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Esplosioni nelle centrali nucleari iraniane, quotidiano israeliano conferma: non sono casuali

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Il Jerusalem Post, in un editoriale non firmato, ha praticamente confermato che la recente ondata di incidenti industriali dannosi in Iran, incluso un incendio del 2 luglio in una struttura fuori terra presso l’impianto di arricchimento dell’uranio di Natanz, non sono incidenti ma il risultato di una campagna concertata per inviare all’Iran un «messaggio» di vulnerabilità.

 

Il Post rileva che tre settimane fa, l’Istituto per la politica e la strategia del Centro interdisciplinare di Herzliya ha emesso un documento in cui avvertiva che l’attenzione del governo sull’annessione in Cisgiordania stava distogliendo l’attenzione dal più pericoloso nemico di Israele, l’Iran.

Il Jerusalem Post, in un editoriale non firmato, ha praticamente confermato che la recente ondata di incidenti industriali dannosi in Iran, incluso un incendio del 2 luglio in una struttura fuori terra presso l’impianto di arricchimento dell’uranio di Natanz, non sono incidenti ma il risultato di una campagna concertata per inviare all’Iran un «messaggio» di vulnerabilità

 

Due settimane dopo, tuttavia, «qualcosa di drammatico è cambiato». Dopo aver elencato la mezza dozzina di incidenti, il quotidiano israeliano  scrive che questi eventi «indicano che qualcuno, da qualche parte (…) non ha dimenticato L’Iran, nonostante la preoccupazione del mondo per il coronavirus, la turbolenta situazione interna dell’America e il dibattito israeliano (molto meno intenso dell’ultima settimana) sull’annessione».

 

«Queste azioni all’interno dell’Iran inviano un forte messaggio alla Repubblica islamica – già vacillante causa coronavirus, paralizzata dalle sanzioni statunitensi, una profonda crisi economica e il fomento interno – che è vulnerabile, che le sue strutture più sensibili possono essere raggiunte e penetrate, e che le strutture sospettate di essere utilizzate per promuovere il suo programma di missili nucleari e balistici possono essere gravemente danneggiate», affermano gli editorialisti del Jerusalem Post.

 

«L’Iran ha molti delegati che svolgono il suo sporco lavoro in tutta la regione e nel mondo, ma chiunque abbia pianificato, dato il via libera e realizzato quelli che sembrano attacchi premeditati contro le principali infrastrutture iraniane ha deciso che era il momento di andare alla testa della piovra, e non è sufficiente colpire uno dei suoi numerosi tentacoli all’estero».

 

Separatamente, il Post riferisce che David Albright, presidente dell’Istituto per la scienza e la sicurezza internazionale di Washington, ha concluso dall’esame di nuove immagini satellitari che l’edificio di Natanz che è stato colpito da esplosione e incendio il 2 luglio non era solo un sala riunioni per centrifughe avanzate, ma sarebbe stato danneggiato molto più ampiamente di quanto precedentemente ammesso dagli iraniani.

Il centro di Natanz fu già teatro del più potente attacco cibernetico che la storia ricordi, l’operazione Olympic Games, condatta da USA e israeliani, e in una onda successiva dai soli israeliani senza che gli alleati americani lo sapessero. L’effetto fu la fuga per il mondo del devastante virus Stuxnet

 

Inoltre, il rapporto afferma che «Questa nuova struttura, inaugurata nel 2018, è stata fondamentale per la produzione in serie di centrifughe avanzate, in particolare l’assemblaggio di gruppi rotore, la parte in rapida rotazione della centrifuga e il suo componente più cruciale».

 

Il centro di Natanz fu già teatro del più potente attacco cibernetico che la storia ricordi, l’operazione Olympic Games, condatta da USA e israeliani, e in una onda successiva dai soli israeliani senza che gli alleati americani lo sapessero. La storia è raccontata nell’avvincente documentario Zero Days.

 

L’operazione di ciberguerra infettò le centrifughe con un software che le distrusse, ritardando così lo sviluppo nucleare di Teheran. Il risultato fu anche la fuga del virus usato – poi conosciuto dai civili di tutto il mondo come Stuxnet – che colpì milioni di sistemi in tutta la Terra creando miliardi e miliardi di dollari di danni.

 

L’idea di un virus che scappa da mani militari dovrebbe risuonare alle orecchie del lettore anche ora. Renovatio 21 considerà i virus informatici perfino più pericolosi per la tenutà della civiltà rispetto a quelli biologici

L’idea di un virus che scappa da mani militari dovrebbe risuonare alle orecchie del lettore anche ora. Renovatio 21 considerà i virus informatici perfino più pericolosi per la tenutà della civiltà rispetto a quelli biologici.

 

Ad ogni modo, l’Iran dovette subire, attorno agli anni 2000-2010, anche l’assassinio ripetuto di molti suoi scienziati atomici, un’operazione di morte di cui in genere si sospettano i servizi israeliani.

 

Israele aveva già colpito lo sviluppo nucleare della regione, quando il 7 giugno 1981 gli F-16 di Sion bombardarono il reattore nucleare di Saddam ad Osiraq. Il reattore era stato venduto dai francesi.

 

 

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Putin ha colloqui telefonici con il premier israeliano e il presidente iraniano. L’ambasciatore russo ONU: «attacchi di Israele del tutto immotivati»

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Il presidente russo Vladimir Putin ha avuto delle conversazioni telefoniche con il suo omologo iraniano, Masoud Pezeshkian, e con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per discutere dell’escalation in Medio Oriente in seguito all’attacco israeliano contro l’Iran.

 

Israele ha lanciato un massiccio attacco contro l’Iran nella notte, prendendo di mira impianti nucleari e diverse installazioni militari. Gli attacchi sono proseguiti per tutto il giorno, infliggendo ingenti danni materiali e vittime ai vertici militari iraniani e, a quanto si dice, a scienziati nucleari di alto profilo.

 

«Il presidente russo ha espresso le sue condoglianze alla leadership e al popolo della Repubblica islamica dell’Iran in relazione alle numerose vittime umane, compresi civili, causate dagli attacchi israeliani», ha affermato venerdì l’ufficio stampa del Cremlino in una nota.

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La Russia «condanna le azioni di Israele, che violano la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale», ha sottolineato Putin, secondo la dichiarazione. Allo stesso tempo, il leader russo ha espresso la sua disponibilità a mediare e a «continuare a contribuire alla de-escalation del conflitto tra Iran e Israele».

 

Le dichiarazioni del Cremlino sono arrivate prima che vi fosse la ritorsione dell’Iran nella serata di ieri, rispondendo con molteplici raffiche di missili balistici contro città israeliane, tra cui Tel Aviv.

 

L’inviato russo alle Nazioni Unite, Vasilij Nebenzia, ha condannato gli attacchi aerei israeliani contro gli impianti nucleari iraniani. Intervenendo venerdì a una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il diplomatico ha affermato che lo Stato Ebraico sta agendo impunemente, sostenuto dall’Occidente.

 

 

Nebenzia ha affermato che l’azione militare israeliana sembrava mirata a sabotare i colloqui indiretti tra Stati Uniti e Iran sul nucleare, la cui ripresa era prevista per domenica. Teheran ha dichiarato che gli attacchi hanno di fatto posto fine a qualsiasi percorso diplomatico.

 

«Questo è un attacco completamente immotivato – qualunque cosa Israele possa affermare il contrario – e costituisce una grave violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale», ha dichiarato Nebenzia. «La responsabilità di tutte le conseguenze di queste azioni ricade interamente sulla leadership israeliana e su coloro che le tollerano».

 

L’ambasciatore all’ONU ha osservato che l’Iran ha il diritto di difendersi e ha ricordato il precedente impegno di Teheran nei confronti dell’accordo nucleare del 2015, sostenuto dalle Nazioni Unite, abbandonato dagli Stati Uniti durante il primo mandato del presidente Donald Trump. L’Iran ha negato le accuse di aver violato segretamente l’accordo all’epoca, ma da allora ha intensificato l’arricchimento dell’uranio.

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Gli Stati Uniti e i loro alleati «hanno fatto tutto il possibile per alimentare l’escalation e, in sostanza, l’hanno fomentata», ha sostenuto il Nebenzia, aggiungendo che il sostegno occidentale aveva «spinto Israele ad adottare misure radicali». Ha anche lanciato l’allarme sul rischio di fughe radioattive dalle strutture iraniane prese di mira e ha avvertito che «nessuna soluzione militare può essere legittima o praticabile».

 

L’inviato iraniano alle Nazioni Unite, Amir-Saeid Iravani, ha descritto gli attacchi di Israele come «una agghiacciante dimostrazione di aggressione calcolata» che «equivale a una dichiarazione di guerra». Ha chiesto un’azione internazionale per disarmare l’arsenale nucleare non dichiarato di Israele, cosa che il governo israeliano non conferma né smentisce.

 

L’inviato israeliano Danny Danon ha difeso gli attacchi, affermando che Israele è una «democrazia sotto assedio» e che ha agito per «impedirne la distruzione» da parte dell’Iran, esortando il Consiglio a riflettere sulle potenziali conseguenze se i missili iraniani fossero stati equipaggiati con testate nucleari.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine tagliata.

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«Crimine contro l’umanità di sterminio»: commissione ONU contro Israele. Vari Paesi sanzionano ministri dello Stato Ebraico

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La Commissione Internazionale Indipendente d’Inchiesta delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati ha pubblicato un rapporto di 19 pagine che dichiara le forze israeliane colpevoli di crimini di guerra, tra cui attacchi diretti contro civili e omicidi volontari, negli attacchi contro strutture scolastiche che hanno causato vittime civili.   «Uccidendo civili che si riparavano in scuole e siti religiosi, le forze di sicurezza israeliane hanno commesso il crimine contro l’umanità di sterminio. Sebbene la distruzione di beni culturali, comprese le strutture scolastiche, non costituisca di per sé un atto genocida, le prove di tale condotta possono comunque dedurre l’intento genocida di distruggere un gruppo protetto» scrive il rapporto.   «Israele ha annientato il sistema educativo di Gaza e distrutto oltre la metà di tutti i siti religiosi e culturali della Striscia di Gaza».

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La commissione è stata istituita dalle Nazioni Unite per indagare sulle violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati da Israele.   La commissione, composta da tre membri, ha affermato che gli attacchi israeliani «hanno preso di mira siti religiosi che fungevano da luoghi di rifugio, uccidendo centinaia di persone, tra cui donne e bambini».   Il presidente della Commissione, Navi Pillay, un giudice sudafricano di alto rango, ha dichiarato in una dichiarazione allegata al rapporto: «stiamo assistendo a sempre più segnali che Israele stia conducendo una campagna concertata per cancellare la vita palestinese a Gaza (…) I bambini di Gaza hanno perso la loro infanzia. Sono costretti a preoccuparsi della sopravvivenza tra attacchi, incertezza, fame e condizioni di vita subumane».   Il rapporto si concentra sugli orrori a Gaza, ma la sua missione include anche la Cisgiordania. Lì ha rilevato che Israele aveva «fatto poco» per affrontare gli attacchi contro i civili nei territori palestinesi occupati nel loro complesso, compresa Gerusalemme Est, e in Israele stesso, affermando che lo Stato Ebraico non aveva a sufficienza prevenuto e perseguito le operazioni dei coloni ebrei in Cisgiordania, i quali «hanno intenzionalmente preso di mira strutture scolastiche e studenti per terrorizzare le comunità (palestinesi) e costringerle ad abbandonare le loro case».   Piuttosto, le autorità israeliane hanno in alcuni casi arrestato insegnanti e studenti israeliani e palestinesi che avevano «espresso preoccupazione o solidarietà con la popolazione civile di Gaza». La Commissione ha esortato il governo israeliano a cessare gli attacchi alle istituzioni culturali, religiose ed educative, a «porre immediatamente fine all’occupazione illegale del territorio palestinese» e a cessare ogni attività di insediamento.   Viene affermato che il governo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu dovrebbe conformarsi pienamente alle misure provvisorie disposte dalla Corte Internazionale di Giustizia. La Corte ha ordinato a Israele di «prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio contro la popolazione di Gaza» e di consentire il passaggio di tutti gli aiuti umanitari.  
  Nel frattempo vari governi mondiali stanno reagendo al disastro continuo a Gaza.   «Oggi, i ministri degli Esteri di Australia, Canada, Nuova Zelanda, Norvegia e Regno Unito hanno annunciato sanzioni e altre misure nei confronti di Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich per aver incitato alla violenza contro i palestinesi in Cisgiordania», si legge in una dichiarazione rilasciata il 10 giugno.   I cinque Paesi denunciano la violenza dei coloni israeliani in Cisgiordania, di cui si sono registrati quasi 2.000 casi confermati dall’inizio dello scorso anno, secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite.   «Siamo fermamente impegnati nella soluzione dei due stati e continueremo a lavorare con i nostri partner per la sua attuazione», si legge nella dichiarazione. «È l’unico modo per garantire sicurezza e dignità a israeliani e palestinesi e assicurare una stabilità a lungo termine nella regione, ma è messo a repentaglio dalla violenza dei coloni estremisti e dall’espansione degli insediamenti».   Concentrandosi specificamente sui due ministri sionisti estremisti, la dichiarazione afferma che «Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich hanno incitato alla violenza estremista e a gravi violazioni dei diritti umani dei palestinesi. La retorica estremista che promuove lo sfollamento forzato dei palestinesi e la creazione di nuovi insediamenti israeliani è spaventosa e pericolosa. Queste azioni sono inaccettabili. Abbiamo ampiamente interpellato il governo israeliano su questo tema, eppure i violenti continuano ad agire con incoraggiamento e impunità. Per questo motivo abbiamo intrapreso questa azione ora: per assicurare i responsabili alle loro responsabilità. Il governo israeliano deve rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale e lo esortiamo ad adottare misure significative per porre fine alla retorica estremista, violenta ed espansionista».

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Questa azione giunge una settimana prima della conferenza ONU sulla soluzione dei due Stati, che si terrà dal 17 al 20 giugno. Gli Stati Uniti hanno condannato le sanzioni in un comunicato stampa del Segretario di Stato Marco Rubio, che afferma: «queste sanzioni non promuovono gli sforzi guidati dagli Stati Uniti per raggiungere un cessate il fuoco, riportare a casa tutti gli ostaggi e porre fine alla guerra».   «Gli Stati Uniti sollecitano la revoca delle sanzioni e si schierano fianco a fianco con Israele» dichiara Rubio.   Come riportato da Renovatio 21i nelle scorse ore Israele ha ulteriormente alzato la posta in gioco attaccando direttamente Teheran e uccidendo alti vertici dei Pasdaran.

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Immagine di Jaber Jehad Badwan via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International  
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Il presidente del Senato messicano chiede agli immigrati clandestini di riprendersi un terzo del territorio USA

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Martedì, il presidente del Senato messicano ha proposto di costruire un muro all’interno degli Stati Uniti e di riprendersi i territori americani che quasi 200 anni fa appartenevano al Messico.

 

Il commento arriva un mese dopo che la presidente messicana Claudia Sheinbaum ha minacciato di «mobilitare» i cittadini messicani residenti negli Stati Uniti se verrà approvata una tassa proposta del 3,5% sulle rimesse dei non cittadini (denaro inviato ai familiari residenti in Messico).

 

Gerardo Fernández Noroña, presidente del Senato messicano, mostrò una mappa del Messico del 1830 e affermò che molte zone di quella che oggi è l’America sono la «patria» degli immigrati clandestini messicani.

 

«Costruiremo il muro e lo pagheremo. Ma lo faremo secondo la mappa del Messico del 1830… I messicani si erano insediati in questi territori prima degli Stati Uniti. I messicani che vivono lì vivono in quella che è sempre stata la loro patria», ha detto.

 

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Noroña ha affermato inoltre che il Messico era stato «spogliato» delle sue terre nel 1846 e ha chiesto come il governo americano potesse osare dire che avrebbe «liberato» Los Angeles mentre erano in corso violente rivolte. In realtà, la vittoria degli Stati Uniti nella guerra contro il Messico fu la ragione per cui il Messico perse i territori.

 

Il politico ha continuato ad accusare l’amministrazione Trump di violare «la dignità dei migranti», confondendo gli immigrati con gli immigrati illegali.

 

A maggio, il presidente Sheinbaum ha discusso della potenziale tassa statunitense sulle rimesse dei «migranti» messicani, affermando: «se necessario, ci mobiliteremo. Non vogliamo tasse sulle rimesse dei nostri connazionali. Dagli Stati Uniti al Messico».

 

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Il senatore repubblicano del Missouri Eric Schmittha risposto alla minaccia suggerendo di aumentare l’imposta al 15%.

 

La retorica del governo messicano sta già alimentando il fuoco negli Stati Uniti, poiché mercoledì, in una conferenza stampa tenuta dal capo della polizia di San Antonio, William McManus, è stata rivelata una protesta «Riprendiamoci l’Alamo» programmata per mercoledì sera.

 

Sabato si terranno in tutta l’America manifestazioni anti-Trump, con gruppi goscisti e ONG che organizzeranno le manifestazioni dette «No Kings» in tutti gli Stati Uniti.

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