Economia
Orban dice che Ungheria e Serbia possono entrare in guerra contro chi farà saltare il loro gasdotto
L’Ungheria non rimarrebbe in silenzio se le sue rotte di approvvigionamento energetico venissero sabotate, a differenza della Germania, ha detto il primo ministro Viktor Orban a Tucker Carlson in un’intervista rilasciata mercoledì su canale Twitter del giornalista statunitense.
Parlando della distruzione del gasdotto russo-tedesco Nord Stream, Orban ha ricordato che Budapest aveva immediatamente bollato l’incidente come un attacco terroristico quando ebbe luogo lo scorso settembre. Tuttavia, la Germania e l’Europa occidentale rifiutarono la definizione, usando parole vaghe.
Tuttavia, avverte il premier magiaro, «c’è un altro gasdotto… che porta il gas dalla Russia attraverso il corridoio meridionale alla Turchia, Bulgaria, Serbia, e Ungheria. Insieme al presidente serbo [Aleksandar Vucic] abbiamo chiarito che se qualcuno vorrà fare la stessa cosa con il corridoio meridionale, come è stato fatto con quello settentrionale, lo considereremo un motivo di guerra», ha affermato Orban. «Probabilmente puoi farlo con i tedeschi, ma non puoi farlo con questa regione».
Viktor Orban has suggested immediate invocation of war should the South Stream gas pipeline come under attack like the Nord Stream pipeline was attackedpic.twitter.com/1vbE9FxyX4
— The Witness UK (@WitnessNewsUK) August 30, 2023
Carlson ha insistito sul fatto che era «molto ovvio» che l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden avesse distrutto i gasdotti Nord Stream, direttamente o tramite procura – un’affermazione che la Casa Bianca ha costantemente negato. Orban ha lasciato intendere di essere d’accordo con la valutazione di Carlson.
Quando l’ex presentatore di Fox News ha chiesto se Orban avesse discusso con la Russia il suo avvertimento sul gasdotto TurkStream, il primo ministro ha risposto che il messaggio non era diretto a Mosca.
Il giornalista investigativo premio Pulitzer Seymour Hersh ha affermato a febbraio che dietro l’attacco al Nord Stream c’erano gli Stati Uniti e che la Norvegia aveva collaborato all’operazione. Ha inoltre suggerito che Washington avesse individuato un’opportunità per recidere i legami economici tedeschi con la Russia nel mezzo della crisi ucraina, e che la distruzione dei collegamenti energetici avrebbe assicurato che Berlino sarebbe stata più compiacente. Come nel caso di Washington, Olso ha negato le accuse.
Sulla base di indiscrezioni ufficiali, i media occidentali hanno pubblicato un’ulteriore versione dei fatti, che indicherebbe che dietro al sabotaggio un fantomatico «gruppo filo-ucraino». I principali organi di informazione tedeschi hanno fatto affermazioni simili ancora la scorsa settimana, affermando che le prove nel caso indicano fortemente il coinvolgimento di Kiev. Putin aveva bollato le speculazioni tedesche come «complete assurdità».
Funzionari russi hanno affermato che gli Stati Uniti sono stati i maggiori beneficiari della distruzione dei gasdotti Nord Stream. I produttori americani di gas naturale liquefatto hanno preso il controllo del mercato dell’Europa occidentale, che in precedenza era rifornito da grandi quantità di carburante russo assai più economico.
Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso i russi hanno dichiarato che Kiev era interessata anche alla distruzione del gasdotto TurkStream, e del progetto vi era sentore anche per quanto riguarda la parte americana: l’ambasciatore USA George Pyatt, quello che era a Kiev durante Maidan, fu mandato in Turchia, Romania e Bulgaria, facendo presumere che la visita transnazionale potesse avere a che fare con la chiusura anche di questo gasdotto che porta il combustibile russo in Europa.
Ancora più impressionanti furono le rivelazioni fatte dal Washington Post, che scrisse come Zelens’kyj stesse elaborando un piano per chiudere altre forniture russe all’Ungheria di Orban.
In un incontro con il vice primo ministro Yulia Svridenko a febbraio, il presidente ucraino avrebbe suggerito all’Ucraina di «far saltare in aria» l’oleodotto Druzhba («amicizia», in russo), che trasporta il petrolio russo in Ungheria. «L’Ucraina dovrebbe semplicemente far saltare in aria l’oleodotto e distruggere… l’industria ungherese di Viktor Orban, che si basa pesantemente sul petrolio russo» avrebbe detto Zelens’kyj secondo il Washington Post che ha visionato i documenti.
Notiamo che l’Ungheria è un membro della NATO, l’Ucraina non ancora. Quindi: in caso di attacco di Kiev a Budapest, scatterebbe l’articolo 5 del Patto Atlantico, e tutti i Paesi NATO si ritroverebbero a combattere l’Ucraina?
Immagine screenshot da Twitter
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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