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Geopolitica

Birmania a tre anni dal golpe: le crepe nell’esercito e il dramma che continua

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

I sostenitori della resistenza hanno organizzato uno sciopero silenzioso nell’anniversario della deposizione del governo di Aung San Suu Kyi, mentre i gruppi filo-militari hanno manifestato il proprio appoggio al regime. Ma negli ultimi mesi sono aumentati i segnali di cedimento, le milizie hanno avviato discussioni sulla divisione dei territori riconquistati e Pechino, dopo aver ottenuto quanto voleva potrebbe evitare ulteriori coinvolgimenti.

 

Sono passati tre anni dal colpo di Stato che ha sconvolto il Myanmar, e, anche se il regime militare sembra essere in crisi, è difficile delineare quale potrebbe essere il futuro del Paese. Oggi, in occasione dell’anniversario, mentre i sostenitori della resistenza anti-golpe hanno organizzato nelle grandi città l’ennesimo sciopero silenzioso per affermare ancora la loro opposizione al regime, i manifestanti filo-militari, tra cui diversi monaci nazionalisti, hanno occupato e sfilato per le strade di Yangon, ex capitale e centro economico-finanziario del Paese.

 

Il primo febbraio 2021, giorno in cui avrebbe dovuto insediarsi il nuovo Parlamento eletto a novembre 2020, i militari presero il potere arrestando la leader Aung San Suu Kyi, ancora oggi detenuta in isolamento in una prigione della capitale Naypyidaw.

 

Le manifestazioni di piazza che fecero seguito al golpe vennero represse nel sangue, dando avvio a un conflitto civile che ha devastato il Paese: secondo i dati, quasi 80mila case sono state bruciate, di cui 30mila solo nell’ultimo anno. Gli sfollati interni, che prima del golpe erano circa 500mila a causa del conflitto tra le milizie etniche e il governo centrale, oggi sono 2,6 milioni e, oltre a non avere accesso a istruzione, servizi sanitari e lavoro, spesso soffrono anche la mancanza di acqua e cibo, perché le strade e i trasporti sono continuamente bloccati dai combattimenti.

 

Le organizzazioni di difesa dei diritti umani hanno più volte denunciato i bombardamenti contro la popolazione civile, condotti utilizzando anche bombe a grappolo in violazione del diritto umanitario. Negli ultimi tre anni sono inoltre state arrestate oltre 25mila persone, di cui quasi 20mila si trovano tuttora in carcere, dove subiscono torture e abusi.

 

Nonostante diversi governi abbiano imposto sanzioni contro le aziende statali del Myanmar controllate dalla giunta (gli Stati Uniti hanno varato ieri ulteriori restrizioni), nell’ultimo anno i militari sono comunque riusciti a ottenere il carburante per i propri jet eludendo le sanzioni attraverso una serie di intermediari, ha svelato un’indagine di Amnesty International.

 

Tuttavia, anche se l’esercito ha deciso di estendere per altri sei mesi lo stato di emergenza, cercando di mantenersi saldo al potere, negli ultimi mesi sono aumentati i segnali di cedimento e le pressioni esterne: il mese scorso il monaco Pauk Ko Taw ha proposto la sostituzione del generale Min Aung Hlaing, che guida l’esercito.

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La Cina è intervenuta proponendo un cessate il fuoco nello Stato Shan, evitando (almeno per il momento) la sconfitta totale dei soldati pro-regime nelle aree settentrionali. Ma il morale delle truppe è bassissimo (centinaia di soldati si sono arresi alle milizie anti-golpe oppure hanno disertato cercando rifugio all’estero) e un’ulteriore sconfitta potrebbe portare alla capitolazione dell’esercito birmano.

 

Una serie di eventi che si sono generati in conseguenza all’Operazione 1027, l’offensiva congiunta lanciata a fine ottobre da tre milizie etniche – l’Esercito di liberazione nazionale Ta’ang (TNLA), l’Esercito Arakan (AA) e l’Esercito dell’alleanza nazionale democratica del Myanmar (MNDAA).

 

Negli ultimi mesi le forze della resistenza hanno riconquistato decine di città e avamposti militari, dando avvio a discussioni su una possibile divisione di territori una volta terminato il conflitto. Nonostante il Governo di unità nazionale in esilio, composto da ex deputati del precedente esecutivo, abbia proposto la creazione di un nuovo Stato federale, è ancora difficile immaginare come ciò possa essere messo in pratica.

 

Le milizie etniche hanno infatti dimostrato di avere obiettivi politici diversi e non è chiaro il ruolo che potranno eventualmente avere la Russia (principale fornitore d’armi della giunta birmana) e la Cina, che non ha interesse a porre fine alla guerra civile, quanto a tutelare i propri cittadini e i propri affari commerciali nel Paese, indipendentemente da chi salirà al governo.

 

Dopo aver mediato la tregua nello Stato Shan, dove le milizie hanno preso il controllo della regione del Kokang, Pechino ha infatti ottenuto che la giunta militare consegnasse alle autorità cinesi tre boss mafiosi (Bai Suocheng, Wei Chaoren e Liu Zhengxiang) responsabili della gestione dei centri di truffe online che si nascondevano in Myanmar.

 

Nonostante negli ultimi mesi fossero già stati rimpatriati migliaia di cittadini cinesi, l’arresto dei tra capi è stato definito un «risultato storico» da Pechino.

 

I propri sforzi diplomatici in Myanmar potrebbero quindi anche fermarsi qui.

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Geopolitica

Gli USA ammettono di aver diffuso disinformazione sul vaccino COVID cinese

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Secondo quanto riportato dalla Reuters, l’esercito statunitense ha ammesso di aver condotto una campagna clandestina volta a screditare il vaccino cinese Sinovac nelle Filippine, in tutta l’Asia e in Medio Oriente.   «È vero che il [Dipartimento della Difesa] ha inviato un messaggio al pubblico filippino mettendo in dubbio la sicurezza e l’efficacia del Sinovac», hanno scritto i funzionari del Pentagono alle loro controparti filippine in una lettera datata 25 giugno e riportata ieri dall’agenzia Reuters.   Informazioni sull’operazione di guerra psicologica USA condotta sui filippini erano riguardo virus e vaccino erano trapelate ancora il mese scorso.

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Secondo il documento, il Pentagono ha ammesso di aver «commesso alcuni passi falsi nei nostri messaggi relativi al COVID», ma ha assicurato a Manila di aver interrotto l’operazione alla fine del 2021 e da allora ha «notevolmente migliorato la supervisione e la responsabilità delle operazioni di informazione».
L’operazione in questione è iniziata nel 2020, dopo che la Cina ha annunciato che avrebbe distribuito gratuitamente i vaccini Sinovac nelle Filippine. Nel tentativo di contrastare questa manna per le pubbliche relazioni di Pechino, il Pentagono ha ordinato al suo centro operativo psicologico in Florida di creare almeno 300 falsi profili sui social media per denigrare il vaccino cinese, ha rivelato un’indagine della Reuters il mese scorso.   «Il COVID è arrivato dalla Cina e anche il VACCINO è arrivato dalla Cina, non fidatevi della Cina!» si legge in un tipico post creato dal team di operazioni psicologiche, mentre un altro affermava: «Dalla Cina: DPI, mascherina, vaccino: FALSI. Ma il Coronavirus è reale».   Come riportato da Renovatio 21, a quel tempo le Filippine erano sotto il tallone dell’obbligo pandemico imposto da Rodrigo Duterte, che minacciò il carcere per chiunque rifiutasse il siero.   I funzionari militari coinvolti nella campagna sapevano che il loro obiettivo non era quello di proteggere i filippini da un vaccino non sicuro, ma di «trascinare la Cina nel fango», ha detto un alto ufficiale alla Reuters.   Secondo il rapporto, la campagna di propaganda si diffuse presto oltre le Filippine. Al pubblico musulmano dell’Asia centrale e del Medio Oriente venne detto che Sinovac conteneva gelatina di maiale, ed era quindi haram, ovvero proibito dalla legge islamica. La campagna costrinse Sinovac a rilasciare una dichiarazione in cui insisteva sul fatto che il vaccino era «prodotto senza materiali suini».

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Il Pentagono non ha riconosciuto pubblicamente la lettera inviata all’esercito filippino e i governi degli Stati Uniti e delle Filippine hanno rifiutato di rilasciare dichiarazioni sulla questione alla Reuters.   Il mese scorso, tuttavia, un portavoce del Pentagono ha dichiarato all’agenzia di stampa che l’esercito americano «utilizza una varietà di piattaforme, compresi i social media, per contrastare quegli attacchi di influenza maligna rivolti agli Stati Uniti, agli alleati e ai partner», e ha affermato che Washington stava solo rispondendo a una «campagna di disinformazione cinese per incolpare falsamente gli Stati Uniti per la diffusione del COVID-19».   Il ministero degli Esteri cinese ha dichiarato alla Reuters di sostenere da tempo che gli Stati Uniti diffondono disinformazione sulla Cina.   Nelle Filippine, il rapporto della Reuters ha spinto il Comitato per le relazioni estere del Senato a indagare. In un’udienza del mese scorso, il senatore Imee Marcos, che presiede il comitato, ha definito la campagna del Pentagono «malvagia, malvagia, pericolosa, e immorale», e ha suggerito che Manila indaghi se può intraprendere un’azione legale contro Washington.   Come ribadito più volte da Renovatio 21, la geopolitica vaccinale è una questione di rilevanza più grande di quanto si possa pensare. La rielezione di Ursula Von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea lo dimostra.

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Immagine di World Bank Photo Collection via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0
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Geopolitica

Il consigliere di Zelens’kyj: Kiev pronta a colloqui di pace con la Russia a condizioni «giuste»

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Kiev è pronta per i negoziati di pace con Mosca a condizioni «giuste», ha detto venerdì il principale collaboratore di Volodymyr Zelens’kyj, Mykhailo Podolyak, in un’intervista a un canale televisivo ucraino. Ha tuttavia affermato che la Russia non è pronta per un accordo.

 

L’alto funzionario ha sottolineato che l’Ucraina sta cercando ciò che considera negoziati efficaci che porterebbero non a un congelamento delle ostilità ma alla fine del conflitto. Ha chiesto di aumentare la pressione internazionale sulla Russia e di potenziare le capacità militari dell’Ucraina per raggiungere l’obiettivo.

 

All’inizio di questa settimana, il Podolyak ha dichiarato all’Associated Press che vede un accordo di pace con la Russia come un «patto col diavolo», aggiungendo che il congelamento del conflitto consentirebbe a Mosca di apportare le correzioni necessarie e modernizzare le sue forze.

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All’inizio di questa settimana, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha affermato che i colloqui di pace sono attualmente impossibili a causa di una serie di questioni che devono prima essere risolte, tra cui lo status di Zelensky e la legislazione ucraina, firmata da Zelens’kyj nel 2022, che vieta i negoziati tra Kiev e l’attuale leadership di Mosca.

 

Peskov ha ribadito che il Cremlino considera nulla la legittimità di Zelensky come capo di stato, poiché il suo mandato è terminato a maggio e le elezioni non si sono tenute a causa della legge marziale. Il presidente russo Vladimir Putin ha affermato in precedenza che lo status di Zelensky è importante per quanto riguarda un potenziale trattato di pace, poiché qualsiasi documento vincolante dovrebbe essere firmato da autorità legittime.

 

Il portavoce ha anche sottolineato che, nonostante le recenti dichiarazioni, la parte ucraina, così come i suoi sostenitori occidentali, restano restii ad avviare colloqui con la Russia.

 

Zelensky ha recentemente affermato che Kiev vuole porre fine al conflitto «il prima possibile», preferibilmente «entro la fine di quest’anno». Ha sollevato la possibilità di tenere un secondo vertice come un modo per raggiungere questo obiettivo.

 

All’inizio di questa settimana, la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha affermato che i segnali inviati da Zelensky sulla volontà dell’Ucraina di riprendere i colloqui di pace con Mosca non sono credibili.

 

Il primo summit, ospitato dalla Svizzera, si è concentrato su elementi della «formula di pace» di Kiev, che richiede a Mosca di ritirare le sue truppe da tutti i territori rivendicati dall’Ucraina. Mosca ha liquidato il piano come distaccato dalla realtà.

 

In questi due anni di conflitto il personaggio si è fatto notare per commenti problematici.

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Come riportato da Renovatio 21, consigliere di Zelens’kyj mesi fa aveva dichiarato che la «massima uccisione dei russi» è il fine della guerra in corso. A settembre aveva fatto commenti controversi su Cina e India e il loro «basso potenziale intellettuale».

 

Il consigliere presidenziale aveva definito la proposta di pace tra Russi e Ucraina avanzata dall’ex presidente francese Nicholas Sarkozy come «criminale» accusando il marito di Carla Bruni di complicità nell’organizzazione di «genocidio e guerra».

 

Lo scorso novembre il Podolyak in un’intervista alla stazione televisiva ucraina Canale 24 aveva dichiarato che Kiev deve impadronirsi di tutti i territori perduti dalla Russia, compresa la penisola di Crimea, altrimenti rischia di scomparire dalla mappa del mondo.

 

In passato il Podoyak si è scagliato contro il capo di SpaceX Elon Musk, che nel suo racconto ha «favorito il male» negando all’Ucraina l’uso dei satelliti Starlink – che Musk ha fornito a Kiev gratuitamente – per attaccare la Crimea con i droni.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Podolyak esternato attacchi al papa e financo al cristianesimo tout court.

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Cina

La Cina accusa: la NATO trae profitto dal conflitto in Ucraina

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I Paesi della NATO stanno traendo profitto dal conflitto in Ucraina, ha dichiarato giovedì ai giornalisti il ​​portavoce del ministero della Difesa cinese Zhang Xiaogang.   A Zhang è stato chiesto di commentare la dichiarazione adottata all’inizio di questo mese in un summit della NATO a Washington, che ha etichettato Pechino come «un decisivo facilitatore della guerra della Russia contro l’Ucraina», liquidando il documento come «pieno di bugie e pregiudizi».   «Gli alleati della NATO guidati dagli USA continuano ad alimentare il fuoco e a trarre profitto dalla guerra. La NATO deve riflettere su se stessa, invece di scaricare la colpa sulla Cina», ha detto il Zhang, che ha continuato accusando il blocco atlantico di istigare conflitti in tutto il mondo.   «Dall’Ucraina all’Afghanistan, dall’Iraq alla Libia, ha portato guerra e disastri in queste regioni e nei loro popoli», ha affermato il Zhango, ribadendo che Pechino «promuove attivamente i colloqui di pace» tra Mosca e Kiev.

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Pechino ha ripetutamente respinto le accuse secondo cui sta aiutando Mosca a eludere le sanzioni e sta aiutando l’industria della difesa russa. Nel febbraio 2023, la Cina ha proposto una tabella di marcia in 12 punti per la pace e da allora ha compiuto sforzi per mediare il conflitto durante i successivi incontri con funzionari russi e ucraini.   La Russia ha citato la continua espansione della NATO verso est e la sua cooperazione militare con Kiev come una delle cause profonde del conflitto. Il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato che l’Ucraina deve diventare un paese neutrale e abbandonare il suo piano di entrare nella NATO affinché qualsiasi potenziale negoziato di pace abbia successo.   Il Cremlino ha anche affermato che «inondare» l’Ucraina di armi occidentali porterà solo a un’ulteriore escalation, ma alla fine non fermerà l’esercito russo.   Già poche settimane fa il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Lin Jian aveva ribadito che NATO è una minaccia per la pace e la stabilità globali a causa della sua «radicata mentalità da Guerra Fredda e dei suoi pregiudizi ideologici», affermando che la NATO è un «prodotto della Guerra Fredda e la più grande alleanza militare del mondo».   Nonostante sostenga  di essere un’organizzazione regionale e difensiva, il blocco ha continuato a «espandere il suo potere oltre i confini, sfondare le zone di difesa e provocare scontri», aveva quindi aggiunto il Lin in un incontro con la stampa.   Come riportato da Renovatio 21, la NATO per bocca del suo segretario Jens Stoltenberg aveva dichiarato la Cina come il futuro nemico principale dell’Alleanza Atlantica in quanto minaccia alla sua sicurezza e ai suoi valori, qualsiasi cosa queste parole significhino.   La Cina ha ricambiato attaccando apertis verbis la NATO come fonte delle tensioni in Kosovo e mostrando insofferenza per l’inclusione di Giappone e Corea del Sud nella Difesa Cibernetica NATO.   Come riportato da Renovatio 21, la Cina di recente ha attaccato anche il G7, trasformato, secondo il portavoce degli Esteri cinesi Lin, in uno strumento dell’egemonia globale USA.

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