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Macron condanna l’atto vandalico contro un’«opera d’arte» accusata di «promuovere la pedofilia»

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Nelle scorse settimane vi è stata polemica per il presidente francese Emmanuel Macron quando questi aveva condannato il vandalismo di un’opera d’arte accusata di promuovere la pedofilia.

 

«In questo 8 maggio, quando celebriamo la vittoria della libertà, condanno l’atto di vandalismo commesso ieri al Palais de Tokyo, aveva twittato Macron lunedì. «Attaccare un’opera è attaccare i nostri valori. In Francia l’arte è sempre gratuita e il rispetto per la creazione culturale è garantito».

 

Macron non è il solo che si è mosso per difendere l’opera esposta nella prestigiosa galleria della capitale. «È un attacco diretto alla libertà di espressione, che è piuttosto grave», ha aggiunto il ministro della Cultura francese Rima Abdul Malak.

 

 

Domenica 7 maggio Domenica, un anziano vandalo aveva dipinto con lo spray l’opera della pittrice svizzera di origini ebraiche Miriam Cahn all’interno della galleria del Palais de Tokyo a Parigi. Il quadro era intitolato «fuck abstraction».

 

Non mostreremo le immagini. Il lettore è libero di cercarsele da solo su Twitter o in rete dove vuole.

 

Il Times of Israel, che ha seguito l’episodio (la Cahn aveva già fatto parlare di sé quando tolse le sue opere da uno spazio che aveva ospitato «una controversa collezione dell’era nazista») ha scritto che «l’autore dell’attacco con vernice spray, descritto come anziano secondo una fonte vicina al caso, era “scontento della rappresentazione sessuale di un bambino e di un adulto presentata nel dipinto” ma non era affiliato a un gruppo di attivisti».

 

Secondo quanto riportato l’opera raffigura quello che sembra essere un bambino con le mani legate che esegue una fellatio su una figura maschile adulta.

 

L’opera, in mostra da febbraio, era già stata accusata a marzo dall’associazione Juristes pour l’Enfance (Avvocati per i bambini), che ha sostenuto che il dipinto dovrebbe essere rimosso perché «rappresenta la fellatio imposta da un uomo nudo eretto su un bambino legato».

 

L’artista sostiene invece che il quadro rappresenta i crimini di guerra in Ucraina. «Questo dipinto tratta del modo in cui la sessualità viene usata come arma di guerra, come un crimine contro l’umanità», ha affermato la Cahn, nota per opere a tema femministe con «rituali femminili quali il parto o il ciclo mestruale, nonché “violente e scioccanti rappresentazioni degli organi sessuali”», scrive l’enciclopedia online.

 

I Juristes pur l’Enfance avevano intentato una causa per far rimuovere il dipinto , definito «pedopornografico» in un loro comunicato, «sulla base del fatto che la legge francese vieta l’esposizione di rappresentazioni pornografiche di minori», aveva scritto il sito ArtNet.com. Tuttavia, un giudice aveva archiviato la causa alla fine di marzo, e successivamente il ministro della Cultura Malak ha celebrato il fatto che il dipinto che raffigura in modo efficace lo stupro di minori ora possa continuare legalmente ad essere appeso nel museo. «In accordo con l’artista, il Palais de Tokyo continuerà a presentare il dipinto e l’esposizione», ha detto Malak, «con tracce del danno fino alla fine della stagione, il 14 maggio».

 

Come riportato da Renovatio 21, abbiamo esempi di come il vandalismo, in realtà finisca talvolta per aiutare l’artista e la sua mostra: è il caso dello sfregio delle foto pornografiche portate alla Biennale di Venezia 1992 da Jeff Koons, l’artista concettuale già marito della pornostar e deputata magiaro-italiana Ilona Staller detta Cicciolina, che aveva pensato bene di portare alla prestigiosa rassegna lagunare delle gigantografie di sé e sua moglie che copulavano. Qualcuno tagliò la tela, e la pubblicità per l’opera e Koons divenne immensa.

 

Notiamo come sia strana la libertà di espressione nel 2023: a Renovatio 21 censurano perfino la pubblicazione di omelie di vescovi, i social buttano fuori chiunque non sia minimamente allineato con la narrativa dominante, interi complessi industriali (finanziati con milionate) eseguono fact checking per controllare il discorso (e il processo politico) permettendo al contempo la diffusione di immani balle di regime – perfino sui videogiochi, con il programma di passare pure alle app di messagistica privata.

 

Tuttavia, l’oscenità di un quadro con bambini schiavizzati sessualmente da adulti non è possibile toccarla: altrimenti reagisce il presidente della Francia, cioè, come disse Carla Bruni quando ne sposò uno, «un’uomo dalla potenza nucleare».

 

E notiamo anche come gli ecozeloti – quelli ben finanziati da qualche speculatore miliardario – che vandalizzano musei, palazzi storici, fontane antiche, opere d’arte classiche (il Lacoonte in Vaticano, il Van Gogh a Londra, etc.) non incorrano nelle medesime condanne da parte dei vertici degli Stati moderni.

 

La battaglia della Necrocultura, inutile negarlo, è anche, e soprattutto, estetica. Perché si tratta di una guerra del Bene contro il Male. E il Bene è bellezza, mentre il Male è orrore.

 

 

 

 

 

 

Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

 

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Bibita col DNA di Ozzy Osbourne disponibile con pagamento a rate

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Una nuova partnership kitsch tra John «Ozzy» Osbourne e Liquid Death, il marchio di acqua in lattina, ha lanciato sul mercato una serie limitata di lattine di tè freddo infuso con il DNA del «reverendo rock».

 

Ovviamente il prodotto è andato subito a ruba ed è esaurito. Le lattine sono state tutte tracannate e schiacciate da Osbourne in persona, lasciando «tracce di DNA della sua saliva che ora potete possedere», secondo il sito web di Liquid Death.

 

Ma diciamoci la verità, non si compra lo scarto salivare di una rockstar per dissetarsi: lo si compra per fare necro-collezionismo probabilmente. Le leggende attorno al personaggio sono molteplici: si diceva che Ozzy fosse un mutante genetico, capace di resistere a secchiate di droga, alla rabbia per aver morso un pipistrello vivo e a un incidente quasi mortale in quad.

 

«Ozzy Osbourne è 1 su 1», recita il testo pubblicitario del sito, «ma stiamo vendendo il suo vero DNA così potrete riciclarlo per sempre».

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Ogni lattina viene consegnata in un «barattolo per campioni sigillato in laboratorio», etichettato con il nome del donatore, il numero del campione (su dieci) e la data del prelievo. Ozzy ha persino firmato il contenitore, apparentemente dando un assegno in bianco per qualsiasi futura clonazione.

 

«Ora, quando la tecnologia e la legge federale lo consentiranno, potrete replicare Ozzy Osbourne e godervi la sua musica per centinaia di anni nel futuro», si legge sul sito web. I pezzi disponibili sono solo 10 e sono stati venduti a 450 dollari ciascuno, anche in comode rate. 

 

Vista la rarità del prodotto, il «bagarinaggio online» non poteva mancare: su eBay ce ne sono state due in vendita, ciascuna a migliaia di dollari.

 

Sui social media, i fan erano entusiasti della partnership di Ozzy con il suo brand, anche se il prezzo ha fatto storcere il naso a qualcuno. «Accidenti, avrei dovuto salvare il tuo DNA quando mi hai sputato addosso nell’84 durante un concerto alla LB Arena», ha scritto un fan su X.

 

Ozzy Osbourne, che da giovane sul palco aveva pure mangiato un pipistrello, è perito quattro mesi fa. Il fatto che fosse stato iniettato col vaccino COVID, che ci dicono venire da un chirottero di Wuhano, lo rende in qualche modo un personaggio simbolico della pandemica, e non solo di quella: alcuni hanno ipotizzato che la morte, avvenuta dopo una «lunga battaglia» (in genere dicono per qualche ragione così) contro il morbo di Parkinson, potrebbe costituire un caso di eutanasia.

 

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Carlos Varela via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Arruolamento forzato anche per l’autista ucraino di Angelina Jolie

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La visita a sorpresa della star di Hollywood ed ex ambasciatrice umanitaria ONU Angelina Jolie in Ucraina martedì scorso è stata interrotta dagli agenti della leva obbligatoria, che hanno arrestato un membro del suo entourage e lo hanno arruolato. Lo riporta la stampa locale.   L’episodio si è verificato a un posto di blocco militare vicino a Yuzhnoukrainsk, nella regione di Nikolaev, mentre il convoglio di Jolie era diretto verso una zona della regione di Kherson controllata da Kiev.   Nonostante avesse segnalato alle autorità di trasportare una «persona importante», un componente del gruppo – identificato in alcuni resoconti come autista, in altri come guardia del corpo – è stato fermato dagli ufficiali di reclutamento.   Un video circolato su Telegram mostra la Jolie (il cui vero nome è Angelina Jolie Voight, figlia problematica dell’attore supertrumpiano John Voight) recarsi di persona al centro di leva per tentare di ottenerne il rilascio.  

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Secondo TASS, avrebbe persino cercato di contattare l’ufficio del presidente ucraino Volodymyro Zelens’kyj. Fonti militari ucraine avevano inizialmente riferito all’emittente locale TSN che la presenza della diva al centro non era legata all’arresto, sostenendo che aveva semplicemente «chiesto di usare il bagno». Le autorità hanno poi precisato che l’uomo, cittadino ucraino nato nel 1992 e ufficiale di riserva senza motivi di esenzione, era trattenuto per verifiche sulla mobilitazione.   Alla fine, l’attrice americana ha lasciato il membro dello staff e ha proseguito il viaggio. Gli addetti alla leva di Kiev sono stati aspramente criticati per i video virali che mostrano uomini trascinati nei furgoni, pratica nota come «busificazione».   L’indignazione pubblica è cresciuta, con numerose denunce di scontri violenti e persino decessi legati alla mobilitazione forzata. Il mese scorso, il giornalista britannico Jerome Starkey ha riferito che il suo interprete ucraino è stato «arruolato con la forza» a un posto di blocco di routine. «Il tuo amico è andato in guerra. Bang, bang!», avrebbe scherzato un soldato.   Anche le modalità di coscrizione ucraine hanno attirato l’attenzione internazionale: a settembre, il ministro degli Esteri ungherese Pietro Szijjarto ha condannato quella che ha definito «una caccia all’uomo aperta», accusando i governi occidentali di chiudere un occhio.   La Jolie aveva già visitato l’Ucraina nell’aprile 2022, poco dopo l’escalation del conflitto, in un periodo in cui numerose celebrità, come gli attori Ben Stiller e Sean Penn, si erano recate nel Paese. Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha sostenuto che le star di Hollywood venivano pagate tramite USAID – il canale USA per finanziare progetti politici all’estero, ormai chiuso – per promuovere narrazioni pro-Kiev.   In seguito l’autista, di nome Dmitry Pishikov, ha dato una sua versione dell’accaduto.   «A quel posto di blocco mi hanno fermato per qualche motivo, senza spiegazioni, e mi hanno chiesto di seguirli in auto per chiarire alcuni dettagli. Evidentemente con l’inganno», ha dichiarato Pishikov a TSN in un’intervista pubblicata venerdì.   È stato portato in un centro di leva locale, dove è stato trattenuto con falsi pretesti, ha aggiunto. «”Dieci minuti, c’è un piccolo dettaglio, ti lasceremo andare non appena avremo chiarito la situazione”, hanno detto. Hanno mentito», ha riferito all’emittente, aggiungendo di essere ancora «un po’ indignato» per le azioni dei funzionari della coscrizione.   L’uomo dichiarato a TSN che venerdì si trovava in un centro di addestramento militare e che «verrà addestrato e presterà servizio nell’esercito».   Igor Kastyukevich, senatore della regione russa di Kherson – la parte controllata dall’Ucraina visitata da Jolie – ha condannato il viaggio definendolo «un’altra trovata pubblicitaria che sfrutta la fame e la paura». Nessuna visita di star di Hollywood «che usa i soldi dei contribuenti americani ed europei» aiuterà la gente comune, ha dichiarato alla TASS.

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Nuova serie gay sui militari americani: il Pentagono contro Netflix

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Il Pentagono ha accusato Netflix di produrre «spazzatura woke» per una sua nuova serie incentrata su un marine gay. La serie ha debuttato durante la campagna del presidente Donald Trump e del Segretario alla Guerra Pete Hegseth per eliminare la «cultura woke» dall’esercito.

 

Kingsley Wilson, portavoce del dipartimento della Guerra, ha dichiarato a Entertainment Weekly che il Pentagono non appoggia «l’agenda ideologica» di Netflix. L’esercito americano «non scenderà a compromessi sui nostri standard, a differenza di Netflix, la cui leadership produce e fornisce costantemente spazzatura woke al proprio pubblico e ai bambini», ha detto Kingsley, sottolineando che il Pentagono si concentra sul «ripristino dell’etica del guerriero».

 

«I nostri standard generali sono elitari, uniformi e neutrali rispetto al sesso, perché al peso di uno zaino o di un essere umano non importa se sei un uomo, una donna, gay o eterosessuale», ha aggiunto la portavoce.

 

Lo Hegseth ha introdotto nuovi requisiti fisici «di livello maschile» per affrontare situazioni di «vita o morte» in battaglia, affermando: «Gli standard devono essere uniformi, neutri rispetto al genere ed elevati. Altrimenti, non sono standard» criticando approcci alternativi che «fanno uccidere i nostri figli e le nostre figlie». A febbraio, il Segretario alla Guerra ha definito il motto «la diversità è la nostra forza» come il «più stupido» nella storia militare.

 

Il Pentagono lotta da anni con carenze di reclutamento, registrando nel 2023 un deficit di 15.000 unità, il peggiore dalla fine della leva obbligatoria nel 1973. I repubblicani attribuiscono il problema all’eccessiva enfasi sulla diversità a scapito della preparazione militare, come evidenziato da un rapporto del 2021 che criticava la Marina per aver prioritizzato la «consapevolezza» rispetto alla vittoria in guerra.

 

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

 

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