma, l’élite africana non perde occasione per ricordarci di cosa è fatta, e perché, in fondo, l’Africa, ormai a 60 anni esatti dall’agognata «indipendenza» sia un insieme di Stati falliti.
Non tutta l’Africa, tuttavia, vuole coprirsi di vergogna. Lo scorso marzo il Ministro della Salute della Tanzania Dorothy Gwajima dichiarò che «il ministero non ha in programma di somministrare vaccini per il COVID-19».
La resistenza della Tanzania fu un esempio osservato da tutto il mondo: ricorderete quando il presidente della Tanzania John Magufuli, di formazione chimico, aveva dichiarato che una capra e un frutto di papaia erano risultati positivi per COVID-19 dopo che i campioni sono stati inviati ai tecnici di laboratorio
Rammenterete altresì che Magufuli, poche settimane dopo, morì.
È un cliché, ma è vero: il problema dell’Africa sono le élites e le loro azioni vergognose. Del resto, ci sono le élite che ci sono, perché –come insegna la storia dei vari Lumumba, Sanakra, etc. – ogni possibile élite alternativa, come dire, sparisce, viene eliminata…
È un cliché, ma è vero: il problema dell’Africa sono le élites e le loro azioni vergognose. Del resto, ci sono le élite che ci sono, perché –come insegna la storia dei vari Lumumba, Sanakra, etc. – ogni possibile élite alternativa, come dire, sparisce, viene eliminata…
Povera Africa: preghiamo affinché tu ti possa salvare da questo nuovo vaccino.
Perché, è cosa nota, l’ultimo vaccino di Bill Gates ti ha fatto tanto, tanto male.
E poi, sorella Africa, quanto ancora hai voglia di fargli da cavia per le sue tecnologie di controllo biologico?
Sorella Africa, quando ti renderai conto che sei più schiava ora, con l’«indipendenza» dei tuoi governi corrotti comprati dal colonialismo biotico, che nel secolo scorso?
Quando ti renderai conto che sei più schiava ora, con l’«indipendenza» dei tuoi governi corrotti comprati dal colonialismo biotico, che nel secolo scorso?
Sorella Africa, svegliati!
Un tizio afferma che Pepsi, latte e salse al mango risultano positivi al Coronavirus
Cosa c’è dietro la morte del presidente «no-vax» della Tanzania?
Geopolitica
Chomsky: l’Europa verso il declino e la deindustrializzazione se rimane nel sistema USA

L’Europa sperimenterà un probabile declino e deindustrializzazione se sceglie di rimanere all’interno del sistema dominato dagli Stati Uniti, ha detto in una intervista alla testata russa Sputnik il famoso accademico e filosofo del linguaggio statunitense Noam Chomsky.
«L’Europa deve prendere una decisione importante: rimarrà all’interno del sistema dominato dagli Stati Uniti, affrontando un probabile declino e persino, alcuni prevedono, la deindustrializzazione?» ha domandato Chomsky. «Oppure si adatterà in qualche modo al suo partner economico naturale in Oriente, ricco di risorse minerarie di cui l’Europa ha bisogno e una porta d’accesso al lucroso mercato cinese?»
Chomsky ha notato che queste domande sono sorte in una forma o nell’altra dalla Seconda Guerra Mondiale: «il concetto gollista dell’Europa che si collega alla Russia come forza indipendente negli affari mondiali ha trovato eco nella Ostpolitik di Willy Brandt e in altre iniziative, e più in generale nelle proposte di Gorbaciov dopo il crollo dell’Unione Sovietica», ha affermato il celeberrimo linguista. «Ancora una volta, possiamo solo speculare».
La testata russa gli ha quindi chiesto se pensa che siamo sulla soglia di un nuovo ordine mondiale e se il conflitto ucraino può essere un catalizzatore di grandi cambiamenti. «C’è molta controversia sulla forma del sistema mondiale emergente» ha risposto il Chomsky, spiegando che le alternative di base sono un sistema multipolare basato sulle Nazioni Unite o un sistema unipolare «basato su regole», in cui gli Stati Uniti stabiliscono le regole e, come rivela la documentazione, le ignorano quando lo desiderano.
«Il primo è ampiamente sostenuto dalla maggior parte del mondo. Il secondo è adottato dall’anglosfera, dall’Europa, dal Giappone e da pochi altri», ha detto lo scienziato del linguaggio, osservando che l’operazione militare speciale della Russia in Ucraina «ha fornito agli Stati Uniti un dono molto gradito, spingendo l’Europa nelle tasche di Washington e rafforzando così la sua richiesta di un ordine unipolare “basato su regole”».
«Ci sono molte incertezze su come queste tensioni saranno risolte», ha dichiarato il 94enne aggiungendo di sperare che l’Europa sarà incline alla visione dell’ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov «da Lisbona a Vladivostok» prima che le cose peggiorino. «Penso anche che ci sia un notevole merito nella proposta di Gorbaciov per una ‘casa comune europea’ da Lisbona a Vladivostok senza alleanze militari e sforzi comuni per muoversi verso un futuro socialdemocratico», ha dichiarato il famoso attivista.
Gli Stati Uniti hanno scelto di perseguire l’opzione atlantista, basata sulla NATO, che è stata recentemente estesa alla regione indo-pacifica in uno sforzo guidato da Washington per coinvolgere l’Europa nel suo confronto con la Cina, ha affermato Chomsky.
«Spero che il futuro tenda verso la visione di Gorbaciov, prima che sia troppo tardi», ha aggiunto Chomsky, ricordando che non avrebbe dovuto aver luogo nessuna delle azioni intraprese dai successori dell’ex presidente degli Stati Uniti George Bush senior in violazione degli accordi sulla NATO tra lui e l’allora leader sovietico Mikhail Gorbaciov.
Chomsky riprende la nozione, assai diffusa, per cui Bush e Gorbaciov avrebbero concordato che la Germania dovrebbe essere unificata e aderire alla NATO, ma l’alleanza militare non dovrebbe estendersi «un pollice a est» della Germania.
«I documenti, che sono chiari e inequivocabili, sono prontamente disponibili sul sito web del National Security Archive. Il presidente Bush è stato all’altezza dell’accordo», ha detto Chomsky, che indica però come il successore di Bush, Bill Clinton, abbia violato l’accordo, superando le forti obiezioni di diplomatici statunitensi di alto livello e di un’ampia gamma di analisti politici, che hanno avvertito che le azioni per espandere la NATO sono state avventate e provocatorie.
«I suoi successori sono andati oltre, abrogando anche importanti accordi sul controllo degli armamenti che avevano notevolmente ridotto la minaccia di guerra. Nessuna di queste azioni avrebbe dovuto aver luogo, secondo me», ha concluso Chomsky.
Come riportato da Renovatio 21, il Chomsky l’anno scorso ha ammesso che Donald Trump è stato l’unico statista occidentale a spingere per porre un termine alla guerra in Ucraina.
Il padre della grammatica generativo- trasformazionale, icona della sinistra progressista globale, a inizio anno ha iniziato a parlare di situazione «apocalittica».
Immagine di Σ via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0); immagine tagliata.
Geopolitica
Orban felice per la vittoria di Erdogan sull’«uomo di Soros»

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha descritto la vittoria elettorale del presidente turco Recep Tayyip Erdogan sullo sfidante Kemal Kilicdaroglu come un «enorme sollievo» in una trasmissione radiofonica di venerdì.
«Se Erdogan non avesse vinto, l’uomo di Soros avrebbe aperto le frontiere agli immigrati», ha affermato Orban, riferendosi a Kilicdaroglu come agente dell’ineffabile speculatore miliardario George Soros. Se avesse vinto, in estate fino a 3 milioni dei 4 milioni di rifugiati che vivono in Turchia avrebbero raggiunto il confine ungherese, ha detto Orban, che di Soros, in un lontano passato, è stato studente, ma di cui ora è, come in un quadro edipico, acerrimo nemico.
«Non ho solo tifato per lui, ho pregato espressamente per la vittoria del presidente Erdogan», ha proseguito Orban. «Sarebbe stata una tragedia se non avesse vinto».
Il primo ministro ha sostenuto che, a differenza di Erdogan, Kilicdaroglu sarebbe stato un leader a favore della guerra che avrebbe potuto interrompere le forniture di gas russo all’Ungheria e alla Serbia. L’Ungheria riceve la stragrande maggioranza del suo gas naturale dalla Russia attraverso il gasdotto TurkStream, che trasporta il gas dalla Russia all’Europa meridionale attraverso la Turchia.
Budapest ha ripetutamente bloccato gli sforzi dell’UE per imporre un embargo sul gas russo per punire Mosca per la sua operazione militare in Ucraina.
Nell’intervista in radio Orban ha sottolineato l’importanza di convincere Ucraina e Russia «che è necessario un cessate il fuoco e che sono necessari colloqui di pace», lamentando che «la stragrande maggioranza nell’UE è contro di noi, sono alla nostra gola» e ha predetto un «bagno di sangue» qualora Kiev portasse avanti la sua controffensiva pianificata, sottolineando che le probabilità non erano dalla parte degli ucraini.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente magiaro si oppone totalmente all’escalation, avvertendo del pericolo che la UE invii una forza di pace in Ucraina e sostenendo la proposta di pace cinese: «questa guerra è il male per il mondo intero», ha detto Orban a inizio anno. L’Ungheria, tramite il presidente della Camera Laszlo Kover, ha duramente criticato Svezia e Finlandia per aver aderito la NATO senza chiederlo alla popolazione con un referendum.
Recenti rivelazioni hanno indicato che in un incontro con il vice primo ministro Yulia Svridenko a febbraio, il presidente ucraino Zelens’kyj avrebbe suggerito all’Ucraina di «far saltare in aria» l’oleodotto Druzhba («amicizia», in russo), che trasporta il petrolio russo in Ungheria. «L’Ucraina dovrebbe semplicemente far saltare in aria l’oleodotto e distruggere… l’industria ungherese di Viktor Orban, che si basa pesantemente sul petrolio russo» avrebbe detto Zelens’kyj secondo il Washington Post che ha visionato i documenti.
Erdogan ha vinto ufficialmente la rielezione domenica dopo un ballottaggio, entrando nel suo terzo mandato con il sostegno del 52,14% dell’elettorato, secondo i numeri del Consiglio elettorale supremo di Turchia.
Mentre Kilicdaroglu correva su una piattaforma per riavviare i colloqui di adesione all’UE, migliorare le relazioni con gli alleati della NATO del Paese e annullare molte delle riforme interne di Erdogan, ha assunto una posizione più energica contro l’apertura delle frontiere durante il ballottaggio, promettendo di rimandare i rifugiati nei loro paesi Paesi d’origine, riporta RT.
Erdogan ha costantemente attaccato il suo avversario come ostile ai valori tradizionali, filo-terrorista e filo-LGBT.
Come riportato da Renovatio 21, nel suo primo discorso post-elettorale l’Erdogan ha promesso di fare della Turchia un hub del gas russo. In campagna elettorale, dove si era spostato verso posizioni islamiste, aveva vantato l’uccisione di un ulteriore califfo dell’ISIS in Siria.
Immagine screenshot da YouTube
Geopolitica
Mosca denuncia il coinvolgimento di Londra nella guerra, mentre Zelens’kyj si vanta di diventare una parte del complesso militare-industriale britannico

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, durante una conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri del Mozambico ieri, ha esposto il coinvolgimento britannico negli attacchi terroristici ucraini all’interno della Russia.
«Londra è uno dei principali tiratori di fili, quelli che stanno incitando l’intero Occidente a sostenere l’Ucraina in modo sempre più aperto e serio», ha dichiarato il ministro secondo TASS . «Il ministro degli Esteri britannico ha ipotizzato in televisione o sui social media che la Gran Bretagna non incoraggi gli attacchi sul territorio russo vero e proprio, ma le autorità ucraine e le forze armate ucraine presumibilmente sanno meglio come dovrebbero garantire la loro integrità territoriale. Ciò è un incitamento diretto a ciò che i terroristi di Kiev hanno fatto».
Anche l’ambasciata russa a Londra ha rilasciato una dichiarazione in cui riprende le osservazioni del ministro degli Esteri James Cleverly in Estonia.
«Sembra che i funzionari britannici, con l’obiettivo di raggiungere nuove vette nell’inasprire il conflitto ucraino, siano ora riusciti a superare i loro partner d’oltremare nella loro spericolata retorica», ha scritto il post dell’ambasciata sul suo sito web. “Le dichiarazioni bellicose del capo della ‘diplomazia’ britannica non possono essere considerate altro che incoraggiare il regime di Kiev a commettere nuovi atti di terrore contro le infrastrutture civili e i cittadini pacifici della Russia.
«Sembra che coloro che guardano fuori dalle finestre del Ministero degli Esteri (o in Estonia) vedano gli edifici residenziali a Mosca come «obiettivi militari legittimi». Pertanto, presumiamo che tali dichiarazioni siano indicative della disponibilità di Mr. Cleverly ad assumersi la responsabilità per i danni e le sofferenze inflitte sui russi, così come la pericolosissima escalation del conflitto».
Nel frattempo, Zelens’kyj si vanta di come l’Ucraina sarà un centro di produzione delle armi del complesso industriale-militare britannico.
Il titolo del notiziario nazionale Ukrinform dice tutto: «L’Ucraina è pronta a diventare il principale hub regionale per i sistemi BAE britannici: Zelenskyy».
Il presidente Zelens’kyj ha infatti incontrando i capi dell’industria militare briannica BAE Systemsn, oltre che l’Atlantic Council.
Nel suo post su Telegram, lo Zelens’kyj afferma: «Ho incontrato i rappresentanti della società di difesa britannica BAE Systems: il CEO Charles Woodburn, l’amministratore delegato Gabby Costigan e il direttore per la cooperazione con l’Ucraina Christian Seear. Abbiamo discusso della localizzazione della produzione in Ucraina…. Siamo pronti a diventare un importante hub regionale per la riparazione e la produzione di vari tipi di prodotti BAE Systems».
Più tardi, in un suo discorso notturno, Zelenskyj ha riferito che il BAE «è un vero e proprio produttore di armi su larga scala, di cui abbiamo bisogno ora e di cui avremo bisogno in futuro per garantire la sicurezza dell’Ucraina e dell’intera regione. Stiamo lavorando per creare una base adeguata per la produzione e la riparazione in Ucraina. Stiamo parlando di una vasta gamma di armi: dai carri armati all’artiglieria. Forniremo all’Ucraina, e quindi a tutta l’Europa, una nuova base di forza».
Quindi, l’accordo prevede di fare dell’Ucraina un hub della filiera di produzione di armi, magari proprio per continuare la guerra perpetua per smantellare la Russia.
Lo Zelens’kyj ha quindi riferito del suo tête-à-tête con l’Atlantic Council: «ho informato i rappresentanti del Consiglio Atlantico sulle nostre principali esigenze di difesa fin d’ora, a questo periodo nel confronto. Abbiamo discusso i passi verso la creazione di una nuova coalizione per l’aviazione. Ci avviciniamo costantemente a questo risultato: alle nostre forze che ricevono moderni aerei da combattimento».
La storia di BAE Systems è una storia di scandali e inchieste per corruzione.
Negli anni BAE è stata indagata dal Serious Fraud Office (SFO), l’ufficio britannico per questo tipo di indagini, per l’uso della corruzione per vendite di armi a Cile (dove, secondo il Guardian, avrebbe versato 1 milione di sterline ad Augusto Pinochet), Repubblica Ceca, Romania, Arabia Saudita, Sudafrica, Tanzania e Qatar.
L’Arabia Saudita è il terzo più grande mercato di BAE.[204] The Independent ha riferito che gli aerei forniti da BAE sono stati usati per bombardare gli ospedali della Croce Rossa e di MSF nello Yemen
L’ex ministro degli Esteri Robin Cook ha detto del suo periodo in carica che «è venuto a sapere che il presidente della BAE sembrava avere la chiave della porta del numero 10», intendendo 10 Downing Street, la residenza ufficiale del premier di Londra.
Immagine pubblico dominio CC0 da Flickr.
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