Politica
Biden parla di risultati elettorali che tarderanno, causa voto postale. La gallina che canta ha fatto l’uovo?
Il presidente USA Joe Biden si è prodotto in un un altro discorso bizzarro, violento e con contenuti che possono sembrare addirittura sospetti.
Intervenuto per qualche motivo lo scorso mercoledì alla Union Station di Washington – capolavoro architettonico voluto da Teodoro Roosevelt che ora è preda di senzatetto, malati di mente e drogati – il vegliardo del Delaware si è lasciato andare in un discorso di allarme per la democrazia.
«Ecco una cosa che è in gioco: la democrazia stessa» ha detto l’inquilino della Casa Bianca. «Non sono l’unico a vederlo. Recenti sondaggi hanno mostrato che la stragrande maggioranza degli americani crede che la nostra democrazia sia a rischio, che la nostra democrazia sia minacciata. Anche loro vedono che la democrazia è al ballottaggio quest’anno e ne sono profondamente preoccupati».
Il pericolo della democrazia è dovuto al fatto che esistono persone che non votano per lui. E che magari, addirittura, osano far domande sul processo elettorale.
«Sapete, la democrazia americana è sotto attacco perché l’ex presidente degli Stati Uniti sconfitto ha rifiutato di accettare i risultati delle elezioni del 2020» garantisce il presidente. «Se rifiuta di accettare la volontà del popolo, rifiuta di accettare il fatto che ha perso, ha abusato del suo potere e ha anteposto la fedeltà a se stesso alla fedeltà alla Costituzione. E ha creato una grande bugia, un articolo di fede nel Partito Repubblicano MAGA, la minoranza di quel partito».
Tuttavia, «la grande ironia delle elezioni del 2020 è che sono le elezioni più attaccate della nostra storia. Eppure, eppure, non ci sono elezioni nella nostra storia per cui possiamo essere più certi dei suoi risultati» assicura Biden.
Si tratta dell’attacco verso l’intera popolazione che ha votato Trump che abbiamo già visto nel lugubre discorso di Philadelphia, con scenografie buie tra Albert Speer e fantascienza distopica con i due Marines al suo fianco, il comizio che è stato poi battezzato «Dark Brandon».
Tuttavia, nel suo intervento alla stazione ferroviaria, il presidente uscito dalle elezioni 2020 ha impostato con precisione un altro tema: quello della legittimità preventiva del voto che sarà da qui a tre giorni, le elezioni midterm. Biden ne assicura già ora la validità, ancorché sente di dover specificare che, cosa bizzarra per un Paese sviluppato, i risultati arriveranno non subito, magari dopo giorni.
«Sappiamo che sempre più schede elettorali vengono espresse in votazione anticipata o per posta in America» ha detto Biden. «Sappiamo che molti stati non iniziano a contare quelle schede fino alla chiusura delle urne l’8 novembre. Ciò significa che in alcuni casi non conosceremo il vincitore delle elezioni per alcuni giorni, fino a pochi giorni dopo le elezioni».
«Ci vuole tempo per contare tutte le schede legittime in modo legale e ordinato. È sempre stato importante per i cittadini della democrazia essere informati e coinvolti. Ora è importante che anche un cittadino sia paziente. È così che dovrebbe funzionare».
Molti commentatori si sono dati dei pizzicotti per verificare di aver sentito bene, e di non essere in istato allucinatorio da dormiveglia: il vegliardo del Delaware lo ha detto davvero?
Biden davvero sta dicendo che verranno presi, esattamente come nelle contestate elezioni 2020, giorni supplementari per contare i voti che arrivano per posta? Davvero sta parlando di ballot quando una larga parte dell’opinione pubblica americana è convinta che il voto postale sia stato usato in modo fraudolento?
Biden sta preparandoci ad ulteriori sorprese come quelle di quel giorno di novembre di due anni fa, quando andammo a letto con Trump rieletto presidente per poi assistere ad una rimonta di Biden, come dire, aritmeticamente davvero singolare?
La gallina che canta ha fatto l’uovo?
Ricorderete: Biden, il vecchio che mostrava già problemi di senilità ben prima della campagna elettorale, una carriera disastrosa di menzogne mitigata dalla promozione ad una nefasta vicepresidenza sotto Obama (era l’uomo che la finanza mise accanto all’hawaiano kenyota, che non conoscevano ancora bene), non fece alcun evento pubblico degno di nota – a differenza delle adunate oceaniche del Donald – ma prese 80 milioni di voti, dieci più di Obama nel suo picco di popolarità, divenendo il presidente più votato della storia.
Più andiamo avanti, più molte cose si chiariscono. Su quelle elezioni bizzarre, così come su queste sulle quali il vecchio mette le mani avanti, è incentrato molto più di quanto si possa pensare.
C’è chi dice che l’elezione 2020 fu truccata non solo per buttar fuori dalla Casa Bianca l’incontrollabile Trump, ma anche per procedere con il progetto più violento da implementare sul pianeta: la guerra alla Russia. È andata così: sparito il biondo, è partito immediatamente il conflitto tra superpotenze termonucleari per mezzo del pupazzo ucraino.
Non una parola di quanto viene dette su queste elezioni USA, quindi, va presa alla leggera.
Alcuni candidati repubblicani hanno già fatto capire che, qualora il loro partito conquistasse Camera e Senato, il sostegno finanziario e militare all’Ucraina potrebbe subire un brusco arresto.
Non c’è la «democrazia» della bolsa retorica di Biden, in gioco qui. C’è il destino stesso del pianeta e dell’umanità che lo abita.
Siamo ad un passo dalla distruzione termonucleare. Con un vecchio demente, messo lì chissà come, con il dito sul pulsante.
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Politica
I detenuti minacciano Sarkozy e giurano vendetta vera per Gheddafi
Un video girato con un cellulare nella prigione parigina La Santé sembra mostrare che i detenuti hanno minacciato l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy di vendicare la morte del defunto leader libico Muammar Gheddafi.
Sarkozy, 70 anni, ha iniziato a scontare la sua condanna a cinque anni martedì, dopo che un tribunale di Parigi lo ha dichiarato colpevole di associazione a delinquere finalizzata a finanziare la sua campagna presidenziale del 2007 con denaro di Gheddafi, contro il quale in seguito guidò un’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che distrusse la Libia e portò alla morte di Gheddafi.
Martedì hanno iniziato a circolare video ripresi da La Sante, in cui presunti detenuti minacciavano e insultavano Sarkozy, che sta scontando la sua pena nell’ala di isolamento del carcere.
«Vendicheremo Gheddafi! Sappiamo tutto, Sarko! Restituisci i miliardi di dollari!», ha gridato un uomo in un video pubblicato sui social media. «È tutto solo nella sua cella. È appena arrivato… se la passerà brutta».
A viral video shows a prisoner confronting Nicolas Sarkozy, saying, “We’ll avenge Gaddafi. Give back the billions.” The former French president, jailed for conspiracy, is accused of taking Libyan money before leading NATO’s 2011 war that killed Gaddafi. pic.twitter.com/KlAISnFVSX
— comra (@comrawire) October 22, 2025
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Il ministro degli Interni francese Laurent Nunez ha sottolineato che, a causa del pericolo, due agenti di polizia della scorta di sicurezza assegnata agli ex presidenti saranno di stanza in modo permanente nelle celle adiacenti a quella di Sarkozy.
«L’ex presidente della Repubblica ha diritto alla protezione in virtù del suo status. È evidente che sussiste una minaccia nei suoi confronti, e questa protezione viene mantenuta durante la sua detenzione», ha dichiarato Nunez mercoledì alla radio Europe 1.
Sarkozy, che ha guidato la Francia tra il 2007 e il 2012, ha negato tutte le accuse a suo carico, sostenendo che siano di matrice politica. Il suo team legale ha presentato una richiesta di scarcerazione anticipata, in attesa del procedimento di appello.
L’inchiesta su Sarkozy è iniziata nel 2013, in seguito alle affermazioni del figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, secondo cui suo padre aveva fornito alla campagna dell’ex presidente circa 50 milioni di euro.
A dicembre 2024, la Corte Suprema francese ha confermato una condanna del 2021 per corruzione e traffico di influenze, imponendo a Sarkozy un dispositivo elettronico per un anno. È stato anche condannato per finanziamento illecito della campagna per la rielezione fallita del 2012, scontando la pena agli arresti domiciliari.
Nel 2011, Sarkozy ha avuto un ruolo di primo piano nell’intervento della coalizione NATO che ha portato alla cacciata e alla morte di Gheddafi, facendo sprofondare la Libia in un caos dal quale non si è più risollevata.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.
Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».
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Politica
Il Giappone elegge una donna conservatrice come primo ministro
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Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra
Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.
I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.
Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.
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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.
Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.
Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.
Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.
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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.
Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.
Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.
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