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Bioetica

La grande medicina cristiana

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Grandezza naturale della tradizione ippocratica, dunque. Ma è solo col Seme gettato dal Divin Maestro, e subito raccolto e portato a frutto fin dai primi tempi della Chiesa, che noi possiamo riconoscere la vera origine del concetto di assistenza medica sociale e Ospedaliera. L’assistenza si sublima col Cristianesimo e col propagarsi delle sue dottrine, basate sulla carità e sull’amore del prossimo.

 

L’assistenza si sublima col Cristianesimo e col propagarsi delle sue dottrine, basate sulla carità e sull’amore del prossimo

Il Cristianesimo è iniziato con numerose e miracolose guarigioni di malati, Cristo fu un grande insuperabile medico. Per insegnare il vero amore del prossimo il Divin Maestro, nella parabola a tutti nota del «Buon Samaritano», sceglie un esempio medico (l’assistenza ad un ferito che ha bisogno di cura e ricovero).

 

Il primo «ospedale» cristiano fu dunque, pur nella finzione del racconto, quella locanda in cui il Samaritano, dopo averlo medicato, ricoverò a proprie spese uno sconosciuto per solo e disinteressato desiderio di beneficarlo. L’insegnamento potrebbe essere così riassunto: «Quando ti imbatterai in chiunque sia ammalato o ferito, o comunque bisognoso di assistenza sanitaria, curalo e ricoveralo non per trarne utilità alcuna, ma solo perché è prossimo tuo che ha bisogno del tuo aiuto e perché l’utilità che potrai trarre da questa tua azione sarà quella suprema della vita eterna».

 

Il primo «ospedale» cristiano fu dunque, pur nella finzione del racconto, quella locanda in cui il Samaritano, dopo averlo medicato, ricoverò a proprie spese uno sconosciuto per solo e disinteressato desiderio di beneficarlo

La Magna Charta della carità trovasi in Mt. 25, 31-41. Del resto il mandato di Gesù Cristo ai suoi Apostoli per la predicazione del Vangelo è associato indissolubilmente, sul suo esempio e nel suo insegnamento, al «curate infirmos», comando subito ed effettivamente attuato dalla primitiva Ecclesia.

 

Dopo la resurrezione di Cristo, Pietro cominciò la sua missione con la guarigione di uno storpio. In ogni tempo la Chiesa di Cristo ha avuto precipua cura di malati fisici.

 

Soltanto nel periodo cristiano è nato il vero «ospedale» inteso nel senso attuale, secondo cui alla scienza si unisce la carità. Il cristianesimo crea l’ospedale col concetto di carità cristiana, e per secoli la istituzione di ospedali è opera della Chiesa e nei tempi moderni ogni missione cattolica, anche nelle più isolate ed impervie regioni, comprende nella propria organizzazione una attrezzatura sanitaria.

 

Soltanto nel periodo cristiano è nato il vero «ospedale» inteso nel senso attuale, secondo cui alla scienza si unisce la carità

Lo sviluppo dell’assistenza ai sofferenti risulta intimamente connesso con la storia della carità della Chiesa, dei suoi pastori, dei suoi Santi senza numero (e spesso anche senza nome), delle sue istituzioni caritative.

 

Le opere assistenziali germinate in seno alla Chiesa – che è la sintesi sociale dell’umano e del divino – ne esprimono come sanno e riescono il carattere essenziale: la Carità. Esse poggiano inoltre  sulla solida base dogmatica ed ontologica che è il frutto della sistemazione teologica e dottrinale operata in ogni tempo dalla Chiesa, su mandato e garanzia del Suo Divin Fondatore.

 

È per avere ripudiato i fondamenti oggettivi e ragionevoli di quella sistemazione che la moderna medicina intramondana ha finito per smarrire, in una con l’afflato soprannaturale, la stessa ragionevolezza e persino il senso della propria identità e dei propri scopi. Vediamo dunque quali sono i principi basilari sui quali si fonda l’opera assistenziale creata dalla Chiesa.

 

Il cristianesimo crea l’ospedale col concetto di carità cristiana, e per secoli la istituzione di ospedali è opera della Chiesa e nei tempi moderni ogni missione cattolica, anche nelle più isolate ed impervie regioni, comprende nella propria organizzazione una attrezzatura sanitaria

Principi basilari dell’opera assistenziale creata dalla Chiesa.

Tutto poggia sulla virtù teologale della Carità: «gratis et amore Dei» è il suo motto, condizionata com’è al rispetto e alla considerazione dovuta al Soggetto in Causa: «Dio solo».

 

Su questa solidissima base trovano giusta collocazione ontologica gli altri soggetti ed i valori in gioco: infermità, salute, corpo, anima, beni temporali (salute compresa), salvezza eterna (eterna salute).

 

Chi è l’infermo? «Infermo» nell’accezione cristiana («infirmus»= «non firmus», come spiegava Sua Santità Pio XII di Venerata Memoria) è chiunque non si regge da sé, non basta a sé; chi necessita di aiuto, di assistenza, di guida, di difesa, di istruzione; di quanto in concreto gli difetta e di quanto ragionevolmente gli occorre, chiede e desidera di ottenere ed avere.

 

L’infermo è l’oggetto di tutte le 14 opere della misericordia, dal corpo allo spirito, dall’infanzia alla vecchiaia, vivo e defunto

In pratica l’infermo è l’oggetto di tutte le 14 opere della misericordia, dal corpo allo spirito, dall’infanzia alla vecchiaia, vivo e defunto.

 

La carità tutte le abbraccia quelle opere, fino ad incorporare ogni infermità, per superarla: «Factus sum infirmis infirmus, ut infirmos lucrifacerem»(I Cor. 9, 22) – «Mi sono fatto infermo con gli infermi per guadagnare gli infermi». (Siamo agli antipodi della medicina illuministica moderna che invece, con sorprendente strabismo, tende da un lato a ridurre le proprie cure a ciò che pensa di poter guarire, dall’altro ad estendere indebitamente – e spesso illecitamente – i propri obbiettivi, non di rado perseguendo o cagionando l’eterno danno per le anime).

 

Cosa significa curare? Al termine «infirmus», che ci dà le proporzioni più vaste e totali dell’infermità, fa riscontro «curare»: un termine altrettanto pieno e vivo, tale da stare in perfetta armonia e corrispondenza di proporzioni con «infirmus».

Nel Vangelo curare è usato per i ciechi, i muti, i sordi, gli zoppi, i paralitici, i lebbrosi, gli epilettici: per ogni infermità e malattia

 

Nel Vangelo curare è usato per i ciechi, i muti, i sordi, gli zoppi, i paralitici, i lebbrosi, gli epilettici: per ogni infermità e malattia.

 

«Tutti coloro che avevano degli infermi colpiti da varie malattie – dice S. Luca, l’evangelista medico – li conducevano a Gesù; ed Egli, imponendo le mani su ciascuno di loro, li guariva” (Lc 4,40 e 7.21).

 

Indubbiamente i casi registrati dal Vangelo sono altrettanti interventi taumaturgici, ma sta il fatto non meno positivo, entrato nella storia della medicina cristiana, proprio in obbedienza ed ossequio al mandato divino del «Curante», che la «cura» intesa e voluta dal «Cristo medico» va dal corpo all’anima determinatamente e inseparabilmente: mi limito a ricordare la guarigione del paralitico («Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina?» Mt. 9,5), e la guarigione dell’infermo alla piscina di Betzaetà («Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio» Gv. 5,14).

 

Risulta chiaro che la salute è un bene temporale, ma non è il Bene Assoluto.

 

Essa è cioè un mezzo, non un fine: all’opposto di quanto viene stimato dalla medicina moderna (che non a caso tende a sostituirsi alla religione). La scuola del dolore, della carità e della fede è la scuola più efficace per la riforma di cui il mondo ha bisogno.

 

Mentre la medicina illuministica rimuove la sofferenza e la morte, la medicina cristiana le valorizza con le virtù della pazienza

Mentre la medicina illuministica rimuove la sofferenza e la morte, la medicina cristiana le valorizza con le virtù della pazienza («Completo nella mia carne ciò che manca alla Passione di Cristo»), e della rassegnazione considerata non come una virtù passiva al modo degli stoici (un quasi fatalismo o determinismo), ma una virtù sopra le altre attiva e perfino dinamica.

 

San Paolo, umiliato e impedito dalla infermità, è respinto nel suo triplice ricorso a Dio per esserne liberato con l’assicurazione divina: «Sufficit tibi gratia mea; nam virtus in infirmitate perficitur» («Ti basti la mia grazia, perché la potenza tutta si dispiega nella infermità»).

 

Perciò, soddisfatto e trionfante, esclama: «Ben volentieri mi glorierò allora delle mie infermità, perché abiti in me la potenza di Cristo, … Per questo – continua – mi compiaccio delle infermità… quando infatti io sono nelle infermità, allora sono potente» (II Cor 12, 8-9).

«Carità antica, scienza e tecnica le più aggiornate»: questo il programma indicato da Pio XI a tutti gli Istituti Religiosi Ospedalieri

 

«Carità antica, scienza e tecnica le più aggiornate»: questo il programma indicato da Pio XI a tutti gli Istituti Religiosi Ospedalieri.

 

Caritas et scientia: in nessun caso la carità esclude il ricorso alla medicina e dunque all’opera del medico.

 

Tutti gli Statuti e le Regole degli Ordini Religiosi ne stanno a prova e conferma.

 

La storia della Medicina – la più meritevole di considerazione – rende giustizia alla Chiesa, impegnata sempre, spesso in contrasto con utopie imperanti, ad associare alla carità l’impegno della medicina.

La storia della Medicina – la più meritevole di considerazione – rende giustizia alla Chiesa, impegnata sempre, spesso in contrasto con utopie imperanti, ad associare alla carità l’impegno della medicina.

 

Per secoli anzi quest’impegno, è stato della Chiesa esclusivamente, e non furono quelli i secoli dei quali la Medicina può gloriarsi di meno.

 

Onore dunque ai meriti della Chiesa, cui pure non spetta di promuovere direttamente le conquiste tecniche della disciplina scientifica.

 

 

Dottor Luca Poli

Medico

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Medici britannici lasciano morire il bambino prematuro perché pensano che la madre abbia mentito sulla sua età

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Un bambino prematuro nato a 22 settimane è morto dopo che i medici in Gran Bretagna si sono rifiutati di somministrargli un trattamento salvavita. Lo riporta LifeSite.

 

Mojeri Adeleye è nato prematuro alla 22ª settimana, dopo che la madre aveva subito la rottura prematura delle membrane. Durante l’emergenza, la mamma e il bambino sono stati trasferiti in un altro ospedale, dove la data di gestazione è stata scritta in modo errato, etichettando Mojeri come se avesse meno di 22 settimane di gestazione.

 

Le linee guida raccomandano l’assistenza medica solo per i neonati prematuri nati dopo la 22a settimana di gestazione. Sebbene la madre di Mojeri avesse informato il personale medico dell’errore, questi non le hanno creduto e hanno lasciato che il bambino morisse.

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Secondo il rapporto del medico legale, la madre di Mojeri era stata visitata per gran parte della gravidanza presso l’ospedale locale ma a seguito di complicazioni, la donna è stata trasferita in un altro ospedale.

 

Tuttavia, è stato commesso un errore nelle note di riferimento e la madre di Mojeri è stata registrata come a meno di 22 settimane di gestazione. Le linee guida nazionali raccomandano che il trattamento salvavita venga fornito solo ai prematuri nati a 22 settimane di gestazione o dopo, e sebbene la madre di Mojeri abbia ripetutamente cercato di comunicare al personale la corretta età gestazionale, non le hanno creduto.

 

Quando la madre è entrata in travaglio, il personale si è rifiutato di fornire a Mojeri qualsiasi assistenza salvavita. Era, infatti, da poco più di 22 settimane di gestazione, come aveva insistito la madre. Poiché i medici non hanno fatto nulla, Mojeri è morto.

 

Il medico legale ha scritto nel rapporto: «Nel corso dell’inchiesta, le prove hanno rivelato elementi che destano preoccupazione. A mio parere, sussiste il rischio che si verifichino decessi in futuro, se non si interviene».

 

«Date le circostanze, è mio dovere legale riferirvi. Le questioni di interesse sono le seguenti: La mancanza di considerazione nei confronti della conoscenza da parte della madre di Mojeri della propria gravidanza e della data prevista del parto per Mojeri; La mancanza di discussione con i genitori di Mojeri sulle possibili misure da adottare in caso di parto prematuro prima della 22ª settimana».

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Le linee guida della British Association of Perinatal Medicine (BAPM) del 2019 raccomandavano che, se i bambini nascevano vivi a 22 settimane, venissero fornite cure «focalizzate sulla sopravvivenza»; in precedenza, le linee guida affermavano che i bambini nati prima delle 23 settimane non dovevano essere rianimati.

 

Dopo l’attuazione di queste linee guida, il numero di bambini prematuri sopravvissuti alla 22ª settimana è triplicato. Prima di allora, i bambini prematuri considerati «troppo piccoli» venivano semplicemente lasciati morire.

 

Si stima che il 60-70% dei neonati possa sopravvivere alla nascita prematura a 24 settimane di gestazione. Tuttavia, fino al 71% dei neonati prematuri, anche quelli nati prima delle 24 settimane, può sopravvivere se riceve cure attive anziché solo cure palliative. E sempre più spesso, i bambini sopravvivono anche a 21 settimane, scrive Lifesite, che ricorda: «non tutti i bambini sopravvivranno alla prematurità estrema, ma meritano almeno di avere una possibilità».

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L’amministrazione Trump condanna la «persecuzione della preghiera silenziosa» fuori dagli abortifici britannici

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Il Dipartimento di Stato americano sta mettendo in guardia Londra per aver violato la libertà di parola dei cittadini inglesi pro-life, definendolo un affronto ai «valori condivisi» tra le due nazioni.   Il Telegraph ha riferito che il Dipartimento di Stato ha rilasciato una dichiarazione accusando uno dei suoi più stretti alleati geopolitici di «violazione palese del diritto fondamentale alla libertà di parola», citando specificamente «molti casi di buffer zone [zona cuscinetto, ndr] nel Regno Unito, nonché altri atti di censura in tutta Europa».   «La persecuzione della preghiera silenziosa da parte del Regno Unito rappresenta non solo una grave violazione del diritto fondamentale alla libertà di parola e alla libertà religiosa, ma anche un preoccupante allontanamento dai valori condivisi che dovrebbero fondare le relazioni tra Stati Uniti e Regno Unito», ha affermato un portavoce. «È di buon senso che restare in silenzio e offrire una conversazione consensuale non costituisca un danno».   Il rimprovero si riferisce all’istituzione nel Regno Unito di zone «bolla» o «cuscinetto» attorno alle strutture per l’aborto, apparentemente per proteggere le persone che vi entrano o ne escono da «molestie, abusi e intimidazioni». In pratica, tuttavia, hanno portato a multe salate contro attivisti pro-life pacifici.

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All’inizio di quest’anno, la scienziata in pensione Livia Tossici-Bolt è stata dichiarata colpevole e condannata a pagare 20.000 sterline (23.200 euro) per aver esposto un cartello con la scritta «qui per parlare, se vuoi» a 150 metri dal centro aborti BPAS di Bournemouth, riporta LifeSiteNews. Rose Docherty, una nonna scozzese di 75 anni, è stata arrestata in circostanze simili, ma le accuse sono state ritirate tra le proteste internazionali.   Un portavoce del governo britannico ha risposto con una breve dichiarazione: «la libertà di parola è fondamentale per la democrazia, anche qui nel Regno Unito, e siamo orgogliosi di sostenere le libertà garantendo al contempo la sicurezza dei cittadini».   A maggio, l’amministrazione Trump ha inviato una delegazione del Dipartimento di Stato in Inghilterra per indagare sulla situazione della libertà di parola, incontrando anche Tossici-Bolt, Docherty e altre vittime simili, e per riferire sulle loro conclusioni per «affermare l’importanza della libertà di espressione nel Regno Unito e in tutta Europa».   Resta da vedere come ciascuna delle due nazioni darà seguito allo scambio. Le relazioni tra gli Stati Uniti e le nazioni europee, incluso il Regno Unito, sono attualmente tese su più fronti, tra cui la campagna del presidente Donald Trump per la revisione degli accordi commerciali internazionali e la difficoltà delle nazioni occidentali a concordare una strategia unitaria in risposta all’invasione russa dell’Ucraina.   Come riportato da Renovatio 21, nel suo storico intervento di accusa alla decadenza tirannica europea dato alla Conferenze di Sicurezza di Monaco 6 mesi fa, il vicepresidente statunitense JD Vance aveva definito «follie» gli arresti dei pro-life britannici che pregavano in silenzio.   La psicopolizia britannica è arrivata a condannare per aver pregato con il pensiero almeno due persone: il veterano dell’esercito britannico Adam Smith-Connor, 51 anni, che ha ottenuto la scarcerazione condizionale per due anni (vale a dire che è in libertà vigilata per due anni) e gli è stato ordinato di pagare le spese legali pari a 9 mila sterline (circa 10 mila euro) dal giudice distrettuale presso il tribunale di Poole, nel Dorset: lo Smith-Connor era stato arrestato nei pressi dell’attività di aborto di Bournemouth del British Pregnancy Advisory il 14 novembre 2022, dopo aver pregato in silenzio per suo figlio Jacob, abortito 22 anni fa; Isabel Vaughan-Spruce, un’altra cittadina britannica che è stata arrestata per preghiera silenziosa, che ha ricevuto due mesi fa 13 mila sterline (circa 15 mila euro) di danni e delle scuse dalla polizia.

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L’aborto ha spazzato via il 28% della generazione Z. E molto, molto di più

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Statistiche ampiamente condivise in rete questa settimana riportano che circa il 28% della Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012) negli USA è stata abortita nel grembo materno. Lo scrive LifeSite.

 

Secondo le stime del Guttmacher Institute (il braccio di ricerca e sviluppo del grande abortificio multinazionale Planned Parenthood) sul numero di aborti eseguiti ogni anno negli Stati Uniti dal 1997 al 2011, gli anni di nascita della Generazione Z, circa 19,5 milioni di esseri umani concepiti in quella generazione, sono stati soppressi attraverso l’aborto. Attualmente si stima che negli Stati Uniti ci siano 69,3 milioni di membri della Generazione Z.

 

I dati più recenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indicano che il tasso di aborti tra i bambini della Generazione Z negli Stati Uniti corrisponde quasi alla percentuale stimata di bambini non ancora nati uccisi dall’aborto in tutto il mondo: il 29%, ovvero tre gravidanze su 10.

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Le statistiche di Inghilterra e Galles mostrano tassi di aborto molto simili. «la percentuale di concepimenti che hanno portato all’aborto è stata del 29,7%; si tratta di un aumento rispetto al 26,5% del 2021 e della percentuale più alta mai registrata», ha rilevato un rapporto dell’Office of National Statistics (ONS) basato sui dati del 2022.

 

Ricordiamo anche che queste statistiche risultano calcolabili pure per realtà apparentemente distanti come il Giappone, con dati nel periodo post-bellico che indicavano l’aborto di circa un terzo dei concepiti, con casi allucinanti di infanticidi – che oggi la Finestra di Overton vuole che chiamiamo «aborti post-natali» – come quello di Miyuki Ishikawa, detta «Oni-sanba», ostetrica che avrebbe ucciso almeno 86 bambini (qualcuno parla di una cifra doppia) affidatile negli anni dell’immediato dopoguerra.

 

Non si tratta di numeri sconosciuti anche all’Italia, dove per anni le nascite sono state attorno alla cifra di 500 mila, con le interruzioni di gravidanza sopra i 100.000, con un calo sensibile nell’ultimo decennio, in linea tuttavia con il calo delle nascite, specie dopo la pandemia.

 

Anche in Italia, dunque, abbiamo avuto una percentuale di generazioni spazzate via sopra il 20%, in pratica una piccola guerra condotta contro il Paese stesso, ma legalizzata e pagata dal contribuente – o una serie di bombe atomiche, i cui effetti si misurano in megadeath («megamorte», un milione di individui sterminati).

 

Come scritto anni fa da Renovatio 21, negli anni l’Italia dell’aborto ha subito una devastazione umana molto superiore a quella di Hiroshima e Nagasaki, con almeno 6-7 megadeath di danno alla popolazione. E parliamo solo delle cifre ufficiali, che non includono gli embrioni distrutti dalle provette, che sono già in numero maggiore di quelli trucidati dall’interruzione volontaria di gravidanza.

 

Se non volete pensarlo in percentuale, pensatelo così: 6 milioni di persone uccise, sono perfettamente pensabili come un attacco atomico che cancella tutto il Triveneto, o la Sicilia e la Calabria assieme, o l’Emilia-Romagna con l’Umbria e le Marche, o tutto il Lazio e zone limitrofe, o due terzi della Lombardia.

 

Come avevamo scritto oramai più di 10 anni fa: «Per quanto possa sembrare allucinante, dobbiamo guardare in faccia la realtà: l’Italia è una rovina post-atomica. E neppure lo sa».

 

Le cifre divenute virali questa settimana non includono mai – perché è un calcolo che i pro-life, specie italiani, non hanno l’intelligenza di fare – quello che qualcuno chiama il ghost number. Proviamo a pensare le cifre americane: e 6.392.900 femmine abortite tra il 1973 e il 1982 avrebbero oggi 25-40 anni, e quindi con alta probabilità almeno un figlio di media (chi due, chi cinque, chi zero). Otteniamo così la cifra di 54.853.850 persone spazzate via dall’anagrafe, sottratte alla società.

 

Un danno di quasi 55 megadeath: come se il temuto showdown nucleare con la Russia, fosse avvenuto – e senza che i sovietici sparassero un solo colpo. Basandosi sulle attuali statistiche demografiche americane, è possibile calcolare che tra questi 55 milioni vi potrebbero essere stati 7 giudici della Corte Suprema, 31 premi Nobel, 6000 atleti professionisti, 11.010 suore, 1.102.403 insegnanti, 553.821 camionisti, 224.518 camerieri, 336.939 spazzini, 134.028 contadini, 109.984 poliziotti, 39.447 pompieri, 17.221 barbieri.

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Soprattutto, e questo deve essere meditato profondamente dalle femministe, in questo immane turbine di morte sono state disintegrate 27.426.925 donne. Le quali sono, senza dubbio alcuno, il bene più prezioso che esista sulla Terra: ogni cellula uovo che la donna ovulerà in tutta la sua vita, è già formata dal feto a poche settimane dal concepimento. La prima cellula del nostro corpo – l’ovocita – già esisteva dentro nostra madre quando era un feto, venti, trenta, quaranta anni prima che venissimo alla luce. Un’autentica, insondabile meraviglia: la vita contenuta dentro la vita.

 

L’aborto interrompe questa catena superiore. Come diceva un detto ebraico: chi uccide un uomo uccide l’umanità; ammazzi qualcuno e rovini per sempre le generazioni che seguiranno. Peggio di un fallout radioattivo, l’aborto reca un danno aberrante, che si accumula distruggendo il futuro – i figli, i figli dei nostri figli – su una scala che non possiamo immaginare.

 

Chi non crede a queste romanticherie scientifiche e umanistiche, pensi ai soldi: i 55 megadeath causati dall’aborto in USA rappresentano 55 milioni di lavoratori e consumatori americani che non pagano le tasse e non partecipano al mercato nazionale. Dal PIL, è possibile calcolare che l’aborto abbia causato all’economia americana un danno di 37 trilioni e 600 miliardi di dollari.

 

L’abisso di cui stiamo parlando non vi è stata ancora nessuna rappresentazione adeguata alla sua immensità apocalittica. Né la polemologia (la disciplina che nel Novecento si è dedicata allo studio della guerra), né la psicologia, né la sociologia, né la filosofia paiono comprendere questo Inferno per intero.

 

No, non è solo un terzo della Generazione Z ad essere stato cancellato dall’aborto. È molto, molto di più.

 

Roberto Dal Bosco

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