Pensiero
Fine del green pass? Ci credete? Avete visto dove vi hanno portati?

Lo hanno annunciato. Il 31 marzo finisce lo Stato di Emergenza, durato appena quei due anni esatti consentiti dalla legge.
Il primo aprile sparisce il sistema semaforico inventato dal ministro Speranza. Levato l’obbligo di super green pass per gli ultracinquantenni. Stop alla quarantena da contatto. Tutti allo stadio: 100% della capienza.
Il 30 aprile termina l’obbligo delle mascherine.
Il primo maggio è il giorno fatidico in cui, dicono, non ci sarà più il green pass.
È strano. Non sentiamo nessuno festeggiare. Né i no vax impenitenti, quelli che per il green pass si sono fatti schedare (andando in piazza a protestare), né i covidioti di varie gradazioni
È strano. Non sentiamo nessuno festeggiare. Né i no vax impenitenti, quelli che per il green pass si sono fatti schedare (andando in piazza a protestare), né i covidioti di varie gradazioni: nessuno sta stappando.
È ben bizzarro: si tratta di un momento di liberazione tanto agognato, sulla carta sarebbe catartico al punto che il governo ve lo ha messo nel giorno della festa del lavoro (quello che il governo vi ha fatto capire di potervi togliere), mantenedovi in cattività greenpassata sia la Pasqua di Resurrezione che la Festa della Liberazione. Resurrezione, Liberazione: semantiche che in effetti andavano a sovrapporsi con la grazia, scesa dagli dèi del cielo, della fine della tessera verde.
Probabilmente, nessuno ci crede più. A nessuno importa più quello che fa il governo. Si tratta di una sorta di «impotenza acquisita», oramai inflitta all’intera popolazione. Nell’impotenza acquisita, lo scienziato dà le scosse elettriche al cane fino a che questo non tenta più nemmeno di fuggire, e impara, semplicemente, ad accettare il suo destino di tortura. Come noto, questa psicologia era la base delle torture perpetrate dalla CIA ai presunti terroristi nei vari dark sites in giro per il mondo.
Green pass, mascherina, vaccino… Oramai, che importanza ha? Abbiamo capito che l’unica forma di convivenza con lo Stato è la nostra sottomissione. Abbiamo capito che non c’è modo di eludere questa realtà. Perché, avete magari anche provato, ma poi lo Stato moderno, spogliato dell’ultima foglia di fico, vi ha mostrato la sua natura profonda: il monopolio della violenza. Ecco i manganelli, gli idranti, la proibizione di andare a lavoro, la miseria indotta, l’emarginazione, con il contorno di insulti per strada, negli ambulatori, in TV.
Cosa c’è da festeggiare? Il ritorno dello stato di diritto? Il reintegro dei propri diritti fondamentali? La ricomparsa del contratto sociale? La restaurazione della Costituzione come guida della società?
Quindi, davvero, cosa c’è da festeggiare? Il ritorno dello stato di diritto? Non ci crede nessuno. Il reintegro dei propri diritti fondamentali? No. La ricomparsa del contratto sociale? Una barzelletta nemmeno più comprensibile. La restaurazione della Costituzione come guida della società? Ma dove?
Nessuno ci crede più. Tutti in realtà sanno che una volta persa la condizione precedente, indietro non si tornerà. Anzi. Già due anni fa qualcuno aveva iniziato a capire che ci trovavamo davanti ad un fenomeno ciclico: ci avrebbero aperto e richiuso a piacimento (chiaro, brandendo qualche statistica a caso, e dietro un medico e un poliziotto che fanno sì con la testa), e ogni volta avremmo perso un po’ più di libertà, oltre che un po’ più di denaro.
Vi stiamo dicendo, in pratica: possono pure togliere il green pass, ma non pensate nemmeno per un momento che esso sparirà. La mela è stata mangiata.
Credete che i vostri dati sanitari saranno cancellati, come secondo vostro diritto di privacy e roboanti disposizioni europee GDPR? Volete farci ridere? Voi non avete più alcun potere sui vostri dati, che la manovra ha stabilito possono circolare liberamente tra un database (silos) statale ad un altro, senza bisogno di giudici, ordinanze o di motivazioni particolari.
La digitalizzazione coatta è compiuta: e il green pass è il suo compimento
Date un’occhiata al vostro cassetto fiscale, o, ancora meglio, al vostro fascicolo elettronico: ci trovate i vaccini che avete fatto 20, 40, 70 anni fa. Tutto segnato, tutto reso dato per schedature e algoritmi – per sempre.
La digitalizzazione coatta è compiuta: e il green pass è il suo compimento. Perché lo scongeleranno a ottobre (già i televirologi parlano di nuove ondate), e soprattutto perché, come abbiamo ripetuto infinite volte su Renovatio 21, sul sistema del green pass correrà l’«inevitabile» euro digitale, il danaro programmabile che cambierà completamente la vostra vita, di fatto asservendola ad un sistema centrale sul quale non avrete più alcun potere – nemmeno la farsa del voto…
Quindi: mettono a nanna il green pass per un po’, perché se lo possono permettere. Perché il lavoro è stato fatto, per lo meno questa delicata prima fase di inghiottimento della realtà nel database, e di piegamento della popolazione ad un sistema di libertà limitata basata su meccaniche premiali
Siete tutti divenuti dei numeri. Non siete più cittadini, siete utenti di una piattaforma. Non avete più diritti, avete l’accesso, o meno, a spazi, servizi. Non avete più privacy, siete controllati in ogni vostro movimento, in ogni vostra transazione – anche quelle che non avete ancora fatto, ma che possono essere predette algoritmicamente, oppure inibite e basta (decideranno che il fumo fa male: il vostro danaro non potrà comprare sigarette, e quindi non fumerete mai più).
Tuttavia, la vera vittoria per il Padrone del Mondo è stata farvelo accettare. La pandemia è stata un referendum sull’abolizione dei vostri diritti, e avete risposto sì.
Per questo, vi diciamo: che importanza ha il green pass, in fondo? Guardatevi intorno, guardatevi dove vi hanno importato
Avete accettato che vi chiudessero in casa. Avete accettato che non vi consentissero di lavorare. Avete accettato che vi impedissero di abbracciare i vostri cari – anche quando stavano per morire. Avete accettato che vi tappassero la bocca. Avete accettato ogni insulto, ogni sopruso della libertà e del diritto.
Per questo, vi diciamo: che importanza ha il green pass, in fondo? Guardatevi intorno, guardatevi dove vi hanno importato.
Siamo pronti, preparatissimi, per un mondo di privazioni e crudeltà senza fine. Guardate cosa sta succedendo con le industrie: acciaierie, fabbriche di ceramica, cartiere chiudono. Il combustibile ha costi impossibili. Il cibo potrebbe diventare un lusso. Alcuni settori vivono già la realtà del razionamento, in attesa che colpisca tutti. Lavorerai solo secondo la logica distributiva che ti impongono. Mangerai solo quello che ti daranno, quando te lo daranno. Userai la corrente elettrica solo se te la manderanno a casa tua.
Lo avete di certo notato: dopo i due anni di emergenza, stiamo affrontando la nuova emergenza – la guerra delle Russie – in modo spaventosamente passivo. Le materie prime non arrivano alle fabbriche? Non si odono industriali e operai sul piede di guerra contro il governo. Gli alimentari aumentano i loro prezzi a dismisura, e minacciano di scomparire? Non si sentono politici che cerchino una soluzione a una prospettiva enorme come quella del ritorno della fame.
Non importa più nulla, a nessuno. Anzi: invece che cercare con raziocinio la pace, armano il conflitto, gettano benzina (che è oramai rara e carissima) sul fuoco.
Un paio di bombe atomiche scappate nell’escalation, tanto per ricordare a tutti che bisogna obbedire, perché l’emergenza è concreta, presente. Fate come vi diciamo e non si farà male nessuno
A questo punto, uno può pensare, è anche possibile che la bomba atomica da qualche parte la sgancino. Siamo onesti: non cambierebbe gli equilibri sconvolti, non turberebbe la nostra narcosi di impotenza acquisita. Che differenza potrebbero fare un paio di città nuclearizzate in Russia o in America, o in Europa? Ci sottometteremmo anche a quello, comprendendo che in fondo abbiamo solo aggiunto qualche radiazione ad un collasso che già stavamo vivendo. Come nei romanzi del compianto Maurice Dantec, dove la Siberia è dilaniata da guerre infinite con aree completamente rese inagibili con le radiazioni, ci si passa attraverso con la transiberiana che al momento giusto abbassa sulle finestre delle barriere per la radioattività.
Un paio di bombe atomiche scappate nell’escalation, tanto per ricordare a tutti che bisogna obbedire, perché l’emergenza è concreta, presente. Fate come vi diciamo e non si farà male nessuno.
Quale spiegazione può avere tutta questa follia?
Beh, semplice: non ci troviamo più in una situazione di declino controllato, ma di demolizione, devastazione, distruzione programmatica della Civiltà.
Perché la Civiltà umana, cioè la Civiltà cristiana, quella fatta dall’uomo Imago Dei, devi finire una volta per tutte. Dalle sue rovine dovrà ricrearsi un nuovo sistema, dove gli umani sono degli ingranaggi, a loro volta modificabili a piacimento – e per questi motivi totalmente controllabili.
Solve et coagula. Dissolvere la Civiltà per comporre la nuova era invertita, dove gli esseri umani non avranno più nessuna libertà se non quella della depravazione e della morte – in una parola, la Necrocultura
Solve et coagula. Dissolvere la Civiltà per comporre la nuova era invertita, dove gli esseri umani non avranno più nessuna libertà se non quella della depravazione e della morte – in una parola, la Necrocultura.
Quindi, tranquilli: il green pass ve lo tolgono, ma domani ve lo rimettono.
Ad ogni modo, hanno già ottenuto quello che desideravano. Hanno installato il sistema operativo della schiavitù e della Cultura della Morte.
Vi lasceranno stare da qui a qualche mese, ma statene certi: nel medio e lungo periodo, vi faranno cose indicibili.
A meno che… a meno che questo piano non venga rovesciato.
Nessuno è mai uscito dal totalitarismo continuando ad obbedire, attendendo che passi la nottata.
Sarà tremendo. Richiederà lotte impossibili, sacrifici spaventosi.
Tuttavia, avete alternative?
Roberto Dal Bosco
Pensiero
Se la realtà esiste, fino ad un certo punto

I genitori si accorgono improvvisamente che la biblioteca scolastica mette a disposizione degli alunni strani libri «a fumetti» dove si illustra amabilmente il bello della liaison omoerotica.
L’intento degli autori è inequivocabile, quello di presentare un modello antropologico indispensabile per una adeguata formazione dell’individuo in crescita… Meno chiaro appare nell’immediato se la scuola, nel senso dei suoi responsabili vicini o remoti, di questa trovata educativa abbiano coscienza e conoscenza.
Di istinto, i genitori dell’incolpevole alunno si chiedono se tutto ciò sia proprio indispensabile per uno sviluppo armonico della psicologia infantile, magari in sintonia con i suggerimenti più elementari della natura e della fisiologia.
Tuttavia, poiché anche lo zeitgeist ha una sua potenza suggestiva, a frenare un po’ il comprensibile sconcerto, in essi affiora anche qualche dubbio sulla adeguatezza culturale dei propri scrupoli educativi, tanto che sono indotti a porsi il dubbio circa una loro eventuale inadeguatezza culturale rispetto ai tempi, votati come è noto, a sicure sorti progressive.
Ma il caso riassume bene tutto il paradosso di un fenomeno che ha segnato questo quarto di secolo e soltanto incombenti tragedie planetarie, mettono un po’ in sordina, finché dagli inciampi della vita quotidiana esso non riemerge con tutta la sua inaspettata consistenza.
Infatti la domanda sensata che si dovrebbero porre questi genitori, è come e perché una anomalia privata abbia potuto meritare prima una tutela speciale nel recinto sacro dei valori repubblicani, per poi ottenere il crisma della normalità e quindi quello di un modello virtuoso di vita; il tutto dopo essersi insinuata tanto in profondità da avere disattivato anche quella reazione di rigetto con cui tutti gli organismi viventi si difendono una volta attaccati nei propri gangli vitali da corpi estranei capaci di distruggerli.
Eppure, per quanto giovani possano essere questi genitori allarmati, non possono non avere avvertito l’insistenza con cui questa merce sia stata immessa di prepotenza sul mercato delle idee, quale valore riconosciuto, dopo l’adeguata santificazione dei cultori della materia ottenuta col falso martirio per una supposta discriminazione. Quella che già il dettato costituzionale impediva ex lege.
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Ma tutta l’impalcatura messa in piedi intorno a questo teatro dell’assurdo in cui i maschi prendono marito, le femmine si ammogliano nelle sontuose regge sabaude come nelle case comunali di remote province sicule, non avrebbe retto comunque all’urto della ragione naturale e dell’evidenza senza la gioiosa macchina da guerra attivata nel retrobottega politico con il supporto della comunicazione pubblica e lasciata scorrazzare senza freni in un mortificato panorama culturale e partitico.
Nella sconfessione della politica come servizio prestato alla comunità, secondo il criterio antico del bene comune, mentre proprio lo spazio politico è in concreto affollato da grandi burattinai e innumerevoli piccoli burattini, particelle di un caos capace di tenere in scacco «il popolo sovrano». Una parte cospicua del quale si sente tuttavia compensato dalla abolizione dei pronomi indefiniti, per cui tutte e tutti possono toccare con mano tutta la persistenza dei valori democratici.
Non per nulla proprio in omaggio a questi valori è installato nella anticamera della presidenza del Consiglio, da anni funziona a pieno regime un governo ombra, quello terzogenderista dell’UNAR. Un ufficio che ha lavorato con impegno instancabile, e indubbia coerenza personale, alla attuazione del «Piano» (sic) elaborato già sotto i fasti renziani e boschiani, per la imposizione capillare nella società in generale e nella scuola in particolare, di tutto l’armamentario omosessista.
Il cavallo di battaglia di questa benemerita entità governativa è la difesa dei «diritti delle coppie dello stesso sesso», dove sia il «diritto», che la «coppia» hanno lo stesso senso dei famosi cavoli a merenda.
Ecco dunque un esempio significativo ed eccellente di quella desertificazione della politica per cui il governo ombra guidato da interessi particolari in collaborazione e in sintonia con centri di potere radicati in istituzioni sovranazionali, possa resistere ad ogni cambio di governo istituzionale senza che ne vengano disinnescati potere e funzioni.
I partiti, dismessi gli apparati ideologici, e omogeneizzati nella sostanza, sono ridotti a «parti», alla moda di quelle fiorentine che pure un qualche ideale di fondo ce l’avevano, anche se tutte si assestavano su un gioco di potere.
Qui prevale il gioco dei quattro cantoni, dove tutti sono guidati dall’utile di parte che coincide a seconda dei casi con l’utile politico personale o ritenuto tale. Un utile calcolato tra l’altro senza vera intelligenza politica ovvero senza intelligenza tout court. Anche chi si è abbigliato di principi non negoziabili, alla bisogna può negoziare tutto, perché secondo il noto Principio della Dinamica Politica, «Tutto vale fino ad un certo punto».
Tajani, insieme a Rossella O’Hara ci ha offerto il compendio di tutta la filosofia occidentale contemporanea. Quindi dobbiamo stare sereni. Ma i genitori attoniti devono comprendere che quei libretti e questa scuola non sono caduti dal cielo. Sono il frutto di una politica diventata capace di tutto perché incapace a tutto sotto ogni bandiera.
Patrizia Fermani
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Pensiero
Putin: il futuro risiede nella «visione sovrana del mondo»

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Pensiero
La questione di Heidegger

Negli scorsi mesi è scoppiata sul quotidiano La Verità una bizzarra diatriba riguardo ad un pensatore finito purtroppo per essere centrale nel nostro panorama filosofico accademico, Martin Heidegger (1889-1976), già noto per la collaborazione con il nazismo e per l’adulterio consumato con la celebre ebrea Hannah Arendt, all’epoca sua studentessa, e da alcuni, per qualche ragione, considerato come un filosofo «cattolico».
Un articolista con fotina antica a nome Boni Castellane (supponiamo si chiami Bonifazio, ma lo si trova scritto così, con il diminutivo, immaginiamo) ha cominciato, con un pezzo importante, a magnificare le qualità dell’Heidegger lo scorso 17 agosto:«Omologati e schiavi della Tecnologia – Heidegger ci aveva visti in anticipo».
Giorni dopo, aveva risposto un duo di autori, tra cui Massimo Gandolfini, noto, oltre che la fotina con il sigaro, per aver guidato (per ragioni a noi sconosciute) eventi cattolici di odore vescovile, che come da programma non sono andati da nessuna parte, se non verso la narcosi della dissidenza rimasta e il compromesso cattolico. Sono seguite altri botta e risposta sul ruolo del «sacro» secondo l’Heideggerro e la sua incompatibilità con il cristianesimo.
Il Gandolfini e il suo sodale scrivono, non senza ragione, che «il dio a cui si riferisce Heidegger non è il nostro». Una verità non nota agli intellettuali cattolici che, in costante complesso di inferiorità nei confronti del mondo, hanno iniziato ad importare il pensatore tedesco dalle Università italiane – dove ha tracimato, dopo un progetto di inoculo sintetico non differente da quello avutosi con Nietzsche – per finire addirittura nei seminari.
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Il progetto, spiegava anni fa Gianni Collu al direttore di Renovatio 21, era del tutto identico a quello visto con Nietzsche, recuperato dall’ambito della cultura nazista, purgato nell’edizione Adelphi di Giorgio Colli e Mazzino Montinari – la cura dell’opera omnia nicciana arriva prima in italiano che in tedesco! – e servito alla massa del ceto medio riflessivo italiota, e mondiale, per distoglierlo dal marxismo e introdurre elementi di irrazionalismo e individualismo nichilista nella vita del popolo – di lì all’esoterismo di massa, il passo diventa brevissimo.
Con Heidegger si è tentato un lavoro simile, ma Collu aveva profetizzato allo scrivente che stavolta non avrebbe avuto successo, perché era troppo il peso del suo legame con l’hitlerismo, e troppa pure la cifra improponibile del suo pensiero. Di lì a poco, vi fu lo scandalo dei cosiddetti «Quaderni neri», scritti ritenuti inaccettabili che improvvisamente sarebbero riemersi – in verità, molti sapevano, ma il programma di heidegerizzare la cultura (compresa quella cattolica) imponeva di chiudere un occhio, si vede. Fu ad ogni modo divertente vedere lo stupore di autori e autrici che avevano dedicato una buona porzione della carriera allo Heidegger – specie se di origini ebraiche.
L’incompatibilità di Heidegger – portatore di una filosofia oscura e disperata – con il cattolicesimo è, comunque, totale. Di Heidegger non vanno solo segnalati i pericoli, va combattuto interamente il suo pensiero, che altro non è se non un ulteriore sforzo per eliminare la metafisica, e quindi ogni prospettiva non materiale – cioè spirituale – per l’uomo.
Molto vi sarebbe da dire sul personaggio, anche a partire dal suo dramma biografico. Lasciamo qui la parola al professor Matteo D’Amico, che ha trattato il tema dell’influenza di Heidegger nel mondo cattolico, e la difformità di questo personaggio e del suo pensiero, in un intervento al Convegno di studi di Rimini della Fraternità San Pio X nel 2017.
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Immagine di Landesarchiv Baden-Württemberg, Staatsarchiv Freiburg W 134 Nr. 060680b / Fotograf: Willy Pragher via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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