Animali
Vaccinano anche le api
Un vaccino è stato sviluppato per le api mellifere, razza di insetti impollinatori di fondamentale importanza. Le diverse specie di api sono a rischio di estinzione, e tra i fattori sono annoverate malattie che affliggono tali imprescindibili bestiole.
Il siero per le operose creature volanti è stato appena approvato per l’uso dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA).
Progettato per prevenire la morte di questa specie di api a causa di una condizione batterica nota come malattia della peste americana, il vaccino questa settimana è stato approvato tramite licenza condizionale per l’inoculazione, ha affermato la società di biotecnologie Dalan Animal Health.
Il vaccino costituisce una «svolta nella protezione delle api mellifere», ha detto in una nota Annette Kleiser, CEO di Dalan Animal Health.
Le api sono di vitale importanza per l’impollinazione e, in quanto tali, svolgono un ruolo fondamentale nell’ecosistema.
Il loro declino deriva da una grande quantità di fattori, tra cui l’attività umana, la perdita di habitat, l’uso di pesticidi agricoli, e malattie hanno decimato le colonie.
La malattia della peste americana è altamente contagiosa e non ha cura, con colonie di api colpite tipicamente bruciate insieme ai loro alveari.
Il nuovo vaccino contiene il batterio inattivo delle larve di Paenibacillus a cellule intere, che viene incorporato nella pappa reale dalle api operaie. Dopo che l’ape regina lo ingerisce, i frammenti del vaccino raggiungono le sue ovaie, garantendo successivamente l’immunità alle larve in via di sviluppo.
«Ci impegniamo a fornire soluzioni innovative per proteggere i nostri impollinatori e promuovere un’agricoltura sostenibile. La crescita della popolazione globale e il cambiamento climatico aumenteranno l’importanza dell’impollinazione delle api per garantire il nostro approvvigionamento alimentare. Il nostro vaccino è un passo avanti nella protezione delle api mellifere. Siamo pronti a cambiare il modo in cui ci prendiamo cura degli insetti, con un impatto sulla produzione alimentare su scala globale», ha dichiarato la dott.ssa Annette Kleiser, CEO di Dalan Animal Health.
Incuriosisce il sistema di delivery di tale vaccinazione: non potendo siringare una ad una le poveri api, si ricorre ad un vaccino «diffuso». Come riportato da Renovatio 21, tali sistemi di vaccinazione della fauna sono già utilizzati con vaccini lanciati alle bestie dagli elicotteri, sempre su mandato dell’USDA: programmi intesi per i cani ed altri animali come gli orsetti lavatori, che consistono nella diffusione vaccini che sono come pellet commestibili ricoperti di farina di pesce per attirare procioni e altre creature affamate.
Api e cani e fiere dei boschi aprono la strada alla vaccinazione «diffusa» in ambito umano, realizzata tramite quelli che in gergo si chiamano vaccini autopropaganti, che sono di fatto un’infezione che dalla popolazione vaccinata si diffonde verso la popolazione non vaccinata, nel più totale sfregio ai diritti del cittadino e del paziente (come il famoso consenso informato, seppellito in era COVID).
In pratica, epidemie artificiali create a fine di diffondersi nella popolazione.
Oppure, possiamo anche immaginare che, in mancanza di un vaccino che contagi come si deve (non tutti sono come quello polio lanciato in Africa da Gates e OMS, una campagna ammessa come responsabile del ritorno del morbo), potrebbero lanciare da elicotteri e aerei caramelle vaccinali, così che noi e i nostri bambini, come le api, veniamo vaccinati ingerendo le leccornie piovute dal cielo.
Riguardo al declino della popolazione delle api, esso in realtà riguarda anche altri insetti: è il noto «windshield phenomenon», il «fenomeno del parabrezza», cioè l’osservazione che dai primi anni 2000 si accumulano meno insetti morti sui parabrezza delle auto.
La diminuzione di api è stata anche ipotizzata in relazione all’aumento di segnali magnetici nell’aria (telefoni cellulari, wi-fi, 2G, 3G, 4G, 5G, etc.)
Animali
Trafficante di droga latitante catturato mentre passeggiava con un delfino morto
La polizia russa ha arrestato un sospettato di traffico di droga di 40 anni, dopo che è stato visto dalle telecamere a circuito chiuso mentre trasportava con disinvoltura quello che è stato descritto come un «delfino morto» nella località di Sochi sul Mar Nero.
Un bizzarro video che circola online mostra l’uomo, che era su una lista di ricercati, mentre trasporta il cetaceo defunto nel suo appartamento.
La polizia locale ha detto giovedì che dopo aver esaminato il filmato, ha identificato l’uomo come un fuggitivo della regione di Mosca, ricercato con l’accusa di traffico di droga.
A russian man wanted for drug dealing was caught after walking down the streets with a dead dolphin. pic.twitter.com/sSEPZ3Qjg3
— BroSINT 69™ (@osint_69) April 26, 2024
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La polizia russa ha descritto l’animale come un «delfino morto», anche se i filmati suggeriscono che in realtà si trattasse di una focena, una piccola specie di balena imparentata più con i beluga e i narvali che con i delfini.
L’animale era già morto quando il sospettato lo ha trovato sulla spiaggia, ha osservato la polizia, senza spiegare perché avesse deciso di portarlo con sé.
Il sospettato è stato preso in custodia nella sua residenza nella cittadina balneare di Adler, appena a sud di Sochi. Tra breve sarà consegnato alle autorità della regione di Mosca per affrontare l’accusa di traffico di droga in quantità eccezionalmente elevate. Se ritenuto colpevole, rischia tra i 15 e i 20 anni dietro le sbarre.
Come riportato da Renovatio 21, il traffico di droga e le grandi creature marine si sono incrociati in un’altra storia di questi tempi, quella degli squali strafatti di cocaina a causa dei carichi criminali finiti in mare.
È noto che cetacei sono stati addestrati per fini militari, al punto che vi è un beluga in Norvegia sospettato di essere una spia russa. È possibile che le organizzazioni criminali utilizzino i mammiferi marini per i loro loschi piani?
Ci chiediamo quindi: che anche la focena morta del Mar Nero fosse direttamente coinvolta in uno schema di narcotraffico?
Dopo le nefandezze viste in questi ultimi mesi da parte di orche, delfini e balenotteri, niente ci potrebbe ancora stupire.
Anzi diciamo pure che non vi sarebbe nessuna sorpresa a scoprire che la bestia marina era in realtà il vero capo del traffico criminale.
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Immagine screenshot da Twitter
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Scoperto in India un serpente lungo quanto uno scuolabus. Probabilmente pure molto meno letale
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49 sadiche orche assassine stanno scioccando i biologi marini
Gli scienziati conoscono tre distinti ecotipi di orche assassine – offshore, transitorie e residenti – che compongono la popolazione di orche lungo la costa della California e dell’Oregon. Tuttavia un nuovo studio suggerisce, attingendo ai dati raccolti in più di 25 anni, che potrebbe esserci un quarto gruppo in agguato nell’oceano aperto, che mostra attributi fisici, modelli alimentari e strategie di caccia diversi. Lo riporta la rivista scientifica americana Popular Mechanics.
Gli scienziati dell’Università della British Columbia (UBC) hanno probabilmente identificato un nuovo gruppo di orche situato lontano dalla costa della California e dell’Oregon in grado di comunicare con un nuovo «dialetto».
Si tratta di un gruppo di 49 cetacei assassini avvistati durante nove incontri dal 1997 al 2021. Gli scienziati ipotizzano che un nuovo gruppo potrebbe essersi formato in mare aperto, anche se non escludono la possibilità che si tratti di una sottopopolazione di un altro gruppo. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Aquatic Mammals.
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Esistono tre ecotipi di orche, forme distinte all’interno di una specie, che vivono al largo delle coste della California e dell’Oregone: orche residenti, orche dette offshore ed orche transitorie. Queste orche differiscono fisicamente (pinne arrotondate o appuntite, ecc…), comportamentali e alimentari.
I ricercatori ora sostengono che un quarto ecotipo, attualmente ancora senza nome, potrebbe esistere anche più lontano, in mare aperto. Analizzando le 49 orche avvistate in nove incontri, nessuna di loro è stata abbinata a nessuno dei tre gruppi di orche. Ma sono stati i loro crudeli schemi di caccia a stupire davvero i ricercatori.
«In uno dei primi incontri che i ricercatori hanno avuto con un branco di queste orche oceaniche, sono stati osservati mentre affrontavano un branco di nove capodogli femmine adulte, per poi scappare con un esemplare. È la prima volta che le orche assassine attaccano i capodogli sulla costa occidentale», ha detto in un comunicato stampa il primo autore Josh McInnes, uno studente di master alla UBC. «Altri incontri includono un attacco a un capodoglio pigmeo, la predazione di un elefante marino settentrionale e del delfino di Risso [detto anche grampo, ndr], e quella che sembrava essere una pausa post-pasto dopo aver mangiato una tartaruga liuto».
I dati raccolti descrivono questo branco come particolarmente aggressivo nella caccia rispetto alle altre orche. Orche assassine e stragiste – come sempre. Sadiche e infami. Come dimostra un altro particolare interessante.
I ricercatori hanno infatti notato anche un’altra caratteristica comune a quasi tutte le 49 orche: uno schema regolare del morso di un particolare squalo.
Tali cicatrici sono un regalo d’addio dello squalo tagliatore (Isistius brasiliensis), che fornisce un indizio significativo per discernere dove risiede abitualmente questa distinta popolazione di orche. Questi piccoli squali, che non superano mai il mezzo metro, usano labbra succhiatrici e denti appuntiti per lanciarsi sugli animali e poi girano il corpo per lasciare un foro a forma di stampino per biscotti (da cui il nome) dalla preda.
Insomma, la banda di orche sadiche ha il suo «tatuaggio»…
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Il problema delle orche teppiste andrebbe risolto una volta per tutte – e ad ogni latitudine del pianeta.
Renovatio 21 si è occupata varie volte della teppa di orche debosciate che incrocia presso Gibilterra, che ha scatenato qualcosa come un attacco al giorno, con la teppa cetacea a minacciare anche le spiagge spagnuole.
Tuttavia gli esempi del comportamento inaccettabile da parte di questi animali – che mascherano la loro malvagità impadronendosi dei colori del panda, simbolo delle specie protette – non accennano a fermarsi: solo la settimana scorsa a Mossel Bay, in Sud Africa, un’orca assassina ha sbranato dinanzi ad un pubblico umano uno squalo bianco, che è invece davvero una specie protetta dal CITES. La creatura, dopo aver assassinato il pescecane, ne avrebbe consumato pubblicamente il fegato.
Da tempo oramai Renovatio 21 chiede un la creazione di un movimento internazionale per sistemare il comportamento dei cetacei, chiaramente divenuto sconcio, indecente, immorale, scurrile, impudico, dissoluto, licenzioso, depravato, lascivo, volgare, sporco, laido, scostumato, svergognato, lubrico, scandaloso, turpe, disonesto e pericoloso.
Rilanciamo in nostro appello: quosque tandem… Fino a quando gli oceani, e l’umanità, dovranno sopportare lo scandalo di queste bestie prive di pudore?
Quanto ancora dovremmo tollerare i soprusi delle orche assassine, e bastarde, e infami, e maledette, e stronze?
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