Geopolitica
Il neopresidente iraniano dice a Parolin che Teheran ha il «legittimo diritto» di punire Israele
Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha ribadito l’intenzione del suo Paese di punire Israele per la sua «aggressione» in merito a quello che ha definito il «codardo» assassinio del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh, avvenuto a Teheran alla fine di luglio.
In una telefonata con il segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, lunedì, Pezeshkian ha detto che l’assassinio ha violato «tutti i principi umanitari e legali» e che l’Iran «ha il legittimo diritto» di vendicarsi. Israele non ha né confermato né negato il coinvolgimento nell’omicidio.
Lo Haniyeh, che era il capo negoziatore del gruppo militante nei colloqui indiretti di cessate il fuoco di Gaza con Israele, è stato ucciso da un «proiettile a corto raggio» che ha colpito l’edificio in cui alloggiava durante la sua visita in Iran per l’insediamento di Pezeshkian. Teheran e Hamas hanno entrambi accusato lo Stato degli ebrei di aver compiuto l’assassinio e hanno promesso di punire Israele per il presunto crimine.
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«Secondo tutte le norme e i regolamenti internazionali, il diritto di rispondere a un aggressore è riservato a qualsiasi paese che sia stato sottoposto ad aggressione», ha affermato, secondo l’agenzia di stampa IRNA. Ha aggiunto che il sostegno occidentale a Israele e il silenzio internazionale sui suoi crimini «lo incoraggiano a continuare» a commetterli.
L’assassinio di Haniyeh ha ulteriormente aumentato le tensioni tra Teheran, che ha sostenuto Hamas durante l’offensiva israeliana a Gaza, e lo Stato Ebraico, che ha giurato di annientare il gruppo militante. Israele ha precedentemente confermato di aver «eliminato» Fuad Shukr, un comandante di alto rango di Hezbollah con base in Libano, anch’esso sostenuto dall’Iran.
Entrambe le uccisioni hanno scatenato preoccupazioni globali per una guerra in piena regola tra Iran e Israele. Lunedì, i leader di Francia, Germania e Regno Unito hanno invitato l’Iran e i suoi alleati «ad astenersi da attacchi che potrebbero ulteriormente aumentare le tensioni regionali» in una dichiarazione congiunta.
In una telefonata con Pezeshkian, il primo ministro britannico Keir Starmer ha chiesto al leader iraniano di astenersi dall’attaccare Israele, avvertendo che c’era un «grave rischio di errore di calcolo e che ora era il momento di una calma e attenta riflessione», secondo una dichiarazione del suo ufficio. Anche il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno parlato con Pezeshkian lo stesso giorno, secondo quanto riportato dai media, entrambi chiedendo anche loro una de-escalation.
Ieri il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanaani ha respinto gli appelli definendoli «privi di logica politica» e «contraddittori dei principi del diritto internazionale».
L’Iran, ha detto il portavoce, «non chiederà a nessuno il permesso di esercitare i suoi diritti inalienabili… Se questi Paesi vogliono davvero la pace e la stabilità nella regione, devono parlare senza riserve contro le provocazioni del regime israeliano e l’incitamento al conflitto», ha detto Kanaani in una conferenza stampa.
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Come riportato da Renovatio 21, testate arabe hanno scritto che gli USA avevano assicurato a Hezbollah che Israele non avrebbe effettuato una «grande offensiva»: invece ha ucciso uno dei vertici del movimento sciita a Beirut.
Tre settimane fa Hezbollah ha inviato in Israele 200 razzi e sciami di droni. Bombardamenti di caccia israeliani erano continuati anche il mese scorso.
Secondo quanto riportato, diecine di generali israeliani di alto rango vorrebbero che il primo ministro Benjamin Netanyahu raggiungesse un accordo di tregua con Hamas, in modo da potersi preparare a una potenziale guerra con Hezbollah in Libano.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio 2024 è emerso che una valutazione segreta della Defense Intelligence Agency (DIA) di Washington avrebbe rilevato che le forze israeliane potrebbero trovare «difficile avere successo» in una guerra su due fronti contro Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano.
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Immagine di Islamic Republic of Iran Presidency via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication
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Trump: Zelens’kyj deve essere «realista»
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Geopolitica
Gli Stati Uniti sequestrano una petroliera al largo delle coste del Venezuela
Il procuratore generale statunitense Pam Bondi ha annunciato il sequestro di una petroliera sospettata di trasportare greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran.
L’operazione, condotta al largo delle coste venezuelane, si inserisce in un’escalation delle attività militari americane nella regione, unitamente a raid contro quelle che Washington qualifica come imbarcazioni legate ai cartelli della droga.
«Oggi, l’FBI, la Homeland Security Investigations e la Guardia costiera degli Stati Uniti, con il supporto del Dipartimento della Difesa, hanno eseguito un mandato di sequestro per una petroliera utilizzata per trasportare petrolio greggio proveniente dal Venezuela e dall’Iran», ha scritto Bondi su X mercoledì.
Ha precisato che la nave era stata sanzionata «a causa del suo coinvolgimento in una rete di trasporto illecito di petrolio a sostegno di organizzazioni terroristiche straniere».
Nel video diffuso da Bondi si vedono agenti delle forze dell’ordine, pesantemente armati, calarsi dall’elicottero sulla tolda della nave. Secondo il portale di tracciamento MarineTraffic e vari media, l’imbarcazione è stata identificata come «The Skipper», che batteva bandiera della Guyana. Fonti come ABC News riportano che la petroliera, con una capacità fino a 2 milioni di barili di greggio, era diretta a Cuba.
Today, the Federal Bureau of Investigation, Homeland Security Investigations, and the United States Coast Guard, with support from the Department of War, executed a seizure warrant for a crude oil tanker used to transport sanctioned oil from Venezuela and Iran. For multiple… pic.twitter.com/dNr0oAGl5x
— Attorney General Pamela Bondi (@AGPamBondi) December 10, 2025
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Gli Stati Uniti avevano sanzionato la The Skipper già nel 2022, accusandola di aver contrabbandato petrolio a beneficio del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana e del gruppo militante libanese Hezbollah.
Un gruppo di parlamentari statunitensi ha di recente sollecitato un’inchiesta sugli attacchi condotti su oltre 20 imbarcazioni da settembre, ipotizzando che possano configurare crimini di guerra.
Il senatore democratico Chris Coons, intervistato martedì su MSNBC, ha accusato Trump di «trascinarci come sonnambuli verso una guerra con il Venezuela». Ha argomentato che l’obiettivo reale del presidente sia l’accesso alle risorse petrolifere e minerarie del paese sudamericano.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha rigettato le affermazioni di Trump sul presunto ruolo del suo governo nel narcotraffico, ammonendo Washington contro l’avvio di «una guerra folle».
Il Venezuela ha denunciato gli Stati Uniti per pirateria di Stato dopo che la Guardia costiera americana, coadiuvata da altre forze federali, ha abbordato e sequestrato una petroliera sanzionata nel Mar dei Caraibi.
Caracas ha reagito con durezza, definendo l’intervento «un furto manifesto e un atto di pirateria internazionale» finalizzato a sottrarre le risorse energetiche del Paese.
«L’obiettivo di Washington è sempre stato quello di mettere le mani sul nostro petrolio, nell’ambito di un piano deliberato di saccheggio delle nostre ricchezze», ha dichiarato il ministro degli Esteri Yvan Gil.
Il governo venezuelano ha condannato gli «arroganti abusi imperiali» degli Stati Uniti e ha giurato di difendere «con assoluta determinazione la sovranità, le risorse naturali e la dignità nazionale».
Da anni Caracas considera le sanzioni americane illegittime e contrarie al diritto internazionale. Il presidente Nicolas Maduro le ha definite parte del tentativo di Donald Trump di rovesciarlo e ha respinto come infondate le accuse di legami con i narcos, avvertendo che qualsiasi escalation militare condurrebbe a «una guerra folle».
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Immagine screenshot da Twitter
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