Geopolitica
Israele bombarda Beirut
Un edificio a Beirut, Libano, è stato distrutto in quello che Israele ha definito un attacco mirato a un comandante di Hezbollah. L’attacco ha sollevato preoccupazioni su una guerra più ampia nella regione.
I media libanesi hanno riferito dell’esplosione nel quartiere di Beirut di Haret Hreik martedì sera, mentre i media israeliani hanno identificato l’area presa di mira come Dahieh. Non è chiaro se siano stati coinvolti aerei o droni.
Le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno confermato l’attacco e hanno affermato che aveva come bersaglio il comandante di Hezbollah responsabile dell’attacco di sabato a un villaggio sulle alture del Golan «e dell’uccisione di numerosi altri civili israeliani».
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant – che aveva parlato di offensiva «immediata» sul Libano già due settimane fa – aveva affermato che colpendo il villaggio di Majdal Shams, Hezbollah ha «oltrepassato la linea rossa», riecheggiando i recenti commenti del ministro degli Esteri Israel Katz.
???????????????????? HOLY SHIT. ISRAEL JUST BOMBED BEIRUT, LEBANON. pic.twitter.com/uQQBRi3vYz
— Jackson Hinkle ???????? (@jacksonhinklle) July 30, 2024
BREAKING:
Israel bombed one of the most densely populated areas in Beirut, Lebanon, deliberately targeting civilian zones.
This is not “self-defense”. This is terrorism. pic.twitter.com/CkNsFLbXN9
— sarah (@sahouraxo) July 30, 2024
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Dodici persone sono morte nel villaggio druso di Majdal Shams sabato, la maggior parte bambini, quando un razzo ha colpito un campo da calcio. L’IDF ha incolpato Hezbollah, che ha negato la responsabilità. Il gruppo militante sciita ha affermato che avrebbe risposto a qualsiasi attacco israeliano.
I media israeliani hanno identificato l’obiettivo come Fuad Shukr, alias Hajj Mohsin, descrivendolo come un «consigliere senior» del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, comandante del progetto missilistico di precisione del gruppo e ricercato dagli Stati Uniti per il suo ruolo nel bombardamento della caserma dei Marines a Beirut nel 1983.
Da mesi Israele e Hezbollah si scambiano razzi e droni, costringendo all’evacuazione di circa 200.000 residenti su entrambi i lati del confine.
Lo Stato Ebraico ha minacciato un’operazione militare contro Hezbollah per mesi, anche se ha continuato l’offensiva contro Hamas a Gaza. Il presidente Isaac Herzog ha detto all’inizio di giugno che «l’aggressione terroristica di Hezbollah deve essere fermata» e che il mondo non dovrebbe sorprendersi quando Israele agisce.
Tre settimane fa Hezbollah ha inviato in Israele 200 razzi e sciami di droni. Bombardamenti di caccia israeliani erano continuati anche il mese scorso.
Il New York Times ad inizio mese aveva riportato che i generali israeliani vorrebbero un cessate il fuoco con Hamas per potersi concentrare sulla milizia sciita libanese.
Come riportato da Renovatio 21, Israele da mesi discute di una nuova invasione del Libano. Nelle ultime ore la Turchia parla invece di un’invasione di Israele da parte delle sue truppe. L’Iran continua a parlare di «guerra di annientamento» contro lo Stato Giudaico.
La situazione in Medio Oriente è completamente fuori controllo. Forse, tuttavia, il piano era quello.
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Putin: l’Oriente è meglio dell’Occidente
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L’Iran dice di essere pronto a inviare truppe in Siria
Teheran prenderebbe in considerazione un dispiegamento militare completo per aiutare la Siria se il governo di Damasco lo richiedesse, ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi.
Il ministro Araghchi ha fatto queste dichiarazioni durante un’intervista rilasciata al quotidiano qatariota Al-Araby Al-Jadeed, mentre tornava dalla Turchia lunedì sera.
«Se il governo siriano chiederà all’Iran di inviare truppe in Siria, prenderemo in considerazione la richiesta», ha affermato l’Araghchi.
Teheran sta preparando «una serie di misure per calmare la situazione in Siria e trovare l’opportunità di presentare un’iniziativa per una soluzione permanente», ha aggiunto.
I militanti dell’affiliata di al-Qaeda Hayat Tahrir-al-Sham (HTS) e altri gruppi islamisti hanno lanciato un’offensiva su larga scala dalla provincia di Idlib verso Aleppo, Hama e Homs la scorsa settimana. Idlib è sotto la protezione turca da quando è stato negoziato un cessate il fuoco con la Russia nel 2020.
L’espansione di questi gruppi terroristici «potrebbe danneggiare i paesi confinanti con la Siria, come Iraq, Giordania e Turchia, più dell’Iran», ha detto Araghchi al quotidiano di Doha.
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Teheran è disposta a «consultare e dialogare» con Ankara per superare le loro divergenze, ha osservato Araghchi, ma ha detto che l’Iran chiede il ritiro delle truppe turche dalla Siria prima che possa aver luogo qualsiasi incontro tra i loro presidenti. Secondo il ministro degli Esteri iraniano, questa è una richiesta «ragionevole».
L’Iran è «preoccupato per il crollo del processo di Astana in Siria, perché non c’è un’alternativa facile», secondo Araghchi. Questo era un riferimento all’accordo firmato nel 2017 nella capitale del Kazakistan, in cui i governi di Damasco, Ankara, Teheran e Mosca si sono impegnati a lavorare per risolvere pacificamente il conflitto siriano.
Araghchi ha anche affermato che intende recarsi a Mosca per discutere della situazione in Siria.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che Ankara sostiene «l’integrità territoriale e l’unità nazionale della Siria», ma che per porre fine al conflitto è necessario un «consenso in linea con le legittime richieste del popolo siriano». Il suo ministro degli Esteri, Hakan Fidan, ha affermato lunedì che le ostilità sono riprese perché Damasco ha ignorato le «legittime richieste dell’opposizione».
Nel frattempo, la Russia ha ribadito il suo sostegno al presidente siriano Bashar Assad e al governo di Damasco.
La forza di spedizione russa, dispiegata in Siria nel 2015 per aiutare Damasco nella lotta contro i terroristi dell’ISIS), ha effettuato una serie di attacchi aerei contro i jihadisti a sostegno dell’esercito siriano.
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L’ex ministro della Difesa israeliano: lo Stato Ebraico commette «crimini di guerra»
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