Arte
La fantascienza distopica e profetica di Primo Levi
Il nome di Primo Levi è indubbiamente di primo piano nella cultura italiana ufficiale. Il suo volume più celebre, Se questo è un uomo, viene fatto leggere nelle scuole perlomeno dagli anni ’80 dello scorso secolo, ed è proprio a questo volume che parla della esperienza tragica nei lager nazisti che lo scrittore ebreo torinese deve la sua fama.
Tuttavia, Levi scrisse numerose altre opere, tra cui una interessante raccolta di racconti fantascientifici, che inspiegabilmente non è da tempo ripubblicata.
Difficilmente i lettori potranno reperirla, ma questa non vuole essere la recensione di segnalazione di un libro da acquistare, ma di un’opera che va assolutamente riscoperta, a costo di andare a cercarla in qualche biblioteca.
Vizio di forma è il titolo di questa raccolta pubblicata per la prima volta presso Einaudi nel 1971. Non è così strano che Levi si interessasse di fantascienza. Era un biologo e, negli anni in cui scrisse questi racconti, le scienze stavano facendo passi da gigante e sembravano proiettare il mondo verso uno straordinario futuro. Nel 1969 l’uomo era sbarcato sulla Luna, e scrittori-scienziati come Isaac Asimov dominavano con la loro immaginazione la scena della narrativa di genere.
Può stupire che lo scrittore che aveva descritto lo scenario concentrazionario dei lager, che godeva di una rendita di posizione intellettuale nel mondo della Sinistra, si dedicasse a un genere letterario considerato «di evasione», ma in realtà Levi realizza dei racconti di un tipo di fantascienza che non è solo tecnologia immaginifica, fatta di astronavi e spade laser, ma la sua è una narrazione di tipo distopico, ovvero una utopia negativa, per cui il futuro non sarà solo fatto di mirabolanti scoperte scientifiche, ma presenterà degli inquietanti scenari sociali.
Da questo punto di vista le riflessioni di Levi sono estremamente interessanti: un uomo che ha conosciuto gli orrori del nazismo ci descrive scenari di diverse dittature, non meno terribili e pericolose. Questo tipo di narrativa ha espresso a livello internazionale opere importanti, capolavori di autori come Orwell, Huxley, Benson, Bradbury. Per loro immaginare il futuro diventa uno spunto per trasmettere dei giudizi, per mettere in guardia da pericoli, non solo di un eventuale futuro, ma anche del proprio tempo.
La letteratura dell’immaginario ha questo vantaggio: può servirsi, in qualche modo, anche della metafora. Perfino un grande scrittore cristiano come Clive Staples Lewis, all’inizio della propria, prima ancora di scrivere i saggi di apologia del cristianesimo, disse le stesse cose in un altro modo, scrivendo romanzi di fantascienza.
La fantascienza, dunque, è una sorta di spiraglio di libertà, uno spazio libero dove poter dire quello che altrimenti non si sarebbe potuto dire. Quella dei racconti di Levi ci ammonisce nei confronti di un futuro visto come progresso tecnologico, ma dove tali possibilità vengono utilizzate non per il bene dell’uomo, ma per controllarlo e dominarlo.
Rileggere oggi dopo 50 anni questi racconti è impressionante, anche alla luce di ciò che abbiamo vissuto dal 2020 in avanti.
Uno dei racconti più significativi della raccolta si intitola «Protezione». La trama è impressionante: a causa della presenza di invisibili micro-meteoriti nell’atmosfera, le autorità obbligano le persone – ovviamente per il loro bene – a indossare delle corazze per proteggersi.
È una sorta di grande lockdown, che costringe ogni individuo non a restare in casa, ma ad essere prigioniero di uno scafandro. Nel racconto c’è una discussione tra quattro amici che provano a ragionare su quanto accade, e che li porta a ipotizzare che dietro queste misure coercitive ci possano essere altre cause, di natura economica e politica, per cui tali leggi sono state votate. Oggi li chiamerebbero complottisti.
Nel racconto «Verso occidente», due scienziati cercano di capire lo strano comportamento dei lemming, che in gruppo attraversano territori per trovare la morte. Un simile comportamento è riscontrato in una tribù amazzonica. Gli scienziati riescono infine ad isolare un componente chimico la cui assenza è causa di queste tendenze suicide.
Nel racconto «I sintetici», un ragazzo scopre di essere stato creato artificialmente: è un «sintetico», un prodotto destinato a soppiantare l’umanità.
Altri racconti presentano un’analisi dei comportamenti di massa caratterizzati dall’imposizione e accettazione passiva di leggi che diminuiscono le libertà dell’individuo.
Un Primo Levi dimenticato (forse non casualmente) e dunque tutto da riscoprire.
Paolo Gulisano
Articolo previamente apparso su Ricognizioni.
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Microsoft vuole bandire le donne formose dai videogiuochi?
Il colosso tecnologico statunitense Microsoft scoraggia l’utilizzo di figure femminili eccessivamente formose nei videogiochi, secondo le linee guida aggiornate pubblicate martedì dalla società.
Nell’ambito della sua iniziativa di inclusività, Microsoft ha offerto agli sviluppatori un elenco di domande da considerare mentre lavorano sui loro prodotti per verificare se stanno rafforzando eventuali stereotipi di genere negativi.
La guida, denominata «Azione per l’inclusione del prodotto: aiutare i clienti a sentirsi visti», include vari stereotipi che il gigante dei giochi ritiene sia meglio tralasciare.
Secondo la guida, i progettisti di giochi dovrebbero verificare se non stanno introducendo inutilmente barriere di genere e dovrebbero assicurarsi di creare personaggi femminili giocabili che siano uguali in abilità e capacità ai loro coetanei maschi, e dotarli di abiti e armature adatti ai compiti.
«Hanno proporzioni corporee esagerate?» chiede la linea guida.
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I personaggi femminili svolgono un ruolo significativo nell’industria dei giochi e sono diventati i preferiti dai fan nel corso degli anni. Il capostipite della genìa è sicuramente Lara Croft, protagonista della fortunata serie Tomb Raider, che iniziò a spopolare negli anni Novanta sulla piattaforma della Playstation 1.
Il personaggio aveva come caratteristica fisica incontrovertibile seni straripanti, che la grafica dell’epoca rendeva grottescamente attraverso poligoni piramidali. Secondo un meme che circola su internet, tale grafica potrebbe essere alla base dell’enigmatico, estremista design della nuova automobile di Tesla, il Cybertruckko.
tesla cybertruck is just ps1 lara croft boobs pic.twitter.com/W6BXuGzMRq
— scene celebrity (@whackkat) May 12, 2021
Di recente è emerso che esistono società di consulenza che portano le case produttrici di videogiochi a inserire elementi politicamente corretti nelle loro storie: più personaggi non-bianchi, gay, trans, più lotta agli stereotipi maschili – un vasto programma nel mondo dell’intrattenimento giovanile.
In un recente videogioco sono arrivati a dipingere una criminale parafemminista uccidere Batman.
L’incredibile sviluppo, lesivo non solo delle passioni dei fan ma propriamente del valore dell’IP (la proprietà intellettuale; i personaggi di film, fumetti e videogiochi questo sono, in termini legali ed economici) è stato letto come una dichiarazione di guerra del sentire comune, con l’esecuzione del Batmanno come chiaro emblema del patriarcato e della concezione del crimine come qualcosa da punire.
Sorveglia e punire: non l’agenda portata avanti negli USA dai procuratori distrettuali eletti con finanziamenti di George Soros, nelle cui città, oramai zombificate, ora governa il caos sanguinario e il disordine più tossico.
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Nella nuova Notre Dame vi saranno molte vetrate «contemporanee»
È stato appena insediato dal Ministro della Cultura il comitato incaricato di selezionare i progetti delle sei vetrate d’arte contemporanea che orneranno le cappelle laterali della Cattedrale di Parigi. Un «gesto contemporaneo» imposto dal capo dello Stato e sostenuto dall’arcidiocesi.
George Braque amava dire che «il progresso nell’arte non consiste nell’estendere i propri limiti ma nel conoscerli meglio». La saggezza del pittore non è propriamente quella di un capo di Stato, e l’identico restauro di Notre-Dame de Paris non dovrebbe prescindere dal «gesto contemporaneo» promesso da Emmanuel Macron nel dicembre 2023.
È questo da parte dell’inquilino dell’Eliseo il segno di un desiderio di vendetta, un po’ ferito dalla sua incapacità di imporre l’idea di costruire una guglia contemporanea per sostituire quella costruita da Viollet-le-Duc? O l’ansia di passare di lì a pochi anni nell’oblio della Storia senza aver potuto lasciare un segno del suo tempo alla guida del Paese?
In ogni caso, è stato con grande clamore che l’8 marzo 2024 è stato lanciato il progetto volto a progettare le sei vetrate contemporanee che saranno inflitte a Notre-Dame. Il ministro della Cultura, Rachida Dati, ha insediato dal Salon des Maréchaux, un comitato «artistico» composto da venti membri e presieduto dall’ex direttore del Centre Pompidou, Bernard Blistène.
Questo paladino del lavoro applicato all’arte avrà il compito di lanciare un bando, per poi designare la coppia vincitrice (un artista e un laboratorio di vetro), nel novembre 2024. Per dare una panoramica dell’uomo, ha firmato una rubrica su Le Soir de Bruxelles nel 2018, dal titolo «Non c’è niente di peggio del nazionalismo, niente di peggio del ritiro nell’identità».
Infine, il successivo 7 dicembre, il prototipo delle future vetrate verrà presentato ai visitatori che entreranno per la prima volta nella navata della cattedrale restaurata e restituita al culto. Questo giorno vedrà la riapertura della cattedrale al pubblico (il giorno successivo sarà un momento dedicato) e il prototipo delle vetrate colorate dovrebbe essere presentato nella cattedrale.
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Dal 2020, alcuni pensavano che il «gesto contemporaneo» sarebbe stato risparmiato a Notre-Dame: un primo progetto di installazione di vetrate ha suscitato la vigorosa reazione dell’ex ministro della Cultura: «La Francia è firmataria della Carta di Venezia, che ha stabilito dal 1962 l’etica dei restauri e delle creazioni nei monumenti storici e vieta la sostituzione di un elemento esistente con un altro», ha indicato a Le Figaro.
«In ogni caso, le vetrate delle cappelle sono classificate come monumenti storici e parte integrante del monumento. Sembra impossibile sostituirli», ha avvertito Roselyne Bachelot.
Ma l’attuale capo dello Stato, non estraneo alle retromarce ed esperto nell’arte di far convivere gli opposti, non intendeva fermarsi qui. Avrà tuttavia contro di sé l’intera schiera di curatori e storici dell’arte, con forti venti contrari a un progetto che, secondo loro, ignora l’eredità di Viollet-le-Duc.
«Perché sostituire le sue vetrate, se non per disprezzo verso l’artista? Non solo non stiamo sostituendo un’opera esistente, ma il restauro dell’architetto, durato decenni davanti agli occhi dell’Europa, è stato un’opera totale», spiega Maryvonne de Saint Pulgent, saggista ed ex alta funzionaria.
Stessa storia con Alain Finkielkraut che critica su France Culture le creazioni «artistiche» imposte alla cattedrale per «cattivo gusto». Ma il progetto sembra davvero sulla buona strada: «C’è un tempo per il restauro, che dopo i dibattiti, è stato portato avanti in modo identico, e un tempo per la creazione, l’incarnazione della traccia del 21° secolo», avverte al Ministero della Cultura.
Inoltre, l’esecutivo può contare su un forte alleato nella persona dell’arcivescovo di Parigi, che sostiene un «gesto contemporaneo» che, possiamo scommetterci, sarà all’altezza della liturgia contemporanea…
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Lorenzo3003 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
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