Cina
COVID, crolla il commercio tra Cina e Corea del Nord
 
																								
												
												
											
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
Il regime di Kim nega casi di coronavirus nel proprio Paese, ma i controlli alla frontiera cinese restano rigidi. Arrestati 20 intermediari commerciali. Scambi tra i due Stato comunisti ai minimi dal 2001. Rischio approvvigionamento alimentare per i nordcoreani già da agosto.
Nuovo record negativo per il commercio tra Cina e Corea del Nord. Secondo dati pubblicati ieri dall’Agenzia cinese delle dogane, nei primi sei mesi del 2021 l’export del gigante asiatico verso il Paese confinante è crollato in un anno dell’85,2%, fermandosi a 48,3 milioni di euro.
L’export della Cina verso il Paese confinante è crollato in un anno dell’85,2%. Il crollo è dovuto ai controlli frontalieri istituiti da Pyongyang per combattere la pandemia da COVID-19
È il livello più basso dal 2001, quando Pechino ha iniziato a rendere nota la statistica. Il crollo è dovuto ai controlli frontalieri istituiti da Pyongyang per combattere la pandemia da COVID-19.
Tra lo scetticismo della comunità scientifica internazionale, Kim Jong-un continua a negare che vi siano nordcoreani contagiati dal coronavirus. Lo scorso 29 giugno il leader della Corea del Nord ha ammesso però che nel Paese si è verificato un «grave incidente» sanitario: la trascuratezza dei funzionari del Partito dei lavoratori (al potere dalla fine della Seconda guerra mondiale) avrebbe minato la sicurezza della popolazione e gli sforzi nazionali nel contrasto alla pandemia.
Che la situazione sia tesa al confine con la Cina lo dimostra la notizia dell’arresto di 20 intermediari commerciali, accusati di aver importato e distribuito prodotti cinesi senza osservare le misure di quarantena previste. Daily NK riporta che una delle ditte sanzionate è conosciuta per gestire i fondi illeciti della famiglia Kim.
Lo scorso 29 giugno il leader della Corea del Nord ha ammesso però che nel Paese si è verificato un «grave incidente» sanitario: la trascuratezza dei funzionari del Partito dei lavoratori (al potere dalla fine della Seconda guerra mondiale) avrebbe minato la sicurezza della popolazione e gli sforzi nazionali nel contrasto alla pandemia
Sono scese in modo netto anche le importazioni cinesi di beni nordcoreani: un -67,3%, per un valore complessivo di circa 7,6 milioni di euro, altro primato negativo nelle relazioni commerciali tra i due regimi comunisti.
Secondo il ministero sudcoreano dell’Unificazione, nei primi otto mesi del 2020 gli scambi commerciali tra il Nord e la Cina avevano registrato una diminuzione del 70% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Tra maggio e giugno di quest’anno le esportazioni cinesi verso la Corea del Nord hanno visto una crescita: 10,5 milioni di euro contro 2,3 milioni. Le prospettive per l’immediato rimangono però negative. Come rivelato lo scorso mese dallo stesso Kim, il Paese non ha raggiunto gli obiettivi fissati di produzione cerealicola, conseguenza dei danni provocati dal COVIDe dai forti tifoni del 2020.
L’uomo forte di Pyongyang ha sottolineato che la nazione si trova di fronte a una situazione alimentare difficile. Le Nazioni Unite prevedono che in Corea del Nord mancheranno quest’anno 860mila tonnellate di cibo, con problemi concreti che si presenteranno già in agosto.
L’ampio deficit commerciale registrato da Pyongyang conferma la sua dipendenza politico-economica da Pechino
L’ampio deficit commerciale registrato da Pyongyang conferma la sua dipendenza politico-economica da Pechino.
Nel 2019 il commercio bilaterale con la Cina ha rappresentato il 95,4% di quello totale realizzato dalla Corea del Nord. Nel 2007 la quota era del 67,1%; a causa delle sanzioni internazionali per contenere il programma nucleare e missilistico nordcoreano, Pechino è l’unico vero partner del regime di Kim.
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Immagine di John Pavelka via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Cina
La Casa Bianca annuncia l’incontro Trump-Xi
 
														Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump incontrerà il presidente cinese Xi Jinping la prossima settimana durante un viaggio in Asia, ha dichiarato giovedì la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt.
Trump si recherà in Malesia e Corea del Sud, dove incontrerà Xi Jinping giovedì prossimo a margine del Vertice di Cooperazione Economica Asia-Pacifico (APEC). Leavitt non ha fornito ulteriori dettagli sull’incontro.
L’annuncio giunge in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra i due Paesi. La settimana scorsa, Trump ha minacciato di introdurre un ulteriore dazio del 100% sui prodotti cinesi a partire da novembre.
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Questa escalation segue la decisione di Pechino di imporre restrizioni più severe sulle esportazioni di terre rare, nonostante avesse precedentemente definito «insostenibili» le tariffe elevate. La nuova politica cinese non colpisce direttamente gli Stati Uniti, ma le aziende tecnologiche americane dipendono fortemente dalle forniture cinesi di terre rare.
Sebbene Trump avesse annunciato settimane fa l’intenzione di incontrare Xi al vertice APEC, non aveva specificato la data. Tuttavia, aveva anche accennato alla possibilità di cancellare l’incontro, a causa del disappunto per le restrizioni cinesi sull’export di minerali di terre rare.
Mercoledì, il presidente statunitense ha dichiarato che i due leader avrebbero discusso di temi che spaziano dal commercio all’energia nucleare, aggiungendo che intende affrontare anche la questione degli acquisti di petrolio russo da parte della Cina.
L’incontro in Corea del Sud sarà il primo faccia a faccia tra i due leader da quando Trump è tornato al potere a gennaio. I due si sono parlati almeno tre volte quest’anno, ma l’ultimo incontro di persona risale al 2019, durante il primo mandato di Trump.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Cina
La Cina accusa gli Stati Uniti di un grave attacco informatico
 
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Cina
La Cina espelle 9 generali di alto rango, tra cui due dirigenti del Partito Comunista, in una purga radicale
 
														In una delle più significative operazioni di epurazione degli ultimi decenni, il presidente cinese Xi Jinping ha avviato una nuova ondata di licenziamenti ai vertici delle forze armate. Il Partito Comunista Cinese (PCC) ha infatti espulso nove generali di alto rango, in quella che gli analisti definiscono una mossa dettata non solo da motivazioni disciplinari, ma anche da logiche di lealtà politica.
Secondo una dichiarazione del ministero della Difesa pechinese, i nove ufficiali sarebbero sotto inchiesta per «grave illecito finanziario». A rendere il caso ancora più insolito è il fatto che la maggior parte di loro erano generali a tre stelle e membri del potente Comitato Centrale del Partito.
Non si è trattato di semplici retrocessioni: la maggior parte dei militari è stata completamente espulsa dalle forze armate. Nella nota ufficiale, il ministero ha accusato i generali di aver «gravemente violato la disciplina di partito» e di essere «sospettati di gravi reati connessi al servizio, che coinvolgevano una quantità di denaro estremamente elevata, di natura estremamente grave e con conseguenze estremamente dannose».
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Le autorità cinesi hanno sottolineato che gli ufficiali «saranno puniti legalmente e militarmente» a seguito dell’indagine, definita «un risultato significativo nella campagna anticorruzione del partito e dell’esercito».
La figura più illustre tra gli epurati è il generale He Weidong, fino a poco tempo fa vicepresidente della Commissione Militare Centrale (CMC) e membro del Politburo, l’élite di 24 dirigenti che guidano il Paese. He era considerato il secondo uomo più potente dell’apparato militare dopo Xi Jinping stesso, che presiede la CMC.
Negli ultimi mesi si erano diffuse voci secondo cui il generale He si fosse scontrato con Xi e con la leadership del Partito. Da marzo, infatti, non era più apparso in pubblico, circostanza che aveva alimentato le speculazioni su una possibile inchiesta interna.
Secondo il Wall Street Journal «il generale He è l’ufficiale militare in servizio attivo più anziano che Xi abbia mai epurato, e il primo vicepresidente in carica della Commissione Militare Centrale a essere estromesso in quasi quarant’anni». Il quotidiano statunitense ricorda inoltre che il 68enne He è «il primo membro in carica del Politburo a essere indagato dal 2017».
L’ultima volta che la Cina aveva assistito a un’epurazione di vertici militari di simile livello risale a circa un decennio fa, quando furono espulsi due vicepresidenti in pensione della CMC per corruzione, durante il primo mandato di Xi Jinping.
Segnali di una possibile purga erano già emersi a luglio, quando la Commissione Militare Centrale aveva emanato nuove linee guida che invitavano a eliminare «l’influenza tossica» nelle forze armate e a seguire «regole ferree» per gli ufficiali di alto grado.
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I nove ufficiali epurati sono He Weidong (vicepresidente della Commissione Militare Centrale, CMC); Miao Hua (direttore del dipartimento di Lavoro Politico del CMCM), He Hongjun (vicedirettore esecutivo del Dipartimento di Lavoro Politico del CMC); Wang Xiubin (vicedirettore esecutivo del Centro di Comando delle Operazioni Congiunte del CMC; Lin Xiangyang (comandante del Teatro Orientale); Qin Shutong (commissario politico dell’Esercito); Yuan Huazhi (commissario politico della Marina); Wang Houbin (Comandante delle Forze Missilistiche); Wang Chunning (comandante della Forza di Polizia Armata).
Secondo osservatori interni, potrebbero esserci ulteriori epurazioni nelle prossime settimane. I licenziamenti, infatti, sono stati annunciati alla vigilia del conclave annuale a porte chiuse del Comitato Centrale del Partito Comunista, in programma dal 20 al 23 ottobre a Pechino, durante il quale si discuterà il prossimo piano quinquennale.
Wen-Ti Sung, analista del Global China Hub dell’Atlantic Council, ha commentato la notizia ai media statunitensi affermando: «Xi sta sicuramente facendo pulizia. La rimozione formale di He e Miao significa che potrà nominare nuovi membri della Commissione Militare Centrale, che è rimasta praticamente mezza vuota da marzo, durante il Plenum».
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Immagine di China News Service via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
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