Economia
De-dollarizzazione, Banche Centrali in via di sviluppo vendono dollari in cambio di oro. L’Argentina paga in yuan

La fuga dell’economia mondiale dal dollaro continua senza requie.
Un articolo del Financial Times del 23 aprile, firmato presidente di Rockefeller International Ruchir Sharma, si occupa del caso delle Banche Centrali che acquistano oro, scrivendo che stanno comprando più oro che mai dal 1950.
Ciò rappresenta un insolito un terzo della domanda globale totale di oro. Le Banche Centrali, scrive l’uomo dei Rockefeller, stanno quindi riducendo le disponibilità in dollari per farlo.
Di quali Banche Centrali stiamo parlando? Secondo Sharma, nove delle dieci banche che guidano il «boom» degli acquisti di oro si trovano nei paesi in via di sviluppo, tra cui Cina, Russia, India e Turchia. Brasile e Sudafrica invece non entrano fra le prime dieci.
Come riportato da Renovatio 21, il Ghana si era già rivolto all’oro, invece che al dollaro, per un processo di stabilizzazione della propria valuta nazionale.
Nel frattempo, anche l’Argentina entra nella lista dei Paesi che stanno mollando il dollaro a favore dello yuan cinese.
In una conferenza stampa oggi, accompagnato dall’ambasciatore cinese Zou Xiaoli, il ministro delle Finanze argentino Sergio Massa ha annunciato che d’ora in poi il governo potrà pagare i beni intermedi importati dalla Cina in yuan anziché in dollari, grazie allo scambio di valute esistente tra la Banca Popolare cinese e la Banca Centrale argentina.
Ciò significa semplicemente che Buenos Aires non dovrà utilizzare nessuna delle sue riserve in dollari estremamente basse per pagare tali importazioni.
Data l’attuale crisi congiunturale, ha detto Massa, è necessario «ridefinire la nostra strategia di lavoro per quanto riguarda importatori ed esportatori», scrive la testata argentina El Cronista. «Anche per fare in modo che gli Stati Uniti e per il Fondo Monetario Internazionale ripensino l’accordo con l’Argentina» ha dichiarato il ministro in modo vago.
Questa decisione avviene sullo sfondo di una drammatica corsa contro il peso avvenuta negli ultimi due giorni, con il cambio salito a quasi 500 pesos/dollaro sul mercato nero, contro il tasso ufficiale di 227,50/dollaro per le vendite e 219,50/dollaro per l’acquisto.
La Banca Centrale argentina ha dovuto utilizzare parte delle scarse riserve in dollari per intervenire sul mercato, anche se in seguito la situazione si è un po’ calmata.
Come ha spiegato il ministro Massa, l’intesa con la Cina ridurrà l’uscita delle riserve in dollari del Paese «e diventerà invece parte dell’uscita di yuan sulla base del buon uso che i governi di Cina e Argentina hanno deciso per la promozione dello scambio, che è innanzitutto il rafforzamento del commercio bilaterale» scrive la testata economica argentina Ambito Financiero.
È anche da notare che i rappresentanti della China Gezhouba Group Corporation hanno incontrato Massa per riferire che entro il 30 giugno pagheranno 500 milioni di dollari per continuare la costruzione delle due grandi dighe idroelettriche nella provincia patagonica di Santa Cruz. In un comunicato stampa, il ministero delle Finanze ha osservato che i 500 milioni di dollari «avranno un impatto positivo sulle riserve della Banca centrale argentina data la perdita di riserve derivante dalla grave siccità che il Paese ha subito negli ultimi mesi».
In settimana era giunta voce che anche la Malesia, l’Indonesia, l’India e il Bangladesh stanno conducendo operazioni di sganciamento dal dollaro, il cui declino è stato ammesso dalla stessa presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde durante uno scherzo telefonico fattole da una coppia di burloni russi. Hanno aperto a scambi in yuan il Brasile, la Russia, l’Iraq e – dato molto rilevante per la storia e gli interessi USA – l’Arabia Saudita, che ha pure confermato a Davos i suoi piani di uscita dal petrodollaro.
La de-dollarizzazione tira dritto senza pietà. C’è da capire quale sarà la reazione degli USA: una guerra mondiale? Un’altra forma di instabilità politica artificiale indotta per far tornare le pecore all’ovile del dollaro?
Oppure si tratta di una distruzione programmata per facilitare l’arrivo della CBDC, la moneta virtuale (oramai discussa e sperimentata ovunque) con la quale si potrà controllare in modo definitivo la popolazione?
Economia
Bitcoin a 120.000 dollari

Lunedì mattina il Bitcoin ha raggiunto un nuovo massimo di 120.000 dollari, proseguendo la sua lunga impennata. La più grande criptovaluta del mondo ha raggiunto i 121.207,55 dollari prima di scendere a 120.856,34 dollari.
La principale crypto mondiale, il cui valore è aumentato del 29% dall’inizio dell’anno, è sostenuta dalle speranze di grandi vittorie politiche sotto un presidente che si è definito «il presidente delle criptovalute».
A partire da oggi, la Camera dei rappresentanti discuterà una serie di proposte di legge volte a dotare le attività digitali di un quadro normativo nazionale, una richiesta che da tempo è avanzata dal settore e dagli investitori.
Donald Trump ha accolto con favore le criptovalute durante la sua campagna elettorale, promettendo di fare degli Stati Uniti la «capitale delle criptovalute del pianeta» e di costituire una riserva nazionale di Bitcoin. Trump inoltre aveva promesso di graziare Ross Ulbricht, in carcere per la creazione del sito di ecommerce del Dark Web Silk Road ed eroe dei bitcoinisti. La promessa è stata mantenuta.
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Come riportato da Renovatio 21, ad una conferenza sul Bitcoin a Las Vegas il vicepresidente americano JD Vance e i figli di Donald Trump Don jr e Eric hanno esaltato le criptovalute davanti a 30 mila partecipanti.
L’industria delle criptovalute ha speso quasi 120 milioni di dollari per sostenere candidati pro-cripto durante le elezioni. Quella campagna è stata in gran parte un successo, e ha visto la sconfitta di nemici dichiarati delle criptovalute come il presidente del Senato per le Banche Sherrod Brown in Ohio, e la vittoria di candidati pro-cripto in Michigan, West Virginia, Indiana, Alabama e North Carolina.
Come riportato da Renovatio 21, il presidente del primo partito indiano, il partito induista BJP, due settimane fa ha chiesto che anche Nuova Delhi si doti di una riserva di bitcoini. Un mese fa la principale banca russa, la Sber (già Sberbank) ha annunciato il lancio di obbligazioni legate al bitcoino. Mesi fa è emerso che il Nord Corea sarebbe il terzo detentore di bitcoin al mondo. A inizio anno El Salvador ha annunciato che avrebbe abbandonato l’esperimento per dare corso legale al bitcoin nel Paese.
Il mercato spot di Bitcoin negli USA è dominato dal colosso finanziario BlackRock, che ha varato anche il trading sulle borse europee. In un dibattito a Davos durante l’ultimo World Economic Forum, il capo di BalckRock Larry Fink ha dichiarato di prevedere che il Bitcoin toccherà 700.000 dollari.
Il noto imprenditore John McAfee aveva detto in TV che se il Bitcoin non avesse toccato il milione di euro si sarebbe mangiato i testicoli in diretta. McAfee è poi morto in Ispagna in circostanze da alcuni considerate come misteriose.
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Economia
Il caldo ha portato le riserve europee di gas 20% sotto il normale

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Economia
Casa produttrice dice agli utenti di distruggere i suoi videogiochi (non avrai nulla, e sarai felice)

La grande azienda produttrice di videogame Ubisoft ha aggiornato il suo EULA, il Contratto di Licenza con l’Utente Finale, includendo una clausola insolita secondo cui, in certe condizioni, richiede la distruzione delle copie dei giochi. Lo riporta Multiplayer.it
La Ubisoft è una celeberrima casa editrice di videogiochi con sede in Francia e studi di sviluppo in tutto il mondo. Le serie Ubisoft più famose sono Assassin’s Creed, Far Cry, Just Dance, Prince of Persia, Rayman, Watch Dogs.
Secondo alcuni osservatori, la manovra di Ubisoft risponde all’iniziativa Stop Killing Games, che promuove la conservazione dei videogiochi, soprattutto online, dopo la cessazione del supporto da parte degli editori. La richiesta, tuttavia, sembra eccessiva e poco chiara. Il punto controverso si trova nel capitolo 8, chiamato «Termination», del nuovo contratto di licenza.
«Il presente Contratto di Licenza con l’Utente Finale (EULA) ha efficacia a partire dalla data anteriore tra quella in cui l’Utente acquista, scarica o utilizza il Prodotto, e fino alla sua risoluzione secondo i termini qui stabiliti. L’Utente e UBISOFT (o i suoi licenziatari) possono risolvere il presente EULA, in qualsiasi momento, per qualsiasi motivo».
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Il paragrafo del nuovo EULA di Ubisoft stabilisce in pratica che la licenza può terminare in caso di notifica all’utente, chiusura dell’account Ubisoft o decisione dell’azienda di interrompere l’offerta o il supporto di un prodotto. In tali casi, l’utente è obbligato a disinstallare il gioco e distruggere tutte le copie in suo possesso, fisiche o digitali.
Tuttavia, l’accordo non specifica come attuare questa «distruzione». Per le copie digitali, non è chiaro se basti disinstallarle o se sia richiesto cancellare ogni file associato. Per le copie fisiche, non si capisce se sia sufficiente rendere il supporto inutilizzabile (ad esempio, graffiando un disco) o se servano misure più drastiche, come distruggere completamente il supporto.
Questa vaghezza crea confusione, poiché non viene fornito un protocollo chiaro per l’utente. Sul forum di discussione Reddit è stato notato che clausole simili appaiono anche negli EULA di altri giochi, come Final Fantasy 7 Remake, Metaphor: ReFantazio e The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered, suggerendo che questa pratica non sia esclusiva di Ubisoft, ma parte di una tendenza più ampia nell’industria videoludica.
La mancanza di chiarezza e le implicazioni di tali richieste alimentano il dibattito, soprattutto in relazione a iniziative come Stop Killing Games, che chiedono la preservazione dei giochi anche dopo la fine del supporto ufficiale.
L’impressione che se ne può ricavare è quella di un mondo in cui il cittadino non è più davvero padrone di nulla, soprattutto delle cose che acquista. Se pensiamo alle auto elettriche (che in vari casi esistono in funzione a collegamenti con centrali della casa madre, che possono disattivarle a piacimento) e a qualsiasi altro dispositivo IoT (cioè collegato in rete; su Renovatio 21 tempo fa abbiamo visto il caso delle stampanti…) comprendiamo che l’utente non dispone più davvero del bene che ha comprato.
Per il software, in realtà, è sempre stato così: di videogiochi e programmi si acquista in realtà solo la licenza di farlo girare nel proprio hardware – in un numero limitato, peraltro. Mai, tuttavia, questa cosa era stata sottolineata con forza, tanto più che, più che altro per inerzia di marketing perdurante dal XX secolo – le grandi case non vogliono perdere la distribuzione delle grandi catene di supermercati ed elettro domestici, che vogliono e devono vendere supporti fisici – molti ancora acquistano DVD, Blue-Ray, cartucce contenenti (in teoria…) il gioco che desiderano.
La realtà è che tutto il mercato, e con esso tutta la società (quello è il fine) si sta softwarizzando. E il software, come insegna il caso Adobe, viene venduto oramai in larga parte solo con la formula SaaS, cioè Software as a Service: non paghi il programma per sempre, ma solo quando lo usi, cioè ogni mese… un abbonamento, detta in soldoni.
Ora anche le auto vanno definitivamente verso il modello as a Service, come i libri, la musica, i device vari, perfino i vestiti e tutto il resto: di fatto il cittadino non possiede più nulla, e anche quello che crede di possedere può essergli tolto con un clic.
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È, come sa il lettore di Renovatio 21, il trionfo del mondo preconizzato dal World Economic Forum di Davos: «non avrai nulla e sarai felice». Lo stesso WEF che da anni spinge per la limitazione riguardo «l’uso dell’auto privata», cioè di fatto sta lanciando il modello as a Service per i nostri trasporti, sotto l’imperativo assoluto del clima..
Non sappiamo, tuttavia, quanto i gamer – razza coriacea, come si è visto in passato – siano felici di essere spogliati dei prodotti che acquistano.
La prepotenza delle multinazionali informatiche e non solo, che aumentano i prezzi in modo unilaterale, cambiano le interfacce, vendono i tuoi dati ad altri o li danno in pasto all’AI, prima o poi, crediamo, troverà un’opposizione significativa.
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Immagine di – EMR – via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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