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Spirito

Turchia, scoperta della tomba di San Nicola

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Il sito Geo riporta che gli archeologi hanno trovato l’esatta posizione della tomba di San Nicola, nonché un affresco raffigurante Gesù Cristo che tiene la Bibbia in una mano, e risalente al 3° o 4° secolo.

 

La Chiesa di San Nicola, un edificio in stile bizantino, situato vicino alla città di Antalya, nel sud della Turchia, è stata attentamente esplorata da un team di archeologi per diversi anni. Di recente, gli scavi hanno rivelato l’esatta posizione della tomba di San Nicola di Mira, nonché un affresco di Gesù Cristo, martedì 11 ottobre 2022.

 

San Nicola, vissuto tra il 270 e il 343, fu vescovo di Mira in Licia (l’attuale Turchia sud-occidentale). L’attuale edificio fu edificato nel 520 sulle fondamenta di una più antica chiesa cristiana, che sarebbe stata contemporanea al santo, dove sarebbe stato sepolto San Nicola.

 

«La chiesa originale è stata sommersa per quasi otto metri dall’innalzamento del Mar Mediterraneo e alcuni secoli dopo è stata costruita una nuova chiesa sopra di essa», ha affermato Osman Eravşar, capo del consiglio regionale turco incaricato della conservazione del patrimonio culturale.

 

Gli archeologi stavano cercando da mesi di raggiungere i resti della prima chiesa, che ora è stata realizzata. La piastrellatura su cui ha camminato San Nicola è stata portata alla luce. Sarà esposta dopo essere stata ricoperta.

 

 

Le reliquie portate in Italia nel XIV secolo

Gli archeologi hanno trovato l’esatta posizione della tomba del santo, decorata con iscrizioni greche. Le reliquie furono portate dai cristiani a Bari, in Italia, durante la conquista dell’Impero Romano d’Oriente da parte degli Ottomani.

 

«A quel tempo, la chiesa fu danneggiata», spiega Osman Eravşar. «La tomba è stata probabilmente aperta, le sue ossa sono state rimosse e il sarcofago è stato posto in una nicchia a lato della cappella della chiesa», ha spiegato.

 

 

Un affresco di Cristo riportato alla luce

Il restauro della cupola ha portato alla scoperta di un altro elemento. Negli anni ’80 fu costruito un tetto in cemento sopra la chiesa storica per evitare che le piogge allagassero le fondamenta. Rimuovendolo, gli archeologi si sono imbattuti in un affresco raffigurante Cristo, che tiene il Vangelo nella mano sinistra e benedice con la mano destra.

 

San Nicola sarebbe morto all’età di 65 anni, il 6 dicembre.

 

La città di Bari, in Italia, possiede alcune delle sue reliquie, e molti miracoli sono attribuiti all’intercessione del santo. Il suo culto divenne estremamente popolare in tutta Europa.

 

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news

 

 

 

Immagine di Eleroja via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

 

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Geopolitica

Nicaragua, la Santa Sede gioca la carta dell’appeasement

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Per allentare la morsa in cui si trova prigioniera la Chiesa del Nicaragua a causa dell’opposizione di parte del clero al potere in carica, la diplomazia pontificia ha scelto di procedere con cautela, e può contare sulla leva delle future nomine episcopali, dato che nel Paese sono in palio più della metà delle sedi episcopali, rileva The Pillar.

 

Il 17 marzo 2023, il nunzio ad interim ha lasciato il Paese e ha chiuso la nunziatura «su richiesta del governo nicaraguense» secondo Vatican News. Il quotidiano La Croix spiega: «il presidente sandinista Daniel Ortega non ha apprezzato le dichiarazioni di Francesco che, in un’intervista al sito d’informazione argentino Infobae, il 10 marzo 2023, aveva descritto il Nicaragua come una “rozza dittatura” ritenendo che il capo dello Stato soffriva di uno “squilibrio”».

 

Una situazione esplosiva di cui il Segretario di Stato ha subito preso il controllo per allentare le tensioni che non possono che nuocere alla situazione della Chiesa in Nicaragua, le cui libertà hanno particolarmente sofferto negli ultimi anni, anche a causa del coinvolgimento di membri del clero nelle opposizione al potere – che riteneva che la posizione del clero a favore dei manifestanti nell’aprile 2018 fosse andata troppo oltre.

 

Una meccanica ovattata

La diplomazia più antica del mondo intende evitare un deterioramento della situazione. Ma silenzio e tempo sono due risorse che la Santa Sede ha ancora nel suo gioco. Il silenzio innanzitutto: da un anno il Vaticano tace. «La Segreteria di Stato ha dato ordine di non pronunciarsi sull’argomento» ha spiegato La Croix nel marzo scorso.

 

Il 14 gennaio, dopo un anno e mezzo di detenzione, mons. Rolando Alvarez, vescovo di Matagalpa ed esponente dell’opposizione al regime di Daniel Ortega, è stato rilasciato ed espulso in Vaticano, seguito da un altro vescovo, quindici sacerdoti e due seminaristi, tutti discretamente sparsi in Italia con l’ordine di astenersi da qualsiasi dichiarazione pubblica sulla situazione nel loro Paese, riassume La Croix. Un silenzio che sembra aver allentato la tensione tra la Chiesa e Daniel Ortega.

 

In questa spinosa questione, il tempo è alleato anche della diplomazia vaticana. «Delle nove diocesi» di questo Paese di quasi sette milioni di abitanti, «almeno cinque» necessitano di future nomine episcopali, nota The Pillar: sufficienti per permettere alla Santa Sede di riprendere il controllo.

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Così, le diocesi di Managua e Jinotega sono entrambe rette da metropoliti che hanno raggiunto il limite di età di settantacinque anni previsto dalla legge della Chiesa: rispettivamente, il cardinale Leopoldo Brenes e mons. Carlos Herrera, presidente della Conferenza episcopale nicaraguense. Altre tre diocesi (Matagalpa, Esteli, Siuna) hanno visto i loro vescovi esiliare per motivi politici.

 

A Esteli, la Segreteria di Stato ha nominato padre Fruttos Valle Salmeron all’incarico di amministratore apostolico – in attesa del nome del futuro vescovo residenziale. Secondo The Pillar, quest’ultimo «è stato criticato per aver apparentemente allontanato dalla curia diocesana» e da importanti parrocchie diversi sacerdoti critici nei confronti del regime di Ortega.

 

D’ora in poi è Daniel Ortega a ricoprire il ruolo di richiedente se vuole ottenere da Roma vescovi più concilianti nei suoi confronti, sapendo che in Nicaragua non esiste un concordato che regoli la questione delle nomine episcopali: il sovrano pontefice è in teoria libero di fare le sue scelte e il potere in carica deve scendere a patti con lui il meno possibile.

 

L’opportunità per la Santa Sede di riequilibrare i rapporti di forza e di trovare una via di mezzo che consenta ad entrambi di allentare la morsa in cui si trova intrappolata la Chiesa locale, senza provocare un regime che al momento sembra poco indebolito dall’opposizione di alcuni ecclesiastici.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine di Milei.vencel via Wikimedia pubblicata su licenza  Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

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Arte

«Il coraggio di scendere in strada a gridare che Dio è vivo e che Cristo è Re». Intervista a Cristiano Lugli sulla processione di riparazione a Carpi

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I lettori conoscono Cristiano Lugli, per anni portavoce e organizzatore inarrestabile di tanti eventi di Renovatio 21. Cristiano è anche uno dei fondatori del Comitato Beata Giovanna Scopelli, un gruppo di fedeli cattolici nato nell’anno 2017 a Reggio Emilia. In questi anni il Comitato ha organizzato diverse azioni di riparazione, in particolare agli scandali pubblici dei vari gay Pride.   Quest’anno il Comitato si è occupato particolarmente dell’organizzazione di una processione di riparazione avvenuta a Carpi sabato 11 maggio scorso, a seguito dell’allestimento, all’interno di una chiesa, di una mostra con opere che sono state definite da alcuni come «blasfeme». Cristiano è stato uno degli organizzatori di questa processione.   Cristiano, facciamo un recap per quanti non conoscono questa storia. Cosa è successo a Carpi? Succede che il 2 marzo 2024, nella chiesa di Sant’Ignazio, chiesa del museo diocesano di Carpi, l’artista locale Andrea Saltini apre la mostra «Gratia Plena». Dopo nemmeno due giorni dalla data inaugurale, sono arrivate le reazioni indignate di molti fedeli cattolici che ravvisavano blasfemia nei quadri dove veniva rappresentato Gesù Cristo, la Madonna e Maria Maddalena.   La notizia si è poi allargata anche nell’ambiente dell’informazione cattolica e, di conseguenza, in pochissime ore è diventata già un caso non solo locale ma anche nazionale.   Si ha idea di come si sia arrivati ad esibire, in luoghi della Curia, opere del genere? Le prime spiegazioni, da parte della Curia, sono state le classicissime arrampicate sugli specchi: il vescovo Erio Castellucci, ad esempio, ha dichiarato di aver visto le opere solo ad installazione già compiuta e a mostra già inaugurata. Certamente l’iniziativa è stata tutta locale, con il parroco di riferimento che ha aperto le porte all’artista locale, con tanto di approvazione del museo diocesano di Carpi.    

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Quali sono state le prime rimostranze? La casella di posta elettronica della segreteria vescovile è stata inondata di mail, con fedeli da tutta Italia che domandavano la chiusura immediata della mostra.   Nel mentre, l’avvocato Francesco Minutillo di Forlì ha depositato una denuncia nei confronti dell’artista Saltini, del vescovo Castellucci e dei curatori della mostra, facendo riferimento al reato di cui all’art. 403 del Codice Penale [«Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone: Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000», ndr].   La Procura, con una certa velocità, ha deciso di chiedere l’archiviazione dicendo che «la notizia di reato si ritiene del tutto infondata». L’avvocato Minutillo si è opposto alla decisione promettendo di portare nuove prove davanti al GIP.   Qual è stato l’atteggiamento del vescovo? Come dicevo, inizialmente ha dichiarato di aver visto le opere solo dopo; poi ha iniziato a difendere la mostra a spada tratta, arrivando persino a dire che il male non è nella mostra, ma la malizia è piuttosto negli occhi di chi la guarda.   Parole poco diplomatiche e con alla base, forse, una visione che ritengo totalmente relativista. Riflettere, ragionare con noi fedeli offesi non è stato quindi possibile per la gerarchia della chiesa moderna.     Spiegaci meglio… In tutta questa faccenda il ruolo del vescovo Castellucci è stato centrale. Sarei anche propenso a credere al fatto che Castellucci abbia visto le opere a fatti compiuti: d’altronde oggi funziona così, i vescovi non comandano più, e sono presi da mille altre faccende di carattere prettamente burocratico. Certo, i vescovi sono sempre stati impegnati, ma il loro primo dovere è quello di vigilare e di essere pastori di anime. Il fatto che oggi il governo di un vescovo sia visto come un parlamento democratico in cui tutti hanno libertà di fare ciò che vogliono porta a questi risultati.   Sarebbe stato impensabile in anni di cattolicesimo si fosse allestita, in una chiesa consacrata – e sottolineo, consacrata – una simile mostra, che da cattolico reputo abbia evidenti tratti provocatori e contenuti blasfemi. Una mostra, penso, portata a destare scandalo fin da subito.   Un tempo sarebbe stato impensabile e qualora fosse pure successo, i responsabili religiosi non sarebbero certo rimasti scevri da conseguenze. Qui, invece, ci troviamo al capovolgimento: il vescovo non solo non corregge, ma addirittura difende la mostra, l’artista, i curatori, e se la prende con coloro i quali sono rimasti indignati, offesi dai quadri in mostra.   A mio giudizio, nello scandalo Castellucci non ha saputo agire diplomaticamente, magari cercando di sedare gli animi e tenere in considerazione la sensibilità dei fedeli scandalizzati, che hanno sentito vilipesa la religione cattolica perfino all’interno di una chiesa, di un loro luogo di culto.   C’è stato un attacco fisico al quadro e all’artista… Tutti hanno potuto vedere l’opera danneggiata; nessuno, almeno che io sappia anche in base a ciò che è trapelato dai media, ha visto cosa sia realmente accaduto. Le versioni sono state discordanti fin da subito, e la procura sta indagando. Non mi risulta, per lo meno al momento, che ci siano video, né veri e propri testimoni oculari. Pare che il presunto aggressore avesse una parrucca ed una mascherina chirurgica, che avrebbe poi lasciato cadere durante la presunta fuga. La notizia è finita sui principali quotidiani internazionali, ma senza prove vere e proprie capaci di offrire una piena ricostruzione quanto accaduto. Almeno per adesso.  

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L’attacco è avvenuto dopo che avevate segnalato la volontà di fare attività di riparazione? No, il nostro comitato non aveva ancora speso alcuna parola rispetto agli intenti poi concretizzatisi l’11 maggio scorso. Alcuni gruppi autonomi, però, avevano iniziato a pregare al sabato pomeriggio davanti alla chiesa di Sant’Ignazio dentro la quale era allestita la mostra, tuttavia in maniera totalmente pacifica e senza mai disturbare, con nessun intento provocatorio e nessun atto per surriscaldare ulteriormente il clima.   Il colpevole è stato preso? Si sa qualcosa di come stanno procedendo le indagini? Ad oggi non si sa nulla. Nessun colpevole è stato preso e non vi è nemmeno un presunto indagato, stando a quanto è emerso. Le indagini proseguono, ma a quanto so non ci sono aggiornamenti rilevanti.   La mostra quando si è conclusa? A dire il vero, la mostra, così come era stata pensata inizialmente, si sarebbe dovuta concludere il prossimo 2 giugno. L’artista, accusando il presunto clima di tensione venutosi a creare, ha deciso di chiudere anticipatamente il 18 aprile. Anche in questo caso si può notare come non sia stata la Curia a chiederne la chiusura, ma il pittore stesso. Non sappiamo, e forse non potremo mai saperlo, se la Curia possa aver mosso qualche pressione per la chiusura, ma certo è che, anche se fosse, nessuno pare aver avuto il coraggio di metterci la faccia.   Veniamo alla processione di riparazione. Quanti hanno partecipato? Noi abbiamo stimato, durante il percorso, circa 400 persone. Sono numeri davvero importanti se si pensa, appunto, che la mostra era già stata chiusa anticipatamente e questo poteva tentare molti a credere di aver già sistemato le cose. Invece è stata colta l’importanza di una pubblica riparazione, che avrebbe avuto ragion d’essere anche solo per un giorno di installazione di mostra.     Come si è svolta? Come nelle precedenti edizioni organizzate dal nostro Comitato, è stata a tutti gli effetti una funzione liturgica, una vera e propria processione religiosa, con un sacerdote a presiederla, vestito con cotta, piviale viola – il colore penitenziale – e berretta, croce da processione, accoliti e tutto ciò che riguarda il servizio liturgico.   Sono state cantate le litanie ai Santi, recitato il Santo Rosario, le litanie al Sacro Cuore, la preghiera di riparazione al Sacro Cuore di Gesù e, infine, il Te Deum di ringraziamento per la chiusura anticipata della mostra.   La processione è partita dal cimitero di Carpi, attraversando poi le principali vie della città, in particolare soffermandosi davanti alla grande Cattedrale di Carpi, in piazza Martiri, per concludere poi con la preghiera di riparazione sul sagrato della chiesa di Sant’Ignazio, dove si è consumato lo scandalo della mostra «Gratia Plena».   Il tutto è stato accompagnato da un servizio d’ordine interno al Comitato e, ovviamente, dall’ottimo servizio della questura di Carpi, che ha garantito la massima sicurezza durante tutto il percorso. Tanti giovani, tante famiglie.     Come hanno reagito i carpigiani? C’è stata una compostezza esemplare. E dico di più, un rispetto davvero inaspettato. Diverse persone, anche sedute al bar per consumare un aperitivo, si sono alzate al passaggio della processione facendosi il segno della Croce. È stato davvero commovente. Nessun commento, nessuna provocazione, ma tanto silenzio e rispetto.   La stampa vi ha dato contro? Ormai credo che la stampa abbia capito che dar contro equivale a fare pubblicità, quindi molte testate scelgono piuttosto il silenzio. Altre, invece, con un po’ di serietà, hanno capito che non poteva essere ignorato un simile evento, e quindi si sono attenute a riportare ciò che noi abbiamo dichiarato — sia rispetto al numero di partecipanti, sia rispetto allo svolgimento della funzione.

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Bisogna ricordare che la prima processione di riparazione – in quel caso, per il Gay Pride di Reggio Emilia – fu organizzata da te nel 2017. In Italia non se ne vedevano da decenni. Grazie ai tuoi sforzi, molte altre sono seguite. Che bilancio fare di questi 7 anni, includendo il disgraziato biennio pandemico? Effettivamente il disgraziato biennio pandemico non aiuta a stabilire un bilancio di questi anni, ma ciò che posso dire è che, sorprendentemente, la fiammella, nonostante tutto, non si è mai spenta. Il nostro timore è sempre stato quello di non riuscire a tenere alta l’attenzione e la tensione dopo la grande e prima processione del 2017: la novità, una volta vissuta, sé ripetuta rischia sempre di non avere più il sapore di novità e, quindi, di essere meno partecipata. In questo caso dobbiamo invece constatare che non è stato così, e la processione di Carpi ne è la prova.   Quanto è importante fare una processione oggi? Direi che è una delle cose più importanti che ci possa essere, il segno della militanza più vero e più tangibile, ciò che ci distingue dai cattolici da tastiera che parlano, denunciano, sbraitano ma poi non hanno il coraggio di scendere in strada a gridare che Dio è vivo e che Cristo è Re. Purtroppo questo è ciò che tanto del conservatorismo bussolotico e provitico italiano non riesce a dimostrare. Non può esserci cattolicesimo senza militanza, e la militanza non può essere legata solo ed esclusivamente all’informazione, che certo è utile, ma non è tutto.     Quanti si rendono conto che si tratta di una riconquista dello spazio pubblico da parte dei cattolici, secondo riti che hanno abitato i nostri borghi per millenni? È per questo che la chiesa moderna, votata alla liquidazione della cristianità, combatte le processioni? Non a sufficienza. 400 persone alla processione di Carpi è un buon numero, certo, ma è ridicolo se si pensa a quanti realmente saremmo potuti essere. Siamo una minoranza, questo è fuor di discussione, ma temo che ci si riduca sempre ad essere la minoranza di una minoranza. Come giustamente dici, la chiesa moderna combatte le processioni e continuerà a farlo perché ha capito che è proprio da questo che la Cristianità potrebbe ripartire. Lo hanno capito loro, ma purtroppo non noi. O almeno non tutti e non del tutto.   Il modernismo vuole che Dio rimanga nel privato, nella sfera intima delle persone – e non sappiamo nemmeno per quanto ancora intendano lasciarcelo almeno lì. La chiesa moderna è il nemico più grande del Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, e per questo detesta le processioni, perché esse, oltre all’intento riparatorio che hanno rappresentato sin qui, sono ciò che di più semplice, naturale e concreto possa esserci per ristabilire il Regno Sociale di Gesù Cristo, portandolo a regnare laddove Egli deve regnare: nei crocicchi delle strade, nelle piazze, nei borghi e nella società intera.   Vi sono altre iniziative da seguire? L’impressione è che spesso si tratti di eventi improvvisati creati da sigle e personaggi improbabili, ancorché sconosciuti. Quanto può nuocere il dilettantismo degli ingenui rispetto alla battaglia? Il Comitato Beata Giovanna Scopelli, dall’inizio della sua fondazione, ha deciso di dedicarsi solo ed esclusivamente ad iniziative di riparazione, questo per non mescolarsi ad altre realtà già esistenti, certamente importanti ma aventi altri ruoli. A motivo di questo, abbiamo sempre cercato di mantenerci autonomi nelle nostre iniziative. Questo non per sfiducia o vanto, ma perché sappiamo per esperienza che questo genere di organizzazioni richiedono davvero tanto tempo, impegno e concentrazione.   Organizzare una processione di riparazione o un qualsivoglia atto di riparazione non può essere visto come una cosa semplice o fattibile a prescindere da ogni condizione. Dobbiamo tenere presente che, se è vero che ciò che conta è l’azione e la proporzione soprannaturale di una riparazione pubblica che fa da contraccolpo ad uno scandalo pubblico, è altrettanto vero la dimensione naturale e quindi sociale dell’evento non può essere ignorata. In altre parole, bisogna rendere culto e la dovuta lode a Dio anche organizzando qualcosa che, numericamente parlando, renda questi onori.   Potrà sembrare strano ma non lo è affatto, perché non ci si può permettere in alcun modo che un evento pubblico possa essere deriso a causa di una presenza scarsa di fedeli. Questo, ad onor del vero, non è mai successo nelle riparazioni organizzate dal nostro Comitato. Non perché siamo più bravi o più intelligenti, ma perché sappiamo come, quando e dove muoverci. Cosa che, mi si creda, è davvero importante.   Del resto non abbiamo mai detto e mai diremo a nessuno di non organizzare atti di riparazione: non siamo nessuno e non possediamo alcuna autorità per poterlo fare, ma certo consigliamo a tutti di stare attenti a non essere precipitosi, rischiando di voler fare a tutti costi, per un proprio desiderio individualista, qualcosa che non si riesce a strutturare nel migliore dei modi.   A quanti in passato ci hanno chiesto aiuto e collaborazione, l’abbiamo sempre prestata cercando di mettere a disposizione la nostra umile esperienza raccolta in questi anni. Anni in cui, effettivamente, la società ha dovuto fare i conti con un nuovo ma pur vecchio fenomeno, cioè quello dei cattolici militanti che ancora conoscono il latino, sanno pregare e cercano di amare Dio.

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Immagine fornite da Cristiano Lugli    
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Spirito

Sacerdote difende l’Eucarestia mordendo una lesbica

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Un prete cattolico della Florida potrebbe essere arrestato per aver difeso la Santa Eucarestia da una donna lesbica irata che aveva schiacciato diverse ostie e cercato di amministrarsi illecitamente la Santa Comunione, spingendolo a morderle il braccio. Lo riporta LifeSite.

 

Secondo quanto riferito, padre Fidel Rodriguez durante una messa delle 12 di domenica scorsa alla chiesa di San Tommaso d’Aquino a St. Cloud, in Florida, ha reagito quando la donna ha cercato di prendergli quello che in seguito la signora ha descritto alla polizia come «il biscotto».

 

La donna avrebbe poi lasciato una recensione con una stella della chiesa su Google. Nella sua recensione, ora cancellata, spiegava di essere una «donna orgogliosamente gay» e di aver partecipato alla messa perché era la prima comunione della nipote della sua «fidanzata». La donna avrebbe espresso rabbia per il fatto che padre Rodriguez le ha «mancato di rispetto» tentando inizialmente di darle la Comunione sulla lingua.

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Padre Rodriguez ha detto alla polizia quando sono arrivati ​​dopo la liturgia di mezzogiorno che non aveva mai incontrato la donna prima e che le sue azioni non avevano nulla a che fare con il suo stile di vita lesbico, di cui non sapeva nulla.

 

«Non giudico nessuno», ha detto il sacerdote floridiano alla polizia.

 

Il sacerdote aveva interagito per la prima volta con la signora alla liturgia delle 10:00 nella chiesa di San Tommaso d’Aquino. Le riprese video dal canale YouTube della parrocchia mostrano che lui ha avuto una conversazione di 55 secondi con lei quando era evidente che non era una cattolica praticante perché non aveva aperto bocca né risposto «Amen» quando lui aveva detto: «il Corpo di Cristo».

 

Padre Rodriguez avrebbe chiesto quindi quando è stata l’ultima volta che si era comunicata e confessata, ma la donna si sarebbe rifiutata di dirglielo. Il sacerdote quindi le dà una benedizione.

 

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Padre Rodriguez ha riconosciuto la donna quando si è ripresentata per la Comunione durante la Messa delle 12, a quel punto ha detto che non la stava giudicando ma aveva bisogno di sapere se si fosse confessata.

 

La signora avrebbe replicato che «non erano affari suoi» per poi allungare il braccio e «schiacciare» diverse ostie consacrate, rovesciandole a terra. 

 

«Non mi ha voluto dare il biscotto. Non so se fosse per il modo in cui ero vestita o se è quello che mi piace», ha poi detto alla polizia. 

 

«L’ho morsa, non lo nego. Sto difendendo me stesso e il sacramento», ha dichiarato il sacerdote alle forze dell’ordine. 

 


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La diocesi di Orlando, guidata dal vescovo John Noonan, ha rilasciato una dichiarazione a sostegno delle azioni di padre Rodriguez.

 

«Avendo solo una mano libera, padre Rodriguez ha lottato per trattenere la donna che si rifiutava di lasciare andare le ostie. Quando la donna lo ha spintonato, padre Rodriguez reagendo ad un atto percepito di aggressione le ha morso la mano per farle lasciare andare le ostie che aveva afferrato. La donna è stata immediatamente invitata ad andarsene».

 

«Mentre la diocesi di Orlando non perdona scontri fisici come questo, in buona fede, padre Rodriguez stava semplicemente tentando di impedire un atto di profanazione della Santa Comunione, che, come sacerdote, padre Rodriguez è tenuto a proteggere», aggiunge la diocesi.

 

«Non è qualcosa che una persona può richiedere arbitrariamente e certamente non è un semplice “biscotto” come lo ha definito il denunciante», continua la dichiarazione. «Il video completo e il rapporto della polizia mostrano che la donna ha iniziato un contatto fisico e ha agito in modo inappropriato».

 

Alla fine la signora è andata alla stazione di polizia dove i vigili del fuoco le hanno curato il braccio. Non è andata in ospedale. Ha intenzione di sporgere denuncia contro padre Rodriguez, riferisce il canale TV locale WESH-2.

 

Secondo i media locali, il dipartimento di polizia di St. Cloud ha consegnato il caso all’ufficio del procuratore generale della Florida per ulteriori indagini.

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Immagine screenshot da YouTube

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