Economia
GNL, il mercato della borsa del gas lascia l’UE per eludere il limite di prezzo
L’Intercontinental Exchange (ICE), ente proprietario del TTF (famigerato mercato spot e future del gas ad Amsterdam), ha annunciato l’apertura di un mercato parallelo del gas a Londra il 20 febbraio, cinque giorni dopo l’entrata in vigore del cosiddetto «price cap» dell’UE.
L’ICE aveva avvertito che si sarebbe trasferito da Amsterdam nel caso in cui fosse stato implementato un limite di prezzo.
Ora l’ICE ha dichiarato che continuerà a gestire il mercato di Amsterdam, ma aprirà un mercato londinese per fornire ai propri clienti una «opzione assicurativa».
Londra è al di fuori dell’UE e non è soggetta alle sue regole.
Il prezzo del gas è ora molto più basso rispetto a dicembre, a 70 €/MWh. Tuttavia, potrebbe aumentare dopo il 15 febbraio o in qualsiasi momento futuro.
Il prezzo massimo dell’UE verrebbe attivato da un prezzo futuro superiore a 180 per tre giorni e anche di 35 euro superiore al prezzo medio del GNL. Si tratta di un prezzo stratosferico, ma a quanto pare “i mercati” non lo escludono.
«La mossa dell’ICE dimostra ciò contro cui avevano messo in guardia i critici del price cap: se un acquirente cerca di imporre il prezzo al venditore, quest’ultimo cercherà altri acquirenti» scrive EIRN.
Come riportato da Renovatio 21, il TTF fu considerato nel 2022 come possibile causa per i prezzi dell’energia fuori controllo. Il TTF, della cui esistenza molti hanno preso coscienza solo negli ultimi mesi di penuria gasiera e bollette pazze, è stato poi «salvato» dalla UE.
Qualcuno, come inevitabile, si è ingrassato con la presente crisi del gas. Qualcuno sta lasciando accadere l’Armageddon energetico continentale.
Vari Paesi, tra cui Germania e Francia, hanno nazionalizzato le principali aziende nazionali per il gas.
Nel frattempo, gasdotti stanno esplodendo ovunque: sotto il Baltico, in Russia, in Cina, in Lituania e Lettonia…
Economia
FMI e Banca Mondiale si incontrano a Washington «all’ombra della guerra»
I capi delle due più grandi istituzioni finanziarie mondialiste, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale si starebbero incontrando a Washington in queste ore per discutere il rischio sistemico che comporta la guerra in corso. Lo riporta il giornalista britannico Martin Wolf, che serve come principale commentatore economico del Financial Times.
L’articolo si intitola oscuramente «L’ombra della guerra si allunga sull’economia globale».
L’editorialista britannico afferma che «i politici stanno camminando sulle uova» per una serie di ragioni, incluso il fatto che «un quinto della fornitura mondiale di petrolio è passata attraverso lo Stretto di Hormuz, in fondo al Golfo, nel 2018. Questo è il punto di strozzatura della fornitura di energia globale».
«Una guerra tra Iran e Israele, che includa forse gli Stati Uniti, potrebbe essere devastante» avverte l’Economist. «I politici responsabili dell’economia mondiale riuniti a Washington questa settimana per le riunioni primaverili del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale sono spettatori: possono solo sperare che i saggi consigli prevalgano in Medio Oriente».
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«Se il disastro fosse davvero evitato, come potrebbe essere l’economia mondiale?» si chiede la pubblicazione britannica.
Come riportato da Renovatio 21, lo scorso dicembre il FMI pubblicò un rapporto i cui dati suggerivano come il dollaro stesse perdendo il suo dominio sull’economia mondiale.
Durante le usuali incontri primaverili tra FMI e Banca Mondiale dell’anno passato si era discusso, invece, delle valute digitali di Stato – le famigerate CBDC.
Il progetto di una CBDC globale, una valuta digitale sintetica globale controllata dalle banche centrali, ha lunga storia. Nel 2019, prima di pandemia, dedollarizzazione, superinflazione e crash bancari che stiamo vedendo, l’allora governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ne aveva parlato all’annuale incontro dei banchieri centrali di Jackson Hole, nel Wyoming nel 2019.
Come riportato da Renovatio 21, l’euro digitale sembra in piattaforma di lancio, e la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde sembra aver ammesso che sarà usato per la sorveglianza dei cittadini.
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Immagine di World Bank Photo Collection via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
Economia
La Bank of America lancia un allarme sul petrolio a 130 dollari
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Economia
Il prezzo dell’oro tocca il massimo storico
Ieri il prezzo dell’oro ha raggiunto il massimo storico, superando i 2.400 dollari l’oncia, mentre continua la corsa globale ai beni rifugio.
I prezzi spot dell’oro sono aumentati del 2,4% raggiungendo il massimo storico di 2.431,52 dollari l’oncia prima di pareggiare alcuni guadagni. I prezzi sono aumentati del 4% durante la settimana e del 16% finora quest’anno, superando l’aumento del 13% registrato per tutto il 2023, scrive RT.
Gli analisti attribuiscono il rally alla domanda degli investitori di beni rifugio in un contesto di incertezza globale e crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente.
Funzionari statunitensi hanno affermato venerdì che l’Iran potrebbe lanciare un massiccio attacco contro Israele entro le prossime 24-48 ore. Teheran ha minacciato una dura risposta da quando Israele ha ucciso due generali iraniani in un attacco aereo all’inizio di questo mese.
«I fattori positivi per l’oro superano quelli negativi. Le crescenti tensioni in Medio Oriente sono il principale motore della recente impennata dell’oro», ha detto alla Reuters Chris Gaffney, presidente dei mercati mondiali di EverBank.
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La responsabile dell’analisi di mercato di StoneX Financial Ltd., Rhona O’Connell, ha anche affermato che «il rischio geopolitico è il fulcro qui» e che in un anno con più di 50 elezioni locali e nazionali, le continue tensioni in Medio Oriente si stanno aggiungendo «altra benzina sul fuoco».
Alcuni esperti hanno indicato che anche i continui e forti acquisti dalla Cina hanno sostenuto i prezzi, scrive Russia Today.
Gli investitori tradizionalmente si rivolgono all’oro in tempi di incertezza del mercato per coprire i rischi e come riserva di valore. Per migliaia di anni, i lingotti sono stati visti come un rifugio sicuro durante periodi di instabilità economica, crisi del mercato azionario, conflitti militari e pandemie.
Anche altri metalli preziosi sono in crescita, con l’argento che è salito del 4% a 29,60 dollari l’oncia, il suo prezzo più alto dall’inizio del 2021. Il palladio è salito del 2,7% a 1.075 dollari e il platino è salito sopra il livello psicologico chiave di 1.000 dollari l’oncia al suo massimo in quasi quattro mesi.
Come riportato da Renovatio 21, alcuni analisti avevano previsto che i prezzi dell’oro avrebbero potuto nei mesi successivi raggiungere la cifra record di 2.500 dollari l’oncia, spinti dalla domanda degli investitori di beni rifugio sulla scia dell’incertezza globale e delle tensioni geopolitiche.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno la Russia aveva parlato di un ritorno all’economia basata sul valore dell’oro. Gli economisti russi Sergej Glazev e Dmitrij Mitjaev avevano sostenuto l’uso dell’oro per proteggere il sistema finanziario russo mentre «salta giù» dal sistema basato sul dollaro in bancarotta e aiuta a stabilire una nuova architettura finanziaria internazionale. La proposta era quella di una sorta di «rublo d’oro 3.0».
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