Economia
Davos, i sauditi confermano di aver piani per uscire dal petrodollaro

L’Arabia Saudita è aperta a discussioni sul commercio di valute diverse dal dollaro USA, secondo il ministero delle finanze del regno. Lo riporta, dal World Economic Forum, la testata economica americana Bloomberg.
«Non ci sono problemi con la discussione su come stabiliamo i nostri accordi commerciali, se è in dollari USA, se è l’euro, se è il riyal saudita», ha detto Mohammed Al-Jadaan martedì a Bloomberg in un’intervista a Davos, dove sta partecipando al World Economic Forum.
«Non credo che stiamo respingendo o escludendo qualsiasi discussione che contribuirà a migliorare il commercio in tutto il mondo», ha detto Al-Jadaan.
Al-Jadaan ha quindi continuato confermando che l’obiettivo del Regno è di cercare di rafforzare le sue relazioni con partner commerciali cruciali, in particolare la Cina.
«Godiamo di una relazione molto strategica con la Cina e godiamo della stessa relazione strategica con altre nazioni, inclusi gli Stati Uniti, e vogliamo svilupparla con l’Europa e altri paesi che sono disposti e in grado di lavorare con noi», ha affermato il ministro dei Saud.
Nell’intervista Al-Jadaan ha quindi affermato che l’Arabia Saudita sta anche collaborando con istituzioni multilaterali per fornire supporto a Pakistan, Turchia ed Egitto, come parte della generosità del regno Saud verso le Nazioni che ritiene «vulnerabili».
«Stiamo fornendo anche petrolio e derivati per sostenere il loro fabbisogno energetico», ha detto Al Jadaan. «Quindi ci sono molti sforzi, ma volevamo che questo fosse fatto».
Come riportato di Renovatio 21, il tema della fine del petrodollaro ha una portata geopolitica e storica immensa, un fenomeno foriero di immani cambiamenti chiamato «de-dollarizzazione».
I Saud avevano dichiarato di essere pronti a farsi pagare il petrolio in yuan cinesi già 10 mesi fa. Con la visita di Xi Jinping in Arabia il mese scorso, è stato stabilito che gli accordi energetici tra Pechino e Golfo saranno regolati con la moneta cinese.
L’Arabia Saudita per soprammercato ha lasciato intendere di voler entrare a far parte del blocco dei BRICS.
A dispetto del grande accordo siglato dai Saud con Roosevelt presso il Grande Lago Amaro (1945), dove gli USA si impegnavano alla difesa della famiglia reale (non il Paese…) in cambio dell’uso del dollaro come moneta per il mercato del petrolio, le relazioni tra la real casa Saud e l’amministrazione Biden non sono buone, e sono precipitate nell’umiliazione di Biden nella sua ultima visita al principe Mohammed Bin Salman.
Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)
Economia
Il debito globale raggiunge il livello record di 307 trilioni di dollari

Un nuovo studio dell’Institute of International Finance (IIF) riporta che il debito globale ha raggiunto un nuovo massimo di 307 dollari, secondo un articolo del Financial Times.
L’aumento dei tassi di interesse, guidato dalla Federal Reserve degli Stati Uniti, ha molto a che fare con la recente corsa al rialzo, ammette il rapporto dell’IIF.
Secondo il Financial Times: «il debito totale – che comprende sovrani, aziende e famiglie – è aumentato di 10.000 miliardi di dollari fino a circa 307.000 miliardi di dollari nei sei mesi fino a giugno, ha affermato l’IIF nel suo rapporto sul monitoraggio del debito globale pubblicato martedì».
«Il precedente picco del debito globale si è verificato all’inizio del 2022, prima che le banche centrali iniziassero ad aumentare in modo aggressivo i tassi di interesse» continua la rivista britannica.
«La nostra preoccupazione è che i paesi dovranno stanziare sempre di più per le spese per interessi», ha affermato Emre Tiftik, l’autore principale del rapporto dell’IIF. «Avrà implicazioni a lungo termine sui costi di finanziamento dei paesi e sulle dinamiche del debito».
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«L’aumento dei tassi di interesse rappresenta un rischio chiave per le finanze pubbliche e i rating sovrani, in particolare nei mercati sviluppati», ha affermato Edward Parker, amministratore delegato di Fitch Ratings, l’agenzia di rating del credito che ha declassato gli Stati Uniti all’inizio di quest’anno.
Quando i tassi di interesse erano molto bassi durante il Quantitative Easing, i pagamenti per il servizio del debito non aumentavano: «quel pranzo gratis è finito e i pagamenti degli interessi stanno ora aumentando più velocemente del debito o delle entrate», ha detto Parker a FT.
«Secondo il rapporto ci si aspetta che i costi degli interessi sul debito continuino ad aumentare poiché sempre più debito viene rifinanziato e i tassi di interesse rimangono più alti per combattere l’inflazione» scrive la rivista. «Il rapporto fa seguito all’avvertimento lanciato la settimana scorsa dal FMI secondo cui i governi “dovrebbero adottare misure urgenti per contribuire a ridurre le vulnerabilità del debito e invertire le tendenze del debito a lungo termine nei prossimi anni”, ha detto il Fondo Monetario Internazionale».
Questi calcoli escludono i derivati finanziari, che sono stimabili cinque volte tanto, portando il totale degli aggregati finanziari in circolazione a quasi 2 quadrilioni di dollari, secondo le stime che fa EIRN.
Come riportato da Renovatio 21, a fine dicembre 2022 statistiche ufficiali sui derivati pubblicate dalla Banca dei Regolamenti Internazionali ha mostrato un aumento del 7% per la prima metà del 2022.
Negli ultimi sei anni, il totale delle scommesse sui derivati è cresciuto da circa 1,110 quadrilioni di dollari nel 2016 a 1,454 quadrilioni oggi. Aggiungete a ciò circa 308 trilioni di debito mondiale totale di tutti i tipi a partire dal 2022, e altri 105 di dollari trilioni di valutazioni del mercato azionario, e si può stimare che gli aggregati finanziari mondiali totali abbiano raggiunto 1,867 quadrilioni a giugno 2022, un aumento del 34% rispetto ai 1,395 quadrilioni in totale nel 2016.
Se è vero che i derivati costituiscono circa l’80% di tutta l’aggregazione finanziaria globale, siamo davvero dinanzi a un debito di quadrilioni di dollari.
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Economia
La Siemens non venderà più turbine eoliche?

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Economia
Putin: la Russia si è ripresa dalla pressione delle sanzioni

Il PIL della Russia ha nuovamente raggiunto il livello che aveva prima dell’imposizione delle sanzioni legate all’Ucraina, ha dichiarato lunedì il presidente Vladimir Putin in una riunione del governo sul progetto di bilancio federale per il 2024-2026.
«In generale possiamo dire che la fase di ripresa dell’economia russa è terminata. Abbiamo resistito a pressioni esterne assolutamente senza precedenti, all’assalto delle sanzioni di alcune élite al potere nel cosiddetto blocco occidentale», ha detto Putin, aggiungendo che il prodotto interno lordo della Russia ha ormai raggiunto il livello del 2021 e che è importante creare le condizioni per un ulteriore sviluppo stabile e a lungo termine.
Putin ha osservato che ad aprile la crescita del PIL era prevista pari all’1,2%, «ma in realtà abbiamo già superato questo obiettivo e entro la fine dell’anno la crescita del PIL potrebbe raggiungere il livello del 2,5%, o addirittura del 2,8%».
Il presidente russo ha inoltre esortato le autorità finanziarie del paese ad adottare misure per rafforzare la valuta nazionale.
«Uno dei problemi principali è legato all’accelerazione dell’inflazione. Il fattore principale qui è chiaro: si tratta dell’indebolimento del rublo, ed è necessario capirne chiaramente le cause e prendere decisioni tempestive e senza indugio», ha dichiarato Putin.
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Putin ha annunciato che il governo ha già preparato il progetto di bilancio statale per i prossimi tre anni, anche se su alcuni punti c’è ancora disaccordo, invitando il governo a finalizzare il documento il prima possibile.
In un editoriale a inizio anno, l’Economist aveva ammesso il fallimento delle sanzioni contro Mosca. «Attualmente, il sistema economico russo è in una forma migliore del previsto» scriveva la testata britannica, che si rendeva conto, di colpo, del danno invece procurato ai sanzionatori: «nel frattempo l’Europa, appesantita dai prezzi dell’energia alle stelle, sta cadendo in recessione».
Come riportato da Renovatio 21, i profitti di aziende russe come il colosso petrolifero Rosneft sono saliti nonostante le sanzioni. Le sanzioni, in realtà, sono state devastanti più per le economie dei Paesi che le hanno imposte – e la follia delle bollette sta a dimostrarlo.
L’economia russa, a differenza di quella occidentale, è tutt’altro che devastata. Di fatto, le sanzioni non hanno ferito la struttura economica di Mosca, e ciò era vero mesi fa come lo è ora. Come aveva dichiarato lo stesso Putin, le sanzioni non separano la Russia dal resto del mondo, anzi: la Russia ora lavora con altri Paesi per la creazione di valute alternative per il commercio globale.
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Come riportato da Renovatio 21, i dati di questa primavera, riportati dall’agenzia Reuters, segnalano che l’economia in Russia continua a crescere. Mentre in Europa e nei singoli Paesi si parla di «economia di guerra». Orban, unico leader europeo a mantenere la ragione, ha dichiarato varie volte che le sanzioni uccideranno l’economia europea.
Nonostante i continui round di sanzioni indetti da Bruxelles contro la Russia, in Austria l’FPO, il partito anti-immigrati e anti-sanzioni, è primo nei sondaggi. In Germania invece oltre la metà della popolazione ha ammesso di essere più povera rispetto a quando nel 2021 le sanzioni non erano in atto.
L’aspetto più importante delle sanzioni, tuttavia, riguarda la de-dollarizzazione: nessun Paese del mondo vuol più aver a che fare con la valuta americana, se questa può essere utilizzata come arma contro il Paese stesso.
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