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Geopolitica

Bombe israeliane vicino al santuario sciita di Damasco, poche ore prima della tregua di Gaza

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Poche ore dopo che il gabinetto di Netanyahu aveva approvato un importante accordo sugli ostaggi e sul cessate il fuoco con Hamas, Israele ha condotto attacchi aerei contro Damasco, prendendo di mira in particolare una città nota per il suo venerato santuario sciita, frequentato da pellegrini iraniani.

 

L’agenzia di Stato siriana SANA ha citato una fonte militare secondo cui «verso le 15:15 di questo pomeriggio, il nemico sionista ha effettuato un attacco aereo con due missili dalla direzione del Golan siriano occupato, prendendo di mira alcuni punti nelle vicinanze della città di Damasco».

 

«Le nostre forze di difesa aerea hanno risposto all’aggressione, abbattendo uno dei missili e le perdite si sono limitate a perdite materiali», scrive il comunicato ufficiale.

 

La località specifica è ampiamente segnalata come Sayeda Zainab, che si trova a sud di Damasco. Nelle prime ore del mattino si sono visti pennacchi neri di fumo sollevarsi sopra la periferia di Damasco. Un edificio non identificato è stato demolito durante gli attacchi aerei, riferiscono i media locali. Israele afferma spesso di prendere di mira «depositi di armi iraniani» o anche siti legati a Hezbollah.

 

Come scrive Zerohedge, resta da vedere se Hezbollah aderirà alla tregua tra Israele e Hamas, iniziate alle 10 di ieri e con la durata di quattro giorni nella sua fase iniziale.

 

I media libanesi avevano riferito che Hezbollah aveva accettato di rispettare e aderire alla tregua, dopo il lancio quotidiano di razzi nel nord di Israele, secondo la  testata regionale i24.

 

Secondo un articolo pubblicato sulla testata libanese Nidaa al-Watan, l’accordo di cessate il fuoco recentemente approvato dal governo israeliano, che prevede il rilascio degli ostaggi di Hamas, si applicherà anche come tregua al confine settentrionale con il Libano.

 

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Tuttavia, altre fonti contraddicono queste affermazioni e affermano che Hezbollah non rispetterà la tregua.

 

Rimangono ulteriori domande sul fatto se durante il periodo di tregua le milizie appoggiate dall’Iran in Siria e Iraq fermeranno i loro attacchi alle basi statunitensi. Questa settimana i militanti in Iraq hanno pubblicato e diffuso il filmato di un attacco ad un convoglio americano a Mosul.

 

 

Indipendentemente dalla validità della tregua tra Israele e Hamas, è probabile che i militanti regionali mantengano la pressione sulla presenza del Pentagono in Iraq e Siria. Oltra a Damasco e Teheran, anche Russia e Turchia vogliono la partenza delle truppe americane.

 

Nel caso della Turchia, il Paese accusa da tempo gli Stati Uniti di sostenere i «terroristi» curdi poiché non vede alcuna distinzione tra il PKK fuorilegge e i gruppi curdi siriani che i consiglieri statunitensi, per la gioia dei residui dei centri sociali italiani e dei loro bollori filocurdi, stanno assistendo oramai da anni.

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Immagine di Deror Avi via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Geopolitica

Colloquio dell’inviato di Trump con Putin

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Venerdì scorso il presidente russo Vladimir Putin ha avuto lunghi colloqui al Cremlino con l’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff.   La visita di Witkoff rientrava in un più ampio sforzo diplomatico da parte dell’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump per promuovere gli sforzi bilaterali volti a risolvere il conflitto ucraino. Si trattava della quarta visita diplomatica di Witkoff in Russia, che includeva almeno tre incontri con Putin, dalla ripresa dei colloqui tra Stati Uniti e Russia.   L’incontro si è svolto a porte chiuse, come le precedenti visite dell’inviato statunitense, questa volta al Cremlino.

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All’incontro hanno preso parte anche il consigliere di Putin per la politica estera, Yuri Ushakov, e l’inviato presidenziale per gli investimenti, Kirill Dmitrev.   Vari punti sono stati toccati nei colloqui, riporta la stampa russa.   Secondo Ushakov, la conversazione di tre ore tra Witkoff e il leader russo è stata «costruttiva e di natura molto utile». «La conversazione ha permesso di allineare ulteriormente le posizioni russe e statunitensi non solo sull’Ucraina, ma anche su una serie di altre questioni internazionali», ha affermato, senza entrare nei dettagli.   Oltre a molteplici round di colloqui ad alto livello sul conflitto ucraino, Russia e Stati Uniti hanno avviato negoziati per riprendere i contatti diplomatici congelati sotto l’amministrazione dell’ex presidente Joe Biden.   Le discussioni hanno toccato la possibilità di riprendere i negoziati bilaterali diretti tra Mosca e Kiev, ha continuato Ushakov. Non si è avuto alcun colloquio diretto tra le due parti da quando l’Ucraina si è ritirata dai falliti colloqui di Istanbul nel maggio 2022. Secondo il capo della delegazione di Kiev ai negoziati, David Arakhamia, l’allora Primo Ministro britannico Boris Johnson ha consigliato all’Ucraina di abbandonare lo sforzo diplomatico e continuare a combattere.  
  Con gli accordi già raggiunti nel corso dei negoziati tra Stati Uniti e Russia, un dialogo più “produttivo” sarà imminente “nella forma più attiva”, ha affermato Ushakov.   Mosca ha costantemente affermato di essere disponibile a impegnarsi in attività diplomatiche e ha espresso gratitudine per l’impegno di Trump per la pace.   La data degli ultimi colloqui, il 25 aprile, ha un significato speciale, poiché coincide con l’80° anniversario dello storico incontro delle truppe alleate sovietiche e americane sul fiume Elba, nella Germania nazista, durante la Seconda Guerra Mondiale, hanno osservato Ushakov e Dmitrev.   «Questo incontro è noto per simboleggiare l’alleanza militare dei nostri due Paesi nella lotta contro il nazismo», ha detto Ushakov. L’evento è stato «un momento storico che ha simboleggiato la vittoria congiunta sul nazismo e la comune speranza di pace nel dopoguerra», ha concluso Dmitrev.   I colloqui diretti consentono a entrambe le parti di spiegare le «sfumature» delle rispettive posizioni, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov a Russia TV 1, commentando i negoziati tra Stati Uniti e Russia.

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Alla domanda, ha confermato che Witkoff è arrivato con un messaggio di Trump e se n’è andato con un messaggio di risposta di Putin. «Certo, dopotutto è un inviato speciale», ha detto il portavoce.   Questa «shuttle diplomacy» è migliore di una telefonata, poiché «è sempre più facile spiegare tutte le sfumature in una conversazione personale», ha aggiunto Peskov. I colloqui, della durata di diverse ore, sono una «buona opportunità per trasmettere la nostra posizione alla parte americana», ha aggiunto.   Trump aveva espresso soddisfazione per i negoziati tra Stati Uniti e Russia dopo i colloqui di venerdì. «I lavori sull’accordo di pace complessivo tra Russia e Ucraina stanno procedendo senza intoppi. Il SUCCESSO sembra essere nel futuro!», ha scritto il presidente degli Stati Uniti in un post su Truth Social.   Nelle ore successive, nella Basilica di San Pietro, Trump avrebbe parlato vis-à-vis con il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0), immagine ingrandita.
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Geopolitica

Zelen’skyj ha chiesto ancora armi a Trump durante la conversazione a San Pietro. Macron mandato via

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che il presidente ucraino Volodymyr Zelens’ky si è mostrato «più calmo» durante il loro incontro in Vaticano nel fine settimana e sembrava più disposto a raggiungere un accordo con Mosca rispetto al famigerato incontro nello Studio Ovale.

 

Parlando con i giornalisti prima di salire a bordo dell’Air Force One domenica, Trump ha affermato che il tono della sua ultima discussione con Zelens’kyj era notevolmente diverso dalla loro «piccola disputa» di febbraio, in cui la delegazione ucraina è stata cacciata dalla Casa Bianca.

 

«Lo vedo più calmo. Credo che abbia capito la situazione. E credo che voglia raggiungere un accordo. Non so se volesse raggiungere un accordo [prima]. Credo che voglia raggiungere un accordo», ha detto Trump.

 

 

All’inizio di questa settimana, Trump ha dichiarato alla rivista TIME che «la Crimea rimarrà alla Russia» in base a qualsiasi accordo di pace, osservando che persino Zelens’kyj «capisce» la realtà, nonostante le dichiarazioni pubbliche contrarie. Alla domanda se credesse che Zelensky fosse ora pronto a «rinunciare» alla penisola, Trump ha risposto: «Oh, credo di sì».

 

Zelens’kyj ha ripetutamente e pubblicamente insistito sul fatto che Kiev non riconoscerà mai formalmente la Crimea come territorio russo, una posizione che Trump ha precedentemente criticato come «molto dannosa per i negoziati di pace».

 

Nonostante abbia descritto Zelens’kyj come qualcuno che vuole fare «qualcosa di buono per il Paese», Trump ha rivelato che il leader ucraino ha nuovamente chiesto a Washington maggiore sostegno militare.

 

«Mi ha detto che ha bisogno di più armi, ma lo ripete da tre anni», ha dichiarato Trump. Il presidente degli Stati Uniti ha osservato che Kiev si trovava in una «situazione molto difficile», combattendo «una forza molto più grande» – e ha sottolineato che «li abbiamo aiutati quando abbiamo fornito loro 350 miliardi di dollari in armi o denaro contante».

 

«Ha bisogno di più armi e vedremo cosa succederà con la Russia», ha aggiunto Trump, sottolineando di essere «deluso» dai nuovi attacchi di Mosca in Ucraina.

 

Dopo una breve pausa nei combattimenti durante il cessate il fuoco pasquale annunciato dal presidente Vladimir Putin lo scorso fine settimana, l’esercito russo ha effettuato numerosi attacchi a lungo raggio contro obiettivi militari e industriali ucraini nel corso della scorsa settimana. Mosca ha sostenuto di colpire solo installazioni militari e strutture utilizzate dalle forze di Kiev, respingendo le accuse di aver colpito deliberatamente siti civili.

 

Mosca ha anche ribadito la sua disponibilità a colloqui con Kiev senza precondizioni. Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha confermato che la questione è stata sollevata durante un incontro tra il presidente Putin e l’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, avvenuto venerdì.

 

 

I funzionari russi hanno sottolineato che qualsiasi soluzione praticabile a lungo termine deve riflettere le realtà territoriali sul campo e affrontare le cause profonde del conflitto. Secondo diverse fonti, la proposta di Washington mira a congelare il conflitto lungo le attuali linee del fronte e a riconoscere la Crimea come parte della Russia. Tuttavia, il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha affermato che, a differenza di Zelens’kij, Mosca non intende discutere i dettagli riservati dei colloqui con gli Stati Uniti fino al completamento del processo.

 

In queste ora sono emerse ulteriori analisi dell’incontro a San Pietro tra Trump e lo Zelens’kyj.

 

Secondo un lettore labiale professionista citato dalla stampa britannica, il presidente Trump avrebbe chiesto al suo omologo francese, Emmanuel Macron, di farsi da parte prima di poter parlare a tu per tu con l’ucraino.

 

Le immagini mostrano che mentre il presidente francese si avvicinava, lo Zelens’kyj lo ha salutato calorosamente con un sorriso e un gesto della mano. Tuttavia, pochi istanti dopo, un membro dello staff ha rimosso con discrezione la terza sedia. Le immagini mostravano Trump che gesticolava con fermezza, a indicare che la conversazione sarebbe proseguita esclusivamente tra lui e Zelens’kyj, mentre Macron alla fine si faceva da parte.

 

Intervistata dal quotidiano The Sun di domenica, Nicola Hickling, imprenditrice britannica specializzata in lettura labiale e perizie, ha descritto lo scambio di battute.

 

«Donald porge le mani a entrambi e li porta verso di sé», ha detto. Trump avrebbe poi detto a Macron: «Non sei nel giusto qui, ho bisogno che tu mi faccia un favore, non dovresti essere qui».

 

Secondo Hickling, Zelensky quindi «annuisce in segno di assenso e il vicario che si trova davanti alla telecamera gira la testa di lato, con aria preoccupata per ciò che ha sentito tra loro».

 

Fonti diplomatiche francesi hanno minimizzato il gelido scambio, insistendo sul fatto che Macron non avesse alcuna intenzione di partecipare alla discussione. «La gente è in subbuglio per la terza sedia. Doveva essere per l’interprete, ma alla fine si è trasformato in un tête-à-tête», ha detto una fonte anonima al quotidiano britannico Telegraph.

 

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Geopolitica

La Casa Bianca si prepara ai possibili colloqui tra Trump e Kim

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Il team del presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump sta valutando una nuova strategia per la Corea del Nord, che potrebbe rispecchiare l’impegno diplomatico del suo primo mandato. Lo riporta Axios.   Trump ha incontrato di persona il leader nordcoreano Kim Jong-un diverse volte, tra cui a Singapore nel 2018, ad Hanoi nel 2019 e, più tardi nello stesso anno, all’interno della zona demilitarizzata della penisola coreana. È il primo presidente statunitense in carica a sedersi al tavolo delle trattative con la sua controparte nordcoreana.   Trump ha detto al suo team di voler riprendere i contatti con Kim, potenzialmente di persona, ha riportato Axios domenica. L’amministrazione sta «riunendo le agenzie per capire dove si trovano oggi i nordcoreani», ha dichiarato un alto funzionario che ha parlato in condizione di anonimato. «Molto è cambiato negli ultimi quattro anni. Stiamo valutando, diagnosticando e discutendo di possibili percorsi, incluso il coinvolgimento».  
  Si tratta comunque di un miglioramento dai tempi di Biden, quando perfino la sorella del presidente nordcoreano Kim Jong-un, Kim Yo-yong, in un comunicato ufficiale aveva detto ufficialmente che il presidente Biden era un «rimbambito». Come riportato da Renovatio 21, aveva aggiunto che egli non è «per nulla in grado di assumersi la responsabilità della sicurezza e del futuro degli Stati Uniti». Biden, per i Kim – che mai lesinano sugli insulti in merito all’età – è «un vecchio senza futuro».   Attualmente, questa iniziativa non rientra tra le massime priorità della Casa Bianca e prevede consultazioni con esperti esterni, inclusi ex funzionari e think tank, ha affermato l’agenzia. Axios ha suggerito che Washington abbia meno influenza su Pyongyang ora rispetto alla fine degli anni 2010, poiché la Corea del Nord ha rafforzato le sue capacità militari, comprese le forze nucleari, e ha stretto legami più forti con Cina e Russia.   L’anno scorso, la Corea del Nord e la Russia hanno firmato un trattato bilaterale che include disposizioni di difesa reciproca. Poco dopo, l’Ucraina ha avviato un’offensiva nella regione russa di Kursk, con l’obiettivo di ottenere influenza su Mosca nei futuri negoziati.   Le truppe nordcoreane sono state dispiegate in territorio russo per assistere Mosca nel respingere le forze ucraine, operazione culminata nella completa liberazione della regione la scorsa settimana, secondo quanto dichiarato da Mosca. Nel fine settimana, il presidente Vladimir Putin ha riconosciuto il contributo delle truppe nordcoreane, elogiandone il coraggio e definendole «fratelli d’armi».   Come riportato da Renovatio 21, Pyongyang è particolarmente preoccupata di una «versione asiatica della NATO» che sarebbe in gestazione. wpcode id=”55157″] SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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