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A Dio monsignor Williamson. Un ricordo personale

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Mons. Williamson, la mia personale esperienza 

«È in atto la più feroce guerra contro Dio nella storia, ma noi dobbiamo resistere, pregare sempre il Rosario, e così non dovremo temere nulla. Tratta bene tua moglie, Cristiano, amala sempre perché tu sei le braccia e la mente della tua famiglia, ma lei…lei è il cuore, la donna è il cuore pulsante della famiglia!»

 

Era un pomeriggio uggioso dello scorso ottobre, e queste sono le ultime parole che Sua Eccellenza Monsignor Richard Williamson mi ha rivolto personalmente per l’ultima volta. Ricordo come se avessi qui davanti quella situazione, sulle colline reggiane: uscito dal lavoro, andai a salutarlo perché il giorno dopo sarebbe partito per Roma, e qualche giorno dopo ancora sarebbe tornato in Inghilterra.

 

Mentre mi avvicinavo alla stanza in cui alloggiava, a casa di amici sacerdoti, lo intravidi dal vetro della sua stanza, in penombra, intento ad osservare fuori, con lo sguardo profondo che lo caratterizzava, quel piccolo panorama che tutto sommato poteva ricordargli benissimo Londra. Mi fece cenno di entrare, ed io così feci. Il vescovo, con la sua stazza possente, stava seduto su una seggiola, con le luci della stanza spente, e quella scarsa luce del giorno a dare un poco di illuminazione intorno. Al suo fianco c’era un grosso confessionale antico, luogo dove si incontra l’infinita Misericordia di Dio. 

 

Monsignore fece cenno di sedermi di fronte a lui, ma chiedendomi di aspettare un momento: mostrò il Rosario, come a farmi capire che stava finendo di recitarlo e dovevo attendere un attimo, perché le cose di Dio sono sempre più importanti di ogni dialogo umano. Ci intrattenemmo poi per circa una quarantina di minuti, che però parevano un’infinità, e avrei voluto poter disporre di altro tempo ancora. Fu un dialogo lento, con tanti sospiri di Sua Eccellenza. Sembrava quasi preoccupato di dover lasciare presto questo mondo, in preda ai più grandi delirii.

 

Tuttavia non mancarono parole di conforto e di speranza. Parole essenziali, profondamente religiose, profondamente cattoliche, profondamente umane. Proprio come quelle che ho citato all’inizio: quelle ultime parole, in quell’ultimo lascito che ho avuto la grazia di avere da monsignor Williamson, c’è tutto ciò che un uomo ha da sapere sulla Fede, tutto ciò che un uomo ha da sapere sui suoi doveri principali. 

 

L’umanità di un vescovo e di un padre

Umanità, tanta umanità, ma quell’umanità che è rappresentata perfettamente nell’umanità di Nostro Signore Gesù Cristo, e che monsignor Williamson, aldilà delle apparenze e delle vacue narrazioni sul suo conto, ha saputo veramente riconoscere. 

 

Ed è proprio in questo modo che vorrei ricordare e parlare del vescovo inglese, che il 29 gennaio scorso ha reso l’anima a Dio. Non voglio parlare di ciò che ha fatto, delle cariche che ha ricoperto, dei suoi ruoli, diciamo, «istituzionali»: c’è chi può farlo sicuramente meglio di me, che vorrei invece presentare la mia esperienza personale come persona che ha avuto la vera grazia, insieme alla mia famiglia, di stare qualche volta a stretto contatto con Williamson.

 

Ricordo bene di quando, nell’ormai lontano 2019, dopo l’importante conferenza che tenne ad inizio giugno a Reggio Emilia, venne a pernottare a casa nostra: l’indomani mattina, dandoci appuntamento alle 08:00 per la colazione, iniziò a parlarmi dell’usignolo che aveva sentito cantare fuori per quasi tutta la notte. Ne rimase talmente colpito, che me ne continuò a parlare per gli anni a venire, chiedendomi, di anno in anno, che fine avesse fatto quell’usignolo dal canto melodioso e armonico che il vescovo, da grande conoscitore ed estimatore della musica classica, aveva saputo riconoscere e premiare all’interno delle sue memorie.

 

Mio figlio Tommaso, a quel tempo, aveva da poco compiuto due anni, ma era già un grande chiacchierone rumoroso. In quella famosa colazione però, mentre Sua Eccellenza trattava di canti di usignoli, lui rimaneva muto, quasi terrorizzato dalla imponente presenza del vescovo britannico, il quale tuttavia non mancava di mostrare sorrisi e le sue tipiche buffe facce a mio figlio.

 

Poco dopo lo accompagnammo in un luogo che voleva vedere da tempo, ma che riuscì a visitare pienamente solo qualche anno dopo, poiché quella volta trovammo chiuso: il Castello di Canossa. Arrivati ai piedi delle mura, una volta constatato che il castello era chiuso alle visite, mi guardò seriamente e mi disse: «Se vuole e se ha confidenza, può comunque dire a don Davide Pagliarani (il Rev.do Pagliarani era da poco diventato Superiore Generale della FSSPX, nda), che Mons. Williamson ha provato a recarsi a Canossa, ma ha trovato chiuso!», lasciandosi poi andare ad una sua tipica risata british. Qualche giorno dopo. effettivamente, riferii per telefono a don Davide Pagliarani, il quale a sua volta si lasciò andare ad una sana e sincera risata. 

 

Dietro a quell’apparente burbera freddezza inglese di un grande teologo e di un ottimo insegnante di filosofia quale era don Williamson, vi era – e nemmeno troppo nascosto – un grande cuore, un padre caritatevole e generoso. Nonostante le sue posizioni, che a volte possono essere sembrate dure per dovere di intransigenza verso l’errore, non ha mai arrogato in un discorso personale, la presunzione di avere la patente di un cattolico perfetto. 

La lungimiranza sui temi attuali

Williamson ha saputo però uscire dal guscio del solo tradizionalismo, che si occupa spesso di tanti importanti cavilli, ma senza guardare ad alcuni problemi reali, pratici, imminenti, bioetici. È stato uno dei pochi vescovi a denunciare alcune specifiche cose create contro la vita umana e, quindi, contro Dio che ne è il Creatore e Signore. 

 

Pensiamo al tema dei vaccini, del COVID, della massoneria, e di tanti altri temi che gli sono costati cari umanamente. Ha saputo sempre vedere, con grande anticipo, i problemi contingenti e le insidie specifiche in cui le anime sarebbero potute cadere. 

 

Non solo la crisi nella Chiesa – che certo è il fulcro di tutto – ma anche situazioni più particolari e attuali. Ha sempre indovinato tutto? Certamente no, d’altronde il suo ruolo non era quello dell’indovino, ma certo ha saputo mettere in guardia da tanti pericoli, denunciandoli apertamente e senza reticenze. D’altronde, il 7 aprile del 2012, con una lettera scritta insieme ad altri due vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X mise in guardia il Consiglio Generale della Fraternità ed il Superiore stesso dal pericolo imminente di un accordo con Roma, opponendosi pubblicamente e, di fatto, contribuendo a sventare il reale pericolo che si stava paventando.

 

Semplicità e pragmatismo episcopale

Tanta lungimiranza e profondità di pensiero nel vescovo Williamson, ma anche tanta semplicità e pragmatismo. Per chi ha potuto conoscerlo, specialmente negli ultimi anni, sa quanto fosse diventata preponderante, nelle parole ma di conseguenza anche nella coerenza dei fatti, l’esigenza di avere «vescovi selvaggi».

 

Esattamente così li chiamava lui, «vescovi selvaggi». Secondo monsignor Williamson era fondamentale lasciare a questa terra dei vescovi, capaci di muoversi autonomamente in più parti del mondo per rispondere al colossale vuoto e baratro in cui versa oggi la Chiesa minata nella più profonda delle crisi. Qualcuno, forse comprensibilmente, ha visto come un’esagerazione le totali sei consacrazioni episcopali fatte dal 2015 ad oggi per mano del vescovo inglese, ma chi lo ha conosciuto, chi ha capito il suo pensiero, piaccia o non piaccia, non può non comprenderne davvero le ragioni.

 

La Chiesa versa in un tale stato di gravità, esponendo le anime ad un tale pericolo, che per Williamson era fondamentale lasciare dei ripari, dei vescovi selvaggi che potranno ordinare, confermare e accrescere la pastorale e le missioni fra le migliaia di fedeli ancora cattolici che vogliono questo, che hanno fondamentale bisogno di questo. Lo stanno, di fatto, già facendo: supplire, «selvaggiamente», a ciò che ora la Chiesa non riesce a dare per la mancanza di un vertice veramente cattolico.

 

Quando manca l’autorità, o peggio è acciecata, non esiste una ricetta giusta, e nessuno può pretendere di averla. Avrà avuto ragione Williamson? Non possiamo saperlo. La storia lo dirà, o meglio ancora: Dio lo dirà.

 

So però per certo che nemmeno Sua Eccellenza ha mai pensato o presunto di aver intrapreso la scelta giusta e men che meno perfetta. Ha cercato però di fare tutto ciò che ha fatto per rimanere fedele a Dio, a Gesù Cristo, alla Tradizione della Chiesa, questo sì. 

 

«La Resistenza è piena di difetti e imperfezioni – mi ripeteva spesso – perché chi ha cercato di costruirla è imperfetto in primis, ma in quanto vescovo cattolico dovevo cercare di fare qualcosa per rimanere fedele alla Chiesa, cercando di dare ciò di cui hanno bisogno le anime: dei vescovi, che a loro volta possano creare nuovi sacerdoti per dare i sacramenti e il confronto alle anime stesse».

 

Apostolo del Santo Rosario 

Pragmatismo nel tentativo di dare soluzioni alla crisi nella Chiesa, ma anche nella vita della Fede stessa. Monsignore è stato un grande apostolo del Santo Rosario, considerata per lui l’arma principale, la preghiera perfetta. Più volte, durante le conferenze che abbiamo avuto la grazia di ospitare qui in Italia, le persone, al momento delle domande finali, hanno chiesto a lui soluzioni; cosa fare, come comportarsi per resistere a tutte le intemperie e tentazioni dalle quali siamo assaliti. 

 

«Pregate il Santo Rosario, 15 misteri, tutti i giorni. Questo vi basterà! Perché lo ha promesso la Madonna» Così rispondeva lui, prodigandosi per far capire che la Fede Cattolica è più semplice di quanto la si creda, e che Dio si è rivelato umile agli umili, e non dotto ai dotti. 

 

Fede, Speranza e profonda Carità ho toccato con mano in questo vescovo, un vero «vescovo dinosauro» (Dinoscopus era il soprannome a lui tanto caro, utilizzato anche per il suo indirizzo mail).

 

Commozione e consapevolezza 

Tornando a quel pomeriggio uggioso dello scorso ottobre, ricordo come, all’interno del suo breviario, teneva il ricordino del suo confratello nel sacerdozio e nell’episcopato monsignor Bernard Tissier de Mallerais, venuto a mancare pochissimo tempo prima. Guardava quella foto, con occhi lucidi e qualche sospiro: «È stato davvero un bravo vescovo, prego tanto per lui». Tanta commozione, tanta carità, aldilà di tutte le posizioni che rimangono, di fatto, qualcosa di molto terreno. 

 

Monsignor Williamson sapeva guardare verso il Cielo contagiando gli altri. Sapeva farlo anche descrivendo e facendo rivivere la figura del suo grande vescovo di riferimento, Monsignor Marcel Lefebvre, dal quale ha raccolto una grande eredità continuando per tutti gli anni del suo episcopato, fino a pochi giorni fa, a farla fruttare. 

 

Lascia un grande vuoto, un enorme vuoto nel mondo della Tradizione Cattolica, nelle realtà piccole ma resistenti, come le tante presenti per il mondo e, grazie a Dio, anche in Italia. Lo lascia anche e soprattutto in me, nella mia famiglia, nei miei figli piccoli, che ieri non hanno voluto ascoltare canzoni né guardare cartoni, di loro spontanea iniziativa, «perché è morto monsignor Williamson e dobbiamo rispettare questo momento», mi hanno detto commuovendomi. Lo lascia in mia figlia di 4 anni, Gemma Linda, che tornato dal lavoro, quando Monsignore era ancora ricoverato in ospedale, mi ha accolto alla porta di casa mostrandomi un disegno fatto da lei dove ha rappresentato il vescovo mentre celebra la Santa Messa, alla quale, sempre rappresentato nel disegno, assistevano lei e la sua amichetta Rebecca. Questo e molto altro ha saputo ispirare, con grande sensibilità unita a rettezza, monsignor Richard Nelson Williamson. 

 

E questo è il mio misero ma sincero lascito. Nessuno è santo anzitempo, e ora Monsignore si trova davanti al Giudizio di Dio, ed ha bisogno della Sua Misericordia — «Si iniquitates observaveris Domine, Domine quis sustinebit?»

 

Preghiamo per lui, per la sua anima, per ciò che qui sulla terra ci ha lasciato – vescovi e sacerdoti – e per tutti quelli con cui per tanti anni ha collaborato, al servizio delle anime e per la loro salvezza, nella speranza che lui possa pregare ed intercedere per noi, soprattutto per prendere da lui il grande esempio del coraggio e del senso preciso del martirio cristiano: ha preso posizioni forti nella sua vita, si è esposto, rischiando, nel vero senso della parola, la pelle. Eppur sempre rimanendo sereno, nel coraggio delle sue azioni, non barricandosi, non nascondendosi, non tirandosi mai indietro dall’enorme ministero che Dio, per mano dell’Arcivescovo Lefebvre, gli aveva affidato. 

 

Possa, questa profonda comprensione e reale visione del martirio di cui Sua Eccellenza si è fatto nitido esempio, contagiare anche noi per essere semplicemente dei buoni e veri cristiani.

 

«Il Paradiso è una realtà. Questa vita è una realtà. E il fatto che sto per morire è una realtà; e il tribunale di Dio è una realtà» (Mons. Richard N. Williamson) 

 

Cristiano Lugli 

 

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Brasile: più di mille fedeli onorano Cristo Re a Rio de Janeiro

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Questa domenica, 26 ottobre, più di mille fedeli si sono radunati nel cuore di Rio de Janeiro per partecipare alla processione in onore di Cristo Re, in occasione del centenario dell’istituzione di questa festa da parte di Papa Pio XI nell’enciclica Quas Primas (1925). L’evento, caratterizzato da grande fervore, è stato organizzato dal Centro Culturale Permanência e dalla Fraternità San Pio X, con il sostegno del Centro Dom Bosco.  

Una testimonianza pubblica di fede nel cuore della città

Il raduno è iniziato a Cinelândia, nel centro di Rio de Janeiro, davanti al monumento del Santissimo Sacramento eretto nel 2024 dal Centro Dom Bosco. Alle 15:00 precise, il corteo è partito, preceduto dalla cavalleria della polizia militare, che ha guidato il corteo con rispetto e dignità.   Per circa due chilometri, i fedeli hanno accompagnato Nostro Signore con pietà, in spirito di riparazione e di proclamazione pubblica della sua regalità sulle società e sulle anime.   Le immagini mostrano una partecipazione particolarmente familiare, con numerosi bambini, giovani e genitori, a testimonianza della vitalità della fede trasmessa e vissuta quotidianamente.    

Messa pontificale all’arrivo

La processione si è conclusa in Praça das Crianças, sull’Aterro do Flamengo, dove Mons. Bernard Fellay, vescovo della FSSPX, ha celebrato una messa pontificale. È stato assistito da Dom Lourenço Fleichman (OSB), Dom Estevão (OSB) e Padre Montagut (superiore della Casa Autonoma della FSSPX in Brasile).   Secondo il Centro Dom Bosco, si tratta della “prima messa tradizionale celebrata in strada a Rio de Janeiro dopo il Congresso Eucaristico Internazionale del 1955”, un evento significativo per molti cattolici in Brasile, che stanno scoprendo sempre più la liturgia tradizionale.         Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagini da FSSPX.News
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Mons. Viganò: i traditori demoliscono la Chiesa dall’interno e spingono nell’eterna dannazione le anime

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha affidato a X una breve riflessioni sui recenti eventi che hanno segnato il mondo ecclesiastico.

 

«Prima abbiamo avuto la provocazione di una cresima conferita ad un pubblico concubinario omosessuale “sposato” civilmente con il proprio padrino. Presente – ovviamente – il cappellano LGBTQ+ James Martin sj. Poi, a distanza di poche ore, l’assist di Prevost: una coppia di omosessuali “sposati” civilmente ricevuta in udienza, con ostentati toni di cordialità».

 

«Non semplici operai né impiegati, ma i proprietari di una società che impiega l’Intelligenza Artificiale per funzionalità smart-home di lusso» scrive Viganò.

 

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Sua Eccellenza si riferisce all’udienza riservata concessa da Leone a una coppia omosessuale «coniugata» formata da Alex Capecelatro, amministratore delegato di della società di IA Josh.ai e Brian D. Stevens, benefattore e affiliato ai Cavalieri di Malta, pur nel contesto del suo controverso tenore di vita omosessuale.

 

«La sodomia viene così legittimata dall’alto, con le provocazioni dei vescovi gay-friendly e la tacita approvazione di Prevost» tuona monsignore.

 

«Tutto quanto sta accadendo nella chiesa sinodale segue uno schema ben preciso e ormai sono in molti a riconoscere la frode della chiesa conciliare-sinodale».

 

«È giunto il momento che sacerdoti e fedeli contestino con coraggio e fermezza il tradimento di chi – a iniziare da Leone – invece di guidare la Santa Chiesa custodendo e trasmettendo intatto il Deposito della Fede, la demolisce dall’interno e spinge nell’eterna dannazione le anime» esorta il prelato lombardo.

 

«La chiesa conciliare e sinodale NON È la Chiesa Cattolica in comunione con la quale abbiamo giurato di vivere e morire» conclude l’arcivescovo.

 

Nell’omelia del mercoledi delle Ceneri 2025 monsignore aveva parlato di «una società apostata, una classe politica corrotta e pervertita, una Gerarchia venduta e traditrice».

 

«Dinanzi a questa ribellione globale, e specialmente davanti al tradimento di chi è costituito in autorità, dobbiamo tornare più convintamente a vestire la nostra anima in cinere et cilicio, a prostrarci al cospetto del Signore e ripetere il grido dei nostri padri: Flectamus iram vindicem, ploremus ante Judicem; clamemus ore supplici, dicamus omnes cernui: Parce, Domine; parce populo tuo: ne in æternum irascaris nobis. Plachiamo l’ira vendicatrice, piangiamo di fronte al Giudice; chiamiamoLo con voce supplicante, prostrati diciamo tutti insieme: Perdona, Signore, perdona il Tuo popolo, e non rimanere in eterno adirato con noi».

 

In un’omelia all’inizio di questo mese Sua Eccellenza aveva descritto la battaglia della vera Chiesa contro «la sinagoga di Satana, l’antichiesa conciliare e sinodale» e i suoi «corrotti ministri» della «setta di traditori e rinnegati».

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

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Il vescovo Strickland denuncia Papa Leone e i vescovi per aver scandalizzato i fedeli

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Il vescovo Joseph Strickland, in un lungo post di venerdì su X, ha chiesto a Papa Leone XIV e a tutti i vescovi per quanto tempo ancora continueranno a servire due padroni e a «scandalizzare i piccoli» chiudendo un occhio sul peccato. Lo riporta LifeSite.   Nel suo post del 14 novembre, il vescovo emerito di Tyler, Texas, si è chiesto per quanto tempo i vescovi, la curia vaticana e il Santo Padre continueranno a scandalizzare i fedeli con la loro compiacenza nella celebrazione di liturgie irriverenti e sacrileghe, accogliendo «coppie» dello stesso sesso nella Chiesa senza chiamarle alla conversione, sottolineando l’accoglienza dei migranti senza affrontare gli effetti dell’immigrazione illegale sulle popolazioni native e, in definitiva, «fermandosi tra due padroni». (1Re 18, 21) Il vescovo ha sottolineato che ci sono macine pronte per essere distribuite a Papa Leone: un «carico di camion» per la curia romana e un «carico di carico» per la stragrande maggioranza dei vescovi del mondo che spesso scandalizzano i «piccoli». (Mt 18,6)   «Fino a quando zoppicherete tra due padroni? Se credete che Cristo è il Signore, allora seguiteLo! Se il mondo è il vostro padrone, allora andate da lui! Ma non profanate più il Suo santuario mentre tradite la Croce!», scrive il prelato texano.   «Vescovi, BASTA con i giochi! BASTA con le bugie. BASTA chiudere un occhio sui più piccoli! Un’enorme scorta di macine è pronta per essere distribuita tra voi», ha aggiunto. «Una per papa Leone, un camion pieno per la Curia in Vaticano e navi cargo piene per la stragrande maggioranza degli odierni successori degli Apostoli».  

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Sua Eccellenza ha osservato che, sebbene alcuni possano obiettare al fatto che egli «giudichi» questi principi della Chiesa, sono proprio questi successori degli Apostoli ad aver ripetutamente inflitto danni ai più piccoli.   «No fratelli, COME OSATE infliggere del male ai più piccoli ancora e ancora??» ha scritto il vescovo.   Approfondendo i modi specifici in cui i vescovi, compreso il vescovo di Roma, hanno scandalizzato i fedeli, Strickland ha osservato che essi deridono il Santo Sacrificio della Messa trasformandolo in poco più di una «cianfrusaglia» e spesso usano queste sacre liturgie per promuovere l’eresia.   «Voi fate del Sacro Sacrificio di Gesù Cristo, la Santa Messa, una cianfrusaglia, una merce di scambio per le tue connivenze mondane, una piattaforma per vomitare eresie e fare il piedino con il mondo», ha scritto monsignore.   In effetti, oltre alle irriverenti messe parrocchiali, negli Stati Uniti e in tutto il mondo vengono celebrate frequentemente diverse messe «dell’orgoglio» pro-LGBT e altre messe eterodosse, spesso senza un rimprovero da parte del vescovo celebrante e nel silenzio assoluto di Roma.   Strickland ha sottolineato come sacerdoti e vescovi scandalizzino spesso i fedeli accogliendo nella Chiesa «coppie» omosessuali, e come papa Leone conceda loro udienza senza invitarli al pentimento per la loro vita disordinata.   «Fate del male ai più piccoli quando accogliete coppie intrappolate nel peccato, ostentando la loro triste vita disordinata, e invece di chiamarle al pentimento in Gesù Cristo, chiacchierate di cose sciocche e venite acclamati per la vostra gentilezza», ha detto. «Li accogliete persino nel sacro santuario e stendete un velo di benedizione sullo sterco del loro peccato».   La scorsa settimana, il gesuita notoriamente pro-omotransessualista, padre James Martin, ha celebrato una messa di cresima per il corrispondente di ABC News, Gio Benitez, apertamente omosessuale, «sposato» con un altro uomo. Benitez ha persino attribuito a Martin il merito del suo ritorno alla Chiesa, sottolineando che il sacerdote dissidente lo aveva accolto nella Chiesa «esattamente come sono io». Il suo compagno, Tommy DiDario, che lui chiamava suo marito, gli ha fatto da padrino.   Durante l’assemblea autunnale dell’USCCB di questa settimana, Strickland ha messo in dubbio la cresima del conduttore televisivo apertamente gay.   «Non so quanti di noi abbiano visto sui social media», ha esordito Sua Eccellenza durante il question time. «Sacerdoti e altre persone si sono riuniti, celebrando apertamente la Cresima di un uomo che convive con un altro uomo. E la questione va affrontata».   La Conferenza Episcopale degli Stati Uniti si è rifiutata di rispondere alle preoccupazioni di Strickland. Al contrario, il presidente della sessione, il vescovo Daniel E. Flores, ha accolto la sua domanda, dicendo: «grazie, vescovo».   Flores è passato quindi rapidamente al punto successivo all’ordine del giorno, senza entrare nel merito dell’intervento né invitare il gruppo o gli altri vescovi a proseguire la discussione.

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Come riportato da Renovatio 21, papa Leone ha anche tenuto un’udienza privata con Alex Capecelatro, CEO di Josh.ai , e con il suo «marito» omosessuale Brian D. Stevens, un filantropo membro dei Cavalieri di Malta nonostante il suo scandaloso stile di vita in Vaticano questa settimana.   Durante l’udienza, la «coppia» omosessuale ha condiviso con il Papa quanto l’attivismo pro-LGBT di padre Martin «significhi per loro», al che Leo avrebbe «annuito con approvazione alla menzione di quel (cosiddetto) ministero», secondo Letters from Leo, un sito web scritto da un esponente del Partito Democratico, Christopher Hale.   Hale ha inoltre sottolineato che Leo non ha chiarito l’insegnamento della Chiesa durante l’udienza, ma è sembrato accettare i due omosessuali così come sono.   Infine, Strickland ha osservato che i vescovi hanno esortato i fedeli ad accogliere i «migranti» e si sono fermamente opposti all’applicazione della legge sull’immigrazione, ma la maggior parte non ha voluto parlare delle orde di criminali che attraversano illegalmente il confine.   «Fate del male ai più piccoli quando promuovete l’illegalità e chiudete un occhio sugli stupri, gli omicidi e gli attacchi di criminali nefasti che attraversano i confini aperti», ha detto. «Alcuni dei più piccoli vengono coinvolti in queste migrazioni di massa e calpestati mentre cercano una vita migliore. Alcuni dei più piccoli vedono le loro case e le loro città invase mentre i pastori dicono ‘dobbiamo accogliere lo straniero’, e poi lasciano libero sfogo a predoni e criminali».   Da quando Trump è tornato alla Casa Bianca a gennaio, i vescovi statunitensi, Papa Francesco e poi Papa Leone hanno ripetutamente denunciato i tentativi della sua amministrazione di frenare l’immigrazione di massa. Papa Leone ha ripetutamente affermato che i fedeli saranno giudicati per come «accolgono lo straniero», e ha persino suggerito falsamente che sostenere il presunto «trattamento disumano degli immigrati negli Stati Uniti» sotto Trump equivalga a sostenere l’aborto.   Come ha osservato Strickland, la stragrande maggioranza dei prelati cattolici, pur affermando correttamente che i paesi hanno l’obbligo di trattare tutti i migranti con dignità umana, ha ampiamente omesso di menzionare la questione dei crimini efferati commessi dai membri della gang MS-13 e da altri che entrano illegalmente negli Stati Uniti, e di come questi stiano violando la dignità umana dei suoi cittadini.   Anche altri vescovi hanno criticato le politiche di apertura delle frontiere della maggior parte delle nazioni occidentali.   Come riportato da Renovatio 21, ad inizio anno il vescovo kazako Athanasius Schneider ha parlato di un’Europa «neocomunista» e «massonica» che utilizza le migrazioni usate dalle élite per distruggere l’identità cristiana.

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